Deconstructing quello (il giornalista) che ci prova

Formaggio provolone
Formaggio provolone

 Premessa: chiariamo bene che cos’è “La Nuova Sardegna”.

La Nuova Sardegna è il più diffuso quotidiano del nord Sardegna, fondato nel 1891 a Sassari da Giuseppe Castiglia ed Enrico Berlinguer, nonno dell’omonimo ex segretario del PCI.
Oltre che a Sassari ha redazioni a Cagliari, Nuoro, Olbia e Oristano e uffici di corrispondenza ad Alghero e Tempio Pausania.
Dal 1980 fa parte del Gruppo Editoriale L’Espresso.

Così Wikipedia. Quindi: parliamo di un giornale che esiste da più di un secolo e con i suoi bei nomi nella storia da mettere in vetrina. Non proprio carta straccia.
Poi dice che sono io che ce l’ho con i giornalisti. E’ vero, ma è molto riduttivo: perché se esce un articolo come questo sul sito di un quotidiano come La Nuova Sardegna, vuol dire non solo che il giornalista, ma anche il suo caposervizio, il caporedattore, il vice e il direttore non hanno idea di cosa sia il linguaggio sessista, di cosa vuol dire una cultura sessista, di cosa sia il minimo rispetto per le questioni di genere. E neanche chi si occupa – ammesso che lo faccia qualcuno – di mettere questi articoli nel loro sito. Sentite qua che meraviglia.

Ci prova con l’amica: condannato per violenza

[Ci prova con l’amica a me fa incazzare anche se solo sentito, figuriamoci come titolo di giornale. Ci prova è l’esatta espressione di un sessismo ormai abitudinario, arrivato a considerare le persone, specialmente le donne, attrezzi, strumenti, aggeggi da testare per vedere se fanno al caso nostro.]
A un cinquantenne di Ossi inflitti un anno e 4 mesi e 8mila euro di provvisionale. Aveva cercato di baciare la donna, prendendole una mano e portandosela alle parti intime [complimenti per la logica: provi a farti baciare da qualcuna forzandola a toccarti il pacco? Non c’è qualcosa che non va in questo sottotitolo? Non manca qualcosa? Ricordate anche questo, per ora: nel sottotitolo lei è la donna]

di Luigi Soriga [abbiamo il nome, casomai servisse un altro articolo del genere sappiamo a chi chiederlo]

SASSARI. Ci ha provato, gli è andata male [complimenti: le prime sette parole sono un giudizio sulla vicenda. Lui è stato sfortunato. Gli hanno dato galera e multa per sfortuna. Poverino, “ritenta, sarai più fortunato”], e ora si è beccato [si è beccato; ambisce al Pulitzer, il Soriga] un anno e quattro mesi di reclusione e una provvisionale di 8mila 500 euro. Mai si sarebbe aspettato di pagare uno scontrino [uno scontrino? Ma che linguaggio è?] così salato per le avance nei confronti di una sua parente [e chi se lo aspetterebbe? Normalmente per le avance nei confronti di una parente c’è un premio, no? Intanto, da donna è diventata parente]. Certo, il suo approccio non era stato dei più romantici [AH AH AH, che ridere]. Prima ha tentato un bacio, e lei ha girato la faccia dall’altra parte. Poi ha afferrato la mano della donna [è tornata donna] e l’ha portata sui suoi pantaloni, all’altezza delle parti intime. Lei si è divincolata, lo ha respinto, ha urlato. Al macho maldestro [notate, maldestro: se ne sottolinea la scarsa perizia, non la violenza o lo spregio totale della considerazione per l’altra persona, no: è maldestro, è buffo, fa ridere] non è rimasto che andare via con la coda tra le gambe. Forse sul momento non ha realizzato, ma quell’approccio sconsiderato per la legge si configura a tutti gli effetti come un reato sessuale [ma guarda un po’ cosa capita ai maldestri!]. La storia accade a Ossi, è il ferragosto del 2010. Lui è un autista di bus, sulla cinquantina. Lei è molto più giovane [e tanto vi deve bastare, lei non lavora, non è nulla, è solo molto più giovane]. I due sono cugini di secondo grado, tra loro c’è confidenza, tanto che la donna, in crisi con il marito, chiama l’amico per raccontare i suoi problemi coniugali. Parlano a lungo, lui le dice che il marito non la merita, che dovrebbe lasciarlo, e tra i due scatta un abbraccio affettuoso. A quel punto nella testa dell’uomo si accende la scintilla sbagliata [ricordatevi, è sempre la scintilla, lo scatto, il clic. Non c’è una cultura patriarcale, sessista, no no, è che tutti i maschi girano con una bomba nel cervello. Sono tutti bravi ragazzi]. Forse è convinto che la donna provi attrazione nei suoi confronti [notate: lui si convince che lei abbia qualcosa, lui continua a essere normale anche se ha la scintilla sbagliata], e ci prova con decisione. Si becca un due di picche clamoroso [“bella rigà, se vedemio àaa redazzione, c’ho da scrive de un due de picche clamoroso, anàca”] e viene cacciato di casa. Però si rende conto che la sua amica [già donna, poi parente, adesso è la sua amica] è molto scossa, e visto che il marito stava per rientrare in casa, lui gli va incontro e lo invita a bere qualcosa al bar. Quando poi rientra a casa la moglie si è calmata, e lui non si rende conto di nulla [notate: la mano sul pacco è causata da la scintilla sbagliata, ma l’acume e la premeditazione necessarie per l’accorta condotta, a evitare che il marito sappia subito tutto, non viene sottolineata. La scintilla dello stronzo non esiste]. La denuncia ai carabinieri non viene presentata subito. Solo che poi l’episodio non scivola sulla donna come se niente fosse. Lei ha un carattere fragile [il giornalista è anche perito psichiatra, e sentenzia che lei denuncia perchè è fragile, mica perché quel gesto è da denuncia, no no], comincia ad accusare un disagio psicofisico, stati d’ansia, insonnia. Un’altra donna magari avrebbe liquidato l’episodio con uno schiaffone e una valanga di insulti [le donne con le palle, vero Soriga? Invece questa ha un carattere fragile, sono quelle così che denunciano, poverette, basterebbe uno schiaffone, no? Soriga le sa tutte, facciamolo ministro per le Pari Opportunità]. Lei invece tiene dentro per un po’, dopodiché esplode. Prima si confida con una zia, poi con un po’ di titubanza, racconta tutto anche al marito. Lui la convince a presentare subito denuncia [lui la convince, che eroe, lei è così fragile]. E il 6 settembre la donna si presenta dai carabinieri di Ossi. I problemi psicologici vanno avanti nei mesi successivi, e lei si rivolge al proprio medico di base. Lui certifica, testuale: «Affetta da tentata violenza sessuale». Comincia anche il processo in tribunale e ieri il pm Giovanni Porcheddu è partito dalla pena di due anni, l’ha ammorbidita con le attenuanti generiche e la minor gravità per non aver consumato l’atto [devo commentare? No, vero?], e ha chiesto 1 anno e 4 mesi. L’avvocato di parte civile, Maria Francesca Lorusso, nella sua arringa ha ripercorso tutta la vicenda e ha chiesto la condanna dell’imputato. Il legale della difesa, Caterina Mureddu, invece ha chiesto la piena assoluzione perché il fatto non sussiste [qui il nostro giornalista non se la sente di dire la sua. E’ psichiatra, è giovanile, conosce donne che avrebbero dato sberle, ma su il fatto non sussiste non ha nulla da dire. Ancora complimenti]. Alla fine il giudice Marina Capitta, che presiede il collegio, ha deciso di confermare le richieste del pm. La tentata violenza sessuale [su donna giovane e fragile, mi raccomando] si paga cara: 1 anno e 4 mesi (con la condizionale perché incensurato), 8mila e 500 euro da corrispondere subito più l’ulteriore risarcimento da stabilire in sede civile.

Qui, per come la vedo io quello che ci prova è il giornalista. Prova a minimizzare, prova a scusare il colpevole, prova a far apparire lei come una mezza deficiente, prova a ridere di tutto. Ma no, non è vero, sono io che ho un problema, sono io che vedo (e leggo) una cultura sessista.

Deconstructing la redazione

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Lo scorso 21 Settembre sono stato ospite dell’associazione “Io sono bellissima” per una giornata di incontri sul sessismo e sul linguaggio; la mattina un confronto sui giornali e i loro vari sessismi, con la presenza di giornalisti, e il pomeriggio un seminario sull’antisessismo. Una giornata, giustamente, bellissima, di quelle che ti lasciano motivazioni e ricordi politici felici – e non è che capitino spesso, eh.

Tra le persone presenti alcuni uomini e donne di Galatina, particolarmente impegnati sul loro territorio, con cui sono stato ben felice di parlare. Qui un loro comunicato per una iniziativa di domenica 24 novembre. A questo comunicato ha risposto una testata giornalistica locale con un pezzo davvero straordinario, che didatticamente ci fa il favore di raccogliere in un solo brano quasi tutti gli stereotipi e i luoghi comuni sessisti riguardo la violenza di genere – aggiungendoci vistose lacune culturali. E’ il caso di parlarne inseme perché raramente capitano esempi così esemplari dei tipici errori di chi pensa di sapere qualcosa sulle questioni di genere, semplicemente perché appartiene a un genere. E’ firmato “redazione”, e sono convinto che sia così: una persona sola non può infilare una dopo l’altra tutte queste stupidaggini, evidentemente è un lavoro di squadra. Cominciamo.

UNITI CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE… si ma per limitarsi a chiaccherare? [Il titolo promette bene: sembra che a qualcuno non vada bene che ci si limiti alle parole contro la violenza di genere. Pazienza per l’accento mancante, di questi tempi manca ben altro.]

Siamo tutti contro la violenza, e su questo non c’è discussione, sulle donne poi. [Eeeeeh, sì, beh, grazie per la generosità, ma in effetti la discussione c’è, anzi c’è pure parecchia gente che pensa che sia giusto menarle spesso. Ma apprezzo l’entusiasmo, andiamo avanti con fiducia. ]

Se però essa sia il retaggio di una cultura patriarcale, o invece è la conseguenza dei lascivi comportamenti di questa società, è tutto da dimostrare. [Beh, no, ci sono almeno quarant’anni di letteratura femminista, sociologica, filosofica e storica che dimostrano abbastanza bene che i lascivi comportamenti, se abbiamo capito bene cosa potrebbero essere – dato che la redazione non l’ha scritto –  sono il prodotto del patriarcato e non una possibile causa alternativa alla presente discriminazione di genere.] E anche il riferimento al razzismo mi pare che abbia a che fare come il cavolo a merenda. [No, il cavolo a merenda è quello della redazione: il sessismo è una forma di razzismo, quindi il riferimento c’entra eccome. Io non sarei manco d’accordo a definirlo latente, ‘sto razzismo.]

Si ha l’impressione che tutti gridino per far vedere come sono sensibili e bravi, ma che poi nessuno voglia andare a fondo alla questione e dire le cose come stanno. [Oh, e questa è una bella frase che ci sta benissimo dalla cronaca politica, al gossip, allo sport; adesso vediamole, le cose come stanno, adesso la redazione ci dà una lezione di giornalismo. Pronti?]

Anche perchè questo richiederebbe ad ognuno di noi un esame di coscienza serio, approfondito e sopratutto onesto. [Bravi, così si dice, il personale e il politico, un bell’esame di coscienza che è passato di moda perché non fa comodo.] E riconoscere di aver sbagliato, e dirlo pubblicamente e molto difficile per non dire impossibile. [Bene, abbiamo capito, ma sarebbe ora di smetterla con i sottointesi e dire a cosa ci si riferisce, ormai è mezza pagina di rimuginamenti – e s’incomincia a tollerare poco i continui errori di ortografia. Ostacolano molto l’esame di coscienza serio, sapete?] Riconoscere che tante battaglie che da ragazzi ci sembravano sacrosante hanno prodotto tanti guasti richiede un coraggio ed un’onesta intellettuale non comuni. [Pare che l’esame di coscienza serio debba partire da parecchio lontano; da ragazzo mi ricordo sacrosante battaglie per vendere i cornetti a scuola senza pagare la percentuale ai bidelli, e una mezza rivoluzione quando i flipper passarono da duecento a cinquecento lire a partita. Mi sfuggono però in che senso queste sacrosante battaglie abbiano fatto danni alle generazioni successive. Ma leggiamo, forse finalmente arriviamo al dunque.]

Spesso sentiamo dire che la violenza sulla donna  e lo stesso omicidio [immagino intenda dire “e il suo eventuale conseguente omicidio”, ma che ne so, io mica sono una redazione] nascano dalla voglia di possesso, dal considerare una donna come un oggetto [capita molto spesso, e insisto: non è un sentito dire, è proprio sicuro che in molti casi sia così, fidatevi]. E allora ci domandiamo, un uomo che prima uccide la moglie e poi si toglie la vita, lo fa perchè vuol possedere un oggetto? [Sì; se oltre a sentirlo dire lo aveste pure letto da qualche parte, è tutto spiegato in autorevoli testi, nero su bianco. In giro per questo blog pure ci sono molte indicazioni bibliografiche – qui il sentito dire non è molto apprezzato, forse perché non siamo una redazione.] Qualcuno può seriamente pensare che per non perdere un oggetto uno perda la cosa più preziosa, la propria vita? [Sì, lo pensano in parecchi, come detto sopra, e lo scrivono pure. Quel famoso patriarcato cui si accennava prima ti insegna proprio che senza il possesso e il controllo di (almeno) una donna tu non sei un uomo degno, un uomo completo, un “vero” uomo, ed ecco perché quando si vedono lasciati, abbandonati, privi del requisito minimo richiesto dal patriarcato, alcuni uomini non sanno gestire la situazione e annichiliscono l’oggetto ribelle e se stessi.] O invece vi è un disagio più profondo, legata al nostro tempo che non riusciamo a interpretare  a comprendere, o magari non vogliamo comprendere? [Quale? Parliamone, vediamo.]

Nella società tradizionale la donna era il sesso debole [non è che adesso invece sia considerata tanto meglio eh, forse la società è cambiata ma la mentalità ci mette molto di più], e nonostante ci trovassimo in presenza di una società dove il tasso di violenza era certo più alto che ai nostri giorni, “la donna non la si doveva toccare nemmeno con un fiore”. [Oh, bene, così lo diciamo una volta per tutte: “la donna non si tocca nemmeno con un fiore” è un’espressione sessista come poche, perché non solo divide gli esseri umani in due – deboli e forti – a seconda del sesso, ma prescrive pure che è nell’ordine delle cose che uno “protegga” l’altro da ogni forma di violenza, attribuendosi così pure il diritto di decidere cosa è violenza e cosa no. (Se qualcuno non ha capito la frase precedente, mi permetto di pensare che il suo problema non sia la violenza di genere.)] Chi lo faceva era tacciato di vigliaccheria, [leggi: il vero uomo non ha bisogno di ribadire la sua superiorità, gli è dovuta, e se non riesce a ottenerla “con le buone” allora non è un uomo – figuriamoci cos’è una donna che non accetti questa sua inferiorità naturale!] e ogni altro uomo che pure non avesse a che fare con quella donna era legittimato ad intervenire in sua difesa [tutti poliziotti insomma, secondo un codice cavalleresco che, come ricorderete, ha rinchiuso le donne nei castelli per secoli, in quanto beni di esclusiva proprietà del maschio che andava alla guerra – proprio un bel modello di società]. Un uomo che usava violenza su una donna, non era sicuro neppure in galera [succede anche adesso; ma non capisco perché bisognerebbe essere soddisfatti del sapere che anche in galera il codice patriarcale è rispettato].

Poi un bel giorno ci siamo raccontati che la donna è uguale all’uomo, [EH? Ci siamo raccontati chi? Mi pare che siano le donne ad averlo detto, e che continuino da parecchi decenni con alterni risultati, purtroppo. E poi perché questo tono da favoletta? In che senso la redazione non crede che la donna è uguale all’uomo? La finiamo con i sottintesi?] che può fare il militare, che può fare la guerra, che quindi è un guerriero, [EEEEEH? Redazione, ma che gente frequentate? Forse – ma forse, eh – queste sono tesi portate avanti da alcuni femminismi, e anche fosse, qui sono espresse molto sommariamente e in maniera del tutto incompleta e fuorviante. Il primo pensiero delle donne è fare la guerra?] e così abbiamo smesso di considerarla una cosa diversa dall’uomo, [MA CHI? MA DOVE? Il voler dare alle donne e ad altri generi i diritti che spettano loro significa che si vuole tutti guerrieri? Ma lo sapete che è il 2013, che questa idea del “tutti guerrieri” quasi manco più i neonazisti la sbandierano? Ma ci vogliamo aggiornare un po’ prima di sparare di queste scemenze?] che doveva godere di una maggiore protezione [ancora con questa storia?], abbiamo smesso di alzarci nell’autobus per cedergli il posto [ah, ecco. La manifestazione pubblica dell’emancipazione femminile dipende dalle aziende comunali dei trasporti urbani. Tesi interessante, davvero], abbiamo deciso che invece della dolcezza, della femminilità, i tratti che dovevano caratterizzare la donna moderna, dovevano essere la decisione, la fermezza [MA ABBIAMO DECISO CHI, MA QUANDO? Ma in base a cosa una redazione si permette di parlare per tutto un genere, per tutta una massa, per tutti? E come non si accorge che se dice una cosa come abbiamo deciso i tratti che dovevano caratterizzare la donna moderna sta facendo razzismo sessista – oltre che dire un sacco di corbellerie?], al centro del suo mondo non più la famiglia, ma la carriera [ma non è vero! Milioni di donne vogliono cose diverse oppure queste – il problema è che non possono liberamente sceglierlo perché non hanno le stesse possibilità di realizzarsi grazie a una cultura patriarcale e maschilista imperante, non quello che ci siamo raccontati]. Non più mogli, amanti, amiche complici…ma donne in carriera, veline, competitori decisi e disposte a tutto [ma parlate per voi! In base a cosa vi attribuite un plurale che personifica decisioni epocali, e ci fate pure semplificazioni sociologiche a dir poco imbarazzanti? Pensate davvero che TUTTI gli uomini e TUTTE le donne siano così banali? O che anche solo “la maggior parte” abbia questa ridicola psicologia? O un esercito di docili sottomesse (mogli, amanti, amiche complici) oppure un esercito di competitori decisi e disposte a tutto? Voi vedete troppa televisione, ve lo dico io].

Poi, ad un certo punto, smarriti, ci siamo chiesti ma come mai la famiglia non funzionasse più [ovviamente è colpa delle donne, no?], come mai sempre più donne usassero la seduzione come arma per far cadere ai propri piedi, non il marito, il compagno, l’amante, ma il capoufficio colui che può dare uno mano per far carriera, per aver maggiore potere da utilizzare non solo su i colleghi, ma anche sul proprio uomo. [E certo che ve lo chiedete smarriti, se pensate che quello che sia successo sia che ci siamo raccontati che la donna è uguale all’uomo. Cosa pensate di poter capire con questo schema ridicolo? La seduzione come un arma da utilizzare per far cadere ai propri piedi il capoufficio è quello che vi raccontate perché non volete capire che è stato il patriarcato ad aver instillato anche nelle donne che il potere va conquistato a tutti i costi. Ed è l’uomo – il capoufficio – che decide di dargliene le briciole in cambio di sesso, continuando a mantenere il suo potere. Vi pare il risultato del “femminismo” questo, cara redazione? Se alle donne fosse stato concesso davvero quello che si prende anche l’uomo, allora sarebbero le donne il capoufficio, senza bisogno di avere maggiore potere ottenendolo da un uomo attraverso il sesso, perché lo avrebbero ottenuto col merito. Ma non vi rendete conto neanche di che esempi fate?]

Poi…. un brutto giorno scatta la violenza, a volte la follia omicida, questi uomini, compagni perfetti, ottimi mariti, padri esemplari per una vita, che all’improvviso diventano terribili assassini. [Quindi? Che vuol dire? Cosa significa questa frase qui, che la colpa dello scatta la violenza è della donna che usa lo stesso potere del patriarcato? Non avete neanche il coraggio di dirlo apertamente, vi affidate all’ellissi, alle figure retoriche? Questo sarebbe il risultato dell’esame di coscienza serio, approfondito e sopratutto onesto?]

E noi tutti rimaniamo increduli e incapaci di comprendere [e ti credo, con questa visione delle cose che cosa sperate di comprendere?], e così finiamo per limitarci a piangere sulle tragedie ed ad augurarci che non si ripetano più [ah ecco, alle associazioni rimproverate di limitarsi a chiacchierare, voi invece pianterello e scongiuri. Voi sì che pensate ai fatti], magari lanciando strali su un fantomatico uomo [quale fantomatico, qui si ammazzano davvero, oh!], dimenticando che quell’uomo ci assomiglia, o assomiglia ai nostri uomini, in maniera incredibile [ma assomiglierà a voi, forse, che ancora vi raccontate queste favolette assolutorie e che continuano a colpevolizzare tutto e tutti tranne la cultura patriarcale ancora vigente e le mentalità che produce. Voi non vi limitate a chiacchierare, no no, vi fate proprio portavoce di quella cultura, scambiando la causa con l’effetto. Certo, i femminicidi e la violenza di genere esistono perché ci siamo raccontati che la donna è uguale all’uomo e perché sempre più donne usano la seduzione come arma. Ancora complimenti per la profondità d’analisi, proprio quello che ci si aspetta da una redazione].

Per la cronaca, l’iniziativa a Galatina c’è stata ed è andata benissimo. No, loro non si limitano a chiacchierare.

Deconstructing la cronaca stretta

lougrant15aCapita raramente di imbattersi in un articolo del genere, che nei commenti – mi raccomando leggeteli sempre, sono le cose più istruttive – contiene pure la difesa fatta dall’autore. Ringraziando Antropologia e sviluppo per la segnalazione, ecco l’articolo commentato [tra parentesi quadre]. I grassetti sono nell’originale.

Crema, 11 settembre 2013 – È partito per le vacanze, per stare con la sua famiglia in Romania, ma non tornerà più a Crema: ora è in galera con l’accusa di aver ammazzato la moglie. E ferito gravemente l’amante. Si chiama Alexander S., ha 49 anni e da una decina di anni viveva a Crema, dove lavorava mandando soldi  a casa, dove [e dire che ce ne sono di locuzioni da usare al posto di dove, eh] c’erano una moglie e tre figli che, grazie a quei soldi, riuscivano a tirare avanti. Alexander, ai primi di luglio parte per tornare a casa, a Craiova [magari v’è sfuggito, ma il secondo dove si riferisce a questa città, non a Crema]. Quando arriva, dentro la sua abitazione non trova nessuno. La prima figlia è sposata, gli altri due ragazzi non lo aspettano. L’uomo, allora, va a trovare i fratelli e nota un certo irrigidimento quando chiede dove sia la moglie [è partita l’escalation drammatica. Ruggieri, su, nota un certo irrigidimento non si trova più manco nei verbali dei carabinieri. Ma attenzione al seguito].

Ma all’inizio non ci fa caso [immaginate, da adesso, una musichetta insinuante e ossessiva tipo Bernard Herrmann]. Poi, il tempo passa e la donna non torna, finché arriva la sera. A quel punto il marito sospetta qualcosa [Ruggieri c’era, lui lo sa]. Chiede ancora lumi ai parenti, finché qualcuno si fa coraggio e parla [zam zam zam zaaaaam!]. «Guarda che tua moglie si è trovata un altro e che passa il suo tempo a casa dell’amante». Parole che bruciano come acido sulla pelle [AAARGH la metafora da quindicenne deluso dalla vita NO!!! Tra l’altro, visto l’uso di acido che si fa negli ultimi tempi, che cattivo gusto!]. L’uomo va su tutte le furie e medita vendetta [il giornalista è telepatico. Ricordatevi il medita]. Ma come? Lui si sacrifica, sta lontano dalla famiglia, manda a casa i soldi necessari per vivere e quando torna, trova sua moglie con un altro? [CHE COSA E’ QUESTA FRASE SE NON UNA DIFESA DELL’ASSASSINO FATTA ESPLICITANDO CONGETTURE PER SPIEGARE IL SUO GESTO? CHI HA DATO A RUGGIERI IL POTERE DI FANTASTICARE SULLE INTENZIONI MENTRE RIPORTA I FATTI?] Il romeno chiede dove abita il rivale e qualcuno glielo dice [lui era sempre lì]. Così, va a regolare i conti a casa di quest’uomo [va a regolare i conti. Poco sopra era una vendetta, ma questa è ancora troppo negativa: adesso è già regolare i conti, che è molto più vicino a “ottenere giustizia”, in effetti]. Quando arriva ed entra, trova la moglie con lui [ma no, che sorpresa! Glielo hanno detto in gruppo! E non ci dici che stavano facendo? Adesso niente fantasia? Su Ruggieri, non sia timido]. Furibondo e fuori di sé [ovviamente, ADESSO è fuori di sé, mentre poco fa meditava vendetta. Strano modo di descrivere l’uso della ragione, o il suo smarrimento] prende un coltello, colpisce a morte la donna e ferisce gravemente l’uomo. Solo l’intervento di più persone e della polizia riesce a domare la sua furia [la furia va domata, anche se è solo un regolare i conti. No, ma complimenti per la coerenza, tranquillo Ruggieri, va tutto bene]. L’uomo è imprigionato e accusato di omicidio nei confronti della moglie e di lesioni gravissime per l’uomo che era con lei [strano, lui voleva solo regolare i conti].

Risposta di una lettrice al giornalista:

Egregio Pier Giorgio Ruggieri,
Mi complimento con Lei per l’articolo che ha scritto qui sopra: una bella e buona giustificazione dell’omicidio di questa coppia! Torniamo ai tempi del delitto d’onore? Perché a mio parere pare che Lei intenda che sia comprensibile uccidere una moglie “fedifraga” e il proprio amante “per onore” in quanto Lei scrive: “Ma come? Lui si sacrifica, sta lontano dalla famiglia, manda a casa i soldi necessari per vivere e quando torna, trova sua moglie con un altro?” Nel nostro Paese ogni due giorni c’è un nuovo femminicidio e ritengo sia il minimo pretendere che il linguaggio giornalistico non sia complice di questa strage. E’ molto grave e pericoloso il messaggio che Lei intende veicolare al lettore che potrebbe interpretare come giusto uccidere una donna che tradisce il proprio marito.
Cordiali Saluti, Una (ex)lettrice disgustata

Parole civili, anche se il tono è grave; perché è grave quello che è successo. A questa, il nostro giornalista risponde così [i  nostri commenti sempre tra parentesi quadre]:

Risponde l’autore:
Ma stiamo scherzando [da manuale: mai concedere nulla, rispondere all’indignazione sempre più indignati ancora]! Gentile signora, evidentemente lei è molto sensibile al problema, come lo sono io [da manuale: il difetto è suo, ma ce l’ho anche io]. Nel mio articolo non c’è una sola parola di giustificazione per il gesto fatto [no, infatti: le parole sono precisamente ventisei, Ruggieri], ma solo una cronaca stretta di quello che è successo [LA CRONACA STRETTA? Lui si sacrifica, medita vendetta, regolare i conti, sono cronaca stretta? E qual’è quella “larga”, Star Trek?]. Non esalto assolutamente il femminicidio, me ne guardi e scampi il cielo [il cielo c’ha da fare, Ruggieri, le basterebbe seguire l’articolo 2 delle raccomandazioni della Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ) sull’argomento. E’ il suo lavoro, mica il mio]! In ogni caso il marito tradito non se l’è presa solo con la moglie, ma anche con l’amante [cosa significhi questo per Ruggieri non s’è capito. Ah sì: c’è di mezzo anche un uomo, quindi non è femminicidio. Interessante interpretazione]. Ha avuto una reazione della quale io ho solamente dato atto [NO, inventarsi le motivazioni fantasticando sul contenuto della mente delle persone non è dare atto, è narrativa. Non è giornalismo]. Sottolineando anche il fatto che è in galera e probabilmente non uscirà più [embè? Il problema è il motivo per cui è in galera. E secondo le tue parole, il motivo è perché ha subito un’ingustizia da una moglie ingrata]. Cosa che non sempre accade in Italia [e che c’entra? Hai scritto per lodare la polizia rumena?]. Se in qualche modo ho dato l’impressione di essere a favore di quello che lei definisce il delitto d’onore [no Ruggieri, l’ha fatto in più modi: dando voce alle supposte frustrazioni dell’assassino, ricostruendo i fatti con una escalation drammatica che punta a massimizzare l’emotività dell’assassino per ridurne il grado di lucidità, e ottenendo una catena di ineluttabilità che invece è tutta da dimostrare da parte degli investigatori. Ah, altra cosa, Ruggieri: la morta. E’ morta, e i tre figli erano anche i suoi. Due parole ce le spendiamo? Di lei non ha detto nulla, a parte che stava con l’amante e s’è beccata le coltellate. No no, Ruggieri, non ha dato nessuna impressione, non si preoccupi, è la signora che è molto sensibile al problema], stia pur tranquilla. Non è assolutamente così.
Pier Giorgio Ruggeri

Complimenti.

P.S. Gli strumenti per cambiare questo stato di cose ci sono. Bisogna avere l’onestà intellettuale di capire a cosa seervono e volerli usare.

Deconstructing le avances

macchina da scrivere2 Questo articolo è stato decostruito “live” all’incontro tenuto alla Città dell’Utopia (Roma) martedì 18 Giugno, “Media vs Femminicidio”. Ci tengo a dire che l’ho scelto in maniera casuale tra i tanti raccolti da Bollettino di Guerra, e che s’è dimostrato perfettamente adatto a fare d’esempio per comprendere il titolo dato alla serata. Come volevasi dimostrare, non c’è bisogno di scegliere esempi di sessismo nei media: basta pescare a caso.

Bidello uccide la prof di religione a scuola perché era indifferente alla sua passione [la maggior parte delle persone che legge i quotidiani si ferma solo sui titoli. Il titolo dice, malgrado ciò che seguirà, che lei era indifferente e che lui aveva passione. Tenete a mente queste due parole]

RAGUSA – Scene da far west in una scuola elementare del Ragusano. Un bidello, Salvatore Lo Presti, 69 anni ha sparato cinque colpi di pistola contro Giovanna Nobile, insegnante di religione, di 53 anni, uccidendola. L’uomo è stato arrestato per omicidio volontario.

IL MOVENTE – Avrebbe ucciso l’insegnante perché se ne era invaghito [viene scelto non “se ne era innamorato”, “la desiderava”, ma se ne era invaghito, verbo che è anche un giudizio], ma lei si era sempre dimostrata indifferente alle assurde avances del bidello [attenzione a queste due parole: indifferente – è un atteggiamento ben preciso, significa che lei sapeva e che non voleva, e assurde, giudizio e qualifica delle avances che però non viene spiegata:perché assurde? Non ci verrà detto]. Questo il movente dichiarato da Lo Presti, padre di cinque figli. L’uomo ha confessato davanti al dirigente della Squadra mobile Francesco Marino. Sarebbe stato «colpito dalla sua indifferenza» per «sentimenti assolutamente non ricambiati» anche perchè mai espressi in maniera evidente e pubblica [COSA? Scusate, ma come si fa a essere indifferenti a qualcosa che non si è capito o conosciuto? Allora lei non era indifferente, semplicemente non sapeva. Perché questa frase non è tra virgolette? E’ una deduzione di chi scrive?]. È il delitto, quindi, per una «passione senza riscontro» [dagli con la passione] quello commesso dal bidello. Lo ha confessato lo stesso omicida spiegando di avere premeditato il delitto [reo confesso di omicidio premeditato, quindi]. Secondo gli investigatori è stata «una lucida follia» [EH? Ma come, avete appena detto che lui ha premeditato! La “lucida follia della premeditazione” non si può sentire, ma per favore], l’insegnante era all’oscuro dei sentimenti dell’uomo o ne aveva avuto solo un parziale accenno [e allora le avances non ci sono state! Non erano assurde, erano proprio inventate! Perché scriverlo allora?].

FAR WEST – La tragedia si è consumata nella scuola elementare «Pappalardo» di Vittoria. La sparatoria è avvenuta all’interno dell’istituto mentre era in corso una riunione del corpo docenti. È stata un’azione fulminea, quella messa in atto dal bidello, noto come «il poeta», a pochi giorni dalla pensione [cosa la cui importanza verrà fuori tra poco]. Cinque colpi di pistola hanno raggiunto la donna. Un sesto colpo è stato sparato in aria per l’intervento di un altro bidello, che ha alzato il braccio dell’uomo facendo cambiare la traiettoria al proiettile, che si è poi conficcato sul tetto. «Poteva fare una strage [perché? Ha scaricato la pistola contro la donna, non voleva fare una strage, è evidente che volesse colpire solo una persona – perché permettere a un testimone di fare illazioni, e riportarle senza il minimo commento?], l’ho bloccato d’istinto, ma non ditemi come ho fatto perchè non lo so neanche io. Sono stanco e provato da questa assurda giornata», dice Salvatore Gallo, 56 anni,

COLPO AL FEGATO FATALE – I sanitari hanno fatto il possibile per salvare la vita all’insegnante . «Quando è arrivata in pronto soccorso trasportata dall’autoambulanza – dice il medico Giuseppe Marino – le sue condizioni erano disperate perché due colpi di arma da fuoco le avevano provocato una forte emorragia addominale. Un colpo aveva raggiunto il fegato. Siamo riusciti a rianimarla ma non ha superato l’intervento chirurgico».

INCONTRO DI FINE ANNO – L’insegnante si era recata a scuola per un incontro di fine anno scolastico. Dopo aver firmato delle pratiche in segreteria stava lasciando l’istituto, quando l’uomo l’ha raggiunta sulle scale, armato di pistola, sparandole contro. L’aggressore è uscito dalla scuola, ma è stato fermato poco dopo dalla polizia in strada.

MOMENTI DI TERRORE – È sconvolta Giovannella Mallia, preside vicaria dell’istituto. «Mi trovavo nella stanza accanto alla segreteria e dopo aver sentito i colpi mi sono precipitata per vedere cosa fosse accaduto», racconta. «Ho visto Giovanna Nobile a terra che già non dava segnali di vita, ho provato a rianimarla ma ho capito subito che la stavamo perdendo e quando è arrivata l’autoambulanza aveva perso già i sensi». «Stavo sistemando i registri – aggiunge l’insegnante – e i colpi di arma di fuoco che ho sentito sono stati uno dietro l’altro. La segretaria Concetta Insaudo e altri due applicati di segreteria gridavano perchè avevano assistito in diretta al ferimento della collega e non si davano pace. Ho avuto paura e non riesco ancora a razionalizzare come sia potuto accadere. Tra il bidello e la docente di religione – sottolinea Mallia – c’era stato in passato qualche discussione ma cose normali in un istituto. Che la cosa potesse degenerare non era ipotizzabile [un bell’aiuto, neanche troppo implicito, alla tesi della lucida follia]».

IL DIRIGENTE: «SONO SCONVOLTO» – Arriva sconvolto il dirigente scolastico dell’istituto, Sebastiano Lima. «Stavo facendo esami in una scuola di Acate – dice – quando mi hanno telefonato. Stentavo a crederci. Non so cosa sia scattato nella sua mente [altro aiuto alla tesi della follia –  eppure la premeditazione l’ha confessata l’assassino!]. Il primo caldo, la rabbia per dovere andare in pensione anticipatamente [IL CALDO? LA RABBIA? Con quale autorità il dirigente scolastico fa queste ipotesi? Perché sono semplicemente accostate, nell’articolo, a tutte le altre parole, senza una spiegazione, una parentesi esplicativa?] perchè poteva ancora rimanere ancora in servizio». «Ecco, questo era un suo chiodo fisso, ma da qui a sparare ce ne vuole [altra illazione, altro collegamento logico tutto da verificare. Intanto però è messo lì, come fosse plausibile malgrado le stesse parole dell’assassino]… Questa tragedia – conclude Lima – mi sconvolge, non ce la faccio proprio a sostenere il peso di questo dramma».

SCUOLA SOTTO CHOC: ARRIVA SQUADRA PSICOLOGI – Il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza ha chiamato la preside vicaria Giovannella Mallia a cui ha voluto testimoniare la sua vicinanza e le ha annunciato l’invio di una squadra di psicologi a sostegno dei ragazzi e degli insegnanti.

SOSPESO FESTIVAL JAZZ – In segno di lutto per l’omicidio, a distanza di un mese dalla tragedia del muratore Salvatore Guarascio che si era dato fuoco perché la sua casa era stata messa all’asta [perché citare un evento che, con tutto il rispetto, non c’entra nulla? Un suicidio poi], il sindaco della città Giuseppe Nicosia, di concerto con gli organizzatori, ha deciso di sospendere il concerto in programma per sabato sera del Vittoria Jazz Festival.

IL PM: «TROPPE ARMI DETENUTE LEGALMENTE» – «Ancora un femminicidio [la parola importante c’è una sola volta, contro le due di passione di cui una nel titolo] con un movente oscuro [OSCURO? Ma se lui ha parlato di premeditazione, di sentimenti non ricambiati, e il testo ha parlato di avances – perché le parole finali del PM smentiscono tutto? Ma chi legge, che idea si fa?]». Così il procuratore capo di Ragusa, Carmelo Petralia, interviene sul dramma di Vittoria. Il magistrato invita poi a riflettere su un dato: «Ci sono troppe armi detenute legalmente senza una precisa ragione, occorre un loro censimento [ah, alla fine di tutto la colpa è delle troppe armi in giro? Quindi se non avesse avuto la pistola, Lo Presti non avrebbe premeditato? Che cosa fa dire al PM che senza pistola lui non l’avrebbe strozzata, picchiata a morte, investita, accoltellata? Niente, non lo sapremo, l’ultima di tante altre cose che quest’articolo non dice o non fa capire chiaramente.]».