Perché l’industria dei giocattoli pensa che i bambini non cucinino?

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Traduciamo questo articolo dal sito “Let toys be toys“. Buona lettura.

Nel mondo degli adulti siamo abituati a vedere chef, parrucchieri e stilisti uomini. Perché, allora, l’industria del giocattolo commercializza giochi legati alla cucina, alla bellezza e alla moda rivolgendosi esclusivamente alle ragazze?

Sembra impossibile, al giorno d’oggi, accendere la TV senza vedere una programma di cucina condotto dagli omologhi di Michel Roux o Paul Hollywood, eppure i giochi di cucina per ragazzi sono talmente carenti che la teenager McKenna Pope ha indetto una petizione per convincere l’industria di giocattoli americana Hasbro a produrre una versione del loro forno Easy-Bake che non sia disegnata per e rivolta a un pubblico esclusivamente femminile.

La cecità lampante dell’industria di giocattoli, che non vede questa realtà, è sconcertante. Ancora più sconcertante, nonostante l’enorme successo di stilisti come Vidal Sassoon, Jeff Banks e Ralph Lauren, è ancora radicata nella società la credenza che un ragazzo in salute e psicologicamente sano, ben inserito nel tessuto sociale non intraprenda attività centrate sulla moda o sulla bellezza, mentre ci si aspetta che le ragazze mettano tali obiettivi al centro dei propri interessi.

 Il patriarcato fa male anche ai ragazzi

Ai vecchi tempi dei capelli lunghi e degli scaldamuscoli, un ragazzo coraggioso della mia scuola  chiese di essere spostato dalla classe di falegnameria a quella di economia domestica. Non appena inoltrò questa richiesta alle insegnanti, i suoi compagni di classe gli attribuirono inevitabilmente l’appellativo di “gay” e “femmina”. Alla fine ammorbidirono i toni quando seppero che lui voleva diventare chef professionista. A voi trarre le conclusioni.

Questo accadeva venticinque anni fa, e mi piacerebbe poter dire che le cose sono cambiate. Ma non è così. Ogni minuto passato nel parco di una scuola vi dirà che omofobia e misoginia sono ancora strettamente correlati e che un modo rapido ed efficace per umiliare un ragazzo è paragonarlo a una ragazza. Certo, il muro di Berlino è stato abbattuto e l’apartheid in Sud Africa è terminato, ma finché le divisioni arcaiche fra esseri umani saranno presenti, il sessismo verrà socialmente accettato.

Si potrebbe argomentare che per le ragazze c’è stato qualche progresso in termini di abbattimento delle barriere di genere. Il grado di accettazione nelle industrie dominate dal maschio è variabile, ma è generalmente ben accetta l’idea che alle ragazze possano piacere le materie scientifiche e la matematica.

Per i ragazzi, tuttavia, le cose sono rimaste incredibilmente statiche. La camicia di forza che li ha mandati a morire in guerra e che li mantiene emotivamente abbottonati è oppressiva come non mai. I giocattoli specificamente indirizzati ai ragazzi glorificano e rendono normale la violenza, mentre le espressioni artistiche e appassionate sono viste come dominio femminile. Povero ragazzo quello a cui non piace il calcio o che si diverte a sfogliare un libro di moda: imparerà presto che deve conformarsi alle rigide aspettative del comportamento “da ragazzo”, o affronterà le conseguenze del bullismo, dell’emarginazione e del ridicolo.

Di cosa ha paura la gente?

Ma perché persiste quest’attitudine? Perché l’etichetta di “maschiaccio” ha perso  la sua capacità insultante (ed è visto addirittura come qualcosa a cui aspirare) e “femminuccia” no? Perché la visione di un bambino che gioca con una bambola dà la stura a una gamma di indignate proteste sul genere “è andato ai matti il politicamente corretto!”? e perché, da madre single di un ragazzo,  sento il bisogno, di sottolineare a sconosciuti di ampie vedute che può effettivamente trovare un modello maschile positivo nella figura di mio padre? O è giusto che a Natale riceva una casa per bambole perché ha già avuto il modellino di Guerre Stellari?

E dunque, cosa ci spaventa davvero? A giudicare dai commenti che inondano Internet ogni volta che un genitore di ampie vedute mette un tutù al proprio figlio, appare chiaro che ciò che temiamo è che ogni ragazzo a cui sia permesso di perseguire obiettivi tipicamente femminili diventi, indovinate un po’, omosessuale. Al di là delle ovvie repliche “e allora?” o “cortesemente porta altrove la tua omofobia!” vien da fare un’osservazione, ovvero che, se la mascolinità eterosessuale può essere così facilmente fuorviata da un po’ di rossetto e da un vestito, allora dopotutto non è così innata. In altre parole, se essere un ragazzo è così naturale, allora smettetela di dire a mio figlio come fare ad esserlo.

Ma, a parte l’omofobia, l’idea che un ragazzo che spinge un passeggini sia destinato a essere omosessuale è palesemente assurda. Se a vostro figlio piace cullare una bambola per farla addormentare, ciò significa che diventerà gay? O può semplicemente voler dire che un giorno sarà un padre amorevole, indipendentemente dall’orientamento sessuale? Se vostro figlio vi gira intorno con un aspirapolvere giocattolo e si diverte a servirvi il tè, non vuol dire che diventerà un marito premuroso e che statisticamente vi sono meno probabilità di divorzio.

Anziché  dissuadere i nostri figlio dal toccare oggetti “da ragazza”, dovremmo incoraggiarli a sviluppare quelle abilità nell’allevare e nel provare empatia che la società ha stabilito essere “solo per ragazze”. Non solo è un bene per il mondo in senso lato, ma preparerà i nostri ragazzi alla realtà che affronteranno quando lasceranno la propria casa. Viviamo in un mondo mezzo cambiato, in cui agli uomini mai quanto prima si chiedono responsabilità domestiche e cura dei bambini, eppure i corsi di marketing continuano a spacciare l’idea, sia per ragazzi sia per uomini, che la vita domestica sia cura esclusiva del sesso femminile. Non è proprio la ricetta per una relazioni armoniosa tra i sessi, vero?

Sfidare i prepotenti

Come madre a cui non interessa se suo figlio sia gay o no, si trucchi o voglia passare il resto della sua vita a preparare dolcetti rosa decorati di farfalle, sono ben consapevole della separazione tra ciò che i genitori più liberali permettono felicemente nel privato delle proprie case e la paura che provano quando mandano il proprio figlio in un campo di gioco crudele in cui ogni deviazione dalla norma lo rende bersaglio per i bulli.

Ho vissuto personalmente questa situazione, lo scorso Natale, quando mio padre si è rifugiato nel vecchio stato a seguito della richiesta di mio figlio di una casa per bambole. Si è preoccupato terribilmente che suo nipote potesse essere diventare oggetto di scherno, nonostante il fatto che anche lui da piccolo avesse chiesto in regalo una casa per bambole. Allo stesso modo, conosco molti uomini che da bambini amavano lavorare a maglia, ma che non lo ammetterebbero mai davanti ad altri uomini per paura di rendersi ridicoli.

È un caso grave dei “Vestiti nuovi dell’Imperatore”, e dovremmo insegnare ai nostri ragazzi ad alzarsi in piedi, mostrarsi e dire “Che importanza ha?” Perché un ragazzo che gioca con le bambole resta un ragazzo – allo stesso modo in cui una ragazza che si arrampica su un albero resta una ragazza. Non un ragazzaccio , ma proprio una ragazza che, guarda un po’, ama arrampicarsi sugli alberi! Sono solo dei ragazzini, che giocano con i giocattoli che vogliono, e la civiltà occidentale non crollerà se un ragazzo spingerà un passeggino per la strada.

C’è di più: dobbiamo fronteggiare la campagna pubblicitaria di massa che dice ai nostri ragazzi che essere un uomo significa essere aggressivo, non sviluppato dal lato emotivo e una merda nelle pulizie di casa. Perché finché lo faremo i dipartimenti di marketing e i commercianti delle industrie che si rivolgono ai nostri figli continueranno a sfruttare le nostre paure e offriranno ai nostri figli definizioni sempre più ristrette di cosa vuol dire essere un ragazzo. Non so cosa ne dite voi, ma so che non voglio questo per mio figlio. Voglio che lui abbia esperienza di tutti gli interessi e le possibilità che la vita può offrirgli, non solo di quelle che l’industria dei giocattoli ha stabilito appropriate al genere.

(Grazie ai nostri adorati ragazzi e ai loro genitori per le loro foto, e a Chris Hallbeck per l’uso dei fumetti di Maximumble. Se avete foto dei vostri ragazzi che cucinano, fanno lavori manuali o giocano a “fare i papà” saremmo felici se le voleste condividere. Twittate su o inviatecele per email per la nostra galleria fotografica online.)

 

Traduzione di Nicoletta Capozza.