Appunti per conversazioni non transfobiche

CARTEL-MANI-TRANSFOBIA-2011
Ecco alcune azioni che dovrebbero essere categoricamente evitate nel parlare con e di una persona trans*:

– Chiamarl* con nomignoli storicamente insultanti che la persona t* non usa. Rientrano spessissimo nella categoria “transettone”, “travello”, “travone” e affini. Molt* di noi credono nella riappropriazione politica dei termini, è vero, ma questo non vuol dire certo che ognun* di noi si senta a proprio agio con il reclamare l’uso di alcuni o di tutti i termini in oggetto. Vuoi sapere se li usa e quali usa? Solitamente, salvo essere ciechi e/o sordi, è sufficiente ascoltare o leggere la persona interessata per scoprire questo arcano, e ad ogni modo è molto meno imbarazzante porre una domanda che darsi a improbabili scivoloni dialettici per spiegare mancanze etiche ingiustificabili.

– Riferirsi a l*i con nomi e linguaggi che non usa. Può essere il maschile per alcuni, il femminile per altre, e c’è anche chi preferirebbe forme neutre. Rispetta questa necessità. Non si tratta di egoismo linguistico e non iniziare dibattiti linguistici sulla correttezza di asterischi e via discorrendo. Le persone vengono prima dei nazismi grammaticali.

– Rammentare alla persona t*, costantemente ma anche occasionalmente, in una maniera o nell’altra, che la genetica l’ha generat* in una certa maniera. Ciò che si chiama “disforia” è, molto banalmente, il malessere derivante – sorpresa! – dal non corrispondere fisicamente a ciò che si sente. Spiattellare dunque fascismi biologici è molto poco carino e genera in qualunque persona t*  il genuino desiderio di smolecolarizzarti l’arteria femorale a morsi.

– Fare humour a casaccio sull’argomento senza premurarsi di sapere cosa ne pensa la persona, per poi avere diverbi e molestarl* con amenità come “scusa, non volevo offenderti”. Se commetti una cagata, la cosa migliore da farsi è ammetterlo e scusarsi genuinamente senza spostare la responsabilità del proprio agire alla reazione di l*i. La sua rabbia, il suo scazzo e qualsiasi altra emozione ed opinione è legittima a prescindere dai toni con la quale questa viene espressa, purché non siano -isti o -fobici e più semplicemente oppressivi essi stessi.

– Cooptarl* a priori in quella che potremmo chiamare “altrizzazione”. Le donne trans* sono donne, gli uomini trans* uomini. Poi chiaramente ci sono persone genderqueer che sfuggono le categorie, e probabilmente in una palla tridimensionale dei generi c’è chi si trova in posti assai complicati. Questo non autorizza nessun* a considerarl* inclus* in una sorta di terzo genere degli indefiniti. Non è indefinit* – si identifica in maniera ben precisa, se e quando si identifica. Parlare di  donne, uomini e trans* è terribilmente offensivo visto che un sacco di persone trans* sono uomini o donne. Si potrebbe sostituire questa espressione con donne, uomini e persone nonbinarie.

– Una persona trans* non si “identifica” soltanto in un genere, ha un genere; quel genere. Frasi quali si sente donna/uomo/nonbinari@  sono a dir poco raccapriccianti, in particolare se abbinate a pronomi sbagliati. Noto anche che si prova ad usare persone che si identificano uomo/donna per essere più inclusiv*, ma l’unico risultato ottenuto nella pratica è perpetuare la degenderizzazione delle persone trans*, perché – ad esempio – nella mentalità dell’italiano medio rimarrà normale usare “donna” per riferirsi alle donne cisgender e “donna trans”, o più spesso solo “trans”, per riferirsi alle donne trans. Questo implica che il genere delle persone cisgender è automaticamente più valido, ma ciò è falso. Il sentire di ognun@ è valido.

– Non riferirsi a “corpi maschili” parlando di donne trans* e “corpi femminili” parlando di uomini trans*. La biologia non è un destino, e soprattutto non può essere ciò che si trova tra le gambe a determinare la definizione del resto del suo corpo. Autodeterminazione anche nei linguaggi, please!

Non c’è in questa lista la pretesa di essere esaustiv*, assolutamente, ed in ogni caso l’unico metodo sempre affidabile per rivolgersi ad una persona senza mancarle di rispetto è domandarle quali sono i suoi confini, limiti, off-limits, eccetera. Buona chiacchierata 🙂