La locomotiva, round two

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Se esiste una cosa che accomuna l’umanità tutta, è la defecazione. Un servizio igienico può essere di porcellana o d’oro zecchino, ma la cacca è la seconda grande livellatrice sociale, subito dopo la morte e poco prima della pioggia.

Siedo da ore allo stesso posto. Ho finito di leggere tutti i libri che ho con me. Congetturo che il servizio di una compagnia di trasporti non si possa davvero definire completo se non include anche la noia. Dopo poco, il mio sistema digerente mi ricorda un improrogabile impegno biologico. Opto dunque per una rapida escursione nei servizi igienici ivi presenti alla distanza di metri cinque. Entro, a passo svelto. Mi appresto a eseguire il basilare compito di espulsione scorie. Mi siedo. Una ventina di secondi dopo, sento bussare. A voce alta, rispondo «Occupato!». Altri venti secondi dopo, viene addirittura aperta parzialmente la porta. Sussulto. Mi sbrigo a richiudere. Visto la scarsa stabilità laterale del treno sospetto una brusca sterzata. Porto a termine la missione nel giro di un minuto e mi detergo in un istante. Esco.

Aperta la porta, scoperto l’inganno. Di fronte a me, la controllora che mezz’ora prima aveva verificato che io possedessi un biglietto, mi fissa strizzando gli occhi iniettati di sangue. Cerco di capire meglio.
«Scusi?» chiedo. «Che succede?»
«Sei qui dentro da cinque minuti» sibila.
«Pare di sì. Quindi?»
«È da cinque minuti che sono qui fuori!» stavolta urla. Mi faccio serio.
«Non mi pare, ma anche se fosse qual è esattamente il problema?»
«Cosa facevi lì dentro?»
«Cosa fanno secondo lei le persone, quando ad intervalli regolari in una giornata vanno al bagno?»
«Ho aperto la porta e l’ha richiusa!» urla di nuovo. Incomincio ad innervosirmi davvero.
«Certo!» ringhio. «Cosa avrei dovuto fare?»
«Aprire!» urla di nuovo.
«Devo dedurre che lei suole consentire l’accesso a chiunque ritenga opportuno contemplarle le emorroidi senza nemmeno averglielo chiesto?»
«Fa’ poco lo spiritoso. Tu non sai chi sono io.»
«Sì, certo. Ha ragione lei.»
Tento il ritorno, ma occupa tutto il corridoio per non farmi passare. Continua a ripetermi la stessa patetica frase con un tono di voce sempre più alto. Il mio aplomb svanisce.
«Ooooh, e levate! Uno vòle cacà e deve sopportà ‘a psicopatia d’aaa prima cacacazzi che incontra! Sparisci! Famme tornà al mio posto! Porcoiddio!»
Con uno spintone la sposto a lato e me ne torno importunando gli dei sul sedile vicino al finestrino. Mi accomodo, finalmente, non senza una punta di rodimento di culo per l’insensato avvenimento. Ora comunque è finita, e  attendo di scendere a Roma Termini.

Qualche istante dopo, una manciata di file più in là, la vedo di nuovo. Parla con una signora ingioiellata e impellicciata. Le sorride anche.
«Signora, il bagno è libero se ne ha bisogno.»

Scordate tutto quello che ho detto sulla cacca come livellatrice sociale. Non vale se sei un pezzo di merda che esce dagli sfinteri della borghesia.