Paralipomeni di etica canina

2013-12-13-0750

* Il post che segue scaturisce dalla lettura di questo articolo. Grazie a Gabri Disordine per avermelo fatto notare!

Un dilemma etico di proporzioni inaudite ha luogo ogni giorno nel profondo dell’animo canino, e suona più o meno così: “Posso io lasciarmi alle spalle l’abietta alimentazione carnivora specie-specifica che mi contraddistingue, facendomi blandire da quelle crocchettine vegane con contorno di legumi così profumate ed invitanti, o devo io esprimere malcelato disprezzo di fronte ad una proposta alimentare che snatura in maniera così evidente le mie caratteristiche tassonomiche?

Del resto, non sono forse io un discendente diretto del nobile lupo? Certo, dicono che da allora le cose siano un po’ cambiate: non solo esistono cani di tutte le taglie e forme possibili, ma millenni al fianco dei bipedi chiassosi ci hanno fatto apprezzare altre forme e sapori; cereali e verdura cotti ed anche i legumi non sono proprio male,  la frutta dolce e succosa d’estate è così buona! Biscotti, pane, pasta e riso – ahhh, quanto vorrei arrivare allo scaffale alto della dispensa… e le patatine fritte… beh, sì, forse le patatine fritte sono un azzardo, ma quando capita, che golosità!

Non so, a pensarci bene questa convivenza va ben soppesata, ha i suoi pro e i suoi contro: il divano di casa figura sicuramente tra i pro, guinzaglio e collare un po’ meno. Ancor meno apprezzo di andare in quel posto dove il bipede in bianco mi mette su un tavolo lucido che mi spaventa, sul quale a volte mi addormento per svegliarmi dolorante e intontito: ma pare che siamo troppi su questa terra, anche se nessuno ci ha mai chiesto che ne pensiamo in merito. Non posso mangiare quando voglio (sempre), ma non mi devo più preoccupare di cosa mangerò domani; insomma, la vita in comune con questa scimmia schizofrenica richiede compromessi, e io con l’ottimismo che in quanto cane mi contraddistingue, ho imparato a gestirla in maniera egregia.

La natura, quella primigenia, un po’ me la sono dimenticata a dire il vero: mi piace tanto correre sfrenatamente nel bosco, ma allo stesso modo abbandonarmi stanco e pasciuto di fronte alla stufa la sera. Se piove, guardo fuori dalla porta e spesso e volentieri, mi giro e torno sul tappeto (ahhh, che bello il tappeto, lode a chi lo ha inventato!).

Insomma, non so: davvero il problema sta in quello che ho nel piatto? Che poi dipendesse da me, quando mai mangerei merluzzo? Di cani pescatori ancora non ne ho conosciuti! Certo  è che, potendo scegliere, non mangerei di sicuro quelle palline puzzolenti di scarti scadenti, che come cortigiani ottocenteschi, sono in realtà laide e fetide ma piene di profumo per dissimularlo!

Su una cosa non transigo: il mio piatto deve essere pieno: rispettata questa condizione credo di poter affermare che, insomma, della carne posso anche farne a meno (della pancia piena giammai!).

Sono altre le mie preoccupazioni: quando vedo altri cani imprigionati a catena, picchiati, spaventati, e dimenticati in un angolo. Quando in strada devo stare tutto il tempo legato, senza potermi muovere come più mi aggrada, e le persone intorno gridano e si spostano al mio passare; quando il bipede esce e mi lascia da solo, ore ed ore di nulla condito da noia che il mio animo di cane non può tollerare. Ma basta un amico cane con cui giocare e arrotolarsi vicini la sera, del tempo insieme al bipede per farmi accarezzare… passeggiate interminabili d’estate, magari condite da qualche nuotata, un cuscino caldo d’inverno quando fuori piove e fa freddo. Certo sì, lo so che non è “naturale”, di sicuro morire di stenti lo è… ma davvero, potendo, è quello che vorrei?

Il bipede ha mille ambizioni, si immagina come un dio, ma quando pensa ai cani ci vuole ancora lupi: forse rimpiange la sua animalità perduta, chissà! Io per me so bene quel che voglio, e sono anche abile e capace di ottenerlo… senza indugio perciò divorerò quella scodella di lenticchie, o quel riso profumato con le verdure… Al solo pensiero ho l’acquolina in bocca, e non rimpiango carcasse e interiora.

Solo su una cosa non transigo: ora mangio ma dopo… c’è una pancia da grattare!”