E’ ora di chiamare le cose col loro nome – lo diciamo da un pezzo. Quando ai tempi ci fu una polemica per un libro su Casapound, e ci fu un gran discutere se il libro era fascista o no, se parlare dei fascisti è fascista o no, se scrivere un libro su una realtà fascista è fascista o no, e così via, pubblicai questo post nel quale facevo semplicemente presente che il sistema per decidere se qualcosa è fascista non è difficile. Quello che è difficile è intendersi su cosa sia un comportamento politico fascista – perché a qualcuno non potrebbe fare piacere.
Un qualcuno a me viene in mente: il classico compagno sessista che quando si tratta di commentare cose che riguardano donne o altri generi diversi dal suo sa regalare perle di sessismo da incorniciare. E argomentavo che il sessismo, ovviamente, è sempre un fascismo, quando è usato pubblicamente per fini politici.
Di recente vedo oggetto del solito sciacallaggio mediatico le parole di Romano Angelo Garbin, che certamente conoscerete già. Che la sua dichiarazione sia sessista non ci sono dubbi. Che sia giusto espellerlo dal suo partito è un problema del partito – di partiti sedicenti di sinistra, che usano pesi e misure diversi per giudicare della condotta di chi è iscritto e chi no, è piena l’Italia.
L’occasione però è interessante per chiarire una cosa. Quando il maschilismo è usato per insultare pubblicamente qualcuno, è fascismo – su questo non ci piove. Chi usava il maschilismo e il “virilismo” per propagandare una certa immagine di sé e dell’avversario politico è sempre stato il fascismo, quindi il “contrappasso” immaginato da Garbin come punizione per Valandro è uno splendido esempio d’immaginario simbolico fascista. Dico simbolico anche perché sono personalmente certo che, messo nelle condizioni legali per attuare questo suo desiderio, Garbin non lo farebbe davvero mai, e principalmente perché di punire Valandro in fondo non gliene può fregare di meno. Pensando però a un avversario politico donna che ha usato un insulto sessista e razzista, la cosa più “spontanea” che ha pensato è una graziosa ritorsione a suon di Big Black Cocks. E ce lo ha fatto sapere, tutto contento, via Facebook.
Questo basta e avanza, per come la vedo io, a identificare un fascista. Fascista nella cultura, nel pensiero, nell’immaginario. La domanda che mi pongo, interessante sia dal punto di vista politico che culturale, è: perché un attivista di sinistra, molto impegnato nella politica, settantenne, riconosciuto leader di sinistra in un territorio, ha un immaginario simbolico del genere? E perché lo usa pensando che sia una cosa di nessun conto? E perché tanti la pensano come lui? Lui se ne sta bello tranquillo ad aspettare quel che succederà, tanto la considera «Na tenpèsta in te on goto de aqua…».
E magari lui, e tanti come lui, si chiedono come mai i leader di sinistra al governo non fanno mai cose di sinistra, non pensano mai cose di sinistra, sono tanto distanti da “la base”. Base che, invece, su certi argomenti sembra andare naturalmente d’accordo: guardate come sono facilmente intercambiabili certi immaginari simbolici – e certi commenti politici – di Lega e SEL. Basta trovare l’argomento giusto: le donne, i negri, il sesso.