L’archivio della Primavera Queer 2014

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Ci raccontavamo in quei giorni a Chieti, con Laura Corradi, che in Italia una cosa come la Primavera Queer non s’è mai vista.

Un gruppo autonomo di studenti e studentesse (alcun* dei quali già attivisti nei collettivi Laboratorio Le Antigoni e La Mala Educacion) ha promosso a Chieti la Primavera Queer come momento di autoformazione, incontro e discussione intorno alla teoria queer. Il progetto è stato presentato al bando 2013 per le attività socio-culturali degli studenti dell’Università d’Annunzio, selezionato e finanziato. Docenti, autori e autrici, noti anche a livello internazionale, si alterneranno in sei giorni di seminari e laboratori.

Non nel senso che in Italia non s’è mai fatto nulla di queer, ci mancherebbe: ma non ci ricordavamo di nulla che durasse una settimana, che sia stato voluto e costruito dagli studenti e finanziato da un ateneo italiano. Speriamo di essere smentiti, ovviamente.

Adesso in questa pagina stanno raccogliendo tutti i materiali completi di quei giorni, per costruire un archivio più che utile in un paese che ha difficoltà anche solo a sapere che esiste la parola “queer”. E’ importante diffondere il più possibile le parole di tutti quelli che sono intervenuti, in presenza o connessi dalle loro sedi, e conservarli, perché in giro su questi argomenti c’è ancora molto poco; e perché realtà molto efficaci sul territorio ancora conoscono poco di quello che si fa di buono anche a pochi chilometri di distanza.

Il video del mio intervento, Il linguaggio sessista: riconoscerlo, neutralizzarlo, decostruirlo dura quasi un’ora e venti quindi vi consiglio di non sorbirvelo tutto insieme perché potrebbe farvi male 🙂 aggiungo però il file ODP con le slide che ho usato; questo invece è l’abstract del mio discorso. Qualsiasi domanda o commento vogliate fare mi sarà molto utile e ve ne ringrazio fin da adesso.

Spero che ci siano presto altre Primavere Queer in tante altre città.

Una donna registra il proprio aborto per mostrare alle altre che la procedura è sicura

http://www.youtube.com/watch?v=OxPUKV-WlKw

Emily Letts è una 25enne, ex attrice professionista e attualmente consulente presso la New Jersey Women’s Clinic. Dopo aver scoperto la propria gravidanza indesiderata, ha deciso di registrare il suo aborto per mostrare alle altre donne che la procedura è sicura. Letts lavorava al Cherry Hill Women’s Center da un anno, al momento della scoperta. Ha raccontato la sua storia in un articolo di Cosmopolitan, spiegando di non sentirsi pronta a diventare genitore e di non essere impegnata in una relazione seria:
“Sentivo di non essere pronta a prendermi cura di un bambino”.

Letts ha dunque deciso di interrompere la gravidanza presso la clinica Cherry Hill, dove è consulente. Incinta da sole due o tre settimane, aveva cercato un video per rendersi conto di come avvenisse un aborto, senza trovarne nessuno. Perciò ha preso la decisione di filmare il proprio, allo scopo di aiutare tutte le altre donne che si trovino ad affrontare gravidanze indesiderate e che temono l’aborto.

Scrive Letts: “un’interruzione di gravidanza al primo trimestre dura dai tre ai cinque minuti. E’ più sicura del parto, non vengono praticati tagli operatori e il rischio di infertilità si attesta sotto all’1%. Ciononostante molte donne arrivano in clinica terrorizzate e convinte di venire macellate, e che non potranno più avere figli@ dopo l’aborto. La pessima informazione circolante è incredibile”.

Ha scelto l’aborto chirurgico in anestesia locale e non totale, proprio perché voleva sperimentare il tipo di procedura che più spaventa le donne che si rivolgono a lei per consigli. Voleva in tal modo capire meglio le donne angosciate che si trova di fronte e che deve aiutare, non far sentire le donne in colpa nello scegliere l’aborto ed anzi, essere loro d’esempio a non sentirsi in colpa riguardo alla decisione di interrompere la gravidanza.

“La nostra società alimenta questo senso di colpa, lo respiriamo dappertutto. Anche le donne che arrivano in clinica assolutamente convinte di volere l’aborto, si sentono in colpa per il fatto di non sentirsi in colpa! “Io non mi sono sentita in colpa…  e ringrazio di poter condividere la mia storia e ispirare altre donne per smontare quel senso di colpa.”

Su YouTube, Letts scrive:

Questa è la mia storia. SOLO la mia storia. Non immagino sia più o meno di questo. Non parlo per tutt@ in merito a questa questione delicata, e rispetto le opinioni di tutt@ fintantoché non vengono imposte per altr@.

La mia più grande speranza è che qualcun@, in qualche parte del mondo, veda il video e vi trovi guida, forza, supporto, o qualsiasi cosa quella persona stia cercando in quel momento. Voglio dire a quella persona “non sei sola”. Abortire non ti rende un mostro, una donna  per male, una cattiva madre.  Abortire non ti rende una colpevole. E’ soltanto un avvenimento della tua vita riproduttiva. Non sei sola. Sono qui per te. Siamo tutt@ qui per te.

Condividete questo video, PER FAVORE.  Aiutatemi a farlo girare in tutti gli angoli remoti della rete. Una donna ogni tre ha scelto, o sceglierà un ‘interruzione di gravidanza nel corso della propria vita riproduttiva. Questo video è per tutte noi.

Inutile sottolineare come i commenti negativi al video dei ‘difensori della vita’ si sprechino in parole di tolleranza quali, puttana, cagna, demone, speriamo che tu muoia/ti leghino le tube/ ti penta per tutta la vita/non abbia mai figli@, ecc.ecc.

Articolo originale qui, traduzione di feminoska.

I’m a better manarchist than you!

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Clicca l’immagine per arrivare alla fonte!

Esplorando il web, abbiamo trovato questa geniale cover di “I’m a better anarchist than you” di David Rovics. Manarchist è una parola inglese usata per riferirsi ad anarchici sessisti, maschilisti e misogini in generale, MRA sta per “Men Rights Activist”, cioè coloro  che ci distruggono le gonadi con presunte misandrie (?) e non si sono ancora accorti che il sessismo al contrario non esiste e non può farlo, dal momento che un sistema di oppressione bidirezionale viola le basi della logica perché un’oppressione implica uno squilibrio di potere, e che le “discriminazioni” che subiscono sono tagliate per loro sulla base del ruolo che il patriarcato appioppa loro – e del quale, però, vorrebbero solo vantaggi e privilegi.  Il resto è abbastanza chiaro, perciò alleghiamo il testo e buon ascolto. 😀

http://youtu.be/XuwI5mQWwKs

I don’t check my privilege
I think that’s fucking gay
I just want to break some windows
While screaming “Fuck the state”
I like to tell racist jokes
And make fun of the queers
I’m not about to stop
Cuz I’ve been doing this for years
I think it’s okay cuz my grandpa was a Jew
I’m a better manarchist than you

I scope out women
Or just their tits and ass
And I think that all oppression
Is limited to class
I’ll mansplain to anyone
Who thinks I may be wrong
Because they all should know
That I knew better all along
All you butthurt women, you just haven’t got a clue
I’m a better manarchist than you

I talk too much at meetings
I always jump the stack
And I shut down other people
Who try to hold me back
All your whining about oppression
I think it is a bore
Because I’ve read Bakhunin
My opinions matter more
I think you’re so divisive with your gendered points of view
I’m a better manarchist than you

I don’t believe in sexism
Except the other way
Cuz I’ve always fought misandry
Since I became an MRA
I fucking hate feminazis
Who want to fuck with us
But I feel so much better
Since I joined Anonymous
I think that matriarchy is a threat to me and you
I’m a better manarchist than you
I’m a better manarchist than you

La sexy parodia di Blurred Lines realizzata da Mod Carousel: il rovesciamento dei generi che invita alla riflessione.

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Del video originale avevamo parlato qui.

Oggi leggiamo sull’Huffington Post:

Considerata la massiccia polemica – per non parlare del successo clamoroso – della hit dell’estate ‘Blurred Lines’ di Robin Thicke, non è sorprendente che alla fine qualcun* abbia deciso di realizzare una versione del video a ‘ruoli invertiti’. La recente parodia realizzata da Mod Carousel, è intelligente, stimolante e molto sexy!

Mod Carousel, una troupe boylesque con sede a Seattle, ha ricreato il video con Caela Bailey, Sydni Devereux e Dalisha Phillips alla voce – che assumono i ruoli che, nel video originale, erano rispettivamente di Thicke, Pharrell e TI – mentre Trojan Original, Paris Original e Luminous Pariah dei Carousel assumono qui il ruolo delle semi-vestite (o per lo più nude, a seconda della versione) modelle presenti nel video di Thicke.

Anche i testi sono un pò cambiati. “Vado a prendermi un bravo ragazzo,” Bailey canta e continua, “Sei così virile …. Tu sei il c…o più caldo qui.” […]

In proposito, i Mod Carousel affermano: “E ‘nostra opinione che la maggior parte dei tentativi di mostrare l’oggettivazione femminile nei media scambiando i ruoli di genere servano più a ridicolizzare il corpo maschile che ad evidenziare la misura in cui le donne vengono reificate, e ciò rende a tutt* un cattivo servizio. Abbiamo perciò realizzato questo video proprio per mostrare l’ampio spettro della sessualità, e presentare sia le donne che gli uomini in una luce positiva, in cui gli uomini possono essere resi oggetto e dove le donne possono essere forti e sexy, senza ripercussioni negative per entrambi.”

Ed ecco il video: che ne pensate?

 

 

L’ordine delle cose

“The Order of Things” è un cortometraggio sulla violenza di genere, diretto dai fratelli Alenda, interpretato da Manuela Vellés, Mariano Venancio, Javier Gutiérrez y Biel Durán.
La violenza di genere non è circoscritta a un solo contesto, le donne ne sono vittime in strada, sul posto di lavoro e in famiglia. In questo cortometraggio ci si richiama a un contesto famigliare dominato da una figura maschile che, ricevuto il mandato della violenza dal proprio padre, vorrebbe passarlo al figlio. Gli esiti però sono diversi.
Il finale è molto evocativo, una donna che riesce a liberare sé stessa, libera tutte.
Per il resto ci sono i commenti, buona visione.

1° Maggio Napoli: se i sindacati non rappresentano più i lavoratori/trici, a che servono?

Riporto con piacere questo comunicato del Laboratorio Politico Iskra, dell’area Flegrea (Na), che ho letto sul blog di quella meraviglia di Baruda. Quello che mi sconcerta è il fatto che questo concerto, come avevamo già detto in precedenza, si è svuotato della sua valenza politica riducendosi a nient’altro che mero business.

Ma, mi/vi chiedo, se i sindacati non rappresentano più i/le lavoratori/trici, a che servono? A chi servono? Quello che è accaduto a Napoli è l’esempio palese di una rottura tra sindacati e mondo del lavoro. Se nella giornata in cui si dovrebbe dare maggior spazio/voce ai/alle lavoratori/trici, si nega loro la parola, allora a che serve? E, soprattutto, perché spaventa la voce di chi vive sulla sua pelle lo sfruttamento che si dovrebbe denunciare? Siamo arrivati alla paradossale situazione in cui i sindacati chiedono protezione alle forze dell’ordine da chi dovrebbero rappresentare, ovvero i/le lavoratori/trici?

Da anarchica non posso che esser contenta per l’autorganizzazione che gli/le studenti/tesse, lavoratori/trici e precari/ie hanno messo in atto per far fronte a questa azione che non può che essere definita come censura. Se chi dovrebbe darci voce ce la toglie vuol dire che non ci rappresenta più e che quindi è arrivato il momento di rappresentarci da sol@. Buona lettura e soprattutto buona lotta a tutt@!

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