Deconstructing le Birkenstock – MicroMega #5 (Giulia Sissa)

birkenstoksApprodiamo al quinto articolo su Micromega, dopo quello di Banditer “L’istinto materno non esiste”che è certamente discutibile, ma non per impreparazione dell’autrice.  

Si legge nell’introduzione di “Femminismo e godimento” di Giulia Sissa che dopo un primo (quello del “suffragio universale”) e un secondo femminismo (quello degli anni ‘70), ora ce n’è un terzo che

non ha paura del corpo e del piacere, un femminismo che si mostra, che è “osceno”, che rivendica non solo diritti sociali e politici, ma anche il diritto al godimento [SARA: Scusa Lorenzo forse mi sono sognata un famoso slogan che ho imparato fin da ragazzina, “il corpo è mio e lo gestisco io”? Mi pareva che ci fosse una cosa chiamata autocoscienza attraverso cui le donne in massa presero/ripresero il contatto con il loro corpo scoprendone proprio le potenzialità di “godimento”… aspetta mi sovviene anche uno strano opuscolo intitolato: “La donna clitoridea e la donna vaginale” datato 1971. FERMAMI. LORENZO: Sissa era assente. Non si spiega altrimenti questo riassuntino alla Bignami di qualche decennio di femminismi. Vabbè che devi fare un occhiello, come si chiama tecnicamente, ma si poteva anche evitare di tagliare con l’accetta una storia così complessa – e fare figuracce. Mi ricorda gli appunti di filosofia tipo “Talete: quello dell’acqua”.]

Sissa va nello specifico di cosa intende con questa contrapposizione storicista tra i femminismi, iniziando il suo articolo con una frase quantomeno enigmatica:

Il corpo delle donne non è più la stessa cosa [sarebbe carino sapere rispetto a quale cosa, non è più la stessa cosa. Detta così, la frase vale più o meno come “una volta qui era tutta campagna”].

Poi prosegue dicendo che le donne dai 40 in giù che sono nate in un mondo dove le rivendicazioni delle femministe sono diventate normalità (il che è tutto da vedere), elencando parecchi stereotipi così triti che manco i maschilisti li usano più, per poi concludere con un

queste donne non possono poi accontentarsi di acqua, sapone e Birkenstock [forse Alessandra Moretti ha letto Giulia Sissa? Paiono d’accordo sulla linea vincente delle donne che nella sfera pubblica applicano uno stile estetico curato. L’intervista è un lancio elettorale. Si candida in Veneto e parla della cura della sua bellezza, dei suoi gusti musicali e di quanto è brava in cucina – come se le politiche di genere del PD non fossero già tra l’inesistente e l’imbarazzante in quanto sempre più conformi ai dettami del cardinale Angelo Bagnasco].

Subito Dopo Sissa cita per la prima volta le Femen per contrapporle alle femministe baffone e pelose degli anni ‘70, alla fine della perorazione soggiunge:

Non ci sono, insomma, soltanto i diritti. Ci sono anche abitudini e corpi [ma che cosa c’era secondo Sissa alla radice delle battaglie su divorzio, aborto, libertà sessuale, contraccezione, asili nido eccetera? Forse non il bisogno di essere considerate come persone fisicamente esistenti con bisogni e desideri portatori di trasformazioni anche drastiche della società e della cultura? E’ a partire dai corpi, cioè da quello che non si può negare, che le donne hanno affermato il diritto all’esistenza, all’autonomia e all’autodeterminazione. A nostro parere è molto riduttivo vedere il movimento femminista in un modo così storicista senza prendere coscienza del fatto che essendo così plurale afferma nello stesso momento tante istanze diverse e contraddittorie].

Per farvi capire come argomenta Sissa, estrapoliamo una frase delle più significative:

L’esperienza del nodo formato da corpo, abitudine e legge si materializza nel pensare/sentire delle emozioni.
[EH? L’esperienza si materializza nel pensare/sentire? Ma qualcuno rilegge o anche a MicroMega i tagli al personale hanno colpito i correttori di bozze? Cosa è mai possibile materializzare in un pensiero/sensazione? Perché prendere le parole e fargli fare la qualunque, a piacimento? E mi spiegate come si fa un nodo con il corpo (materiale), l’abitudine (comportamento), la legge (principio astratto)? Ma veramente chi scrive così si aspetta di essere comprensibile? O punta all’ammirazione estatica, come di fronte a certa arte contemporanea?]

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Tralasciando una lunga asserzione su come avverrebbero, secondo Sissa, i cambiamenti culturali, torniamo alla contraddizione tra femminismi. Se ripetiamo concetti alla Simone de Beauvoir oggi rischiamo di parlare solo a noi stesse, dice Sissa,

Ci trattano come oggetti sessuali. Aiuto! Ci riducono a mero corpo. Barbaro fato! Chirurgia estetica: lungi da me s’en vada! Pornografia: occultatemi quel seno… Prostituzione: sposa son disprezzata! [Mi pare che Sissa punti a scollare con forza il concetto di emancipazione e de-moralizzazione della società da quello di consapevolezza (educazione alla sessualità, matrimonio come scelta e non come dogma culturale, accesso ad un’autonomia economica) e coscienza di sè, sarà così che si diventa complici del neoliberalismo? Non è una novità, una persona col CV di Sissa dovrebbe saperlo.]

Il corpo sexy, volutamente e studiatamente erotizzato, insomma, non è più il segno o l’effetto collaterale di frivolezza e incompetenza. Anzi! [No, ma neanche di consapevolezza politica e sociale. Mai sentito parlare, Sissa, per esempio, di “emancipazione negativa”? Se ne parla da molto eh, in tanti libretti che si occupano di questioni di genere. Può cercare nelle biblioteche di UCLA o del CNRS di Parigi, dove lavora, siamo sicuri che qualcosina c’è.]

I diritti si conquistano e si possono sempre perdere [ah, ecco], come vediamo nelle battaglie americane contro l’aborto [ma perchè in quelle italiane no? Sono passati 40 anni e stiamo ancora a difendere la 194 ogni tre per due, ma dove vive Sissa? Ah già, a Los Angeles, ecco.] Stiamo all’erta, quindi su questo terreno [soprattutto tu da laggiù]. La perfettibilità delle relazioni sociali tra i sessi [“perfettibilità”, dice, ci viene solo da citare il rapporto Eures sulle vittime di femminicidio in Italia, nel 2013 sono state 179. Ma continuiamo a parlare di Birkenstock, dai], però, non deve farci dimenticare la plasticità dell’erotismo [SARA: giuro non me la dimentico… mo’ me lo segno, come diceva Troisi. LORENZO: a me frasi del genere farebbero domandare a Sissa: e com’è fatto un erotismo non plastico? Così, tanto per capire con quale ingegno si mettono insieme sostantivi e aggettivi. Sempre di moda la vànvera, eh?]

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Altro affondo sul femminismo degli anni ‘70, quando le donne hanno dovuto operare un rifiuto radicale dell’identità femminea [cos’è esattamente? E perché mai definire i termini problematici, meglio fare finta che tutti sappiamo di che si tratta, è più educato].
Se mi si costringe ad essere tutta corpo, allora io vi dico che ho un corpo. Il corpo è mio e lo gestisco io. [SARA: quindi questo corpo lo hanno negato affermando che ne avevano l’autogoverno? Mi sono persa un’assemblea fondamentale? LORENZO: Scusa ma sono ancora impegnato a capire come si potrebbe costringere qualcuno a non essere tutto corpo]. Oggi, poichè il corpo erotico non si lega più, legalmente e culturalmente all’esclusione [veramente in Italia si sta tornando indietro di qualche centinaio di anni anche su questo fronte…], l’autocensura non ha più senso [SARA: ma davvero non possono esistere donne differenti che si sentono acqua e sapone, ma magari non tutti i giorni – questa è autocensura? LORENZO: sì, ma dopo una riflessione sul termine autocensura. Non le va giù che una donna potrebbe proprio volerle le Birkenstock, eh? Forse c’è dietro una questione di spionaggio industriale che ci sfugge. Che Sissa sia pagata da Manolo Blahnik?].
E poco più in là: Se negli anni Settanta ci dissociavamo dal corpo per gestirlo, queste ragazze stanno nella loro pelle/pagina, in perfetta simbiosi: “il mio corpo è la mia libertà”. [Sissa, ma dove le ha sentite queste storie? Ci si dissocia dal corpo per gestirlo – che è, una specie di diagnosi? E adesso ci sarebbe la simbiosi grazie al tonico torso nudo delle Femen? Ma me li ricordo solo io, i torsi nudi in quegli anni Settanta che lei dice pieni di gente che si dissociava dal corpo? Boh. Giulia Sissa è del ‘54, nei Settanta lei c’era. E dove stava?]

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Le pagine 63 e 64 sono dedicate a parlare bene delle Femen. Nell’estate 2014, eh, quando certe cosette si sono già sapute.

Ci sarebbe molto da dire su questo nuovo femminismo, tagliato su misura per donne giovani e belle [ma tutte le altre? non possono essere femministe?] e che, anche per questo, suscita imbarazzo tra le femministe della mia generazione, o leggermente più giovani, che ancora denunciano la reificazione del corpo [eh, ‘sta cosa vecchia e non più attuale, ormai del tutto superata, vero? Sissa, lei vive a Los Angeles, ma di quale pianeta?] femminile e la mercificazione della desiderabilità. Queste ragazze giocano sul registro del pride. E’ tutta un’altra politica; tutta un’altra estetica [no, è sempre la solita, quella del marketing. E glielo hanno detto già in tante e tanti. Basterebbe informarsi].

Mentre Michela Marzano ripete che la televisione di Berlusconi offende le donne italiane, le Femen [ma perchè, ci chiediamo, insieme alle Femen e alla loro im-mediata prominenza corporea in senso performativo, Sissa non nomina mai le pussy Riot? Indovina un po’] si sono scelte un’altra scena – transculturale e transcontinentale e sul web, per mimare un’ipersessualizzazione e iperfemminizzazione da soft-porn [E con questo? Cos’è la gara a chi ce l’ha più lungo diventa la gara a chi “trasgredisce” di più? Certo, se il confronto è con Marzano, Sissa “ti piace vincere facile, eh?”. Sissa, non è che s’è fatta un po’ troppo impressionare lei da Femen tanto da non accorgersi di nient’altro?]

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La democrazia ha preso una svolta estetica [senza etica, ed è successo più o meno dagli anni ‘50 negli Stati Uniti, da quando sondaggi e tecniche di marketing sono state usate nelle campagne elettorali dopo i clamorosi successi nella gestione della pubblicità commerciale. So’ cose che alla UCLA le sanno, eh, se chiede qualche collega informato lo trova lì]. Questo femminismo ne fa parte [ma siamo sicuri che questo sia una cosa buona per le donne?]. Mette fuori gioco la cosiddetta oggettificazione del corpo [abbiamo vinto su tutta la linea, evvai!]. Non predica l’deale di una soggettività disincarnata da dipartimento di Filosofia vintage, bensì mima in maniera iperbolica e metonimica (la corona di fiori, la calza bianca o nera, il velo virginale) proprio il nostro essere oggetti corporei. Oggetto inteso come sinonimo non di “cosa”, bensì di “causa” [Sissa, non sappiamo più come dirglielo: E’ ROBA VECCHIA, la performance politica nel segno della mimesis metaforica non se la sono inventata le Femen – che adesso secondo lei sarebbero pure filosofe coi fiocchi]. “Io sono la causa del tuo desiderio!”, vediamo un po’ cosa sai fare! “Viol a volontè!”: stupro a piacere! Le Femen osano sfide inaudite [A Sissa, e mo’ te lo diciamo chiaro: se ti sei persa almeno trent’anni di femminismi, e certo che le Femen sono inaudite!]

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E la prova che Sissa non è – a essere generosi – aggiornata, la fornisce proprio lei: tutta pagina 65 è dedicata a fornire la derivazione filosofica dell’auto-oggettivazione da Kant. Embè sì, Sissa, rispetto a Kant indubbiamente le Femen stanno un pochino più avanti – ammetterà che ci vuole poco. Il problema è dove stanno le Femen nella storia dei femminismi, e quello non ci vuole molto a capirlo – il link è in alto – per chi sa anche solo un po’ di quella storia.

Ben venga il femminismo sensuale!

[C’è da un pezzo Sissa, se non se n’è accorta prima il problema è suo, non delle Birkenstock.]

Sara Pollice & Lorenzo Gasparrini