Deconstructing la zappa sui piedi

zappa2Del linguaggio di Mario De Maglie mi sono già occupato in passato, qui e qui. Adesso che torno a parlare di lui, mi pare il caso di premettere delle cose che ritengo importanti.
De Maglie coordina il Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti (C.A.M.) di Firenze, e solo per questo si meriterebbe un monumento, dato che lo fa in Italia. Però nel suo blog su “Il Fatto Quotidiano” online usa spesso un linguaggio, e degli argomenti, molto discutibili, e ancor più incredibili dato il lavoro che fa. Leggere per credere.

Autoconsapevolezza maschile, tra necessità ed opportunità

Partita ed in fase costituente l’esperienza di Diversa-Mente Molteplice, Riflessioni a Passo d’Uomo, nonostante le difficoltà di coinvolgere attivamente gli uomini, sono sempre più convinto dell’utilità dei gruppi di autoconsapevolezza maschile come luoghi nei quali si possa realizzare uno spazio di confronto e ascolto reciproco in merito ai piaceri e alle criticità dell’essere uomo e del proprio rapporto con il femminile [approvo e sottoscrivo. Il post potrebbe finire qui]. Nessuno ci ha istruito in proposito, a rapportarci con il proprio e l’altrui genere (non solo maschile e femminile), sembrerebbe cosa così naturale e spontanea da essere portati a pensare che non ci sia niente da imparare, ma, se ci soffermiamo sui rapporti di potere passati ed attuali e sulle conseguenze di questi ultimi, sembra chiaro che qualcosa decisamente non vada [soprattutto non va parlarne così. Se ci soffermiamo sui rapporti di potere passati ed attuali, ci accorgiamo che questa modalità di rapportarci con il proprio e l’altrui genere non è per niente così naturale e spontanea. E’ un dato di fatto che non solo non è vero che nessuno ci ha istruito, ma che si posso facilmente fare nomi e citare sistemi culturali e sociali che hanno ben istruito al maschilismo generazioni di uomini. Ci sono fior di studi in proposito, perché non dirlo chiaramente?].

La mia impressione è che, dopo un periodo di conquiste e di rivendicazioni da parte delle donne, che forse ha avuto il suo apice con i movimenti femministi negli anni 70 [forse?], almeno in termini di consapevolezza, siamo in una fase di stallo in cui si oscilla tra l’andare  poco più avanti o poco più indietro, senza che abbiano luogo grandi cambiamenti sull’impronta di quelli passati [EH? A parte che rimane da capire cosa c’azzecca la digressione sulla storia del femminismo, come sarebbe che dagli anni ’70 siamo in una fase di stallo? Scusate l’elenco di nomi, ma tanto per dire di cose fatte e dette dopo i ’70: Adrienne Rich, Monique Wittig, Angela Davis, Andrea Dworkin, Carol Gilligan, Riane Eisler, Donna Haraway, Teresa De Lauretis, Luisa Muraro… i primi che vengono in mente a me. E attualmente il femminismo è ancora, come sempre, un ribollire di forze e di esperienze politiche diverse. E queste sarebbero donne che oscillano tra l’andare  poco più avanti o poco più indietro, senza che abbiano luogo grandi cambiamenti sull’impronta di quelli passati?]. Questo penso possa essere dovuto anche (se non soprattutto) al fatto che la capacità di autoanalisi e di autodeterminazione del femminile arrivano ad un punto morto, se poi il maschile non comincia a fare altrettanto, smettendo di fare “concessioni”, ma riequilibrando il potere in modo consapevole ed autodeterminato [cioè, per far andare avanti il pensiero femminista servono gli uomini? De Maglie, “you can’t be serious” (cit). Una cosa è dire che gli uomini devono partecipare attivamente allo smantellamento del potere patrarcale per demolirlo davvero – e ci mancherebbe che non fossi d’accordo pure io; un’altra è sostenere che nel frattempo il femminismo s’è fermato perché senza l’òmo non si va da nessuna parte: scherziamo?].

Il maschile si trova spesso arrocato in una posizione difensiva che gli è poco utile, ma questo perché ha paura e se ha paura è perché si sente in pericolo, il pericolo di perdere il proprio stabilito ruolo (quanta inconsapevole fatica starci dentro!) [si può essere d’accordo su questo – a parte lo spesso: a me pare perlopiù che al maschile, nella maggior parte dei casi, non gliene frega niente della crisi del suo ruolo, perché è ancora avvertita in troppo pochi casi limite].

Faccio un esperimento ed invito i lettori a leggere i commenti che seguiranno a questo post da parte di molti uomini. Se questi saranno i soliti, in cui a contenuti dai toni equilibrati, anche se non necessariamente condivisibili, perché la libertà di opinione non è un optional, seguiranno una serie di commenti ai confini con l’insulto, la minimizzazione, la denigrazione verso l’autore o l’autrice, avrò evidenziato le problematiche di cui parlo. Cose viste e riviste per i blogger de Il Fatto Quotidiano che parlano di violenza e questioni di genere e che diventano facile  tiro al bersaglio dei soliti ignoti. [Sul commentatore medio dei blog de IFQ mi espressi anche io, e siamo d’accordo: ma questo che tipo di esperimento è?  A cosa serve farlo? Per dimostrare una posizione difensiva di un intero gruppo sociale bastano i commenti a un blog? De Maglie, sei sicuro di agire sensatamente verso la tua stessa credibilità? Io mi sono limitato a contarle, le risposte a un post, e a dividerle per risposta: mi pare il massimo che si possa fare. Con quali strumenti se ne può invece ricavare con certezza un atteggiamento sociale di massa? Se ci sono, non sarebbe il caso di parlarne prima?]

Ovviamente il lettore può non essere d’accordo con il contenuto di un post e decidere di commentarlo, ma, a seconda di come esprime il suo disaccordo, si evidenzia se e cosa smuove in lui, non di rado una rabbia mista ad indignazione difficile da comprendere per chi mostra di possedere  una certa sensibilità verso le nostre tematiche. Questo per fare un esempio legato alla vicina realtà per la quale scriviamo, il tutto è solo uno specchio del sociale e culturale nel quale siamo immersi [De Maglie, stai proponendo analisi psicologiche dai commenti a un post. Anche questo tuo modo di fare e di parlare a vanvera è solo uno specchio del sociale e culturale nel quale siamo immersi, temo, che è sintentizzabile in: fuffa. Ma tu coordini un CAM!!!].

Ben lieto di ricredermi, se i commenti saranno di diverso stampo.

Potersi permettere tra uomini di non dover parlare necessariamente di “figa”, “sesso”, “calcio”, “lavoro”, ma anche di donne, amore, passioni e tempo libero è un lusso che i gruppi di autoconsapevolezza maschile avvierebbero a trasformare in quotidianità. [Sì, ma detto in questo modo non si capisce il problema, che non è solo di ordine psicologico. Per la stragrande maggioranza degli uomini etero in Italia le donne sono “figa”, l’amore è “sesso”, la passione è “il calcio” e il tempo libero è un “lavoro”. E ci si trovano benissimo a parlarne tra loro, senza alcun  necessariamente ma molto naturalmente. E’ in gioco un ordine culturale che proprio il femminismo, sia prima che dopo i ’70, contrasta con tutte le sue forze. Fase di stallo? Ma per favore.]

La strada è ancora lunga, me ne accorgo perché sto imparando quanto sia arduo coinvolgere gli uomini, ma si comincia. I cambiamenti epocali hanno bisogno di epoche intere per stabilizzarsi, il prezzo della conquista. [E’ lunga sì, se il coordinatore di uno dei pochi centri per uomini maltrattanti presenti nel paese si esprime in questo modo. Sigh. Questo modo di fare e di esprimersi, a mio modestissimo parere, può solo sintetizzarsi con un “darsi la zappa sui piedi”.]

Per quanto il lavoro con gli uomini maltrattanti sia importantissimo – soprattutto in assenza sia di un livello politico accettabile di consapevolezza del problema della violenza di genere sia, conseguentemente, di strutture pubbliche adeguate – e tenendo conto che non mi sogno nemmeno di contestarne l’utilità, rimane il fatto che le dinamiche legate alla supposta paura di perdere il proprio ruolo egemone non dicono tutto del sessismo vigente, e non credo siano le migliori leve per chiedere agli uomini di parlare tra loro.

Per esempio, quando leggo un pezzo come quello che segue, scritto dal redattore di un quotidiano online come risposta alla giusta indignazione di una donna per l’ennesima pubblicità sessista, mi pare ovvio che il paradigma della perdita di potere è ancora ben lontano dallo spiegare la tranquilla strafottenza con la quale un uomo si permette atteggiamenti sessisti che, scritti nero su bianco, sono da ritenere socialmente molto più violenti di qualunque cosa possa commettere un uomo maltrattante nel suo ambito privato. Questa è violenza che passa tra chiunque legge l’articolo. Le botte si fermano a una o poche più vittime. Se si vuole fare qualcosa per una massa di uomini, la chiave è la cultura comune e non la psicologia del singolo.

“Ho visto il corpo femminile divenire un santuario”

[già il titolo mette paura]
Cara Enrica, nel tuo sfogo tu proponi una serie di giuste osservazioni, eccellentemente argomentate, ma è stato il finale a farmi pensare un bel po’. Concludi dicendo Io non ci sto a far passare il mio corpo come oggetto sessuale. Non ci sto.  Giustissimo, ma rifletti su una cosa: se la foto che ti ha fatto indignare esiste, è perché qualcuno l’ha fatta, ma anche perché una donna procace se l’è fatta scattare. [La colpa del sessismo è delle donne che lo permettono. Complimenti, Luca.] E perché se l’è fatta scattare? Per soldi, perché fa la modella, perché compra il pane e il latte facendosi scattare (anche) foto di quel tipo. È una scelta, deprecabile o meno, ma una scelta. Personale e sicuramente motivata. [Notoriamente, alle donne sono permesse, consentite e agevolate tutte le forme di lavoro; fare la modella è da sempre una libera scelta di una donna procace, no?] Il corpo è il primo strumento di cui ci avvaliamo per fare qualsiasi cosa [con questa bella frase il caro Luca mette insieme il gesto strumentale e lo sfruttamento lavorativo, ma sì, sono la stessa cosa, è tutto fatto col corpo] ed alcuni di noi, una minoranza, hanno un corpo così gradevole che suscita suggestioni tali negli occhi e nelle menti altrui da poterci guadagnare qualcosa. A volte molto [e certo, è il corpo che suscita suggestioni, mica esiste una cultura che ti insegna quelle associazioni e che ti inculca a cercarle, quelle suggestioni. E’ tutta natura].

Sono d’accordo sul fatto che ormai alcune pubblicità si riducono ad un bombardamento osceno teso a far cadere il gonzo di turno nella rete della bellona procace [notate: la responsbilità della trappola è della bellona procace, è lei che guadagna, mica l’agenzia, il produttore, il cliente dell’agenzia pubblicitaria, no no, loro non c’entrano niente] che vede per quei cortissimi e lunghissimi trenta secondi di durata media di uno spot, ma non sono d’accordo sull’appiattire tutto sul subconscio che assorbe le informazioni senza filtro [il subconscio? Quella c’ha le tette di fuori, ma quale subconscio!]. Esso è solo una parte della questione. Siamo noi stessi che, consciamente e non inconsciamente, moltissime volte ci lasciamo andare all’assimilazione passiva, perché siamo pigri e svogliati [si vabbè, ma noi stessi chi? Pure la bellona procace?]. L’inconscio lavora, ma lo spirito critico e l’umanità di ognuno possono lavorare altrettanto bene per farci essere persone capaci di valutare quello che vediamo e di rispettare chi abbiamo di fronte [certo, soprattutto dopo decenni di machismo pompato da tutti i media, da tutti i coetanei, da tutti gli ambienti quotidiani. Non sai che spirito critico che viene su, in una società sessista come questa].
Sono passati poco più di due mesi da quando ho visto uscire mia figlia dal corpo della mia compagna e ti posso dire che ho visto con questi occhi il corpo femminile divenire un santuario [ecco, appunto: il corpo femminile o è un santuario o è la bellona procace, o sante o puttane, siamo sempre lì, all’ABC del maschilismo] capace nello stesso tempo di manifestare una forza sovraumana e di creare una meraviglia.
Se non tutti gli uomini capiscono il rispetto che alla donna si deve, ti prego allora di essere clemente, nell’evoluzione delle capacità intellettive vi stiamo inseguendo, ma per prendervi ci vuole ancora un bel po’ [capito, Enrica? Praticamente Luca t’ha detto di aspettare, ancora non hai sofferto abbastanza, l’uomo ancora non c’è arrivato. T’ha fatto un buono: e che vuol dire?]

Allora: cosa distingue chi dice che il femminismo è fermo dagli anni ’70 da chi dice che il corpo femminile è un santuario? Cosa distingue chi dice che nessuno ha istruito gli uomini ai rapporti tra generi da chi dice che fare la modella è una scelta e che quindi la responsabilità di pubblicità sessiste è delle donne raffigurate?
Che cosa continua a far sì che chi ha i titoli e l’esperienza necessarie per fare antisessismo e parlarne come si deve, invece continui a darsi la zappa sui piedi?

Deconstructing la vanvera

"vanvera kills" di the wasted nothing

Eccolo qui, puntuale come sempre, l’allievo di Massimo Fini che c’ha qualcosa da dire sul sessismo. Poteva far mancare la sua autorevole opinione sui fattacci di Battiato? Ero quasi preoccupato.

Boldrini vs Battiato: non usiamo il sessismo a vanvera [notate le finezze già nel titolo: sono messi l’uno contro l’altra due persone che nei fatti non si sono manco parlate, e poi il sessismo viene nominato come uno strumento che si usa, non come un fenomeno da avvertire quando presente – così non ci dobbiamo preoccupare di definirlo, diamo per scontato che siamo tutti d’accordo su cosa sia. E invece non è così.]

Da cittadino libero, in una realtà normale, non mi interesserebbe che a ricoprire una determinata carica politica o socialmente rilevante sia un uomo o una donna [forse perché non sei una donna, c’hai pensato?], ma semplicemente vorrei una persona che abbia le capacità per farlo [nobile proposito, ma non sarebbe prima opportuno raggiungere a tappe forzate la parità di possibilità per tutt*? Poi applichiamo la meritocrazia – una volta capito come. Se lo fai da adesso, le donne saranno sempre in meno e non per colpa loro, ma perché non sono partite alla pari].

Il concetto di normalità, in fin dei conti, è molto relativo, mentre meno relativo è il dato di fatto che, ai vertici di ogni istituzione, ci siano più uomini che donne e quindi particolare enfasi viene data quando una carica di un certo peso viene assunta da una donna [enfasi è troppo vago, per i miei gusti. Molta di quella enfasi è spesso animata dallo stupore più maschilista]. Ho già avuto modo di esprimermi sulle quote rosa [argomento che non c’entra niente, qui, ma fa tanto colore] e rimango a favore della meritocrazia sempre e comunque come obiettivo finale [di cosa? Così, obiettivo finale in genere].

Molto apprezzata è stata l’elezione alla presidenza della Camera, da parte dei partiti, di Laura Boldrini, l’essere donna ha amplificato qualsiasi suo merito personale precedente [caro il mio appassionato di meritocrazia, Boldrini ha un CV che fa spavento, cosa che, per esempio, parecchi precedenti presidenti della Camera non hanno, c’hai pensato? Comunque è molto carino insinuare il ruolo avuto da ‘l’amplificazione’, complimenti]  e questo lo comprendo perché non è un evento che si verifica spesso. In linea di principio, ritengo infelice dover omaggiare una carica per la semplice appartenenza ad uno dei due generi [infatti non è successo, la si è omaggiata – che orribile espressione – in quanto personalità nota all’estero per meriti eccezionali, non perché donna], ma la situazione è quella che è ed è comprensibile e legittimo sottolineare la presenza femminile ad una delle più alte cariche dello Stato [se, vabbè].

Franco Battiato in veste di Assessore al Turismo della Regione Sicilia, durante un incontro a Bruxelles nella sede del Parlamento Europeo, ha detto: “Ci sono troie in giro in Parlamento che farebbero di tutto, dovrebbero aprire un casinò”.

Personalmente preferisco il Battiato cantautore al Battiato politico, ma non credo che queste sue affermazioni possano suscitare l’indignazione che ne è nata subito dopo.

La Boldrini ha replicato: «Stento a credere che un uomo di cultura come Franco Battiato, peraltro impegnato ora in un’esperienza di governo in una Regione importante come la Sicilia, possa aver pronunciato parole tanto volgari. Da Presidente della Camera dei Deputati e da donna respingo nel modo più fermo l’insulto che da lui arriva alla dignità del Parlamento. Neanche il suo prestigio lo autorizza ad usare espressioni così indiscriminatamente offensive. La critica alle manchevolezze della politica e delle istituzioni può essere anche durissima, ma non deve mai superare il confine che la separa dall’oltraggio» [leggete BENE la risposta di Boldrini, vi prego].

L’accusa di sessismo al cantautore è stata lanciata e lui si è difeso dicendo: «Sono particolarmente dispiaciuto che il Presidente della Camera si sia sentita offesa dalle mie parole, ma posso assicurare che la frase non era sessista [non lo decidi tu, Franco: sono le parole che hai usato a essere sessiste. Potevi benissimo usarne altre, invece hai usato quelle]. Facevo semplicemente riferimento alla “prostituzione” che c’era nel Parlamento italiano fino a pochi mesi fa [non c’era affatto, il termine è sbagliato anche tecnicamente: mentre un corrotto vende ad altissimo prezzo i suoi favori a pochi corruttori ben scelti, quando non a uno solo, la maggior parte delle prostitute è costretta a vendersi a un prezzo molto basso affinché sia accessibile a più clienti possibili, senza sceglierli], sia maschile che femminile [cosa che non altera di una virgola l’essenza sessista del linguaggio che hai usato – intenzioni e destinatario non cambiano nulla dell’insulto, oppure ci sono casi nei quali il razzismo è ammissibile?]». E poi tiene a precisare «non facevo riferimento né al Parlamento europeo né al Parlamento attuale ho solo parlato di un malcostume politico, non parlavo certo di donne [ah, no? E quella parola, di grazia, a quale genere fa riferimento?]. Io non sono mai stato sessista [nessuno sano di mente lo direbbe: il problema non è che lo sei, il problema è che hai adoperato un linguaggio sessista e neanche riesci a rendertene conto – ma tranquillo Franco, non sei solo, purtroppo] e chi mi conosce lo sa bene».

Nella testa però mi risuona forte la parola oltraggio usata dalla presidente Boldrini. La sua indignazione per l’oltraggio al Parlamento italiano mi colpisce.

E con l’oltraggio che il popolo italiano ha subito e sta continuando a subire dal Parlamento Italiano come la mettiamo [e che cacchio c’entra? Ma come non ci si rende conto che questa è una risposta del tipo “E allora le foibe?”]? Con le famiglie che non arrivano a fine mese [MA COSA C’ENTRA], i giovani che non trovano lavoro [MA COSA C’ENTRA] e che non riescono a costruirsi un futuro [MA COSA C’ENTRA], gli imprenditori che si ammazzano [MA COSA C’ENTRA], le pensioni e i diritti dei lavoratori che diventano sempre più un ricordo [MA COSA C’ENTRA], la cultura che viene fatta a pezzi come la mettiamo [MA COSA C’ENTRANO tutte queste cose? Sono senz’altro vere e nessuno le nega, ma perché tutte queste cose autorizzerebbero qualcuno a usare un linguaggio sessista? Esistono circostanze nelle quali non è un insulto razzista dare del “negro”? O non è omofobia dare del “frocio”?]?

E’ davvero possibile offendersi a tal punto per una espressione, forse infelice nelle modalità, ma corretta nei contenuti [NO, questo modo di intendere il linguaggio è SBAGLIATO: non c’è niente di corretto in un insulto sessista! Il suo contenuto è una discriminazione di genere, che non è MAI corretta, in nessun caso!]? E davvero possibile usare il sessismo per difendere un Parlamento [COSA? E perché mai attaccare Battiato per il suo linguaggio sarebbe una difesa del Parlamento? Le due cose non sono logicamente connesse – ovviamente Boldrini, in quanto presidente della Camera, DEVE anche fare questo – oltre che indignarsi per il linguaggio sessista. Ma tutti gli altri che se la sono presa con Battiato non hanno certo, automaticamente, difeso il Parlamento] che ha dato prova innumerevoli volte di non fare gli interessi degli italiani e per le cui scelte paghiamo tutt’ ora un amaro prezzo [e basta con questa demagogia da due soldi, su]?

Faccio fatica a pensare che, in questa fase storica, qualcuno possa pensare a difendere la dignità del Parlamento Italiano con questi toni [forse fai fatica perché quello che hai appena detto non è affatto successo, hai provato a pensarci?] a fronte di quello che è stato fatto notare essere stato spesso il suo operato [l’operato di TUTTO il Parlamento? Tutti tutti i parlamentari? Ma vogliamo imparare a usare i nomi collettivi o no, una buona volta?]. Magari Battiato può essere criticato per una certa volgarità di espressione [non sia mai che lasciamo fuori un po’ di moralismo travestito da buona educazione, eh], ma  sinceramente la preferisco agli spettacoli di cui, non di rado, il Parlamento è stato protagonista (basti ricordare lo squallore con cui fu accolta la caduta di Prodi con “onorevoli” che bivaccavano con mortadella e champagne in Senato [MA COSA C’ENTRA], il comportamento e l’atteggiamento di Berlusconi, proprio nei confronti delle donne, fuori e dentro la politica [MA COSA C’ENTRA] o le vicende di vari parlamentari che hanno cambiato improvvisamente casacca a cui Battiato sembrava alludere in misura maggiore [MA COSA C’ENTRANO tutti questi esempi? Due schifezze fanno due schifezze, perché una di queste autorizzerebbe qualcuno a usare un linguaggio sessista? PERCHE’?]).

Qui, a mio parere, il sessismo non c’entra niente [e certo, hai dato prova di non sapere cosa sia!], non utilizziamolo come una ricetta preconfezionata per difendere l’indifendibile [dire che Battiato ha usato un linguaggio sessista non vuol dire difendere i parlamentari corrotti e ipocriti – al massimo vuol dire difendere l’istituzione! E ti sembra la stessa cosa?] ogni qualvolta se ne presenti l’occasione.

Vogliamo invece concentrarci sulla ripresa del paese? [Perché, non è quello che poteva fare anche Battiato, in quel discorso? A lui non dici niente?]