Deconstructing la costanza (di Miriano)

Paolo Veronese, "Cena a casa di Levi"
Paolo Veronese, “Cena a casa di Levi”

Costanza Miriano, nomen omen, continua col suo punto di vista, ed è giusto così: se parliamo di fede, ragionare è inutile. Non ha alcun senso voler “dimostrare” ragionando una fede. Vale per le religioni come per la maggica Roma: io credo ogni anno che possiamo vincere lo scudetto. Io però non sono mica così scemo da pensare di avere perciò ragioni per convincere gli altri, neanche se lo vincessi sempre. Lei invece sì.
Qualunque fede professi, se non sei un fanatico la prima cosa che fai è rispettare le fedi altrui, o anche l’assenza di fede. Se invece la tua la vuoi imporre, o la ritieni superiore alle altre, professi violenza – come tanti tifosi ai quali, in fondo, la fede serve solo per poter esercitare un potere sugli altri, tranquilli di avere ragione a prescindere. E giù botte e retorica della vittima, come tanti fascisti, ultras, e altri noti professatori di fedi.

L’originale è questo

C’è sottomessa e sottomessa
di Costanza Miriano

Pensa che c’ero caduta anche io. Col fatto che da un mesetto rispondo a giornalisti stranieri che mi chiedono “perché sottomessa?” (in molteplici varianti tra cui “cos’è la sottomissione?” e, la più stupida, “chi lava i piatti a casa sua?”), e lo faccio in varie lingue (itagnolo, inglano) con abnegazione e grande padronanza di me, cercando di evitare alterazioni isteriche del tono di voce, mi ero ingenuamente convinta che fosse la parola sottomessa a disturbare nel titolo del mio libro. [Quindi, se qualcuno fa domande a Miriano sulle cose che scrive è perché è disturbato da quello che lei scrive. Un normale o professionale interesse è escluso. Retorica della vittima mode on.]

A far scomodare addirittura la ministra della sanità e delle pari opportunità, Ana Mato, che ha chiesto il ritiro in Spagna del mio libro “Cásate y se sumisa” dal commercio. [Credo che non sia una sola parola, Miriano: è proprio tutto il libro che fa una certa impressione.] A far parlare l’intero parlamento spagnolo (sono contenta di sapere che tutti i problemi più urgenti del paese siano stati finalmente risolti, tanto da poter mettere all’ordine del giorno il libro di una sconosciuta moglie e mamma italiana che scrive lettere alle sue amiche per convincerle a sposarsi: pare che il prossimo tema di discussione sarà la sfumatura delle casacche di Topolino nei fumetti degli anni ’50). [Non sia così modesta, Miriano. A parte che ciascun parlamento è sovrano e parla di quello che vuole, lo deve fare a prescindere dall’urgenza, altrimenti non sarebbe un parlamento. E comunque le casacche di Topolino non hanno lo stesso impatto sociale di una teoria cattolica sul miglior comportamento sociale delle donne.] A farmi finire in vari programmi della BBC (strano, in Italia nessuno si è accorto che un governo stava chiedendo la censura di un’italiana, ma in Inghilterra si sono scandalizzati) [se le interessassero davvero le donne, Miriano, saprebbe che qui in Italia le donne non c’è proprio bisogno di censurarle: le si elimina sistematicamente dall’agone sociale ben prima, non ci arrivano proprio all’onore della censura], tra cui le News Night, in cui mi sono buttata a spregio del pericolo col mio inglese da lesson number two (the book is on the table), tanto per la soddisfazione di citare John Paul the second sul programma di punta della terra anglicana. [So’ le sue soddisfazioni, beata lei.]

Pensavo anche, in un ingenuo attacco di comprensione, che la parola sottomissione potesse avere evocato, in qualche donna più grande e più insicura di me, lo spettro di antichi ricordi di tempi in cui si doveva lottare per affermare la pari dignità tra uomo e donna, [antichi ricordi, certo, adesso è tutto a posto] dignità che oggi nessuna ragazza europea normale sente realmente messa in discussione. [No, nessuna ragazza europea normale a parte le 170 milioni di donne europee che subiscono violenza fisica o sessuale almeno una volta nella vita, come dice quel rapporto Estrela che certo per lei non esiste. E poi Miriano, mi scusi ma glielo devo dire: che schifo quel “normale”.]

Poi ho fatto la scoperta. Ci sono diversi libri in vendita in Spagna con la parola sumisa nel titolo. Per esempio Aprendiendo a ser sumisa, o La formaciòn de la mentalidad sumisa, e molti altri ben più espliciti. [Espliciti, come se la parola ‘sumisa’ in italiano fosse ‘fregna’. Perché usare quell’espliciti, a parte solleticare gli scrupoli dei bigotti in ascolto?] Occhieggiano tranquillamente dagli scaffali delle librerie – e ci mancherebbe – senza che nessuno abbia trovato nulla da ridire. [Embè? Non ha idea di quanti ‘cazzo’ occhieggiano tranquillamente qui in Italia, nella stessa indifferenza generale. IBS mi dà ventuno titoli ancora in commercio, tra cui il recentissimo “Verrà la morte (e avrà il tuo cazzo)”. I titoli sono scelti dal marketing editoriale, non dicono niente. Come anche il suo, Miriano.]

Allora il problema, mi dico, non è quello. Gridano tutti che il mio titolo è offensivo. [Te lo spiego io, Costà: vogliono dire “il tuo libro è offensivo”, si tratta di una figura retorica. Non è solo il titolo, sono pure tutte le altre parole.] Deve essere dunque per forza la parola Casate, sposati. [Certo, come no. E già altre venti righe per fare la vittima.] Strano, perché il ministro che ne chiede la messa al bando per incitazione alla violenza sulle donne è del PPE, partito che una volta fu cattolico, anche se la signora [fare la vittima e fare la carnefice: che classe questo signora una riga sotto il ministro, complimenti] non avverte la contraddizione di essere titolare di un ministero responsabile di centinaia di migliaia di aborti all’anno [no, non l’avverte, perché è una sua responsabilità solo nella tua visione delle cose] (uccisioni [anche considerarle uccisioni è una tua opinione, discutibile come tutte] almeno presumibilmente anche di bambine: ma quella pare non sia violenza sulle donne [infatti non lo è. Ma adesso s’è capito a che serve gigioneggiare sul titolo: serve a dire le tue cose come fossero verità, senza doverle argomentare]).

Dunque va bene sottomettersi, ma sia ben chiaro, solo sessualmente [a parte che nessuno l’ha detto che è solo sesso, ma a te fa tanto comodo pensarla così che lo dai per scontato, come fosse un gran peccato. Poi ci sarebbe da dire: fosse sesso o altro, l’importante a proposito di censure, cara Miriano, è il consenso, non cosa fai], a un amante [mai a un marito eh, chi sottomette sessualmente è solo un amante, mi raccomando], sottomettersi in cinquanta sfumature a un passante, a chiunque, anche all’idraulico che viene a controllare la caldaia [complimenti anche per l’immaginario erotico da porno commerciale anni ’90]. Libri così non vengono avvertiti come offensivi della dignità della donna [no, perché stiamo parlando – dato che citi le arcinote cinquanta sfumature – di racconti di finzione, non di saggi che vorrebbero insegnare la verità vera]. Proporre invece un atteggiamento interiore [appunto: tu discetti sulla morale, la psicologia e la vita altrui, i romanzi non lo fanno] (per la seicentesima volta: sì, le donne possono lavorare, e no, non sono una casalinga, ma una giornalista tv), una disposizione spirituale di dolcezza, di accoglienza, di obbedienza a un solo marito, sempre allo stesso, a un uomo che sarà pronto a morire, cioè a dare tutto alla sposa senza risparmiare niente [botte comprese?], questo invece viene percepito come offensivo per la dignità femminile [che strano, cosa ci sarà mai di offensivo nel decidere spontaneamente di rendersi schiave di uno pronto a morire? E’ così bello!], ma talmente offensivo da far ravvisare addirittura la possibilità di un reato: istigazione alla violenza sulle donne [sai com’è: sottomettere, dice Treccani, significa “Mettere sotto… far coprire la femmina dal maschio, farla accoppiare… Ridurre all’obbedienza, piegare ai proprî voleri”. Che dici, se c’intitoli un saggio e non un romanzo, chi se la prende con te è troppo permaloso? Secondo me no] (dove? In quale frase, parola, virgola, o retropensiero la violenza viene vagamente incoraggiata, giustificata, scusata, o anche solo nominata, nel mio libro? Dove? [Ovunque, te l’ho detto poco fa, a partire dal titolo. Ma tranquilla, non è reato, non ti preoccupare, è solo collaborazionismo col patriarcato]). Il punto è che la dolcezza femminile disinnesca la parte peggiore dell’uomo, e lo rende nobile [uh, come no. Quindi il femminicidio di media ogni tre giorni è dovuto a una mancanza di dolcezza. Aspetta che me lo segno]. Non ha nulla a che vedere con la violenza, anzi, al contrario. [Notate bene: secondo lei chi contesta il suo libro sostiene che la dolcezza femminile come stile di vita matrimoniale è violenza. “O sei con me o sei contro di me”, non esistono alternative. Tutto chiaro Costà, stai bene così.]

Parliamoci chiaro: è il matrimonio il vero obiettivo della polemica, che continua con sorprendente tenacia da settimane, sulle prime pagine dei giornali e sulla rete, in televisione e in radio. [“Come porto il discorso su quello che me pare a me”, lezione uno. Piaciuta?] E lo scandalo si allarga: i giornalisti ormai chiamano dalla Colombia, dall’Argentina, dal Messico, dalla Francia, dal Belgio, dall’Inghilterra, dalla Russia… [uh come mi piace vantarmi, signora mia…]

Cosa esattamente sconvolge nell’idea del matrimonio? Del matrimonio cristiano, precisamente? [Cristiano? Certo, se ci si vuole difendere è meglio stare dalla parte della maggioranza. Allora dico che la posizione che mi si contesta non è cattolica, ma cristiana. Così se tu la contesti sei per forza non cristiano, oppure un senzadio e senzagesù. Insomma una brutta persona.]

Fondamentalmente l’uomo contemporaneo può accettare tutto tranne l’idea di ascoltare una voce che non provenga da se stesso. [Lei le sue profonde analisi sulla psicologia di massa le spara così, per scienza infusa.] Non può accettare la possibilità che non sia sempre bene seguire le proprie emozioni, inclinazioni – i pensieri quando è già a uno stadio più progredito [grazie del complimento, è molto cristiano dividere le persone in più o meno deficienti] – la propria idea di bene e di male. È tutto lì il punto del cuore dell’uomo, dalla Genesi in giù: sono io che decido cosa è Bene e Male? [E voi che invece pensavate fosse la banca, il vostro capo o la casta: invece no, sei tu che decidi cosa è Bene e Male.]

Il vero nodo della questione è che noi cristiani siamo contenti di obbedire perché sappiamo a chi obbediamo [abbiamo imparato a fare a meno della libertà, capito il trucco? “Dàje, zompa de qua, Serena!” (cit.)]: abbiamo conosciuto, davvero, personalmente, un pastore buono, un pastore che pasce gli agnelli e non i lupi [poveri lupi, sempre ‘na brutta fine fanno, mannaggia a Walt Disney]. È per questo che ci piace ascoltare la voce del pastore [non fate i maliziosi, c’è scritto pastore e non padrone], non perché siamo repressi, ma perché siamo furbi [che bello: Miriano ci insegna come essere furbi. Molto cristiano anche questo, sì]. Abbiamo capito che quello è il meglio, che ci conviene seguirlo, perché lui è l’autore dell’universo, del dna, della fisica, dei movimenti degli astri. [Mi sa che avevate ragione, allora: è proprio il padrone.] Figuriamoci se non sa come funzioniamo noi, suoi figli (che invece non solo non abbiamo idea di come funzioni l’universo, ma abbiamo problemi anche col tostapane. E con l’uomo, mistero a se stesso). [L’uomo anche nel senso della donna eh, come nelle migliori tradizioni cristiane: e che stiamo a sprecare due parole? Quando dico uomo intendo pure la donna, ovvio. Lei viene da ‘na costola di lui, ma sono uguali.] Io capisco dunque l’odio che suscitiamo noi cristiani, [a me fai solo ridere, non so se vale lo stesso] stoltezza di fronte al mondo: è un mondo che non sa quanto è buono il Padre, e quindi lo vuole uccidere (lo ha idealmente accoppato già da tempo). Se togli l’amore di Dio, obbedire, sottomettersi, la croce, nulla di tutto questo ha senso. [Non dire se togli come se fosse assodato che già ci sia, e io lo debba togliere. E’ assodato – non ci sono solo i cristiani al mondo, eh, né ci sono stati da sempre – che ‘sto amore di Dio ce l’ha messo qualcuno e in un momento preciso, e non è che prima l’uomo il senso della vita non ce l’avesse. Ma no, certe cose meglio fare finta che non esistano, o che siano frutto di odio. Molto comodo, così.]

Qualsiasi cosa, anche morire (il mio secondo libro, Sposala e muori per lei, non ha fatto fremere di sdegno mezzo labbro) [e ti credo, erano tutt* impegnat* a fare scongiuri – a parte gli scherzi, è molto utile un libro che ratifica l’immagine di uomo monogamico fedele fino alla morte; chissà chi sono i nove milioni di clienti italiani della prostituzione?] può essere accettata. Ma obbedire a qualcuno che non sia me stesso, quello no. Non si può tollerare. [Ormai ha preso il via, adesso il problema sono quelli che non vogliono obbedire al suo stesso dio. Che in sostanza è pure vero eh, ma allora scrivi su questo e non menartela col tuo libro, Miriano, su.]

Eppure per noi quello è il primo comandamento: ascolta, Israele. Non fidarti di te. Ascolta una voce che non provenga da te stesso. [Ma non era “Io sono il Signore… non avrai altro dio…”, no? Boh] Sappi che il tuo cuore, ferito dal peccato originale, a volte è inaffidabile. Ascolta uno che ti ama e che spinge dalla tua parte più ancora di te stesso [EH?], che ti ama come un figlio unico. [Ma non dovevo amare il prossimo come me stesso? Ma non eravamo tutt* fratelli e sorelle? Adesso siamo figli unici? “Poi dice che uno si butta a sinistra” (cit.)]

Per questo la Chiesa propone agli uomini impegni definitivi che lo custodiscano da se stesso. [Capisco l’emozione, ma se come impegno definitivo intanto prendiamo quello di rispettare la grammatica?] “Il matrimonio cristiano – scrive per esempio papa Francesco nella Evangelii gaudium – supera il livello dell’emotività. Il matrimonio non nasce dal sentimento amoroso, effimero per definizione, ma dalla profondità dell’impegno assunto”. Per noi cristiani il matrimonio è una via di conversione, un laboratorio in cui l’uomo e la donna affrontano i loro peccati – o, laicamente, i difetti – principali: il desiderio di controllo femminile e l’egoismo maschile, esattamente ciò di cui parla san Paolo. [Aspetta, ferm* tutt*: il matrimonio quindi è la promessa reciproca di un uomo e una donna che, al di là dei sentimenti (che non gliene frega niente a nessuno), dicono lei “prometto di non controllarlo” e lui “prometto di interessarmi anche a lei”, entrambi per sempre. E uno dovrebbe prenderli sul serio.]

Ma l’uomo contemporaneo, che ha dimenticato la visione giudaico cristiana della storia come lineare e non ciclica [EH?], è un bambino tutto emotività, assolutizza il comfort [questo sembra lo slogan di una casa automobilistica], il soddisfacimento dei propri bisogni immediati e superficiali, impedendosi di capire quelli più profondi. [Altra tesi che lei sa perché la sa, punto.] Impedendo per esempio alle donne di riconoscere che quello che le realizza profondamente è dare la vita per qualcuno, e darla facendo spazio, mettendo da parte la mania di controllo per affidarsi a un uomo solido e sicuro [Capito? Quello che realizza le donne è abdicare dalla propria autodeterminazione per affidarla a un uomo – no, non è istigazione alla violenza di genere, no, è proprio la rinuncia a vivere decentemente, tutto qui], riconoscendone la bellezza, rivelandola anche a lui stesso. [L’uomo cioè è bello ma non lo sa, finché una donna non gli dice: comandami in tutto e per tutto e lo scoprirai. Fichissimo, se sei un uomo.] L’uomo viene così restituito a se stesso – Dio affida l’umanità alla donna, scrive Giovanni Paolo II nella Mulieris Dignitatem – e può così scoprire la bellezza di dare la sua vita per la sposa, morendo per lei, [ecco, lo sapevo che c’era la fregatura] seppur giorno dopo giorno, a fettine, [a dadini no? Per forza a fettine? E invece tutto intero, nella retina, tipo arrosto?] salvando il mondo una pratica alla volta. [Una pratica alla volta, da bravo impiegato. Cioè, questa sarebbe la narrazione che ha dato tanto scandalo? In effetti la censura è eccessiva. Questa roba va letta ad alta voce, tutt* insieme, in una serata spensierata con gli amici, per farsi quattro risate.]

La cultura dominante [che non è quella cristiana, quella patriarcale, no no, viviamo in un mondo dominato dai gay, e dalla loro ideologia totalitaria, sappiatelo] tenta in tutti i modi di abbattere il recinto del tempio della trasmissione della vita, [niente male la metafora, eh? Il recinto del tempio della trasmissione della vita, e tanti saluti alla retorica] e di tagliare tutti i vincoli che appunto legano il sesso all’unione indissolubile tra due anime che cercano per tutta una vita di diventare una sola carne (in unam carnem, moto a luogo) [tiè, pure l’analisi logica ci regala Miriano, pur di convincervi che il sesso per divertirsi non si fa, no no no]. È questo che dicono i loro corpi e questo dicono – con i loro corpi fatti di geni e cellule impastati inscindibilmente – i figli che nascono da quell’unione. Dicono che l’intimità sessuale è sacra, ed è ciò a cui Dio ha affidato la trasmissione della vita: una visione magnifica e sconvolgente [certo, più la fai strana e meglio è, tanto non dev’essere capita, dev’essere un mistero divino, quindi meglio farlo fitto e incomprensibile]. Può essere sublime o terribile, ma non potrà mai essere neutra, né per l’uomo né per la donna. Mai il sesso potrà dunque essere normalizzato, banalizzato, [ma chi ci pensava? Ma stai sempre a pensare a quello, Miriano? Il problema non era la violenza di genere?] ma avrà sempre a che fare con qualcosa di sconvolgente, con una dedizione che un giorno potrà anche sembrare non corrisponderci più, ma che ha toccato la nostra più profonda essenza.

Un uomo e una donna così sono reciprocamente sottomessi solo al loro cammino di conversione a Dio, e sono liberi dal pensiero dominante [sì sì, proprio liberi… ma non erano quelli contenti di obbedire? Proprio la definizione dei liberi], dal totem della laicità, [ah, adesso è la laicità a essere un totem, interessante] sono liberi e non manipolabili, e questo non è tollerabile dal pensiero unico. [Pensiero unico che non sarebbe il sostenere “noi cristiani siamo contenti di obbedire perché sappiamo a chi obbediamo mentre tutt* gli/le altr* non accettano l’idea di ascoltare una voce che non provenga da se stessi”. Questa sarebbe tolleranza. Ma vaffanculo va’. ]

È per questo che noi cristiani veniamo censurati [ma da chi? Ma dove? L’hanno fatto? No, mai]. È per questo che in Francia ogni giorno decine di ragazzi finiscono in carcere nel silenzio generale, perché hanno indossato una maglietta con l’immagine di una famiglia, o perché hanno recitato il rosario fuori da una clinica dove si uccidono i bambini nel posto più sicuro del mondo, sotto al cuore della loro mamma. [Complimenti per il tollerante trattamento della questione aborto.] È per questo che le persecuzioni e le uccisioni dei cristiani nel mondo vengono sistematicamente taciute. [Non è vero che vengono taciute, e poi non stavamo parlando di censura, di libri, di idee? Abbiamo bisogno di tirare fuori i morti, Miriano? Ancora complimenti.] È per questo che chi si oppone alle teorie del gender in alcuni paesi rischia il posto di lavoro, [AHAHAHAHAHAHAHAH, questa è la migliore] (forse leggendo l’incredibile decalogo che l’UNAR, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali del Ministero delle Pari Opportunità vorrebbe imporre ai giornalisti, anche noi: esempio, dire “utero in affitto” sarà discriminatorio, occorrerà dire “gestazione di sostegno”) anche se le teorie di genere sono appunto teorie, e quindi andrebbero dimostrate, e comunque non imposte con la forza [nessuno le impone con la forza, Miriano, non faccia della retorica inutile non suffragata da fatti. I fatti sono che le teorie antirazziste sono state dimostrate da parecchio, quindi cosa vuole? Un teorema che le dimostri che non si deve discriminare? Forse non è un precetto cristiano? Un comandamento? Per non discriminare lei ha bisogno della dimostrazione geometrica? Ancora e sempre complimenti, e meno male che gli egoisti sono gli altri]. È per questo che una giornalista norvegese, neanche particolarmente fervente, è stata rimossa dalla conduzione del tg perché indossava una croce di due centimetri al collo. [Sa, ci sono dei paesi dove il rispetto per le altre religioni e per la libertà e la laicità dell’informazione sono cose serie.]

Noi cristiani invece non censuriamo. [Adesso, forse; ma fino a ieri sì. L’indice dei libri proibiti l’ha creato la chiesa cattolica, e dal 1558 al 1966 fanno 408 anni di censure. Per poi sostiutirlo con qualcosa di più “politically correct”, no? Lo stesso atteggiamento che imputate all’UNAR, che è un pochino più recente e meno potente.] Noi viviamo in una casa bella, pulita, divertente, libera, dove si respira una buona aria. [Noi cristiani, gli altri no. Ma noi non censuriamo, discriminiamo direttamente.] Dove tutto, persino il dolore, ha un senso. Noi se vediamo qualcuno che abita in un posto brutto sporco e triste [tutt* gli/le altr* che non sono cristiani, ndr] non è che ci arrabbiamo, casomai ci dispiace per lui. [Però, che carini.] Al limite [ma al limite, eh] lo invitiamo a casa nostra, per fargli vedere come si sta bene vivendo senza idoli, [quelli degli altri sono idoli, ma noi non censuriamo, no no] quando tutto sta al proprio posto. E se proprio siamo parecchio avanti nel cammino, ci offriamo anche di andare a casa dell’amico, a mettere a posto insieme a lui [noi cristiani non censuriamo, andiamo a casa altrui a mettere le cose a posto. Ricordate le Crociate?] (non guardate me, io ho già i miei, di calzini da raccogliere, con dodici piedi in giro per casa). [Lei c’ha da fare, è sottomessa.]

Prometto che qui non scriverò più nulla riguardo Costanza Miriano e il suo blog. Mi pare più che sufficiente quanto detto finora, nei secoli dei secoli. Amen.

(grazie a Feminoska)

Deconstructing l’ignoranza (o Dell’anti-omofobia)

piotta1 Non bisogna presupporre nel prossimo sempre e soltanto la malafede, anche quando lo vediamo sostenere delle tesi improbabili o delle ipotesi politiche ridicole. Non si deve attribuire sempre e solo l’ipocrisia ai nostri apparenti avversari politici: dobbiamo mostrare una conciliante apertura a tutte le possibilità, perché forse l’apparente malignità, perversione, stupidità e cattiveria gratuita di alcune posizioni politiche possono essere solo causate da un sottovalutato errore tipicamente umano: l’ignoranza.

Probabilmente Marina Terragni, Costanza Miriano e Pino Morandini non hanno alcuna idea di quello che stanno dicendo, nei brani che riporto qui sotto. Io la penso così, penso che siano incolpevolmente profondamente ignoranti. Non credo che le loro assurdità le dicano seriamente, “con cognizione di causa”, come si dice in questi casi. Credo che, poverini, siano vittime di un raggiro, o di un sistema scolastico inadeguato, oppure ancora di un ambiente culturale gretto e meschino che non concede a tutti le stesse possibilità. Vediamo cosa dicono, sarete senz’altro d’accordo cone me che, alla luce di una critica serrata ma corretta, tutte le loro incredibili sciocchezze non sono altro che grossi equivoci frutto d’incolpevole ignoranza.

Una premessa: di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando di una modifica a tre leggi già esistenti. Precisamente: l’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni che potete seguire nel link; il titolo del Decreto Legge 26 aprile 1993, n. 122 e successive modificazioni che potete seguire nel link; la rubrica dell’articolo 1 di questo stesso Decreto Legge (per “rubrica” s’intende, dice Treccani, “la descrizione sommaria del fatto attribuito all’imputato e sua qualificazione giuridica con l’indicazione degli articoli di legge che lo prevedono”). Questa modifica è, in tutti e tre i casi, sostanzialmente la stessa: l’aggiunta delle parole “fondati sull’omofobia o transfobia” a quegli articoli di legge.

Sono gli articoli che puniscono, dice il testo “chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi” e “chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. In sostanza, dopo “religiosi”, la legge in discussione in questi giorni vuole aggiungere le parole “ovvero fondati sull’omofobia o transfobia”.

Veniamo ai nostri tre casi d’ignoranza. Per comodità, dai testi originali di cui lasciamo il link, prenderemo solo le parole principali. Cominciamo con Miriano, qui una sua intervista.

…invece venerdì alle ore 10, ci ritroveremo sempre davanti al Parlamento, Uominidonnebambini, al flashmob che riunisce varie associazioni di uomini di buona volontà, cattolici, ebrei, omosessuali, atei, per fermare il progetto di legge [non è un progetto di legge] che punisce con il carcere e i campi di rieducazione [non è vero, non esistono campi di rieducazione] chi non segue l’ideologia gender [non esiste nessuna ideologia gender, e le modifiche proposte non puniscono chi non segue una ideologia, ma chi fa propaganda o istiga a commettere o commette atti violenti in nome di idee omofobiche o transfobiche. Il cattolicesimo, come qualunque altra confessione religiosa, rientra in una espressione del pensiero che non può essere punita per legge, come recita l’articolo 19 della Costituzione. Questa legge non si riferisce alle religioni né a qualunque altra forma di pensiero, a meno che non siano fondate sulla superiorità o sull’odio di qualunque tipo. E, per quanto discutibile in sé, il cattolicesimo non lo è]. Nel mio piccolo, sto lavorando perché ci si incontri tutti. Credo che questa sia una battaglia di buon senso, prima che cattolica [il buon senso, purtroppo, va saputo usare o si prendono cantonate enormi, cara Miriano]. Quello che stanno facendo non è la priorità del Paese. Giro l’Italia e vedo capannoni abbandonati, imprese che stanno chiudendo [ma che c’entra? Chi decide le priorità? Il Parlamento mica funziona come una gara di Formula Uno!]. Al contrario questa è la priorità di una piccola elìte [che non esiste manco lei – non è piccola e non è manco un’elite, se no non avrebbe bisogno di una legge, no? Ma se anche esistesse, avrebbe gli stessi diritti democratici di presentare una legge], che vuole la vittoria della ideologia del gender [aridàje, non esiste niente di simile!], e magari matrimoni e adozioni per gli omosessuali [magari come succede in altri 14 e passa paesi del mondo, anche se pieni di cristiani e anche di cattolici]. Va da sé che sarà un reato dire che è più consona ad un bambino la vita con una madre e un padre [non è vero, è un’opinione che chiunque potrà liberamente esprimere. Non ci potrai fondare un partito o un’associazione, né fare propaganda – ma non era tua intenzione, no?]. Ci rendiamo conto che non si potrà neanche più manifestare per sostenere questo pensiero? [Ma de che? Non è vero, potrai fare tutte le manifestazioni che vuoi, quella non è propaganda! Leggi la legge, Miriano, è facile, da sinistra a destra una lettera per volta, ogni spazio una parola. Su, ce la puoi fare] Purtroppo questa elìte è forte e ha contatti importanti e trasversali [no, dai Miriano, no, ti credevo superiore al complottismo plutofrociomassonico. Che delusione].

La legge per diventare costume e cambiare la cultura un po’ ci metterà, certo. Ma si aprirà una voragine di cui non possiamo ancora sapere le dimensioni [Eh? Voragine? Che vuol dire, politicamente? Miriano, capisco la tua provenienza, ma non è che puoi ventilare tragedie bibliche ogni volta che non ti sta bene una cosa]. La legge è molto vaga e come discriminazione può essere intesa qualsiasi cosa [il vocabolario può essere utile, Miriano, prova lì: la differenza tra discriminare e pensare è scritta benissimo]. Spero che i giuristi protestino contro questo vulnus [il “latinorum”!] alla democrazia, non si può stabilire un reato d’opinione dai confini così incerti [infatti quelle modifiche non lo stabiliscono. Altrimenti lo stabilirebbe anche la legge alla quale si applicano quelle modifiche, già in vigore. E’ un passaggio facile, Miriano, provaci], in barba alla certezza del diritto. Per farvi capire [ahia, temo il peggio]: teoricamente tutti i cattolici che proclamano pubblicamente il Catechismo della Chiesa Cattolica saranno incriminabili, in base a questa legge [ma assolutamente no! Sono difesi, come chiunque altro professi una religione, dalla Costituzione! Non è un crimine proclamare il Catechismo, Miriano! Stai dicendo che allora il Catechismo è propaganda! Ma rileggiti!]. Nella mia rubrica telefonica, per dire, ho sicuramente 200 persone che sarebbero pronte ad andare in carcere se dire che i bambini hanno bisogno di un padre e una madre diventasse reato [non ne avranno bisogno Miriano, rimarranno le persone di visione limitata che sono ora, tutto qui]. Che faranno? Le metteranno tutte in carcere? [La tecnica dello spauracchio è vecchia, Miriano, basta, su.] E leggere ad alta voce il Catechismo della Chiesa cattolica, che parla degli atti omosessuali come contrari alla legge naturale sarà reato? [NO! Se leggo ad alta voce Histoire d’O non posso essere arrestato per atti osceni!]

Qui siamo alla difesa del buon senso e della vita concreta dei bambini che potrebbero andarci di mezzo [e dàje co’ ‘sti bambini]. E’ evidente che non c’è una parità di trattamento tra i cattolici e non [ancora col complotto?], ma non può essere una questione tra opposte tifoserie [e non lo è, si tratta di imparare a leggere]. Ma come si può negare che i bambini nascano dall’unione di una donna e di un uomo? [Come si può negare che questo problema non c’entra niente con la legge in discussione?] E’ la natura, non c’è bisogno di essere cattolici per vedere la realtà [ehm, Miriano, la informo che ‘naturale’ e ‘reale’ non sono sinonimi]. Qualcuno può anche credere che discendiamo per un caso dalle scimmie, ma che siamo maschio e femmina chi lo può negare? Per negare questo, cioè la realtà, stanno procedendo con proposte assurde e pensando ad una legge ultra-repressiva, che non guarda a tutti, ma a loro [Miriano, dovrebbe almeno avere l’onestà di ammettere che la realtà consiste nella contemporanea esistenza di molti modi di pensarla. Nessuno la nega e non si tratta di una legge che reprime un bel niente. La legga, per favore, anche insieme al Catechismo, se ci tiene tanto].

Cos’è l’omofobia? Parliamone. Perché l’omofobia come paura degli omosessuali non esiste, anzi [le rammento che nel suo blog lei ha raccontato che preferisce “passare da un’altra parte”: se non è paura, cos’è? Cose più nobili? Non mi prenda per stupido, grazie]. C’è un “pregiudizio positivo” nei loro confronti [certo, come no]. Sono in politica, nell’arte, nella letteratura, nel cinema. Sono giustamente tutelati e inseriti [eh? Tutelati? Inseriti? Infatti è per questo che ancora il coming out è festeggiato, no?]. Ci sono addirittura programmi scolastici, e lo posso testimoniare come madre di quattro bambini, che forniscono ampie catechesi contro la discriminazione [ah, la catechesi contro la discriminazione ci può essere, una legge no. Interessante]. Tanto che secondo me, nell’età dello sviluppo, questo modo di procedere può essere pericoloso e generatore di confusione [una confusione dovuta a troppa anti-discriminazione. Notevole. E lei parla di buon senso, eh?].

Vanno applicate le norme [eh, facciamole allora…]. Ma con la legge anti-omofobia non si vogliono colpire dei comportamenti ritenuti violenti, l’obiettivo è fare cultura [AHAHAHAHAHAHAHAH, questa è grandiosa, Miriano, lo ammetto. Fantastica. Una legge per fare cultura, sarebbe la prima volta in Italia, credo], che è un’altra cosa. La legge 194 che non è mai stata una buona legge ma dissero che era nata per tutelare la salute della madre, ora è diventata una pratica di controllo eugenetico [sì, avete sentito bene, in Italia, dice Miriano, si pratica il controllo eugenetico attraverso l’aborto regolato dalla 194. Insieme alla boutade della legge che obbliga all’ideologia gender, possiamo dedurne che Miriano pensa di vivere in un regime nazigay: SS bellissime, profumate e con sgargianti divise rosa. Basta Wikipedia per capire che l’eugenetica è tutt’altro ed è ben regolata], e l’aborto la prima cosa da proporre alla madre nel caso in cui si intraveda una minima incertezza di malattia nel bambino [opinioni irrilevanti per la discussione sulla legge]. Lo posso testimoniare tranquillamente, mi scrivono centinaia di persone [sempre meno delle donne che non riescono a usufruire della 194 negli ospedali italiani a causa dell’obiezione di massa dei medici – lo posso testimoniare tranquillamente, protestano in migliaia]. E’ diventata una legge eugenetica. Perché la legge fa costume. Ormai non si percepisce più il dramma, la portata, l’importanza del gesto dell’aborto [opinioni personali, che Miriano può esprimere tranquillamente, tanto non c’entrano niente con la legge in oggetto e non sarà mai reato esprimerle]. Posso capire l’esigenza che vogliono esprimere queste persone, gli omosessuali, che spesso hanno storie sofferte, di difficile accettazione, e io vorrei farmi davvero sorella a queste persone [prima dovrebbe chiedere loro se vogliono essere fratelli a lei – c’ha pensato?]. Ma non è con la legge che si raggiunge l’obiettivo di spiegare il mistero dell’uomo [se mi dice dov’è contenuto questo obiettivo, il testo è qui sopra]. Questa legge è pericolosissima, porta troppo lontano [ah, lei però del mistero dell’uomo vede bene tutto. Però].

Sì, perché è in gioco una battaglia di buon senso [aridàje]. Vado a tutte due perché le sigle non mi interessano. mi interessa la realtà [la realtà è scritta qui sopra, all’inizio dell’articolo]. Anche se la proponessero i radicali, volesse il cielo, io ci andrei [anche io, per vederla parlare di aborto con Bonino].

Un’altra povera vittima di una errata informazione è Pino Morandini, che dalle pagine di Libero si dimostra fortemente preoccupato del futuro dei liberi studi sul pensiero. Sentite un po’.

CENSURARE I FILOSOFI. «Che ne sarà», si chiede Morandini, «di Platone, che relega ”l’omosessualità maschile e femminile” fra le “perversioni che sono responsabili di incalcolabili sciagure, non solo per la vita privata dei singoli, ma anche per l’intera società” (Leggi, 836, B)?» [ne sarà, caro Morandini, quello che ne è di lui da sempre: non se lo filerà proprio nessuno. La percentuale di persone che sarebbero direttamente interessate alla eventuale scomparsa di un testo di Platone è molta meno di quella direttamente interessata alla eventuale scomparsa di lei, Morandini. Senza offesa eh, era per darle un’unità di misura]. E di «Seneca, che tesse le lodi dell’amore sponsale contrapponendolo ad altre unioni» che il filosofo romano riteneva «contro natura» (Cfr. Epistulae ad Lucillium, 116, 5; 123, 15)? [Seneca? Ancora meno di Platone, se ne fregherebbero.] E di «Kant che, in Metafisica dei costumi è fortemente critico verso l’omosessualità?» [lo prenderebbero per il culo come fanno tutti già adesso, solo ci sarebbe un motivo in più]. «Che ne sarà di costoro? Potranno essere ancora studiati [certo che sì, la legge non riguarda l’opinione né il diritto a leggersi quello che pare a ciascuno] – prosegue Morandini -, oppure chi sarà sorpreso con libri loro in possesso magari quelli ricordati, in cui sono contenute esplicitamente “idee fondate sulla superiorità” [bravo Morandini, si vede che lei è uomo di legge: sono contenute, quindi non sono propaganda. Le rammento che in questo paese – dove quella legge alla quale si chiede di aggiungere delle parole è già in vigore – è possibile stampare e acquistare il Main Kampf di Hitler, dove sono contenute più idee fondate sulla superiorità di quelle in Platone, Seneca e Kant messi insieme], rischierà» la reclusione fino a quattro anni (sei, se si è capo di un’organizzazione), come prevede la legge sull’omofobia? [NO, perché la legge non riguarda le letture né le opinioni – è scritto qui sopra!]

OMOSESSUALI TUTELATI. Omosessuali e transessuali sono «titolari di tutti i diritti spettanti alla persona», continua Morandini [allora, Morandini, la legge è inutile: anche le persone di colore sono titolari di quei diritti. Però la legge in vigore adesso parla di superiorità razziale: è sbagliata tutta la legge, allora? O forse, ma forse eh, c’è qualche problema nella tutela di quei diritti, dato che qui si tirano banane a ministri di colore?]. Per quale ragione – chiede il magistrato – bisogna introdurre «una tutela inutilmente rafforzata, per le persone omosessuali e transessuali», le quali sono «già ampiamente garantite nella loro dignità dalle norme in vigore? [Perché ci sono persone che non li rispettano: la proprietà è molto ben garantita dalle norme in vigore, eppure esistono leggi contro il furto. Perché?]». Morandini si sofferma sugli esiti della legge sull’omofobia che «per coloro che manifestano “idee fondate sulla superiorità” e  ritenute lesive “dell’identità sessuale”, prevede» la reclusione fino a quattro anni (sei, se si è capo di un’organizzazione): «Non è forse alto il rischio che si incorra in procedimenti penali a fronte di qualsivoglia giudizio critico verso determinati orientamenti sessuali?» [NO, perché i giudizi critici non rientrano nei fenomeni descritti dalla legge, che parla di propaganda e di atti violenti]. Non sarebbe meglio, conclude il magistrato, lasciare intatta la libertà di espressione «sul significato antropologico della definizione fra i sessi; sull’etica della sessualità e sulle conseguenze giuridiche derivanti dalla presenza di relazioni diverse dal matrimonio quale rapporto riconosciuto giuridicamente tra un uomo e una donna?» [SI: e infatti la legge non dice un bel nulla sulla libertà di espressione, perché non la tocca minimamente – è scritto qui sopra].

Last but no least, Marina Terragni ci omaggia con la sua consueta pacatezza argomentando contro la proposta di Scalfarotto inviandogli una sorta di “lettera aperta”. Eccola, nero su bianco, la sua richiesta di chiarimenti – in effetti lei almeno in un punto ammette di non aver chiare le idee sulla legge in discussione. Certo le ha chiarissime su altri argomenti.

Caro Ivan Scalfarotto, qualcun* provi a darmi dell’omofobica, e l* querelo [tanto per chiarire, anche a scapito della sintassi, che Terragni si mette al di là della legge – per come lei l’ha capita – anche prima che venga promulgata. Una bella minaccia, e possiamo cominciare].

Ho amici e amiche gay, e pure trans, e voglio per tutte e tutti una vita più semplice e più giusta [la classica frase d’apertura che amano sentirsi dire amici e amiche gay, e pure trans]. Parto così, mettendo le mani avanti, perché vorrei porti qualche questione sul tema della legge contro l’omo e transfobia. Ed è già sintomatico che io parta così, giustificandomi a priori, perché non ho ben capito se secondo la nuova legge io sarei, almeno in linea teorica, perseguibile per quello che intendo dire, e per la storia che intendo raccontarti [oh, almeno lei ammette che non ha capito bene, brava Terragni, dia l’esempio. Comunque, la risposta è no].

Un mio amico gay, qualche tempo fa, ha “comprato” un ovocita da una donna, l’ha fatto fecondare con il suo seme, quindi impiantare nell’utero di una seconda donna (“spezzando” quindi la madre in due: ovodonatrice e portatrice [Terragni, la madre è tutta intera, gliel’assicuro: ha spezzato forse qualche suo preconcetto, ma le due donne sono rimaste tutte intere]). Il tutto il un Paese che consente queste pratiche. Impianto andato a buon fine, gravidanza giunta a termine – bambino in braccio, come si dice – bambino tolto alla/e madre/i (anzi: madre/i tolta/e al bambino) e portato in Italia, dove il piccolo ha trovato i suoi surrogati materni in una serie di tate che vanno e vengono [mi permetto di sottolineare che qui, di surrogati, ci sono solo i suoi vocaboli che travestiti da racconto oggettivo formulano giudizi personali del tutto inutili, visto che parliamo – o dovremmo parlare – di leggi].

Caro Ivan, io avevo pregato il mio amico di non farlo, lui l’ha fatto, il nostro rapporto è andato in pezzi [perdoni il cinismo, ma ai fini della discussione della legge questo particolare è irrilevante. Però lo ha voluto mettere lo stesso]. Gli avevo detto: dal fatto che tu ami sessualmente gli uomini non deriva che quel bambino non debba avere una madre [e ce l’ha: ma cresce con due uomini. Non può non avere una madre, se è stato partorito. Ma non cresce con lei, per sua volontà autodeterminata – può non piacerle, ma è legale, in quel paese – oltre che giusto, mia opinione]. Sono ancora convinta di quello che gli avevo detto. E quello che gli avevo detto, in sintesi, è questo: un uomo, di qualunque oreintamento sessuale, etero o gay, non ha il diritto di portare via un bambino alla madre, di recidere quel legame (anche se la madre è d’accordo: ma il bambino no) [opinione personale che non c’entra nulla con la legge, e che lei può esternare quado vuole anche dopo che la legge anti-omofobia sarà eventualmente promulgata].

Non sto parlando di genitorialità gay: sto parlando di uomini che si fanno fare [ha scelto un verbo orribile, Terragni, è una scelta anche delle donne, non c’è costrizione] bambini dalle donne e glieli portano via [nessuno porta via niente, non è un rapimento! Ma come si permette?] (non è il caso, come ti sarà chiaro, di una lesbica che mette al mondo un bambino, perché lì il legame è preservato, tra le due pratiche non c’è simmetria) [altra opinione personale che non c’entra nulla]. Qui c’è misoginia, qui c’è odio per le donne [secondo lei, ed è anche una posizione difficilmente sostenibile. La madre biologica è consenziente, capito Terragni? CONSENZIENTE, e autotederminata, quale misoginia? Quale odio? Vorrebbe gentilmente, dato che si vorrebbe parlare di leggi, aggiungere qualche dato un po’ più oggettivo delle sue opinioni?]. Qui c’è questione maschile [si certo, come no. Fa l’esempio di un paese e delle sue leggi, che vengono rispettate, e di una procedura legale seguita da adulti consenzienti. Quale sarebbe la questione maschile, qui? Perché non dice di come potrebbe, una coppia di gay maschi in Italia, avere un figlio?].

Naturalmente quello che dico è opinabile [e meno male], ma io ci credo fermamente, così come credo fermamente nell’esistenza di una differenza sessuale [e cosa c’entra? Ce lo vuole dire?]. Confortata dal fatto che perfino chi, come Judith Butler, maestra della “performatività di genere”, ha teorizzato al massimo livello il fatto che il corpo con cui si nasce conta poco o niente, e invece quello che conta è il genere a cui si sceglie di appartenere [e cosa c’entra? Ce lo vuole dire?], è tornata sui suoi passi, dovendo ammettere l’esistenza “di un residuo materiale incontrovertibile“. Cioè il corpo sessuato [e cosa c’entra? Ce lo vuole dire? No].

Ora, la mia domanda è questa: potrò ancora sostenere questo mio pensiero – l’intangibilità del legame madre-figlio e l’esistenza della differenza sessuale – che non sta dentro nel mainstream “tutto è lecito” senza essere sospettata o addirittura incriminata per omofobia? [SI, perché delle sue opinioni la legge se ne sbatte, lasciandola libera di credere le cose che vuole. La legge parla di propaganda e atti violenti che affermano o sono motivati da idee fondate sull’omofobia. Le sue menate sulla differenza sessuale – Butler o no, che sarebbe opinabile – non lo sono. Può dirle in pace, non si preoccupi.]

Lo dico perché ogni volta che una legge, con la mannaia sommaria della logica dei “diritti”, interviene “salomonicamente” a tagliare la carne viva della vita e dei suoi fondamentali, il risultato è sempre molto scadente [scadente quanto paragoni biblici buttati lì senza una spiegazione del loro legame col resto. Quale sarebbe la mannaia? Quale carne viva? Gli articoli sono qui sopra, me le saprebbe indicare?].

Con affetto   M. [e meno male che l’ha scritta con affetto…]

Qui ci sono altri che, poverini, sono stati ingannati e portati a pensare cose poco serie, come i nostri tre di cui abbiamo parlato. Io non credo che siano in malafede, credo sinceramente che proprio per questioni culturali non siano in grado di capire perché si vogliano aggiungere poche parole a un articolo di legge già esistente e sul quale finora non hanno avuto niente da dire. Gli è più facile pensare che a loro sarà impedito di esprimersi, piuttosto che immaginare di tutelare le espressioni di altri, ai quali questo viene culturalmente impedito, oscurato, “punito” con violenze più o meno grandi.
Chissà perché lo fanno.

“Sarà ‘sto buco d’aazzoto” (cit.)

Deconstructing il progetto di Dio

questione-di-dio Non ci vuole molto a sapere chi è Costanza Miriano, basta usare Google. Questo suo post l’ho ritrovato ripostato da un altro sito, perciò ne sono venuto a conoscenza soltanto un mese dopo la sua uscita.

Qui non si tratta solo di un “deconstructing” al fine si svelare meccanismi retorici sessisti – qui anche omofobi. Questo testo è, per ammissione dell’autrice, ciò che lei dice ai suoi figli a proposito dei matrimoni tra omosessuali. All’opera vedremo quindi non solo meccanismi retorici, ma anche pregiudizi, falsità, ipocrisie che ci si dovrà sforzare di non credere essere fatte in malafede. Perché di una cosa sono sicurissimo: Costanza Miriano crede in ciò che dice, non vuole ingannare nessuno. Ed è proprio questo, per come la vedo io, l’aspetto più agghiacciante della faccenda. Ciò che ci sarebbe da decostruire, qui, non è un post, non è una costruzione linguistica lunga poco più di una pagina: è un sistema di pensiero, un’abitudine passiva, un’intera cultura. Non posso farlo da solo, ma penso a quei bambini esposti a questo tipo di violenza – sì, cercherò di far capire che parlare ai bambini in questo modo è una forma di violenza – e qualcosa devo fare, anche se ridendo, anche se in forma di satira.

Credo sia giusto aggiungere che io so per esperienza personale che non tutti i cattolici sono così come Costanza Miriano appare in questo suo post. Indubbiamente però molti ci si riconoscono, e fanno di lei una persona da portare ad esempio.

Le nozze omosessuali spiegate ai miei figli (età media 9 anni) [le nozze, non “il matrimonio” o “le unioni” omosessuali, ma le nozze, in modo che sia evidente anche ai bambini che s’intende possibile solo che qualcuno sia supino e coperto da un altro – bella scelta iniziale, non c’è che dire]

Cari ragazzi, come sapete nella nostra casa è vietato parlare male delle persone [tutti giustificati a priori a casa Miriano, wow! Immagino i latitanti che cerchino asilo da lei quanti possano essere], o almeno ci proviamo, a non farlo. Se qualcuno sbaglia sono affari suoi, tra lui e Dio [se sbaglia e fa male ad altre persone, chissenefrega. Pensate a fare di questa frase un dettato costituzionale, che spasso]. A meno che non ci sia un compagno, che so, che si sporge troppo dalla finestra, o che attraversa la strada con gli occhi sull’iPod mentre passa un motorino. In quel caso, visto che rischia di farsi male, potete dirgli qualcosa, direttamente a lui, e possibilmente senza frantumarvi nessun osso [principio di sussidiarietà applicato alla divina provvidenza – e solo per i compagni eh, e solo se non rischi niente, eh].

C’è un solo caso in cui del male degli altri bisogna proprio per forza parlare, anche a costo di prendere un palo in testa, ed è quando rischia di andarci di mezzo qualcuno più debole, che non può difendersi da solo.

È proprio per questo motivo che il babbo e io ce la prendiamo tanto per i cosiddetti matrimoni omosessuali [quindi: nei matrimoni omosessuali c’è qualcuno debole che ci va di mezzo. Chi? Uh, lo so che avete già capito, però è divertente vedere di quante false premesse indimostrabili c’è bisogno per sostenere un’assurdità], che poi matrimoni è una parola che in questo caso non si può dire perché viene da munus e mater, cioè il dono che si fa alla madre [segnatevelo: l’etimologia conta. Quindi nozze era proprio detto apposta], e tra due uomini o due donne non può comunque esserci una mamma [vallo a dire alle due donne…].

Quindi di cosa facciano gli omosessuali nel privato non ci occupiamo proprio [premessa inutile: chi te l’ha chiesto?], non è una cosa che ci riguarda [come per qualunque altra persona, no?], e tra l’altro pensiamo che anche loro non la dovrebbero sbandierare troppo [non dovrebbero sbandierare che cosa? “La” è scritto, e non c’è altro. La cosa? Non c’è scritto, si allude solo!], come facevano quei signori che avete visto a Parigi l’estate scorsa, con le piume e i sederi di fuori [cosa si sbandiera con le piume e i sederi di fuori? La gioia, la felicità? La televisione è piena a tutte le ore di piume e sederi di fuori, cosa sbandierano? Sempre la cosa?]. Tra l’altro, avete mai visto me e il babbo andare in giro in mutande [Miriano, che schifo! Voi del privato non ci occupiamo proprio e poi ci parla di lei e suo marito in mutande? E poi andare in giro dove? In casa non fa parte del privato? E allora perché ci tiene a dirlo? Vuole proprio vantarsi che i suoi figli non hanno idea di come sono fatti i corpi della madre e del padre?]? Comunque, se loro lo vogliono fare noi ci limiteremo a passare da un’altra parte, visto che non erano proprio eleganti i signori con le banane gonfiabili e le signore senza reggiseno [a parte che non c’è bisogno di dare giudizi di eleganza – chi è lei per farlo, Miriano? – rimane il fatto che non c’erano solo signori e signore. Se portasse i suoi figli a un gay pride, per esempio qui a Roma, potrebbero incontrare i miei figli]. Capiamo anche che se sentono il bisogno di farsi vedere vestiti in quel modo forse non sono tanto felici [sulla base di cosa inferisce la felicità altrui da ciò che, evidentemente, non sa giudicare con obiettività? Di nuovo, come si permette? La sua opinione è lecita, ma darla come giudizio di valore a un bambino è quantomeno scorretto. I suoi non sono valori assoluti, lo sa? No, non lo sa – e nemmeno i suoi figli. Però è chiaro perché voi dovete passare da un’altra parte: vedere persone che ridono e ballano sarebbe dura da giustificare con l’infelicità], e quindi se ci capiterà di averne uno vicino, che ne so, al lavoro o in vacanza, cercheremo, se lui o lei vuole, di farci amicizia [uh, che teneri, addirittura? Troppa grazia…].

Il problema che ci preoccupa tanto però è quello dei bambini e delle famiglie. Noi crediamo che le leggi, come vietano alle persone di ammazzare, rubare, ma anche di parcheggiare sulle strisce pedonali o mettere la musica altissima alle tre di notte, cioè di fare quello che può danneggiare gli altri, debbano impedire assolutamente di confondere la famiglia con tutti gli altri modi di stare insieme [a parte che già lo fanno, dovresti anche dire perché questo c’entra con i matrimoni omosessuali]. Modi liberi e magari bellissimi, per chi vuole, ma diversi dalla famiglia [no. Sarebbe corretto dire “dalla mia idea di famiglia”, e allora le leggi non c’entrano]. La famiglia è il luogo in cui devono [dovrebbero, casomai, ed è comunque una tua opinione] crescere i bambini, e infatti in Italia sono stati chiusi gli orfanotrofi [non certo per quel motivo! Cosa c’entra?], e si cerca di far vivere i bambini senza genitori in case famiglia, che non saranno il massimo, ma è meglio di prima [ma cosa c’entrano le case famiglia con i matrimoni omosessuali? Perché parlare a un bambino di queste cose? Non stai cercando d’impaurirli, vero Costanza?].

Un babbo e una mamma sono la condizione minima per i bambini per crescere bene [è inutile sottolineare che questa è l’opinione personale di Miriano; ciascuno può divertirsi con Google a trovare decine di studi che smentiscono categoricamente quest’idea, e altrettanti che la confermano]. Certo, ci sono anche tanti genitori che non sono sempre bravi, infatti abbiamo detto minima: non basta che ci siano, devono anche impegnarsi un pochino per essere buoni genitori [sempre troppa grazia]. Ma se non ci sono, per un bambino è impossibile crescere in modo sano, equilibrato, felice [ecco, questa è una vera e propria falsità: non è vero che è impossibile, perché i bambini cresciuti senza uno dei due genitori o senza entrambi sono milioni e sono diventate persone equilibrate e felici. Ha paura di dirlo ai bambini, Miriano?]. Vi immaginate se il babbo non ci fosse più, e io mi fidanzassi con una signora [questo è puro terrorismo psicologico – perché l’ipotesi che le disgusta la fa immaginare ai suoi figli su di sé? Perché non portare l’esempio di altre persone? Perché far loro immaginare che la propria famiglia cambi? Per terrorizzarli di più? Complimenti Miriano, complimenti]? Non fate quelle facce terrorizzate [oh, ma guarda], sto dicendo per dire [no, lo stai dicendo proprio per quel motivo: farli terrorizzare]. O se invece di me ci fosse un amico del babbo [aridàje]? (Siete meno terrorizzati? Già vi figurate pomeriggi senza ripasso di grammatica e niente crisi isteriche per i fumetti scaraventati a terra [uh, che spiritosa]?)

Comunque, tanti dottori che studiano le teste delle persone dicono che è normale che la cosa vi sembri tanto strana [sono gli stessi che lo direbbero della tua scelta di esempi], perché è giusto che voi vogliate un babbo maschio e una mamma femmina [no, non è affatto né giusto né naturale, è il risultato della cultura nella quale crescono e dei genitori che si sono trovati ad avere – anche questo direbbero i tanti dottori che studiano le teste delle persone, ma tu li interpelli solo quando ti fa comodo], anche se a scuola cercano di dirvi il contrario (va di moda, ma non vi preoccupate) [forse a scuola cercano di insegnargli che il mondo non è fatto solo di mamme terrorizzanti e di padri preoccupati che passano da un’altra parte – e non è la moda, è la natura: forse a scuola glielo dicono che anche tra gli animali non umani esiste l’omosessualità, come pure il cambio di sesso, per non parlare della possibilità di crescere bene senza “mamma e papà”].

Vi diranno che non siete d’accordo perché andate in chiesa [mi raccomando non gli dire che è una questione religiosa, di confessione, no no, dàgli con l’eufemismo “andare in chiesa”, quello invece non va di moda?], ma noi pensiamo che sia solo buon senso [continua a negare che la religione c’entri qualcosa, bene così, negare sempre, anche questo va di moda]. Sono le regole di funzionamento delle persone [eh? Ma parla per te!!!] (è vero, le ha fatte Dio [no, a me m’ha fatto mamma, però magari sono io l’eccezione], ma funzionano comunque tutte allo stesso modo [giusto un bambino puoi ingannare col discorso che “funzioniamo” allo stesso modo, non potendo dire né che siamo tutti uguali – perché allora il tuo castello di carte cadrebbe: se siamo tutti uguali, perché il matrimonio gay no? – né che siamo tutti diversi – e allora il castello di carte cadrebbe di nuovo: se siamo diversi, perché il matrimonio gay no?], non è questione di credere: se non credi nella benzina e metti la Fanta nel serbatoio la macchina si rompe [il giorno che le automobili avranno una religione, una cultura e una psiche e potranno avere problemi di genere, allora il paragone reggerà. Per ora è una delle cose più stupide che si siano mai sentite]). Noi non siamo contro nessuno [no, vi limitate a passare da un’altra parte], ma come diciamo al compagno di non sporgersi dalla finestra siccome siamo cristiani [no, cattolici – Miriano… non tutti i cristiani la pensano come i cattolici, diglielo ai bambini, perché non glielo dici?] dobbiamo continuare a dire, quando ci è possibile, senza offendere o attaccare nessuno, qual è il modo per non farsi male, nella vita [secondo te, Miriano, secondo te. Tutto il tuo discorso non sarebbe violento se non ti dimenticassi di dire ai tuoi figli che questo è il tuo modo di pensare ma ce ne sono altri ugualmente “corretti”. Una piccola dimenticanza che fa un’enorme differenza]. Il progetto di Dio sul mondo è la famiglia [il progetto del TUO dio sul TUO mondo, Miriano, grazie, per miliardi di persone non è così e se la cavano benissimo], un meccanismo faticoso ma affascinante, in cui si mettono insieme le differenze [certo, l’importante è passare da un’altra parte], prima di tutto quelle tra maschi e femmine [tertium non datur], e si cerca di funzionare tutti al meglio. Questo è l’uomo a denominazione di origine controllata [COSA? Se le dicessi solo per te, queste cose, pazienza. Ma dirle ai bambini, che esiste l’uomo a denominazione di origine controllata, è veramente un violenza, senz’altri termini]. Poi ci sono gli ogm, ma i loro semi sono sterili (i semi delle piante create in laboratorio vanno ricomprati ogni anno [paragone vergognoso e incommentabile – questo è il trattamento riservato a chi non fa parte del progetto di Dio sul mondo]): allo stesso modo due maschi e due femmine non possono riprodursi [ma possono amarsi e crescere tutti i figli che vogliono – ops]. Quando cercano di ottenere dei bambini, non per dare una famiglia a dei bambini, ma perché li desiderano loro [altra opinione personale spacciata per realtà, e di nuovo un concetto vergognoso e incommentabile], devono fare delle cose che fanno stare male tante persone: le mamme che prestano la pancia, quelle che danno l’ovetto, i babbi che danno il seme da mettere dentro, e soprattutto i bambini che non sapranno mai da quale storia vengono [questa è la peggiore di tutte, e dire che Miriano dovrebbe crederci, nell’inferno], non sapranno che facce avessero i nonni e che lavoro facessero i bisnonni, e poi avranno due mamme, due babbi, insomma una gran confusione, dove a rimetterci sono i bambini [servono a qualcosa i milioni di persone che vivono tutto il contrario, in tutto il mondo? No, nessuno potrà evitare a due bambini una visione delle cose gretta, meschina, povera e violenta. Complimenti].

A noi dispiace tanto se le persone dello stesso sesso che si vogliono bene non possono avere bambini [certo, come no], e rispettiamo e capiamo la loro tristezza [s’è visto sia come la rispetti che come la comprendi], ma è la natura [no – ti sei ben guardata dal distinguere, nelle tue chiacchiere, cosa è natura e cosa è cultura, perché allora avresti avuto ben altre difficoltà], e noi abbiamo il dovere di difendere quei bambini che non possono farlo da soli [è quello che faccio anche io, con i miei figli: li porto sempre al gay pride e a casa di amici omosessuali, in modo che sappiano difendersi dagli omofobi, da chi li terrorizza, da chi gli racconta bugie]. Ci sarebbe da dire poi che lo stato dovrebbe aiutare le famiglie, che sono moltissime moltissime di più (e forse per questo non ci aiutano, è più difficile risolvere qualche problema alla maggioranza [si, avete letto bene, sta chiedendo soldi allo Stato in quanto famiglia facente parte del progetto di Dio sul mondo]), ma questo è un discorso che abbiamo fatto tante volte… (Tanto si sono già alzati tutti da tavola, e sto parlando da sola come al solito [lo spero tanto per i tuoi figli]).

Io queste parole di Costanza Miriano normalmente le chiamo ipocrisia. Quando le vedo usate per spiegare le cose a un bambino, però, le chiamo violenza. Soprattutto pensando – un esempio tra i migliaia che si possono raccontare – a Sophia Bailey Klugh. Vallo a dire a lei che l’amore che prova, e l’amore che riceve, non fanno parte del progetto di Dio.

Deconstructing Don Riccardo

doncamillo

Pochi giorni fa Loredana Lipperini, sulla sua bacheca Facebook, mette questo link nel quale Costanza Miriano, correttamente, non risponde a quanto Lipperini e Murgia hanno scritto su di lei. Correttamente perché non ha letto il libro L’Ho uccisa perché l’amavo: falso!; e lascia la parola a “Don Riccardo Mensuali, del Pontificio Consiglio per la Famiglia – in pratica gli esperti del Vaticano sul tema”. Don Riccardo, come vedremo, non è esperto solo di famiglia, ma pure di un certo modo di comunicare, che – tipico, a mio parere, degli esponenti in divisa di un qualunque culto – va accuratamente discusso affinché nulla sia dato per scontato. Perché se sei corretto ma dai la parola a uno che lo è un po’ meno, forse non sei stato tanto corretto manco tu. No?

Se il potere è il servizio [titolo, permettetemi, parecchio complicato: che vuol dire, per i non esegeti di Miriano? Niente – e non ci verrà spiegato neanche dopo]

Nel loro interessante pamphlet “L’Ho uccisa perché l’amavo: falso!”, Loredana Lipperini e Michela Murgia se la prendono un po’ con Costanza Miriano [da questa frase pare che nel pamphlet – definizione che vi chiedo di ammirare nel suo uso di giudizio preventivo – le due autrici non facciano altro]. Lo fanno a pag 47 [ah. Una pagina sola]. Siccome il saggio ha come scopo, opportuno e prezioso, quello di “imparare a parlare di femminicidio” [grazie, ma non era meglio dirlo subito? E allora, forse, non è un pamphlet], cioè far luce sulla violenza contro le donne della nostra società [eh, no, non è proprio lo stesso. Per questo scopo certo non basta un pamphlet – sempre ammesso che questo lo sia; qui si tratta solo di riflettere su certe pessime abitudini linguistiche e quindi culturali, sullo sfondo della complessiva violenza di genere], “Sposati e sii sottomessa” è, dalle due autrici, messo all’indice [addirittura! Lipperini e Murgia hanno, nel loro pamphlet, costruito un indice di libri! Accidenti che dono di sintesi – riescono a far luce sulla violenza contro le donne della nostra società e a costruire un indice di libri tutto in un pamphlet]. Mi accorgo adesso che il correttore ortografico non conosce la parola femminicidio [quindi non t’è mai capitato di scriverla prima. Interessante per uno degli esperti del Vaticano sul tema della famiglia. La dice lunga sul livello di consapevolezza di quegli esperti]. Ragione in più per apprezzare il lavoro delle signore Lipperini e Murgia. Che però, io credo, non hanno letto i libri di Costanza Miriano [cioè le due autrici hanno messo all’indice un libro che non hanno letto. Bel complimento. E siamo all’inizio, signori!].

Anche io trovo che viviamo in un mondo duro, violento e crudele, soprattutto verso i più deboli: donne, anziani, stranieri, bambini [La mossa del giaguaro, fase #1: sono d’accordo con te sulla supposta “base” dell’argomento]. Il libro delle due autrici non avrebbe 80 pagine ma 800 se solo avesse avuto capitoli sulla violenza contro le donne nel resto del mondo [La mossa del giaguaro, fase #2: quell’argomento è vasto, e infatti tu non hai detto nulla riguardo una certa cosa]. Molti preti, e non solo, sono ancora scandalizzati da quel sacerdote ligure che osò affiggere in parrocchia una locandina nella quale esponeva la tesi secondo cui, in fin dei conti, una parte della violenza sarebbe da imputare alla colpa delle donne [La mossa del giaguaro, fase #3: ti tranquillizzo, guarda che sono dalla tua parte eh? Guarda che sono d’accordo, eh?]. Con questi discorsi, subito del resto censurati dal Vescovo incaricato della censura, il vescovo diocesano [abbiamo capito], si getta solo discredito sulla Chiesa [eh, non ce n’è certo bisogno]. Così, per chiarire [per chiarire cosa? E a chi? E che bisogno ci sarebbe, di chiarire? Glielo devo ricordare io, il latinorum di “excusatio non petita…”].

Scrivo però queste righe perché Costanza Miriano verrà a parlare al “Pontificio Consiglio per la Famiglia” il prossimo 29 Maggio, partecipando ad un seminario sul tema “L’Amore Imperfetto: un padre e una madre, l’educazione dei figli”. A lei abbiamo affidato il titolo: “La ricchezza della differenza”. Non so ancora cosa Costanza dirà. O forse sì, un po’ lo so. Ho letto i suoi libri [Capito? IO HO LETTO I SUOI LIBRI, mica come certe due autrici di nostra conoscenza – La mossa del giaguaro, fase #4 – la botta all’improvviso]. Il contrario della differenza non è uguaglianza. È uniformità. La povertà dell’uniformità, potevamo darle anche questo, di titolo, specchio dell’altro [non è affatto lo specchio, casomai l’opposto, e non vuol dire affatto la stessa cosa, ma vabbè].

Secondo Lipperini e Murgia, Costanza Miriano sarebbe convinta [che vuole farci, padre, hanno supposto che avendo scritto delle cose, ne sia anche convinta, di quelle cose. A lei non risulta, dato che usa il condizionale?] che “il problema della violenza e della morte delle donne nasca dalle scelte delle donne stesse, che rifiutandosi di “stare sotto”, quindi di porsi come pilastro portante dell’intera impalcatura del sistema di dominio patriarcale, fanno crollare l’armonia iniziale stabilita alle origini del cosmo, da Dio o dalla natura stessa. Chi ha fatto propria questa visione pretende di partire da un atto incontrovertibile – che la donna e l’uomo siano fisicamente differenti – per fondare su questa differenza una gerarchia di poteri e una pre-assegnazione di ruoli e di attitudini” [le confesso, padre, che questa cosa non l’ha detta solo Miriano, ma anche un certo numero di testi che, data la divisa che porta, le dovrebbero essere noti].

In sintesi, secondo Lipperini-Murgia [lui ha letto il libro, quindi questa è LA sintesi, non la sua sintesi], Costanza [certa gente si nomina per cognome e col trattino, certa altra per nome] dilapiderebbe secoli di fatiche [avete letto delle fatiche, voi, nel passo sopra?] per tornare indietro nel tempo riassegnando [ri-assegnando? E chi l’ha fatto prima?] alla donna un posto molto più in basso nella “gerarchia di poteri”. Un anti-femminismo di femmina [mi scusi Don Riccardo: la parola femminismo non è nella citazione che ha riportato. Le sembra che abbia un significato univoco per tutti, tanto da poterla usare così, al volo? E con tanto di prefisso e provocatoria specificazione? Mi scusi ma non credo che lei sia il più autorevole a dire cos’è il femminismo; figuriamoci un anti-femminismo (semmai esista) praticato dalle donne. Siamo alle astrazioni di terzo grado, ma per favore…], quindi più pericoloso [più: quindi di suo il femminismo lo è? Di nuovo complimenti, padre, per il suo equilibrio e il modo corretto di scrivere. E meno male che lei sarebbe uno degli esperti], se è possibile estremizzare [lo hai già fatto, furbacchione – La mossa del giaguaro, fase #5: traggo conclusioni ma le premesse non ci sono!]. Mi permetto di consigliare alle autrici del breve e intenso saggio [ecco, già è meglio di pamphlet, ma ormai non importa più a nessuno], di rileggere, quanto meno, le pagine di Costanza Miriano [quindi o non le hanno lette, o le hanno lette male – se dico che è almeno un po’ troppo paternalista, padre, s’offende?]. Vi troveranno invece dei grandi personaggi femminili [e che c’entra, scusi? Quando abbiamo cominciato a parlare della presenza/assenza di grandi personaggi femminili?]. Scopriranno che c’è un’eroicità della libertà di essere donne cristiane [MA COSA C’ENTRA? Nessuno nega la libertà di culto, né l’eroismo di alcun* cristian*; però, caro Don Riccardo, dovrebbe spiegare allora perché dice cristiane e non ‘cattoliche’. Intende anche  anglican*, ortodoss*, protestantI? Perché di eroi ce ne sono anche lì, ma ho idea che sul femminismo, le donne e il matrimonio le posizioni non siano proprio univoche. Ne vogliamo parlare o lo diamo per scontato?]. C’è – eccome – una gerarchia di poteri nelle pagine di Miriano. Ma non è la gerarchia a cui allude “L’ho uccisa perché l’amavo:falso!”. È il suo opposto [quindi le due autrici non hanno proprio capito niente, chiaro?]. C’è un potere nel “servizio” che rende libero il matrimonio [il matrimonio? E chi ne stava parlando? Si parlava di donne, di corpi e persone, non di istituzioni. O per lei sono lo stessa cosa, padre?] di respirare, di crescere, di esistere e di resistere [sì, il matrimonio, non le donne – quelle invece pare che soffochino, regrediscano, muoiano e cedano, le risulta?]. Il cristianesimo o è eroico o non è [sì, le storie dei santi le sappiamo anche noi – ma lei dovrebbe dire cosa c’entrano qui]. E tutte le mogli dei libri della Miriano sono eroiche, libere, spregiudicate, divertenti e ironiche perché superiori avendo scelto di essere “inferiori” [parere vostro, e sono le mogli, non le donne], capaci di lottare e di riposarsi, di imporsi e di rispettare, di correre e di fermarsi [ammesso che sia vero, osa davvero credere che quelle siano TUTTE LE MOGLI? E alle donne che mogli non sono, non ha nulla da dire? Miriano anche, non le considera?]. Le trovo piene di libertà. E se rispettano i loro mariti, lo fanno come suggerisce loro l’etimologia del verbo rispettare: vuol dire guardare due volte [e chissenefrega. Non si stava parlando di matrimonio, né di mogli – ma di donne. Per lei fa differenza? No? Beh, per qualcun* sì]. Costruiscono, queste donne [e no, padre, La mossa del giaguaro, fase #6 non passerà. Lei non può usare mogli e donne come fossero sinonimi], famiglie solide perché aperte, a Dio e al mondo. Chiedono, propongono, esigono. Se c’è qualcosa che non sono è tiepide, “né calde né fredde” (Ap 3,15), che mi sembra la malattia del nostro mondo [quale delle due autrici ha accusato qualcuno di indifferenza, o di ipocrisia? Cosa c’entra questa citazione? Niente, ma ormai siamo a ruota libera]. Fanno tornare alla mente le parole di Benedetto XVI pronunciate al Parlamento tedesco il 22 Settembre 2011: “La ragione positivista… non è in grado di percepire qualcosa al di là di ciò che è funzionale, assomiglia agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo il clima e la luce da soli e non vogliamo più ricevere ambedue le cose dal mondo vasto di Dio. E tuttavia non possiamo illuderci che in tale mondo autocostruito attingiamo in segreto ugualmente alle “risorse” di Dio, che trasformiamo in prodotti nostri. Bisogna tornare a spalancare le finestre, dobbiamo vedere di nuovo la vastità del mondo, il cielo e la terra ed imparare ad usare tutto questo in modo giusto” [passo che, le dirò, si avvicina molto di più a Lipperini-Murgia che alla sua cara Costanza. Sono le due autrici a voler parlare di una differenza naturale da considerare come tale, e non da interpretare come la manifesta costruzione di un potere politico o istituzionale, sacralizzato nel matrimonio come lei lo intende. Qual è allora la ragione positivista, quella che incastra la natura nell’istituzione matrimoniale a scopo funzionale o quella che vuole liberarne le potenzialità e sancire pari diritti della differenza? Oppure vogliamo dire che il matrimonio è naturale come i nostri corpi? E su, padre, “manco le basi der mestiere” (cit.)].

Se si ha la pazienza di guardare dentro le case dove vivono i personaggi di Costanza Miriano scopriamo case e famiglie aperte al vasto mondo di Dio. È questo, credo, che le rende libere [non lo metto in dubbio. Ma quelle famiglie non sono tutte le famiglie, Don Riccardo, e la maggior parte delle donne esistono fuori di quelle famiglie. Anche se non le piace, è così. E se la sua soluzione alla violenza – e quella di Miriano – è diventare come quelle famiglie, abbia almeno la decenza di smettere di parlare di libertà].

Sono certo – insomma – che, leggendo bene Costanza, anche le amiche Lipperini e Murgia dovrebbero prenderla con sé, sul carro nobile della battaglia contro la violenza (in genere) e la violenza che subiscono le donne [perché, Lipperini e Murgia si sono messe alla guida di quel carro? E quando lo avrebbero fatto,sempre nello stesso pamphlet? E perché dovrebbero dispensare la licenza per salirci? Ma dove l’ha vista tutta questa roba, padre? Lascio la parola all’amica Serbilla: “immagino Lipperini e Murgia sopra a ‘sto carro di madreperla econ colonnine ioniche, vestite come delle dee greche, con la fascetta sulla fronte, la tunica. Circondate da una luce dorata, e un coro che ripete: “OOOOOOOOOO”, acutissimo. E’ proprio un’immagine esilarante, come l’intento di far accettare nel club Miriano e far fare la pace alle bimbe”. A proposito di paternalismo, padre Riccardo]. Ce n’è molta – di violenza – anche nell’imporre alle donne di non fare le donne, le mogli, le mamme, le nonne – mi pare [e che c’entra? E che vuol dire? E chi l’ha detto, dove? Cosa sta insinuando? Vi ricordo che, all’inizio dell’articolo, padre Riccardo ha ammesso di non aver mai scritto “femminicidio” prima d’ora]. È uscito in questi giorni, per PIEMME, “Un domani per i miei bambini”: è la storia di riscatto e di vittoria sulla malattia di una giovane donna del Malawi, Pacem Kawonga. Una donna che da sottomessa alla violenza disumana ha imparato a “mettersi sotto” la vita di tanti, diventandone quella roccia salda su cui siamo chiamati a costruire una vita degna (Mt 7,24) [MA COSA C’ENTRA? Prima parla di matrimonio come se fosse equivalente alla donna in sé, poi adesso questa sventurata del Malawi e la sua vittoria sulla malattia. Vuole avere la cortesia di spiegare almeno una delle sue scelte argomentative?]. Allora benvenuta la gerarchia di poteri, se, come insegna Papa Francesco, il potere è servizio [e la vita è morte, l’alto è il basso, la pace è guerra, il nero è bianco – cos’è, un manifesto surrealista? Ma vuole spiegare almeno una delle cose che dice?]. La gerarchia di servizi potrebbe essere l’impalcatura per costruire un mondo migliore [speriamo che al Ministero dello Sviluppo Economico non la leggano, Don Riccardo mio!]. Anche per gli uomini. Grazie per l’accoglienza. Ci vediamo il 29 Maggio [ciao].

Don Riccardo Mensuali [Lorenzo Gasparrini (grazie a Feminoska e a Serbilla)]