Amo la parola compagno. Mi suona dolce e bellissima: in una parola, meravigliosa. Proprio per questo motivo, vorrei che fosse utilizzata con un po’ più di parsimonia: ne detesto l’utilizzo casuale. Non c’è alcuna ragione per cui uno che si dichiara anarchico dovrebbe essere automaticamente un compagno, per me.
Magari è uno che si dice antiqualcosa. Salvo poi fare la faccia annoiata quando parli di quel qualcosa, non leggere i materiali che gli mandi, e tanti altri bei comportamenti. La politica è qualcosa che si “fa”, non è che si “è”, quindi se “sei” antiqualcosa ma ti comporti da proqualcosa, sei proqualcosa. E se fai l’indifferente, sei proqualcosa lo stesso: l’indifferenza non va mai a beneficio di chi è svantaggiato.
Magari è uno che se gli parli di privilegio diventa paonazzo e ti accusa di dargli dell’oppressore. Senza accorgersi che lo è di fatto, che i suoi presunti sentimenti feriti non hanno la priorità sull’esperienza di chi è oppresso, e che negare la sua posizione lo rende ancora più oppressivo. Insomma, uno che i suoi privilegi col cazzo che li ammette e men che meno tenta di combatterli, che tutta la merda sistemica che gli esce dalla bocca proprio non la vede.
Magari è uno che fa battute offensive in continuazione. Poco humour? sarà. Ma l’umorismo non è qualcosa che accade in un vacuum al di là di questa dimensione, dove tutti i rapporti di potere di questa società non esistono. Io battute e frecciatine su: maschi, bianchi, eterosessuali, cisgender, borghesi non ne sento praticamente mai. Puro caso? anche no, visto che quelle poche volte che succede si sbraita di “sessismo” e “razzismo” al contrario, di eterofobia e cisfobia, eccetera. Forse questo senso dell’umorismo non è né sviluppato né egualitario, checché se ne dica.
Magari è uno che legge queste parole, e si affretta a dire che queste persone non sono davvero compagni, ignaro dell’esistenza della fallacia logica del nessun vero scozzese.
Magari è uno per cui esiste soltanto la lotta di classe e quella contro lo stato, e il resto si fotta. Al massimo verrà dopo la rivoluzione, dice. Ma finché i panni sporchi non si laveranno in piazza e il personale non sarà davvero politico, non si riuscirà nemmeno a fare militanza assieme senza dover tirarci le sedie, figurarsi il rovesciamento dell’attuale ordine sociale. Senza abbattimento del patriarcato in tutte le sue declinazioni, dello specismo, dell’eterocisnormatività e di tante altre cose, non ci sarà alcuna rivoluzione possibile.
Ah, e i miei compagni, le mie compagne, me li scelgo e me le scelgo io. Così, tanto per essere lapalissiano.