Ogni giorno sono rabbiosa testimone di come uomini e donne di ogni età rinforzino con le proprie affermazioni, giudizi – e soprattutto pregiudizi – quella cultura dello stupro che fa di ogni donna (cisgender, lesbica o trans) la candidata ideale di uno stupro “giustificabile”.
L’idea, profondamente radicata, che uno stupro sia causato dal comportamento di chi lo ha subito è continuamente rinforzata da una forma di “buoncostume” introiettata ed agita acriticamente dalla maggior parte delle persone, che fa di ogni individuo il controllore dell’altrui moralità. Una moralità che comunque ha sempre un doppio standard, lasciando alle donne l’onere di difendere una propria presupposta “virtù”, e agli uomini la scusante di “avere delle esigenze irrinunciabili”.
Io non sento di avere virtù da proteggere, ma in quanto persona e non “oggetto del desiderio”, rivendico la mia consensualità e quella delle altre donne. Non sono mai stata stuprata, ma ho provato sulla mia pelle e assistito quasi quotidianamente, nel corso della mia vita, al crearsi delle condizioni adeguate perché ciò potesse accadere anche a me. Sono stata finora fortunata, non c’è dubbio.
L’estate, ad esempio, è tra i periodi dell’anno quello peggiore. Quando fa veramente caldo, e si lasciano nel guardaroba jeans e maglioni per indossare vestiti più freschi ed evitare il collasso da calore, subito si avverte un cambiamento negli sguardi, nelle “battute”, nella tracotanza di certi individui.
Parlare con qualcuno che ti fissa la scollatura – a volte nemmeno quella, basta un tessuto troppo leggero e il risultato è il medesimo – con insistenza, anche quando tu mostri chiaramente di non gradire. Vedere una ragazza che in una sera d’estate, con qualche cocktail di troppo sullo stomaco, viene palpeggiata contro la sua volontà da uomini appena conosciuti o “amici” con la scusa di essere sorretta perché barcollante, magari tra gli sguardi compiacenti e compiaciuti degli uomini intorno. Sentire le donne continuamente accusate di avere comportamenti che istigano allo stupro, evidentemente rifacendosi ad un’idea radicata che vede la donna come la paradigmatica provocatrice, e l’uomo come la vera vittima, incapace di sottrarsi alle lusinghe… non è forse questo che tramandano da millenni con la storiella di Adamo ed Eva?
Questo ribaltamento delle responsabilità è funzionale ad assolvere chi perpetra una violenza, e impedisce alle donne, di fatto, di esprimere una qualsivoglia assertività di fronte alle proprie scelte sessuali. Quello che quasi qualsiasi uomo fa di continuo, ovvero 1. esprimere in maniera esplicita i propri desideri e appetiti sessuali 2. essere libero di mostrare il proprio corpo senza per questo rischiare una violenza 3. corteggiare in maniera evidente (anzi, a volte estremamente testarda e insistente) una donna – spesso anche indipendentemente dai segnali di gradimento o fastidio della stessa – non sono considerati comportamenti accettabili in una donna.
Anzi peggio, sono considerati come un semaforo verde che rende quella donna non una persona emancipata ed assertiva, ma un oggetto dell’altrui desiderio perennemente a disposizione. L’assurdo di tutto questo è che anche il contrario è ugualmente vero, e per questo motivo esistono gli “stupri correttivi” perpetrati ai danni delle donne lesbiche, colpevoli a loro volta di non essere corpi a disposizione del desiderio maschile, ma corpi dissidenti nei desideri e sottratti alle dinamiche di potere capaci di insinuarsi, in una cultura patriarcale, anche nelle relazioni consensuali tra uomini e donne. Per non parlare di quello che devono sopportare le donne trans, che vengono costantemente sessualizzate come se la transessualità fosse qualcosa di intrinsecamente ‘erotico’.
Questa cultura tossica che continua a rovinare la vita di tante donne è rinforzata e agita senza sosta sia dagli uomini che da molte, troppe donne. Persone che si scandalizzano, ad esempio, di come “le tredicenni oggi si vestano da puttane”, implicando con questo che 1. Le puttane siano donne stuprabili; 2. Sia colpa delle adolescenti se, immerse in una cultura che insegna a tutte le donne che il più alto valore e asset a loro disposizione è il loro corpo, mettono in pratica ciò che viene loro insegnato così bene; 3. Ci si dimentichi che l’adolescenza è un periodo di grande sperimentazione, fisica e sessuale, ma che è criminale che un uomo adulto si autoassolva dei propri pensieri e gesti potenzialmente violenti nei confronti di una ragazzina, giudicandola consapevole e soprattutto responsabile degli effetti che, in una cultura come questa, ha un certo aspetto esteriore e derubricando il fatto che è lui, in quanto persona adulta, a dover mettere in pratica il proprio autocontrollo contro tali “irrinunciabili” istinti.
E qui è necessaria una specifica sulle “esigenze” maschili: le vostre esigenze lasciano indifferenti. Avete le mani, o no? Esiste una quantità di oggettistica sexy impressionante oggigiorno, imparate a soddisfarvi da soli. Imparate (ed insegnate) che il sesso deve essere consensuale, che non deve essere per forza penetrativo, che – se solo per sfogare istinti – bastano le proprie mani e un po’ di fantasia. E che gli “istinti” non giustificano mai l’uso di violenza e coercizione. Mai.
Sono femminista. Vivo con disinvoltura il mio corpo, ma questo non è un invito allo stupro. Mi piace corteggiare e non ho problemi ad esprimermi in maniera sessualmente esplicita, ma questo non è un invito allo stupro. Sento di poter decidere in qualsiasi momento di non voler andare oltre e di poter dire “no”. Una frase esplicita, uno sfioramento di pelle, un bacio non sono un lasciapassare per qualsiasi cosa e non sono un invito allo stupro. Nemmeno se stiamo insieme da anni, nemmeno se una volta ho magari pensato che avrei desiderato andare oltre: tutto questo non è un invito allo stupro.
La consensualità non è difficile da capire: basta chiedere, e comportarsi di conseguenza; cogliere i segnali di chi si ha di fronte, e in caso di incertezza – cautelativamente – interpretarli come un no.
Nel dubbio, una sega in più vi renderà sicuramente uomini migliori.