L’intersezionalità non è una teoria perfetta.
L’intersezionalità è una teoria – e una pratica – che ci permette di affrontare questioni stringenti quali il privilegio, che ci riguarda tutt@ e funziona, come sottolinea pattrice jones, perchè si rende invisibile ai nostri stessi occhi.
L’intersezionalità rende visibili le connessioni, non solo tra le teorie o tra le lotte, ma quelle esistenti fra tutti gli esseri appartenenti al vivente. Avere un approccio intersezionale significa fare spazio all’altr@, a ciò che per l’altr@ è importante, fare spazio ai dolori, alle fragilità, alle difficoltà vissute dagli altri animali, umani e non; fare spazio ai desideri, non avere paura di sé stess@, nè sentire di aver già capito ogni cosa…tutto questo è intersezionalità.
Intersezionalità è confronto, rapporto, inclusione. E’ partecipazione, comunione, ascolto.
L’intersezionalità esiste nell’esperienza vissuta dall’altr@, dai suoi desideri frustrati, dalle sue speranze, dalla sua ricerca di spazio, fisico, mentale, di esistenza, di agibilità politica; nell’autocritica che ci spinge a svestirci dei nostri comodi panni per indossare quelli altrui, che ci spinge ad andare oltre ai nostri limiti, oltre alla nostra visione ristretta delle cose del mondo e alle nostre convinzioni.
L’ottica intersezionale (e queer, e transgender e…) supera i confini di spazio, di pelle, del dato una volta per tutte; rimescola le carte e il dna, amplia orizzonti togliendoci i paraocchi, ed è questa la sua potenza, questa la sua qualità, questa la sua insopprimibile speranza: smascherare le nostre fragilità, i nostri attaccamenti, i privilegi che ognun@ di noi ha e che detestiamo dover guardare, per scoprire che quotidianamente agiamo le stesse dinamiche di sopraffazione che siamo così pront@ a criticare in quell@ che identifichiamo come “nemici”.
L’intersezionalità ci fa scoprire di essere meglio inserit@ nel sistema di quanto credessimo. Ci fa scoprire di essere confus@ e contraddittori@, ci mette di fronte ai nostri limiti e ci costringe ad accettarli, ma anche a volerli superare, in uno sforzo e una tensione estrema, e non abbassare mai la guardia. Perché in qualsiasi momento l’oppressor@ che è in noi può prendere il sopravvento, senza che nemmeno ce ne accorgiamo.
L’intersezionalità è uno strumento prezioso, e sicuramente ne verranno di migliori, ma oggi, nella nostra pratica di femministe, antispeciste, di persone che stanno cercando di smascherare un sistema di sfruttamento totale, l’intersezionalità è necessaria.
Vogliamo tutto, dicevamo un tempo: ma siamo anche disposte a rinunciare a tutto*?
* Quantomeno, a tutto il privilegio che riduce l’altr@ a …niente?