La liberazione sarà animale (o non sarà!)

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A tutt* quell* che oggi festeggiano la liberazione dal nazifascismo,  a tutt* quell* che lottano contro i regimi, le dittature, le gabbie, le catene, a tutt* quell* che si sentono schierat* contro il potere che mastica e maciulla vite, a tutt* quell* che stimo immensamente senza se e senza ma, per mettere i propri corpi e le proprie vite in gioco ogni giorno, nelle azioni, nelle scelte, nelle pratiche piccole e grandi di sovversione dell’ordine costituito: a tutt* voi, che non avete scelto la via più facile o più comoda in tanti aspetti delle vostre esistenze, voglio fare un augurio che suona anche come un’esortazione a non lasciare incompiuto il vostro sforzo: perché l’unica liberazione sarà animale, o non sarà affatto.

Fino a quando ci saranno gabbie ci saranno animali prigionieri, e quegli animali non saranno mai “solo” non umani: le gabbie sono gabbie, e gli umani troppo animali per non finirci dentro. E anche fossero davvero un giorno “solo” animali (non umani) ad esservi rinchiusi, potremmo davvero pensare di aver sconfitto il sopruso, la violenza, la sopraffazione? Davvero sentirci divers* da chi, per indifferenza o autentico odio, rinchiude, tortura e uccide i propri simili? Potremmo mai, in un mondo che continuasse a rinchiudere, torturare e macellare miliardi di non umani, sentire di aver “sconfitto il sistema”? Davvero in tutta coscienza potremmo illuderci, in un mondo ancora pieno di catene, coltelli, sangue e grida, di aver sconfitto quel paradigma del privilegio contro il quale ci scagliamo con tanta risolutezza?

Forse che gli animali non umani non possiedono come noi corpi, affetti, sensazioni, emozioni? Forse che la differenza che tanto osanniamo in quanto “ricchezza” vale solo per quegli animali che siamo? E le altre differenze dunque, per il solo fatto di non essere intelligibili alla nostra limitata esperienza, sono nulla, zero, ininfluenti?

Io credo che la sofferenza animale, quella umana che riconosciamo e quella non umana che derubrichiamo, sia esattamente la medesima, poiché animali siamo e animali resteremo, anche se tanto ci è piaciuto immaginare divinità ultraterrene di cui essere “figli* predilett*”.

Ma noi non nasciamo da divinità distanti, bensì da corpi urlanti e sanguinanti, perché i nostri corpi sanguinano e si lacerano come i loro, e i nostri corpi animali galleggiano sul mare dell’orrore.

Ed è sempre quello il compito più arduo di tutti, con il quale mai possiamo smettere di confrontarci:  dire “basta!” al fascista che ci portiamo dentro, che concepisce la libertà come il privilegio del sopruso sull’altr* – l’altro differente e perciò svalutabile, disprezzabile, smontabile –   e non come libertà di vivere e lasciar vivere, nelle proprie peculiarità, nelle proprie gioie e nei propri affanni, nella propria personalissima ricerca della felicità.

A tutt* i non umani che oggi saranno sacrificati per festeggiare l’altrui liberazione, va il mio pensiero e la tristezza che sento nel cuore: continuerò a combattere perché arrivi presto anche per voi l’agognata liberazione, perché finché voi non sarete liber*, non lo saremo davvero nemmeno noi.

 

 

Dedicata al 25 aprile…Liberazione, ma per chi?

PigSanctuary

Car* compagn*,
anche quest’anno non potremo festeggiare assieme la festa del 25 aprile.
Come sempre, nei giorni precedenti una ricorrenza così importante e sentita, cerco informazioni su tutte le iniziative organizzate per commemorare la giornata simbolo della lotta al fascismo, e come tutti gli anni mi ritrovo – tristemente – nell’impossibilità a prendervi parte. Se non avete ancora capito il perché, è presto detto: faccio parte di quelle (non poche) persone incapaci di festeggiare la lotta per la libertà dal dominio e dalla sopraffazione con in bocca i corpi martoriati di altri individui.
Ebbene, sì, anche quest’anno il rituale della grigliata costringerà molt* di noi a tenersi lontani da dove sicuramente saremmo felicissimi di stare. Tutto ciò è molto triste, e mi dà da pensare… perché la questione non è risolvibile con quell’approccio molto politically correct (e scegliendo questo termine ho detto tutto), che apparentemente risolve il problema proponendo alternative definite “onnivore, vegetariane e vegane”. Io, ad esempio, ad una grigliata del genere non verrò comunque, perché onnivoro per me è sinonimo di assassino, e dal momento che la mia scelta di non nutrirmi del dolore e della morte di altri individui non è una scelta ‘personale’, come ad alcun* piace pensare, ma politica, che dunque mi richiede responsabilità e coerenza, essere lì presente a vedervi nutrire del corpo di individui schiavi, privati del proprio diritto a vivere la propria vita per colpa di un’ideologia dominante della quale vi dimostrate spesso inconsapevoli sostenitori, ecco, non potrei comunque sopportarlo.

Non dando alla scelta portata avanti da molt* di noi alcuna dignità politica, so già come, in un modo o nell’altro, la derubricherete … i/le solit* estremist*, come possono pensare di imporre le proprie scelte alle altre persone? E perciò, per l’ennesima volta, il fatto di non essere lì con voi sembrerà dipendere da noi, quando in realtà non è così.

Io chiedo solo di guardare alla situazione dal nostro punto di vista, e da quello degli animali di cui vi ciberete. Perché se quella che abbiamo compiuto è una scelta politica, e se davvero tenete in considerazione le scelte politiche altrui anche quando sono più distanti dal vostro sentire, come potete pensare che si possa gioire insieme a voi quando, nelle vostre mani e tra i vostri denti, vediamo la carne, le ossa, i cadaveri di esseri viventi sfruttati ed uccisi?

Dite che sto esagerando? Capovolgendo il vostro ragionamento, io mi sento davvero di esprimere un legittimo dubbio… Eravamo al vostro fianco per le strade in tante occasioni: abbiamo manifestato insieme contro alla precarietà, per il diritto ad un aborto sicuro e garantito, per la lotta per il diritto alla casa. Abbiamo respirato insieme lacrimogeni in val susa, sostenuto i diritti dei migranti e gridato sotto alle grigie mura dei cie. Vi consideriamo compagn*, persone in lotta contro le ingiustizie, persone speciali.
Speciali sì, ma non così tanto da immaginare, anche solo per un momento, di rinunciare alla grigliata per festeggiare tutt* insieme. Quella della liberazione dovrebbe essere la NOSTRA festa, la cosa più importante e bella dovrebbe perciò essere quella di vivere una giornata così importante insieme… invece pare che sopra tutto, sia necessario riaffermare la supremazia dei mangiatori di carne.
Avete mangiato vegano in mille occasioni, e vi è piaciuto molto. Sarebbe così bello immaginarci tutt* lì, alla festa della liberazione, dopo il corteo e le commemorazioni, a fare festa insieme. Una festa di liberazione per tutt*, animali umani e non. Festeggiare una liberazione senza puzza di carne che brucia, senza grasso che cola, senza ossa e senza morte. Ma nemmeno quest’anno sarà possibile, per via di un’ideologia così radicata in voi, da esserne del tutto inconsapevoli.

Tra lo stare insieme senza crudeltà e il perpetrare il rituale di mangiare cadaveri (rituale che comunque ripetete centinaia di volte ogni anno, perciò nemmeno così eccezionale, almeno per voi), avete scelto il secondo. Per non rinunciare a quei corpi martoriati, avete preferito rinunciare alla presenza di chi è in fondo a voi davvero vicin*, e così spesso al fianco in molte occasioni di lotta.

Da parte mia vi auguro la migliore delle feste della liberazione, però non riesco a non domandarvi: chi è davvero l’estremista tra di noi?
Buon 25 aprile.