Deconstructing MicroMega #2 – Nappi, Latella

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Questo secondo dialogo si svolge tra Valentina Nappi e Maria Latella e ha come titolo “Sesso, merce e libertà”, ovvero il corpo tra libertà e sfruttamento, quindi il corpo femminile nei media ma anche nella prostituzione e – udite udite – nella pornografia. Come i tre argomenti stanno insieme, non ci verrà detto. L’anonim* mediatore/trice – che c’è, parla e propone gli argomenti – proponiamo noi di chiamarla Loretta, come il personaggio di Brian di Nazareth. Lei ci spiega subito qual è il dubbio che attanaglia tutt* in quel di Micromega e che li spinge ad indagare:

Il tema generale di questo dialogo è «il corpo delle donne tra libertà e sfruttamento» [è parecchio diverso dal titolo, come mai? Non ci è dato sapere]. Affronteremo quindi sia la questione dell’uso del corpo femminile nei media, sia nei fenomeni spesso direttamente associati – a torto o a ragione, a seconda delle opinioni [ah, è ancora una opinione che siano associati?] – all’idea di mercificazione del corpo, cioè la prostituzione e la pornografia, fenomeni che, al di là di come la si pensi, hanno una notevole importanza e pervasività nella nostra società [il problema non è come la si pensi, ma di che tipo di importanza e di pervasività vogliamo parlare. Vabbè].
Il dialogo comincia alla grande: Loretta presenta il punto di vista di Nappi, secondo la quale il problema della mercificazione del corpo della donna si risolverebbe ponendo fine alla disparità di accesso al sesso occasionale, accesso che sarebbe penalizzante per gli uomini. Una disparità in cui le donne, infatti, sarebbero in una posizione di forza, grazie al “potere sessuale” femminile, potere che “sfrutta” il desiderio maschile e contro cui lei (Valentina Nappi) come pornostar intende combattere, proponendo un’accessibilità universale al sesso occasionale pari per uomini e donne. Poche idee e molto confuse, come vedremo.

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[Loretta ricorda che Nappi aveva sostenuto in un suo testo di voler offrire una masturbazione gratis a qualunque uomo la chiedesse, non per carità, ma per giustizia. Poi chiede chiarimenti a Nappi]
NAPPI: La masturbazione reciproca dovrebbe diventare normale, come prendere il caffè insieme. Ovviamente io non posso offrire un caffè a chiunque, non posso spendere le mie giornate offrendo caffè, però se capita [un se capita che mi fa pensare a questo pezzo di Lillo & Greg] lo faccio volentieri. Detto questo, è innegabile che fra uomini e donne ci sia un’asimmetria evidente, perché per le donne il sesso ha uno status speciale, non è considerato un’attività come qualunque altra, [e che vuol dire? Per me il sesso non è certo un’attività come qualunque altra: è molto migliore!] come invece dovrebbe essere [LORENZO: ma forse per te. Io tra fare sesso e togliermi un dente gradirei una differenza. SARA: Grazie, mi associo]. Da questo status speciale, le donne ricavano “un potere” che è il presupposto della mercificazione [capito? Siccome abbiamo un potere lo sfruttiamo per farci sfruttare. Interessante. Nappi avrebbe dovuto raccontare CHI ha conferito al sesso uno status speciale; mi pare di ricordare che una certa confessione religiosa, comandata da una rigida gerarchia maschile, abbia detto delle cose in questo senso. Poi ci sono stati secoli di “cavalleria” maschile che hanno insegnato qualcosa pure loro, mi pare. Così, per dire due cosette da niente che ci vengono in mente al volo].

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[L’idea di dare agli uomini quello che è giusto si basa sul fatto che loro ne hanno bisogno oppure lo vogliono tanto. Ha un bel citare filosofi e cineasti, Nappi ha idee antiche e confacenti al discorso dell’oligarchia maschile dominante, per la quale le donne sono uno dei capri espiatori più performanti. Secondo questa visione infatti le donne hanno persino la responsabilità di subire violenze da un uomo, perchè non sanno individuare quelli buoni, oppure non sanno liberarsi di quelli cattivi quando “si manifesta” la loro cattiveria. SARA: Lorenzo, sarà un caso che Nappi nella vita faccia la pornostar? Sono polemica? LORENZO: Non so che dirti ma sto ancora aspettando la mia pippa quotidiana, allora me lo offri ‘sto caffè? SARA: Mi spiace ma sono allergica agli esercizi passivi!]

NAPPI: Qualche tempo fa Frank Matano [i link li mettiamo noi, Micromega non s’è degnato manco di mettere una nota – immaginiamo che il dott.Matano non sia proprio l’accademico che di solito si trova citato in questo prestigioso periodico. Qui e qui le due ricerche scientificamente attendibilissime cui si riferisce Nappi] fece un esperimento, che era già stato fatto in America: un ragazzo bellissimo chiedeva a 100 ragazze se avevano voglia di fare sesso con lui, e praticamente tutte risposero di no. Persino ragazze veramente brutte, alle quali difficilmente sarebbe mai capitato nella vita uno così bello! [Secondo i noti criteri oggettivi di bellezza, di cui Nappi custodisce i segreti, se sei un gradino più in basso di lui devi dire sì, altrimenti sei scema. Non è una visione sessista, no no] Solo una, su 100 interrogate, disse “forse”. Nell’esperimento al contrario, dove una ragazza carina ma non particolarmente bella [sempre secondo la scala Nappi] chiedeva a 100 ragazzi se avevano voglia di fare sesso con lei, più o meno la metà rispose di sì. Ecco, in questo consiste il “potere sessuale” delle donne. [Complimenti a Nappi: spiega una nota manifestazione del patriarcato come fosse una scelta delle donne. C’ha proprio le idee chiare.]

***

Dopo un discorso di Latella in cui si tenta di affrontare la complessità del fenomeno della prostituzione, con i vari approcci provati dai vari Stati, Nappi afferma:

NAPPI: Io credo che le vere vittime siano gli uomini. Le donne, nella maggior parte dei casi, scelgono di fare le prostitute [COSA?]. E molte di loro – basta parlarci per scoprirlo – sono molto consapevoli di questo loro “potere”, e parlano spesso di “spennare il pollo” [però, che analisi profonda]. Le prostitute sfruttano il desiderio maschile, sfruttano il bisogno dell’altro [E i pappa, non sfruttano niente? Ma no, gli uomini sono le vittime!]. Non forniscono un servizio che sono in grado di offrire in virtù di particolari doti naturali: è pura usura, perché sfruttano solo il differenziale di accesso al sesso occasionale tra chi ha la vagina e chi ha il pene. Non è che uno va a prostitute per avere un servizio particolare, ci va semplicemente per fare sesso [Ottima analisi, se non fosse che manca il protagonista principale. Nappi parla di prostituzione come fosse fatta solo da donne – mi risulta che ci sia qualcuno a “organizzarle”, o no? E poi, notoriamente, i clienti sono tutti semplicemente brave persone sfruttate da queste donnacce cattive, no?]. Questa sì che è una forma di mercificazione.

[SARA: mi voglio mettere nei panni di Nappi, per qualche secondo, ci provo. Il suo punto di vista da pornostar è che il sesso è uguale a tutte le altre attività; dopodichè è evidente che le donne hanno un potere e ne approfittano, quindi esse dovrebbero dare libero accesso al sesso in quanto fonte di piacere per gli uomini che ne hanno bisogno o ne soffrono la mancanza. Quindi basta che le donne non esercitino la propria volontà e il proprio diritto all’autodeterminazione nel decidere se, come, quando, dove, perchè, e soprattutto con chi fare sesso perchè scompaiano o vadano fortemente in crisi: prostizione e, come dice più avanti, il gossip sui giornali scandalistici basati sui nudi (ma, seguendo questo ragionamento, anche violenza, discriminazione, eccetera). Quindi donne, facciamo questo piccolo sacrificio, su. E poi dico non sia mai che si indaghi sul “bisogno maschile” che noi donne dobbiamo soddisfare: ma Nappi lo sa che questo argomento è vecchio come il cucco e serve a legittimare stupri e violenze da sempre? LORENZO: non mi importa tanto di sapere cosa Nappi sa – certo non s’è letta il libro di Serughetti, o non l’ha capito – ma sentire queste sue parole così simili a quelle che trionfano nei forum maschilisti mi basta. Nappi, semplicemente, non sa cosa sta dicendo e si appella ai luoghi comuni più maschilisti condendoli con qualche citazione. Purtroppo, pare che tanto basti a far passare una persona evidentemente impreparata per una valida blogger su MicroMega.]

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D’altronde anche “Loretta” (la nostra mediatr* invisibile) afferma impunemente cose discutibili, tipo:

Viviamo oggi in una società che ha, almeno parzialmente, sdoganato la pornografia [EH? Appena vedrò trasmesso Gola profonda in prima serata su Rete4, allora ci crederò. Complimenti per il parzialmente, che non si sa che vuol dire]. Anni fa è esistito in America un movimento di femministe, con in testa Andrea Dworkin, che si scagliavano contro la pornografia. Oggi anche il movimento delle donne ha accettato il fenomeno [di grazia, QUALE movimento delle donne? Lo vogliamo capire una buona volta che il movimento delle donne non esiste? E quale fenomeno avrebbe accettato? Loretta chi sei? Palesati!!!]. […] Recentemente è nato in Italia un collettivo di donne che si chiama “Le ragazze del porno” […] che sta cercando attraverso un crowdfunding di finanziare un progetto di cortometraggi pornografici realizzati da loro stesse. [Manca poco che ci cada la mandibola: avevate capito che Torre stava girando cortometraggi pornografici, quindi nel primo articolo si stava facendo spudoratamente pubblicità per procacciarsi i dinè? Noi avevamo capito che stava facendo un documentario sulle ex pornostar pentite che erano tanto struggenti (quante volte ha usato questa parola? Almeno tre!). Poveri illusi. Ah, per completare la sua lucida disamina, Nappi aggiunge poco sotto che]
NAPPI: Ormai la cosiddetta industria del porno non fattura quasi nulla.
[Solo il porno online alza tremila dollari al secondo. Non è un segreto eh, sono stime commerciali come se ne fanno in ogni settore. Ma Nappi è una pornostar, come il collega Siffredi è dotata di competenza infusa e onniscienza divina.]

***

Non l’abbiamo trascurata eh, è che i commenti e le risposte di Latella sono tutte più o meno di questo tenore:

LATELLA: Il papa ha parlato di “avidità senza limiti” e mi pare evidente il legame tra questa ossessione per il possesso di beni e la mercificazione del corpo delle donne: è come se si fosse perso totalmente il senso della gerarchia delle cose importanti e dei valori, riconoscendone sostanzialmente uno solo. Il denaro, le cose. […] sono cresciuta nell’Italia in cui, fino agli anni Ottanta, la piccola come la grande borghesia aveva chiaro il senso delle regole. Se mio padre mi avesse mai visto parlare con un condannato per qualsiasi reato mi avrebbe preso a schiaffi per strada e rimandato a casa. [Ci pare superfluo ogni commento. Potremmo suggerire, per par condicio, a Latella Le ragazze di Benin City, tanto per chiarirle anche che intendere, come fa in un punto, la prostituzione come un servizio talvolta utile alla società perché aiuta ad allentare le tensioni sociali, è un concetto che si merita qualcosina in più delle sberle di papà.]

***

Il dialogo finisce comicamente con due post scriptum perché, per motivi che non vengono riportati dalla nostra Loretta, a un certo punto s’è interrotto. Ovviamente Latella scrive che forse la più disincantata è proprio la giornalista, tanto per ribadire che la pornostar è in fondo più bigotta di lei, mentre Nappi si fa forte dello scarto generazionale per chiedersi se le persone di cultura ragionano così, cosa ci possiamo aspettare dal genitore o dall’educatore medio? passando per rivoluzionaria voce delle giovani generazioni, stanche dell’atteggiamento di superiorità di certe vecchie parruccone.

Con chi sta MicroMega è facile dirlo: solo una delle due ha un suo blog nella testata, dove per esempio si può argomentare che fare i pompini è un’arte paragonabile a suonare il violino.

Complimenti a MicroMega. E al violino.

Sara Pollice & Lorenzo Gasparrini

Aspirare (al)la parità

Come certamente saprete, sul web si trovano da anni blog genitoriali: la maggior parte di loro è fatta da mamme e per le mamme, e parla degli argomenti più in voga tra le mamme, ma non mancano – oltre i rari veramente genitoriali – i “papàblogger”, uomini che raccontano la loro esperienza paterna e che cercano di far diventare questa loro attività un mestiere. Fin qui niente di male. Il problema nasce quando qualcuno di questi geni della comunicazione pensa bene di adoperare argomenti o temi dei quali evidentemente capisce pochissimo per i propri scopi.

Se questi ultimi sono senz’altro leciti, l’uso di alcuni argomenti è a volte – perlomeno – discutibile. Del brillante comunicatore di cui ci accingiamo a leggere le meraviglie eviterò di mettere il link, tanto vi basterà l’immagine, se proprio ci tenete. Qui, come sempre, non interessa tanto la sua persona quanto l’uso incredibile di parole e argomenti che andrebbero usati con ben altra sensibilità. Il grave danno provocato dal parlare di parità in questo modo, e pure in un blog di padre che parla ad altri padri, lo si misura poi quando in ben altri contesti emerge tutta l’insipienza politica e civile comune su questi argomenti. La condivisione di stereotipi, luoghi comuni e altri sessismi non è scusabile perché uno si sente padre spiritoso che parla di lavori domestici.

Uccello2
Un aspirapolvere per la parità [cominciamo bene, eh? Bel titolo davvero]

Io ci provo ad ottenere la parità in casa, ma non è facile. [Lui, uomo, aspira a ottenere la parità in casa. Oh, magari è un’eccezione, vediamo]

Vengo sempre messo in secondo piano e c’è un lento mobbing casalingo che mi spinge a rinunciare. [E la miseria, e chi ti sei sposato? E soprattutto, perché? Però una cosa: mobbing è una parola pesante, configura un reato, e si riferisce soprattutto a un luogo di lavoro. Forse che, invece che da padre, sta parlando da domestico contrattualizzato? E poi, rinunciare a che cosa? Non lo sappiamo. Il comunicatore, qui, si tiene sul vago]

Io però non mi abbatto e vado avanti sulla mia strada per ottenere la parità [un po’ di empowerment che non guasta mai].

La mia ultima battaglia è stata: L’aspirapolvere non ha bisogno di una mano femminile per fare il suo lavoro al meglio. [Avete capito bene: il nostro coraggioso difensore dei diritti degli oppressi, che lotta per la parità, combatte per diffondere qualcosa che le donne stanno dicendo da più di un secolo: non è necessario essere donna per pulirsi casa. Anche se l’aspirapolvere ha più di un secolo, le donne lo dicono da prima.]

Pochi giorni fa è arrivato a casa nostra il Dyson DC52: un aspirapolvere dal design futuristico, con un sistema di aspirazione che riprende la teoria del ciclone. [Sì, capita che i blogger facciano pubblicità nei post: devono pur campare, non c’è niente di male. Certo che se la butti sulla parità dei diritti, forse – ma forse eh – dovresti essere più cauto nell’usare argomenti che per qualcuno costano la vita.]

Insomma il fatto che non avesse bisogno di sacchetti da cambiare, che fosse ecologico perché la polvere la svuoti facilmente e il contenitore lo lavi semplicemente mi ha fatto pensare che fosse arrivato il momento giusto per essere d’aiuto in casa senza la supervisione al femminile. [Quindi ringraziamo il prodotto futuristico, sennò col quasi che alzavi il culo per pulire casa. Davvero simpatico come argomento per ottenere la parità in casa.]

Sono tanti gli uomini e i papà che mi scrivono, solidali, su questo argomento che ci confina in uno stato depressivo sul divano. [Poverini, milioni di papà che non vorrebbero soffrire, addirittura depressi perché nessuno aveva prodotto un aggeggio che li liberasse dalla schiavitù del divano. Ma adesso ci ha pensato Dyson a liberarvi, potete alzarvi e ottenere la parità in casa!!!]

La questione è sempre la stessa: Qualsiasi sia il lavoro domestico fatto da un uomo dopo ci sarà sempre una donna che passerà a controllare o a dare il suo piccolo contributo, proprio come un colpo da maestro. (E’ una cosa che sta nel DNA, quindi difficile da modificare) [COSA? Le donne avrebbero nel DNA il controllare le pulizie? O forse si tramandano da generazioni questa schiavitù, dato che da sempre si accompagnano a uomini che vedono nel fare le pulizie qualcosa di degradante per la loro virilità? E quindi t’incazzi se – data l’inesperienza – pulisci male e lei lo vede? Bel concetto di parità, complimenti.]

Sicuro di avere nel Dyson un alleato ho lanciato una sfida: “Cara, questa volta non potrai fare di meglio”. [L’olio di gomito costa meno, ma evidentemente è poco virile. Invece un bel tubo aspirante ti rinfranca la mascolinità? E, serve un alleato contro la crudele donna che passerà a controllare, armata del suo DNA? Da solo non ce la facevi proprio, ad avere la parità in casa?]

La mattinata è trascorsa a pulire pavimenti, materassi e divano grazie ai diversi attrezzi in dotazione che hanno delle spazzole speciali per ciascuna funzione.

Mi sono impegnato fino allo stremo e il “traino” mi ha seguito in maniera fedele senza nessun intralcio. Ho fatto un po’ fatica in alcune manovre perché non sempre ha raggiunto tutti gli angoli, ma per quelli ho usato una spazzolina piccola che si infila bene anche dietro le mille cose che ci sono sulla scrivania (veramente ho aspirato anche tra i tasti della tastiera del pc e il risultato è stato sorprendente. Adesso anche i caratteri sono più puliti). [Ah ah ah, davvero un simpaticone. Quanta elaborata prosa per quello che la compagna si smazza tutti i giorni, e senza produrci post nel suo blog.]

Ad un certo punto è entrata in scena mia moglie (MPS) [avete letto bene, lui la chiama come una banca] col suo aspirapolvere. Non si è fidata del nuovo arrivato [eh, che volete, ce l’ha nel DNA] e così per la sfida che le avevo lanciato ha voluto giocare tutte le carte [il 99% per cento delle donne gli avrebbe detto e fatto ben altro, ma la sua è difficile da modificare]. Ha cambiato il sacchetto ed è partita all’attacco. Alla fine della sua sessione, fatti i dovuti controlli, ha esclamato:

“Se utilizzi sempre il Dyson mi sento sicura perché aspira davvero tutto in profondità”. [Il mostro del mobbing cercava solo rassicurazioni, poverina. Adesso si sente sicura grazie al suo eroe che le ha cambiato il DNA.]

“Hai visto che non sempre c’è bisogno della tua mano?” [«Boccaccia mia statte zitta», si sarà detta lei, e la capiamo bene.]

“Beh il Dyson è comunque opera di una donna”. [Attenzione, parte una gag molto spontanea…]

“Ma quando mai. I Dyson sono aspirapolvere creati da un uomo”.

“Sì, ma dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna, per cui…”

“Per cui hai ragione amore mio”. […che si conclude col più classico dei luoghi comuni sessisti.]

P.S: Per tutti quelli che hanno voglia di parità offro uno sconto del 50% [La parità con lo sconto, accorrete gente!!!]

su questi modelli

– DC52 Animal Turbine

– DC52 Allergy Care

– DC52 Multifloor

– DC63 Allergy

– DC42 Allergy

– portatile DC43H Mattress

(Attenzione il post non è sponsorizzato [no, certo, lui gli aspirapolvere da dare con lo sconto li ha trovati per caso in un TIR parcheggiato aperto nel suo cortile, una mattina]. Per quelli viene inserita una dicitura finale. Cioè io ci credo proprio al fatto che il Dyson aspira meglio degli altri aspirapolvere [e credi che la parità sia una questione di chi pulisce meglio, ci credi proprio, si vede])

P.S. [sarebbe il secondo, quindi casomai P.P.S., ma si vede che non sono blogger di professione, io] La dicitura di post non sponsorizzato è stata inserita in quanto per questo articolo non ho ricevuto nessun compenso economico [a parte la parità, ma quella è una gioia morale e un traguardo sociale, non è monetizzabile]. Questo regalo non è una sponsorizzazione, ma semmai una recensione [EH? No, davvero, non si capisce. Che sia un problema di DNA anche questo?]. Non ci sarà una vendita dell’oggetto in questione e quindi nessun ricavo economico [scusa, avevo letto “offro uno sconto del 50%”, pensavo ti riferissi a una vendita, come di solito si fa parlando di sconti]. Per tanto il post non ha dovuto rispettare nessun parametro indicato dall’azienda sia in termini di traffico che di contenuto. Inoltre sono stato contento di poter offrire a chi volesse dei coupon di sconto [anche quelli erano nel TIR, evidentemente], ma specifico che neanche per questo è previsto un compenso economico. Mi scuso se non è stato specificato che si trattasse di una recensione [allora potevi raccontarci come c’è capitato un Dyson a casa tua: andava in giro da solo? Che cercasse anche lui di ottenere la parità, depresso dal mobbing dei robot aspiratori?].

Non credo più in una solidarietà femminista transnazionale in sé

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Articolo originale qui, traduzione di feminoska, revisione di lafra.

Per molte persone il nome di Ochy Curiel suona esotico, per altre è un simbolo del cosiddetto ‘altro femminismo’. Non per niente è donna, nera, lesbica, femminista, intellettuale, attivista, artista, antirazzista, antisessista, radicale e critica. Ochy incarna tutto ciò che è antiegemonico. Con un piede nel mondo accademico e uno sulla strada, sono oltre 30 anni che lotta, come lei ama ricordare. Ritiene che far riflettere le persone sia essenziale, per questo ci invita a dare una svolta alle nostre pratiche politiche e rivedere i nostri privilegi a partire dal femminismo decoloniale.

Qual è l’origine del femminismo decoloniale? È una critica del femminismo egemonico? Come direbbe Sueli Carneiro, vuol dire femminilizzare la lotta antirazzista e rendere negra la lotta femminista?
Prima di tutto bisogna capire come è nata la geopolitica e il colonialismo come fatto concreto – che ha voluto dire porre l’Europa al centro della modernità e a partire da ciò l’esistenza di altri paesi, i barbari, quelli che devono essere civilizzati, studiati, modificati e sviluppati. Le donne nere o mulatte sono una costruzione razziale a partire dal ‘bianco’ considerato come paradigma. Il femminismo decoloniale critica non solo il femminismo egemonico, ma anche i movimenti e le teorie sociali che credono che agendo esclusivamente sulla classe si possa trasformare il mondo, e quei maschi di sinistra che ancora credono che la questione della donna debba essere affrontata in un secondo tempo, ma includono le questioni di genere per apparire politicamente corretti. 

Non si tratta di includere o meno le donne: questa è una strategia molto neoliberista, la diversità include ma non modifica o problematizza. Per questo non si tratta solo di femminilizzare la lotta antirazzista e rendere negra la lotta femminista, non significa accorgersi dell’esistenza di donne nere e povere, ma qualcosa di più complesso, ovvero capire perché ci sono donne nere e povere. E questa è la nostra più grande differenza rispetto alla tesi dell’intersezionalità, che afferma che la somma delle identità possa spiegare la subordinazione delle donne. Non è importante includere le altre oppressioni, ma vedere e capire l’oppressione, come si dispiega e analizzare come ciascuna di noi e tutte noi e negli altri movimenti sociali stiamo o meno riproducendo questa logica. E questo significa comprendere i nostri stessi privilegi. 

Questo è ciò che chiami “problematizzare la questione femminista”? Sarebbe a dire, realizzare una genealogia del proprio pensiero?
Certamente. Problematizzare significa distaccarsi, ridefinire tutto. Comincia da una rilettura di tutto quello che ci hanno raccontato in un determinato modo. E si comincia da sé stesse, con l’essere consapevoli delle proprie intersezionalità, sapere di trovarsi all’incrocio di molte oppressioni, ma senza guardarsi troppo l’ombelico… abbiamo bisogno di guardare il contesto generale perché questo è un problema sistemico che ovviamente attraversa le esperienze personali. E questo è il vantaggio del femminismo in cui credo, comprendere come ciò che chiamiamo ‘il personale è politico’ entri in relazione con tutto il resto. Ha a che fare con quello che hanno fatto molte femministe in tutto il mondo quando hanno smesso di credere nella storia di sesso maschile che era stata raccontata loro. Significa affermare che le schiave nere violentate dal proprio padrone o costrette a lavorare, organizzarono una serie di azioni di resistenza, quello che Celsa Ares definì ‘cimarronaje domestico’ (azioni di resistenza, nascoste o palesi, intraprese dalle schiave che lavoravano nella casa padronale). Se non recuperiamo questi aspetti, se non ci distacchiamo dalla storia lineare per osservare altre storie, continuerà ad esistere solamente la storia occidentale bianca, e se oggi definiamo il femminismo come le molte lotte delle donne in tutto il mondo, allora non è iniziato tutto nel 1789 con la rivoluzione francese e Olympia de Gouges. I privilegi implicano una reinterpretazione, una presa di posizione rispetto al modo in cui la storia è raccontata. Quali sono i racconti? Da dove partiamo per interpretarli?
È sistemico e contestualizzato. Come risolviamo la tensione che esiste tra locale e globale? Come articoliamo una strategia che tenga conto di entrambi?
È sistemico, però il capitalismo e la globalizzazione non ci danneggiano tutte allo stesso modo, ed è lì che sta il problema. Io non credo più nella solidarietà femminista e nemmeno credo in una solidarietà femminista transnazionale in sé. I cambiamenti non avvengono perché siamo tutte splendide donne meravigliose, ma perché si lavora sulle relazioni di potere che ci sono. Perché egemonicamente “le altre”, quelle del terzo mondo, le indie, le nere, le migranti, sono materia prima delle ricerche o delle pubblicazioni delle persone privilegiate? Questo sembra impossibile da mettere in discussione, lo diamo per scontato e, inoltre, ci sentiamo politicamente corrette, quando è invece uno sfruttamento dell’esperienza culturale e sociale delle donne. Ovvio che dobbiamo stringere alleanze come femministe, anche se non con tutte le femministe, perché alcune sono complici del patriarcato e del razzismo.
Una radicale messa in discussione, l’emergere di nuovi femminismi… non stiamo frammentando il movimento femminista? 
Dipende. Penso che i punti di rottura siano importanti, sono quelli che danno nuovi stimoli. Siamo uman*, ma siamo situat*. Questo modo di pensare, che dobbiamo per forza stare unite per rafforzare il movimento… non è così. Ci siamo rese conto che questa presunta solidarietà articolata è basata sullo sfruttamento e la subordinazione di altre, e alcune di noi non sono più disposte a sopportarlo. Per la propria salute mentale e perché non abbiamo tanto tempo nella vita, è necessario agire con coloro con cui abbiamo il piacere di agire. Io credo maggiormente agli affetti e alla fiducia costruita passo passo.
Parlando di affetti, fiducia e fratture… Questo mese di ottobre si svolgerà l’incontro lesbico femminista di Abya Yala in Colombia e ho sentito che le e i trans non vi troveranno spazio.
E’ una questione dibattuta. Non esiste una posizione condivisa. Infatti ha rappresentato un punto di disaccordo molto importante. Credo nel separatismo come questione di salute, non in negativo, ma piuttosto definendolo come autonomia. Non significa tu di là e io di qua, penso che debbano esistere spazi esclusivi per ner*, indigen* e – perché no? – anche per bianch*.
Non è il loro posto? Vuoi dire questo?  
Quando diciamo che donna non si nasce, si diventa – come diceva Simone de Beauvoir – significa affermare che le identità si costruiscono. E il risultato è che ora, con tutta la problematizzazione che abbiamo messo in campo, stanno venendo fuori una serie di nuove identità, come ad esempio quella transfemminista. Come faccio oggi a dire ad una compagna transfemminista che non può partecipare ad un incontro lesbofemminista? Si presume che le femministe lesbiche dicano: lesbica non è quella che dorme con le donne, lesbica è la messa in discussione del regime politico di eterosessualità. La domanda è: Quali sono i corpi che costruiscono il soggetto lesbico?  Penso che il movimento LGBT sia quasi l’opposto di quello femminista lesbico. Originariamente, Gayle Rubin disse che tutti i soggetti che si riconoscevano nella sessualità dissidente dovevano strutturarsi in qualche modo, però questa non rappresenta ununione, è una specie di comunità fittizia… possono esserci gay, trans, lesbiche, ecc. con una sessualità e identità di genere dissidenti, che non necessariamente mettono in discussione il regime eterosessuale. Per noi metterlo in discussione significa abolire il matrimonio e non rivendicare il matrimonio omosessuale, significa decostruire la famiglia come fondamento della società perché sappiamo come influisce sulla femminilità… Esistono alleanze tra le femministe e la comunità LGBT, ma sono cose diverse. Le uniche invitate alle riunioni in Colombia sono le femministe lesbiche, che cosa significa? Ci sono molte interpretazioni, perciò la questione verte sul modo in cui intendiamo l’essere una lesbica femminista e penso che ci vorranno anni per comprenderlo. Se ci si situa come identità politica lesbofemminista allora potranno essere presenti anche le trans. A me la figa non interessa, ho a cuore le persone che vogliono sfidare, rifinire e rimuovere il regime eterosessuale.
E a proposito di nuove identità… che ne pensi di quella queer?  
Il Queer è qualcosa di interessante dal punto di vista della messa in discussione delle identità essenziali, però credo anche che esistano concetti che vanno di moda … In America Latina, le poche persone queer che conosco partono da una posizione del tutto individualista; ‘Sono io, la mia identità, non voglio etichette’, dicono, oggi desidero essere donna e domani mi metto una cravatta e sarò un uomo, e andrò avanti così, plasmando la mia identità. Questo è un ragionamento decisamente bianco. Quant@ queer ner@ conosciamo? A livello teorico è qualcosa di interessante, perché mette in discussione l’identità, come ho detto, rompe il binomio … ma in pratica si scopre che non tutt@ al mondo possono farlo. Una persona nera non può giocare con la propria identità con tanta semplicità, poiché è attraversata dal proprio colore, dalla interpretazione sociale che viene fatta del suo colore, un colore politico. Solo le persone privilegiate possono essere queer. In breve, è molto teorico, molto individualista e molto ingenuo in un certo senso, ma lo si deve porre in relazione con la classe e la razza.

Uno dei fattori che più colpiscono le donne sono gli effetti della globalizzazione e del capitalismo. Pensi che il femminismo debba approfondire di più questo aspetto?  Le questioni relative alla globalizzazione non sono una categoria a parte: alcune ci stanno lavorando, ma non è un aspetto forte del femminismo, nè del nord nè del sud. Il femminismo è molto centrato sull’identità della donna. Il problema del partire dall’identità è di pensare che l’oppressione di genere, in questo caso, sia un problema da affrontare su base individuale e in termini di maschio o femmina, e credere che non sia legato al sistemico, alla classe o alla razza. Se non cerchiamo di comprendere in maniera più profonda come mai siamo fottute, allora esistiamo in un microcosmo e solo lì si verificano le oppressioni. E non è un caso che questa proposta di femminismo decoloniale provenga dal terzo mondo, penso che per poter mettere in discussione i privilegi sia necessario comprendere e avvicinarsi ad altre realtà: ma non è necessario andare in America Latina, né occupare gli spazi delle femministe europee,  quello che è interessante è domandarsi: Qual è il posizionamento femminista qui?

Il rigurgito femminista

Questa è una cosa inverosimile che è stata scritta davvero. Ieri mi trovavo a navigare il sito del Comune di Napoli, nella sezione eventi, e la mia attenzione è stata richiamata dalla pubblicità di un evento intitolato “Mondo Donna”, promosso dalla Clinica Mediterranea, un centro polispecialistico privato, convenzionato con il SSN.

Come persona di sesso femminile, come napoletana e come femminista, ho cliccato per saperne di più. Mentre leggevo, ho notato la cosa inverosimile. Vi incollo qui sotto il testo che pubblicizza l’evento, quello che suppongo essere un comunicato stampa della clinica stessa, eccolo qui:

La Clinica Mediterranea il 27 ottobre, per il terzo anno consecutivo, avvia il percorso di sensibilizzazione MONDO DONNA che vuole far crescere la consapevolezza delle donne sui temi della modernità per renderle protagoniste di ideali e valori.
Nessuna lezione, Nessun rigurgito femminista, ma chiacchierate con le associazioni del territorio e con coloro che tutti i giorni sono a contatto con questi temi.
L’obiettivo è quello di fare in modo che sempre più e sempre meglio si sappia stimolare la motivazione e la capacità di fare scelte di benessere, specialmente dove sono in causa comportamenti (alimentazione, attività fisica, consumo di alcol e tabacco, malattie a trasmissione sessuale, abuso di farmaci, ecc.) che possono difenderlo, prevenire le malattie e migliorare la qualità della vita.
Noi vogliamo andare lontano sulla strada della consapevolezza con tutti VOI e per questo vi consideriamo invitati d’onore al nostro percorso MONDO DONNA.

Rigurgito femminista. Ph unknown
Rigurgito femminista.
Ph unknown

L’avete notato pure voi?
“Nessuna lezione, Nessun rigurgito femminista”
E’ il terzo anno, si dice, che la clinica promuove questo percorso di sensibilizzazione rivolto alle donne.

“Nessuna lezione, Nessun rigurgito femminista”
Per “far crescere la consapevolezza delle donne sui temi della modernità per renderle protagoniste di ideali e valori“.

“Nessuna lezione, Nessun rigurgito femminista”
Questi temi e questi valori  sarebbero legati alla salute, al benessere; vogliono andare “lontano sulla strada della consapevolezza“.

E però tra una cosa e l’altra si sono persi la consapevolezza della lotta e dell’impegno proprio di quelle persone che, notando una disparità tra i generi, hanno creduto di doverla colmare, modificare, aggiustare, perché ingiusta. Le persone, appunto, femministe, mediche anche.

“Nessuna lezione, Nessun rigurgito femminista”
Avete notato il refuso? come se qualcuno avesse tagliato un pezzo e avesse incollato il pezzo successivo a un punto. Chissà cosa c’era dopo quella virgola e prima della seconda maiuscola. All’editor interessava che restasse un solo concetto, ossia che durante questa giornata dedicata alla salute e al benessere delle donne, non ci sarà “Nessuna lezione, Nessun rigurgito femminista”.

Cosa?

Uno stare totalmente al di fuori del mondo contemporaneo, dai pop discorsi di Emma Watson al Gender Gap e i femminicidi. Ma voi dove vivete?
Una completa delegittimazione della lotte femministe e la totale cecità sul panorama contemporaneo dei femminismi che si occupano di medicina di genere e biopolitica.

Il corpo rigurgita ciò che gli fa male. Noi rigurgitiamo la vostra misoginia.

Quanto vi fanno paura le donne come soggetti attivi dei cambiamenti che le riguardano? quanto avete paura del femminismo come agente di cambiamento sociale?

Loro vogliono andare lontano “con tutti VOI e per questo vi consideriamo invitati d’onore” ma non con le femministe che sono roba vecchia. Cos’è questo reflusso d’altri tempi?! Non ve le riproponiamo come i peperoni di ieri, tranquilli VOI.

Ma voi partecipereste a un evento organizzato da tali ignoranti? Persone che della modernità e della contemporaneità non hanno capito assolutamente niente?

Deconstructing MicroMega #1 – Siffredi, Torre, Ardovino

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Cominciamo a parlare del numero 5/2014 di MicroMega nello specifico, dedicandoci al primo dialogo di quelli proposti. Esiste un porno al femminile? è il titolo, e dialogano Rocco Siffredi e Roberta Torre, con Adriano Ardovino a fare da moderatore/curatore.
Le parti citate del dialogo le prendiamo dalla rivista ma voi potete gustarvi
qui quasi tutto il dialogo – notevole che MicroMega sia riportato da Dagospia, vero? E poi, notate anche come questo sito abbia percepito il messaggio di diversità che l’articolo vorrebbe introdurre rispetto al porno tradizionale, si vede chiaramente dalle foto. Evidentemente hanno qualcosa in comune. Chissà. Comunque le difficoltà di non presentare per intero il testo che commentiamo – per motivi di copyright e perché non è salutare stare troppo davanti al video – le superiamo presentandovi delle parti salienti, le cose più divertenti e interessanti. Immaginate di leggerle, come certi vecchi sketch d’avanspettacolo, intervallate da un battito di piatti e dalle risate del pubblico; tipograficamente, con i tre asterischi.

***

Comunque la si giudichi (sul piano estetico e morale), la pornografia occupa nella nostra società uno spazio ampio e storicamente inedito. Sarebbe impossibile, volendo descrivere il mondo odierno così com’è, non tener conto di quanto la rappresentazione esplicita della sessualità attraversi buona parte della nostra cultura, non solo quella cosiddetta «pop» o quella legata alle arti visive e al cinema. Dall’immaginario privato al corpo esibito, dalla fruizione di contenuti in rete alle nuove forme di «dipendenza» e ai legami con la politica, la pornografia è ormai strettamente intrecciata con la nostra quotidianità [ok, lo diamo come dato di fatto, e facciamo finta che tutti sappiamo perché – mentre invece ci vorrebbe almeno un numero di MicroMega a parte per ricostruire il tutto. Pazienza].

E se il pensiero femminista, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, ha condotto battaglie cruciali (e purtroppo ancora attuali) contro la mercificazione e lo sfruttamento mediatico del corpo femminile, da qualche decennio a questa parte molte donne hanno formulato un approccio diverso al tema. Un approccio forse più «libertario», sicuramente meno persuaso che il problema sia soltanto la violenza maschile o il punto di vista «patriarcale» [le premesse di Ardovino esprimono il taglio politico di questo pezzo, perché di politica si tratta anche se gli attori chiamati ad esprimersi non esplicano un punto di vista definito. Sembrano stranamente i temi cari alla critica femminista all’industria pornografica. In questo caso avremmo l’impressione che si presenti quella critica come vecchia e superata, dalle stesse donne, senza però citare fonti e confutare posizioni].

Si inserisce qui, mi pare, il progetto intitolato Le ragazze del porno, al quale partecipano diverse registe italiane, la più nota delle quali è Roberta Torre. Ispirato alla cineasta indipendente Mia Engberg, che in Svezia ha usufruito di finanziamenti pubblici per realizzare alcuni cortometraggi sulla sessualità «vista e vissuta dalle donne», il progetto ne riprende il «manifesto». Vi si parla della «necessità», soprattutto in Italia (dove si «consuma» molta pornografia, quasi mai fatta da donne), di raccontare corpi e pratiche da un diverso punto di vista. Di liberare una diversa rappresentazione del desiderio e del piacere. Di dare visibilità a un immaginario che le donne stesse, talvolta, si troverebbero a marginalizzare o a negare. Come stanno realmente le cose? [Ardovino è un genio dell’ambiguità, perché questa diversità continuamente citata non si capisce bene da che tenda a distinguersi: dall’approccio maschile? Che non viene descritto, se non nel testo molto vagamente, oppure dall’approccio femminista (femminile, per carità) citato poc’anzi? Da tutte e due? In due casi su tre diremmo che secondo Ardovino la critica femminista al porno oltre che vecchia e superata è anche monolitica, oppressiva e censoria, niente male per un testo di approfondimento e di critica di “alta qualità”. Questo dubbio ci accompagnerà nella lettura. Forse lo saprà mettere in chiaro il noto esperto di pornografia femminile Siffredi, di cui Ardovino non ritiene necessario specificare il motivo della presenza nella sua presentazione – invece, per Torre, sì.]

***

SIFFREDI: Molte donne mi dicono ad esempio: «Entra nella mia testa, fa del mio corpo quello che vuoi» [Sarebbe stato carino capire quando e in che circostanza, ma forse è meglio non indagare].

TORRE: Questo è quello che ogni donna desidera [SARA: Lorenzo scusa, devo andare a comprare un prodotto di Siffredi perchè non posso sfuggire alla matematica, la quale si sa è una scienza e non un’opinione. LORENZO: Fai pure; posso accompagnarti io?].

SIFFREDI: È l’atteggiamento che adotto io [quale? Sapere in anticipo quello che ogni donna desidera? Fichissimo, siamo alla pornotelepatia. Attenzione, per chi lo avesse dimenticato: siamo sempre dentro un numero di MicroMega intitolato Il corpo della donna tra libertà e sfruttamento]. Ma lo faccio in maniera naturale, perché a me piace vederle godere, le donne [che carino, è tanto premuroso]. Per fortuna la natura mi ha aiutato, nel senso che per natura sono una persona alla quale di godere per se stessa non gliene frega niente [ha la vocazione del martire, lui], quindi nel mio lavoro mi trovo bene, sia nei confronti delle attrici con cui lavoro sia nei confronti dei fan. Ogni mio film è rivolto fin dal principio a tutte le migliaia o milioni di persone che lo vedranno. E io cerco una connessione con una donna per realizzare qualcosa di particolare, che possa piacere a tantissime altre donne [sarà il caso di dirglielo, visto che invece comprano e scaricano soprattutto uomini. Ah, che destino cinico e baro]. Questo è un po’ il «sistema» che seguo, anche se non sempre viene compreso [tranquillo, ci pensa MicroMega].

TORRE: Lo capisco benissimo. Al tempo stesso, dobbiamo sempre rispettare le differenze. Ci tengo a ribadire, di nuovo, che questa è comunque una mia visione e che non voglio, né posso, parlare a nome di tutte le donne [Cara Torre, potevi dirlo alla frase precedente. Comunque, Siffredi invece non ha problemi a farlo, lui parla per tutte le donne perché le ha conosciute tutte. E niente battute, siamo su MicroMega]. Probabilmente, infatti, molte donne non la pensano come me.

SIFFREDI: Il novantotto per cento ti assicuro di sì… [lui non spara cifre a caso eh, dispone di un campione molto grande e ben selezionato secondo i migliori criteri delle scienze statistiche]

TORRE: In qualche modo, quello che tu «senti» [lei ci prova a insinuare che non può “saperlo” ma che al massimo lo “sente”, e ci vorrebbe un moderatore a farlo notare. Ardovino, dove sei?] conferma qualcosa che anche molte donne avvertono, me compresa. E in fondo è questo che mi spinge a raccontare e a rappresentare. L’ipocrisia non giova mai a nessuno [invece far straparlare Siffredi su MicroMega, sì?].

***

SIFFREDI: A volte ti trovi veramente davanti a dei pezzi di carne [del destino dei quali né Siffredi né MIcroMega sembrano volersi occupare]. Dal lato opposto, poi, vedi giovani donne che non sanno neanche come iniziare un approccio [scusa, lato opposto a quale?]. Il mio sesso vuol essere invece un sesso particolare, un viaggio con una donna per portarla su altri piani, per cercare di entrarle veramente nel cervello, in maniera profonda, per poi poter giocare insieme [com’era l’approccio femminile al porno? Ah, sì voleva esprimere un diverso punto di vista, liberare una diversa rappresentazione del desiderio e dare visibilità ad un immaginario che le donne stesse si troverebbero a marginalizzare o a negare. A me sembra che oltre al corpo qua si voglia dire che nel porno è possibile entrare e manipolare anche la mente di una donna, il che mi sembra sia da denunciare e non da celebrare – ah già, questo è quello che ogni donna desidera, ha detto Torre].

Quando agli attori viene mostrato un video e viene detto loro: «You have to do it like Rocco, Rocco style» (cosa che capita spesso e che vivo con «imbarazzo»), quando li vedi cominciare a sputarsi o a dare schiaffi ripetendo meccanicamente dei gesti che tu fai soltanto al momento giusto, con una persona che se l’aspetta, che vuole esattamente quella cosa in quel determinato momento, allora non è altro che una replica completamente meccanica [va bene, ma una replica DI COSA? Si tratta di due attori, no? Ma lo leggiamo solo noi che il caro Siffredi fa finta di non dover esplicitare che è in ballo un rapporto di potere giocato tra realtà e rappresentazione, sempre a scapito di uno solo dei protagonisti?].

E questo significa oltrepassare il limite, che è il contrario di quello che cerco di fare io, ossia essere sempre «al limite», senza mai oltrepassarlo [il limite DI COSA, dillo!]. Un limite al di là del quale si generano solo violenza gratuita ed esibizione (finta) di virilità (presunta).Quando vedo questi ragazzi che mi imitano in modo esteriore, mi rendo conto di quanto sia lontana la mente maschile dal comprendere le donne [ah.Tu vedi i ragazzi imitarti penosamente e pensi che non siano capaci di comprendere le donne. Il dio Siffredi non lo si mette in discussione, mai. Infatti Ardovino – che mi risulta essere filosofo schietto – avrebbe dovuto interromperlo già dieci volte almeno, per chiedergli di essere un poco più preciso e rispettoso delle parole, dato che tra realtà, finzione e rappresentazione Siffredi sta facendo un casino a suo comodo. Invece, niente].

E anche di quanto sia complicato cercare di «connettersi» sul piano mentale. Non si insegna in poco tempo, a certi ragazzi [ah, lo si insegna? E dove? E come?]. Soprattutto, gli uomini che non sono predisposti (e ti assicuro che sono tanti) non lo potranno mai capire [PREDISPOSTI? Esiste il gene della comprensione delle donne? ARDOVINOOO!]. Con questa finta erezione (forzata, chimica), oggi si sentono tutti leoni, e finiscono per utilizzare l’«attrezzo» molto male. Il che significa allontanarsi ancora di più [capito il problema? Bisogna saper usare bene l’«attrezzo» per entrare nella testa delle donne, dato che questo è quello che ogni donna desidera. Su MicroMega].

***

TORRE: … Il discorso è molto ampio e non riguarda solo le singole coppie. Quando c’è un problema, nel rapporto tra uomo e donna, indubbiamente viene vissuto dentro e fuori dalla stanza da letto [e fin qui non ci piove]. E mi pare che oggi non ci sia alcuna facilità di rapporti tra i due generi [un po’ vago ma può ancora andare]. Di certo le donne non hanno ancora ottenuto quello che volevano ottenere attraverso le battaglie femministe e spesso hanno perso fette d’identità molto cospicue [che cosa sono le fette d’identità? Che vuol dire?]. L’uomo, d’altro canto, si trova assolutamente spiazzato [embè, già c’ha i suoi limiti, te poi gli parli di fette d’identità… e comunque spiazzato in che senso?]. E di rimando lo è anche la donna [LORENZO: come sarebbe di rimando? Di rimando a cosa, e perché? Vabbè che è un dialogo, ma cerchiamo di renderci comprensibili! SARA: Come, Lorenzo! Ma allora non mi stai sul pezzo, è da prima che si parla di matematica: l’uomo è spiazzato? Di conseguenza lo è anche la donna, del resto le femministe hanno perso, ci rimane solo la matematica!]. E’ indubbio che tutto questo non possa non tradursi in una incomprensione [e te credo, spari parole a vanvera] anche fisica, sessuale. Sono sempre più convinta che alla fine il corpo è l’unica cosa che non mente [forse non mente – ammesso di capire cosa vuol dire che un corpo mente – ma certo è confuso, l’hai detto tu, è nella incomprensione. Non ne parliamo più?]. Me ne convinco lavorando con gli attori, lavorando in teatro, osservando le reazioni fisiche degli esseri umani [VA BENE, ti convinci che non mente, ma rimane il fatto dell’incomprensione, che non è un mentire. Allora?]. Senza voler fare voli pindarici, direi che oggi più che mai la sessualità e la sua rappresentazione possono essere un nodo importante, artisticamente vitale e rilevante, di raccontare quello che sta succedendo tra uomo e donna [ma succede da quando l’uomo fa i graffiti sulle grotte! E che ci voleva Torre per dirlo? E’ questa la misura del suo contributo al dialogo? Confermare a Siffredi che lui è il dio delle donne e dire ovvietà?].

TORRE: Oggi, a trent’anni di distanza [da Cicciolina e dal Partito dell’Amore, ndr], la posta in gioco è provare a parlare del sesso «insieme» alla politica [eh? E che vuol dire?], contrastando in ogni modo il punto di vista solo negativo e a tratti infamante con cui ancora se ne parla [di quale dei due? Vabbè, tanto…], tentando cioè di «far parlare» diversamente il sesso anche in termini di cultura e di rappresentazione audiovisiva [e io che pensavo che sarebbe dovuta essere la cultura e la rappresentazione a dover cambiare per parlare decentemente del sesso. Invece, guarda un po’, è il sesso che va fatto parlare diversamente. Ma non aveva detto poco prima che il corpo è l’unica cosa che non mente?].
SIFFREDI: Credo anch’io che dovrebbe essere così [come ha fatto Siffredi a capire cos’ha detto Torre? Ah, già, lui è “predisposto” di natura].

***

SIFFREDI: Non dimentichiamo comunque che si sta parlando di pornografia [ti giuro, Rocco, che l’avevo capito: non mi sembra certo di star leggendo MicroMega]. In una coppia «normale» [ci sono anche altri modelli, evidentemente], l’uomo non vuole una moglie «troia», perché anzi la desidera «a comando» [io so di molti milioni che vogliono una troia a comando, di che tipo sono?]. Se invece si accorge di avere una donna molto «performante» dal punto di vista sessuale, non la vuole più [il fatto che ne stia parlando come di un bene acquistato difettoso non smuove il nostro “predisposto” di un millimetro, né smuove il filosofo che assiste al dialogo]. La pornostar diventa una sorta di Anticristo per l’uomo normale, che la sogna, la desidera in quell’attimo, ma poi la vuole distruggere. Io invece sono uno [lui, il predisposto] che ama la donna con tutto l’«involucro», cioè per intero, con tutto il suo corpo [ma involucro di che? ARDOVINOOO dove sei? Manco l’Anticristo ti fa intervenire?]. Vedo tanti pornostar che laddove si sporcano a causa dei rapporti anali o con le mestruazioni, odiano le donne. Non si può dimenticare che il corpo della donna si porta dietro anche questi fardelli, che sono legati alla natura [sai che novità! La donna è corpo e natura da almeno tre millenni, quelli dominati dal patriarcato che la vuole inferiore all’uomo proprio perché le manca la razionalità! Veronesi poi lo ribadisce nel suo articolo centrale, come vedremo: la vedono nello stesso modo, ecco perché si scambiano i convegni!].

TORRE: È perfettamente vero, ed è un altro aspetto che distingue il maschile dal femminile [notate la delicatezza di Torre, un altro – gli altri, chissà, si sono persi con le fette d’identità.].

 ***

ARDOVINO: Un’ultima domanda. C’è posto, nella pornografia, per il pudore e la vergogna? [Assist finale di Ardovino. Pronti?]

SIFFREDI: L’ultimo ricordo che ho risale a trent’anni fa, dopo i primi sei mesi di porno, quando ho visto per la prima volta il mio sedere e i miei testicoli da dietro. Lì ho provata tanta, tanta vergogna. Ma dopo quell’immagine lì, mi sono abituato e la vergogna, per me, non è più nudità da almeno trent’anni [adesso qualcuno dovrebbe dire qualcosa sull’alienazione e l’uso dei media, ma ci vorrebbe un filosofo, mannaggia]. So che sembra scontato, che lo si ripete troppo spesso, però la vergogna la provo quando vedo i ragazzini che annegano o muoiono di fame [sì, è scontato]. Il pudore, invece, lo sento come qualcosa di molto più intimo. Non è sicuramente legato a un’immagine, altrimenti non farei quello che faccio. Direi che il pudore sono i sentimenti, sono il cuore. Tutto quello che ad esempio sento per mia moglie, Rosa, grazie alla quale sono riuscito a mantenere il mio equilibrio [e su, diciamolo anche su MicroMega: dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. Cosa ridete? Vi vedo, eh!]. Una donna che ti capisce e che ti sorride e che ti lascia libero. Che ti fa andare a lavorare, appunto, con un bellissimo sorriso. E quando torni a casa, sai comunque che puoi contare su di lei [il declino conservatore di Siffredi è deprimente. Infatti prima parla male dei porno attori che si lamentano dei fluidi corporei di una donna sul set, poi all’ultimo si scopre marito soddisfatto di una donna che mentre lui fa il porno divo l’attende a casa, lo capisce e lo comprende. Che bel quadretto familiare. Visto? Il predisposto, il dio delle donne, alla fine è uno come tutti gli altri. Però non è «normale»: Rosa, sicuramente, non è né «troia», «a comando», vero?].

TORRE: Ancora una volta, credo che tutto sia relativo a una forma di consapevolezza. La vergogna, il sentimento di sentirsi ridotti a oggetto, non passa per il corpo [SCUSA? ], e di sicuro non è legata in modo necessario al tipo di situazioni che abbiamo descritto. Sono di nuovo d’accordo con Rocco: la vergogna mi pare qualcosa di legato a una mancanza di consapevolezza. Riguarda molti aspetti, ma di certo non può riguardare una condizione di nudità e men che meno il sesso [Torre, che dice, lo chiediamo a chi ha subito uno stupro?]. «Pudore», invece, mi pare una delle parole più dimenticate della nostra società. Nell’Italia di oggi non esiste alcun pudore. L’idea di non legarlo a un corpo nudo mi pare però necessaria e a tratti indispensabile [non lo è già di suo, basta il vocabolario]. Soprattutto, credo che entrambi i termini, vergogna e pudore, non si possano più associare, in nessun modo, alla sessualità e al corpo nudo, ai suoi gesti e ai suoi movimenti, anche a prescindere dal porno. Forse, in qualche modo, la vergogna resta legata alla violenza. Ci si può vergognare per una violenza, questo sì. Ma non per un corpo. Non per un atto sessuale [di nuovo, la invito a parlarne con chi ha avuto, o si occupa, di esperienze di violenza sessuale. Potrebbe esserle d’aiuto. Ma dopotutto, perché mai se ne dovrebbe accennare in un numero di MicroMega intitolato Il corpo della donna tra libertà e sfruttamento, in un dialogo sulla pornografia?].

***

Insomma: “Le ragazze del porno” è un lavoro sulla sessualità e sul desiderio delle donne che hanno fatto porno e che ora se ne sono distaccate. Mentre Ardovino e Siffredi tentano di tenere il discorso sul porno, Torre insiste sulla sessualità e sul desiderio, al massimo sull’erotismo. Inoltre i suoi discorsi tendono sistematicamente a fare da sponda a quelli di Siffredi che essendo più “interno” all’argomento, risulta essere molto più competente di lei. Sarà un caso ma in questo articolo quella fuori posto e sprovvista di una sua legittimità sembra proprio Torre, l’unica donna. Ma non si voleva valorizzare qui il punto di vista femminile sul porno? Infatti Siffredi appare come l’esperto, colui che ha l’ultima parola per confermare quello che viene detto. Nei confronti di Torre e di tutte le donne ha un atteggiamento paternalistico, lui sa cosa è bene per le donne, lui sa cosa vogliono, il suo porno è assolutamente confacente ai desideri delle donne. Grazie alla moglie Rosa.

Questo è MicroMega 5/2014. E siamo all’inizio, eh.

Sara Pollice & Lorenzo Gasparrini

Il cane

excalibur

Ho tradotto questo brevissimo commento di Rosa Montero, tratto da El País ieri mattina, ma non c’è stato tempo di pubblicarlo. E’ di ieri pomeriggio la notizia che Lucas Domínguez, il direttore della equipe che si è occupata di Excalibur, di è dimesso.

Il cane
di Rosa Montero articolo originale qui.

Tutti siamo Teresa, tutti siamo Javier, tutti siamo Excalibur

La lettera che chiedeva di non uccidere il cane di Teresa, ma di metterlo sotto osservazione, ha raccolto in 12 ore 400.000 firme. Sono molti anni che lotto in questo paese per gli animali, e vi assicuro che, purtroppo, non ci sono 400.000 persone così tanto animaliste come quelle mobilitatesi con tanta rapidità.
Penso che quelli che successivamente hanno ripetuto il mantra “tanta preoccupazione per il cane e nessuna per i 4.000 morti in Africa” (mi chiedo quanto avranno fatto loro per gli africani) non abbiano capito cosa è accaduto. E’ stato proprio Javier, il marito, ad aver lanciato una petizione straziante chiedendo che di aiutarli a salvare Excalibur, che consideravano parte della propria famiglia.
E molti, anche senza avere familiarità con i cani, hanno empatizzato con il dolore di quest’uomo e questa donna; con la loro condizione di vittime inermi di una situazione spaventosamente mal gestita. Lo diceva un Twit di Toni García Ramón: “Prendi l’ebola che loro hanno portato. Ti danno la colpa, abbattono la porta della tua casa, ammazzano il tuo cane”. Gli esperti chiedevano di risparmiare l’animale per tenerlo in ossevazione, e nel rifiuto senza nemmeno pensarci in molt* abbiamo visto la prova dell’incapacità del governo di fronte la crisi e la sua mancanza di sensibilità.
Avrebbero dovuto confessarlo molto prima (lo ha fatto dopo un veterinario) che non avevano le risorse per isolare il cane. E in effetti è stato un disastro completo: abiti inadeguati, ignoranza rispetto alle modalità del loro uso, falle nei controlli e, peggio ancora, la suprema indecenza di colpevolizzare la vittima, come ha fatto questo deprecabile consigliere che non è stato ancora destituito. Piove sul bagnato: di nuovo l’incapacità criminale di questo governo, la sua mancanza di autocritica, la vergogna di colpevolizzare le vittime dei suoi propri eccessi. Per questo firmiamo. Tutti siamo Teresa, tutti siamo Javier, tutti siamo Excalibur.

Traduzione di Serbilla, revisione di feminoska

Dell’utilità di certi commenti banali

piratesII

 

Questo è un commento ricevuto per il primo articolo sul numero 5/2014 di MicroMega.

pornografia è quella forma di fiction incentrata su atti sessuali non simulati e in cui la non simulazione cioè la verità di quello che accade è continuamente mostrata e dimostrata dalle inquadrature pertanto le scene erotiche di film e telefilm “normali” e dei film d’autore dei citati Pasolini e Oshima non sono porno perchè c’è simulazione e in ogni caso non vi è la prova visiva dell’avvenuto rapporto sessuale

Ne parliamo non tanto per l’autore – noto personaggio ossessivamente presente su qualunque spazio virtuale si occupi di questioni di genere, tranne quelli che lo respingono per manifesta inutilità, come questo – quanto perché per una volta, invece di esprimersi con futili tautologie, ha espresso un medio pensiero che rappresenta il sentire comune sulla pornografia.

Cioè ha detto una solenne stupidaggine. Ben mascherata da luogo comune eh, ma ‘na stupidaggine.

Non è certo richiedibile a tutti di essere pienamente informati sul dibattito attuale riguardo la pornografia, ma è facile supporre che un blog che si presenta come «pornotransanimalfemminist*» lo sia. Se ci vieni a sentenziare armato solo della tua conoscenza da accanito spettatore di serial, degli esami al DAMS e delle definizioni da vocabolario, è facile che tu sia ignorato come poràccio insipiente – oppure che, come in questo caso, tu sia utile agli altri per chiarire qualcosa.

Ciò che le donne trovano riprovevole nella pornografia, hanno imparato ad accettarlo nei prodotti di ‘alta’ cultura e nella letteratura. Ciò che l’analisi femminista identifica come la struttura pornografica della rappresentazione – non la presenza di una qualità variabile di ‘sesso’, ma la sistematica oggettivazione della donna nell’interesse dell’esclusiva soggettivazione dell’uomo – è un luogo comune dell’arte e della letteratura come della pornografia commerciale.

Questa breve citazione – da Susanne Kappeler, The Pornography of Representation, Oxford, Polity Press 1986, p. 103, traduzione mia – di un testo di quasi trent’anni fa dovrebbe far capire che definire ancora la pornografia sostanzialmente come quei film o riviste o immagini «dove la gente scopa davvero» è un pochino infantile e riduttivo – se non è in malafede. Ho scelto il primo passo che m’è venuto in mente, ma la bibliografia disponibile è sterminata.

Il problema non è ciò che viene rappresentato e il suo opinabile valore morale. Il problema è la struttura politica, sociale ed economica che produce, veicola, diffonde e rappresenta quel tipo di rapporto di potere tra uomini e donne: i primi sempre soggetti, le seconde sempre oggetti. Ed è intendere il problema in questo modo che permette di farlo uscire dai pruriginosi e inutili confini della morale – legata a ciò che si vede, alla verità di ciò che si vede, a ciò che è accettato come osceno da un certo gruppo sociale – per studiarlo come fenomeno legato ad altri aspetti della società, come le questioni di genere, i femminismi, il patriarcato, i problemi di una industria da 13 miliardi di dollari l’anno (nel 2007) immersa nell’illegalità contrattuale e sindacale, la contaminazione di questa forma di rappresentazione verso la pubblicità, la moda, gli altri generi cinematografici e letterari, e così via.

Se c’è gente che se ne occupa in questo modo da almeno quarant’anni – libri, ricerche, convegni, discussioni in pubblico, analisi, testimonianze – forse è il caso di abbandonare simpatiche, divertenti e politicamente innocue definizioni come «atti sessuali non simulati» e impegnarsi a studiare, capire e parlare più propriamente.

O fare altro, eh, rimanendo amici come prima. Non è un obbligo documentarsi, ed è vero per MicroMega come per chiunque. Però, se ti fai dare degli euro per qualcosa che hai scritto, o se vieni a commentare pensando di poter insegnare qualcosa, allora sì: sarebbe meglio farlo.

Sentinelle for dummies

Domenica mattina, come molte altre persone, ho contestato la manifestazione delle Sentinelle in piedi, presenti in varie piazze delle città italiane. Ero con le compagne e i compagni mentre una dozzina di persone, dall’altra parte di uno schieramento a quadrilatero di poliziotti in tenuta antisommossa, se ne stava in piedi, in silenzio con un libro aperto, alcuni lo tenevano al contrario, a vegliare nel nome della “morale”.

Le Sentinelle in piedi protette dalla polizia in tenuta antisommossa.
Le Sentinelle in piedi protette dalla polizia in tenuta antisommossa.

Questa che segue è una guida alle Sentinelle, per chi avesse qualche dubbio su di loro.

Le Sentinelle in piedi si ispirano apertamente ai Veilleurs Debout francesi, in italiano Vigilanti in piedi, un movimento contrario ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, e di quel movimento copiano modalità e finalità, oltre che definizioni. Si definiscono infatti “una resistenza di cittadini che vigila su quanto accade nella società e sulle azioni di chi legifera denunciando ogni occasione in cui si cerca di distruggere l’uomo e la civiltà”, dicono “vegliamo per la libertà d’espressione e per la tutela della famiglia naturale fondata sull’unione tra uomo e donna”, cito dal loro sito, si dichiarano apartitici e aconfessionali.
Riporto le loro parole perché le parole sono importanti. Ma partiamo da uno degli elementi finali. Secondo questo articolo

Il 25 ottobre 2013 il marchio “Sentinelle in Piedi®” è stato depositato presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi dal sig. Rivadossi Emanuele, che ha eletto domicilio presso la società Jacobacci & Partners S.p.A. di Torino. Presso quello studio di consulenza presta opera in qualità di “partner” Massimo Introvigne, reggente nazionale vicario di Alleanza Cattolica.

La notizia viene confermata anche dal sito riscossacristiana.it e dunque, nonostante a parole si definiscano aconfessionali, nei fatti quello delle sentinelle è un movimento esclusivamente cattolico (Alleanza cattolica è questo) e, dalla fine di ottobre, è anche un marchio registrato, un brand.
Che le Sentinelle abbiano saputo utilizzare i media a loro vantaggio, come fanno normalmente i marchi commerciali, ce ne siamo accort@ tutt@. Il mercato al quale si rivolgono sono i conservatori più retrivi e i sessuofobi più spaventati.

Lo stesso articolo riporta anche i tentativi di appropiazione da parte di Forza Nuova, che ha formato un proprio gruppo di sentinelle, ed è presente con i suoi esponenti a tutte le manifestazioni di “veglia”. Benché vi sia all’interno del movimento cattolico una parte che cerca di respingere i neofascisti.

Come riporta questo articolo

[Vi sono state delle] critiche per impedito ai loro militanti di partecipare con libri come “Omofollia” (che definiscono «appositamente redatto con carattere divulgativo al fine di contribuire alla buona battaglia contro l’ideologia omosessualista») o la rivista “Ordine Futuro”, parlando di «una vera e propria censura, volta ad impedire la visibilità di Forza Nuova all’interno dell’iniziativa».

Possiamo così affermare che quello delle sentinelle è un brand, una marca commerciale, che sa sfruttare al meglio i mezzi di comunicazione; che fa riferimento alla religione cattolica e si trova nell’area di interesse della destra neofascista.
La presenza di alcuni musulmani durante le “veglie”, così come di sedicenti di sinistra, è spiegabile con la comunanza di intenti, intenti che andremo ora a considerare.

La parola sentinella è importante, perché “sentinella” appartiene al lessico militare e posiziona queste persone e le loro intenzioni all’interno di un campo semantico preciso, quello della guerra. Sentinella infatti significa “Soldato armato posto di guardia a luoghi, mezzi, persone”. Autonominatesi o nominate da chi le ha create, soldati e soldatesse, armati di silenzio, vegliano per una guerra, una guerra contro chi? a loro dire contro chi “cerca di distruggere l’uomo e la civiltà”, intendendo con queste parole un’idea precisa di uomo e di civiltà, concidenti con una morale cattolica e neofascista.

Dicono che sono lì “per tutelare la libertà di espressione”. Ma la libertà di espressione è già tutelata nel nostro ordinamento, si ferma solo davanti a fatti ritenuti comunemente pericolosi o ingiuriosi.
Sostengono di essere “a difesa della libertà di espressione messa in discussione dal ddl Scalfarotto”.

Scopriamo cosa dice la proposta di legge Scalfarotto

La proposta di legge Scalfarotto riguarda l’omofobia e la transfobia. Vado a leggere il testo base della proposta e ci trovo, in prima battuta, i concetti di orientamento sessuale e identità di genere, così come sono definiti anche dai manuali di psichiatria, nulla di nuovo.
All’articolo tre si parla di estendere le norme che tutelano le persone da qualsiasi atto discriminatorio, basato sulla nazionalità, l’etnia e la razza, ossia la Legge Reale Mancino del 13 ottobre 1975, n. 654, a qualsiasi atto basato sull’identità di genere e l’orientamento sessuale. Collegandosi, di fatto, a un concetto già presente nella nostra Costituzione all’articolo 3 che tratta dell’uguaglianza di tutti i cittadini.
A questo punto bisogna leggere la legge Reale Mancino, in vigore dal ’75, e le sue estensioni, per cercare di capire dove si minacci impunemente la libertà di espressione delle persone, perché se B estende A, allora bisogna guardare dove è guasta A. In realtà questa legge, come si legge all’articolo 3 della stessa, punisce

chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorita'
o sull'odio razziale

  e

chi incita in qualsiasi modo alla discriminazione, o incita a
commettere  o  commette  atti  di  violenza  o  di  provocazione alla
violenza,  nei confronti di persone perche' appartenenti ad un gruppo
nazionale, etnico o razziale.
  E'  vietata  ogni  organizzazione  o associazione avente tra i suoi
scopi  di  incitare  all'odio  o  alla  discriminazione razziale.

Quindi, a meno che non si consideri “libertà di espressione” discriminare le persone per il colore della loro pelle o la nazionalità o l’etnia, oppure costituire un’organizzazione che abbia tra i suoi scopi quello di incitare alla violenza contro persone di etnia o nazionalità o razza diversa dalla propria – ad esempio il Ku Klux Klan – e quindi, per estensione con la proposta di legge Scalfarotto, che inciti alla violenza contro una persona che abbia un’identità di genere o un orientamento sessuale diverso dal proprio; a meno che non si ritenga “libertà di espressione” diffondere idee fondate sulla superiorità e sull’odio di genere, non si capisce in quale modo si limiti la libertà di espressione delle persone (che nel nostro ordinamento non coincide affatto con la libertà di ingiuria) o si cerchi di “distruggere l’uomo e la civiltà” in senso universale.

Ovviamente di ogni cosa si può fare un uso strumentale, come l’uso strumentale che l’etnia maggioritaria può eventualmente fare di una legge contro la discriminazione etnica e razziale nei confronti di una minoranza. Per fare un esempio, l’uso che gli xenofobi fanno del concetto di discriminazione di fronte alle lecite richieste di uguaglianza sociale da parte delle minoranze etniche, e la conseguente accusa di “razzismo al contrario”, pratica e concetto completamente scollegato dalla realtà, come abbiamo imparato anche da questo scritto,  accusa mossa a chiunque faccia richiesta di giustizia sociale. Ogni cosa può essere strumentalizzata, sta alla giurisprudenza correggere le strumentalizzazioni di una legge e alla società civile contenere le spinte manipolatorie.

D’altra parte, quella stessa legge, ha avuto diverse estensioni e nella versione del 25 giugno del 1993 essa tutela anche dalle discriminazioni su base religiosa. Ossia all’articolo 3 la stessa dice

E'  vietata  ogni  organizzazione,  associazione,  movimento  o
gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o
alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

Non posso, dunque, incitare all’odio contro i cattolici o i musulmani o gli ebrei o qualsiasi credente di qualsiasi religione, perché questo significherebbe mettere in perico la vita delle persone per quelle che sono le loro legittime credenze. Si configurerebbe un reato grave.

Attenzione però, incitare all’odio non significa dire che una determinata organizzazione religiosa evade le tasse, se questo è dimostrabile. Se una tale dichiarazione non è dimostrabile si potrebbe configurare un reato di diffamazione. Appunto la legge tutelerebbe quella istituzione religiosa e le persone che ne fanno parte.

Un uso strumentale del concetto espresso da questa legge è il richiamo alla cattofobia ogni volta che si considera un insegnamento della catechesi niente affatto universale. Un esempio banale, possiamo dire che l’astinenza sessuale rappresenta un valore per la religione cattolica, ma non lo è affatto per tutte le persone. Quindi non si può riscontrare un attacco al cattolicesimo nell’educazione a una sessualità consapevole, la quale non esclude l’astinenza come libera scelta.

Non bisogna dimenticare che l’odio razziale e l’odio religioso, come quello di genere e di classe, sono dei veri e propri ostacoli all’accesso delle persone alle risorse economiche e sociali, come la scuola e il lavoro. Discriminare qualcuno non significa solo non accettare che un nero, un ebreo, un rom, una persona di ceto sociale basso o una donna svolgano un determinato mestiere, ma anche continuare a sostenere, attraverso le strutture socio culturali, la loro inferiorità intrinseca, cioè la loro inferiorità dovuta alla loro natura (i neri sono ritardati perché a loro manca un gene, le donne non ragionano correttamente a causa del ciclo). E questo vale anche per le persone che hanno un orientamento sessuale non corrispondente a quello eterosessuale, ossia le persone omosessuali e bisessuali (esistono anche le persone asessuali), così come chi ha un’identità di genere che non corrisponde a quella comunemente definita come cisgender (qui, qui), ossia una persona che non riconosce come proprio il ruolo di genere che gli o le è stato attribuito alla nascita, cioé le persone transessuali.

Consideriamo a questo punto gli altri due elementi che le Sentinelle in piedi dicono di difendere, quelli mutuati direttamente dai Vigilanti francesi, il matrimonio e  la famiglia naturale.
Mi è capitato di sentir dire in uno dei video che riprendono le dichiarazioni delle Sentinelle, che la famiglia naturale è quella che si rispecchia in Adamo ed Eva. Bisognerà ricordare, anche ai credenti cristiani, che l’Antico Testamento, e quindi il libro della Genesi, ha un contenuto mitico e allegorico, che Adamo ed Eva non sono mai esistiti, non hanno vissuto centinaia di anni e non hanno generato figli che, presumibilmente, si sono uniti tra di loro per generare l’umanità tutta.
Il mito di Adamo ed Eva racconta di una società patriarcale in cui le donne sono destinare all’accudimento dei figli e gli uomini al lavoro, una società in cui, forse, i concetti di violenza famigliare e incesto non esistevano e vigeva una diversa sensibilità, scritti che determinano e rispecchiano in questo modo una separazione netta dei ruoli di genere a partire dalla differenza sessuale (intesa come differenza morfologica degli organi sessuali che genererebbe anche differenze ontologiche).

Cioè, l’osservazione della riproduzione sessuata è all’origine di una struttura sociale arcaica che, a partire da un certo momento, si è diffusa in alcune zone del pianeta. Grazie all’etnografia sappiamo che non tutte le società considerano la differenza sessuale un elemento fondante per la divisione dei ruoli, sappiamo che l’accudimento dei figli può avvenire all’interno di un nucleo ristretto ed esclusivo, come all’interno di una comunità più vasta, che le persone di sesso femminile e quelle di sesso maschile o intersessuali possono svolgere le più varie attività per il sostentamento della propria comunità, da quelle manuali a quelle intellettuali e spirituali.

Senza dilungarci troppo, la famiglia naturale, così come è intesa dalle Sentinelle, non è altro che una tipologia di famiglia, tra le altre e che si affianca a esse.

Bisogna specificare, ed è molto importante, che il richiamo costituzionale alla “famiglia naturale”, art.29 della Costituzione italiana, non ha il suo fondamento in questa visione confessionale, anzi, tutt’altro. La famiglia naturale come la intende la Costituzione, è quella razionale, ossia quella che si da nella realtà, al di là di qualsiasi ideologia che cerchi di condizionare il vivere in comune delle persone. Infatti, il concetto di famiglia condiviso dalla collettività non corrisponde già a quello di presunta “famiglia naturale” come è intesa dalle Sentinelle, per di più fondata sul matrimonio che è una istituzione storicamente determinata, un artificialia. Esiste una tipologia, tra le altre, di famiglia che si riscontra frequentemente nella nostra società, ma che si rimodella costantemente a seconda degli eventi.
Se davvero una famiglia fosse esclusivamente fondata sull’unione di una donna e un uomo, ogni vedovo e ogni vedova si troverebbero nella condizione di doversi immediatamente risposare, pena il non essere più una famiglia, nemmeno alla presenza di numerosi figli, fratelli, cugini, nonni.

Non è unicamente una famiglia quella composta da persone unite dal contratto di matrimonio. Ad esempio io, Serbilla, vivo con persone mie consanguinee, ma non sono sposata con loro, e pure siamo una famiglia, nel nostro sentimento e per la legge.

Non esiste nemmeno la necessità di essere consanguinei per poter definire il proprio nucleo associativo con la parola famiglia, basta che delle persone abbiano un legame affettivo e si trovino a condividere un progetto di vita in comune.

Il Padrino: l'album di famiglia.
Il Padrino: l’album di famiglia.

La rigidità dell’idea di famiglia naturale fondata sul matrimonio eterosessuale, proposta dalle Sentinelle, si scontra costantemente con la realtà degli stessi suoi sostenitori, dato che ad accedere al divorzio non sono certamente solo gli atei o gli acattolici.
Nessuno vieta a queste persone di vivere secondo la loro idea di famiglia naturale, sarebbe una discriminazione.

L’approvazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso non comporta alcun pregiudizio per la pratica del matrimonio in sé, anzi, la rafforza e avvalora come legame significativo.
Nessuno, poi, vieterà alle persone eterosessuali di sposarsi, dato che si tratta di una estensione del diritto a persone precedentemente escluse per via di una discriminazione su base sessuale;  semplicemente potranno farlo anche le persone dello stesso sesso, quelle che decideranno di contrarre il contratto di matrimonio e di ufficializzare la loro unione di fronte alla collettività.

Una nota per quelli che temono di vedere matrimoni interspecie. Il matrimonio è un contratto che può essere stipulato esclusivamente sulla base della consensualità, infatti durante le dichiarazioni si chiede un “sì” nel pieno della propria volontà.
Per quanto una persona e un cane possano sentire di essere una famiglia, per il legame affettivo che li lega, non potranno mai contrarre matrimonio, perché il cane non può acconsentire con esplicitezza, di fronte alla legge, a contrarre matrimonio.

Il passo successivo è ovviamente l’omogenitorialità. Le Sentinelle affermano che un bambino debba essere cresciuto da una madre e un padre, continuando a fare affidamento a quell’idea di famiglia naturale che parte da Adamo ed Eva.
Nella realtà quotidiana ci troviamo continuamente davanti a famiglie composte nel più vario modo, in cui i bambini crescono sani e felici, grazie alla soddisfazione delle loro necessità affettive, educative e di sostentamento. Voi potreste garantire, mano sul fuoco, che esclusivamente i bambini che hanno un padre e una madre sono felici?
Volete vedere come sono le famiglie omoparentali? Nel sito delle famiglie arcobaleno  di storie ce ne sono diverse, un punto di riferimento è anche AGEDO.
Vi riporto il comunicato stampa diramato dall’ordine degli psicologi a seguito delle dichiarazioni della ministra Lorenzin sulla famiglia omogenitoriale:

“Non è certamente la doppia genitorialità a garantire uno sviluppo equilibrato e sereno dei bambini, ma la qualità delle relazioni affettive.” Da tempo infatti ‐ spiega Giardina ‐ la letteratura scientifica e le ricerche in quest’ambito sono concordi nell’affermare che
il sano ed armonioso sviluppo dei bambini e delle bambine, all’interno delle famiglie omogenitoriali, non risulta in alcun modo pregiudicato o compromesso.
La valutazione delle capacità genitoriali stesse sono determinate senza pregiudizi rispetto all’orientamento sessuale ed affettivo.
Ritengo pertanto ‐ conclude il presidente ‐ che bisogna garantire la tutela dei diritti delle famiglie omogenitoriali al pari di quelle etero ‐ composte senza discriminazioni
e condizionamenti ideologici”.

Bastano cinque pubblicità in cui due donne o due uomini fanno colazione coni propri figli in una bella casa con giardino e la società comincia a cambiare idea. Perché le narrazioni sono importanti, infatti anche la campagna mediatica delle Sentinelle si regge su alcune narrazioni, che poi non corrispondono alla realtà dei loro intenti.

Vedete, la realtà è che “Negli ultimi quindici anni sono stati documentati comportamenti omosessuali che vanno dai giochi sessuali a comportamenti genitoriali in coppie omosessuali in circa 1.500 specie“, è quindi molto molto difficile continuare a considerare “innaturale” la famiglia omogenitoriale e la stessa omosessualità. A dire la verità, anche il cambio di sesso è diffuso nella natura naturale.

Veniamo quindi allo svelamento dei presupposti, cioé all’acqua calda – ma questa è una guida alle Sentinelle for dummies.

La cancellazione della legge Reale Mancino di cui ho scritto poco più sopra, quella che identifica e punisce i crimini di odio, e la cancellazione della legge Scelba, che vieta la ricostituzione di un partito fascista, fanno parte del programma politico di Forza Nuova.
E’ ovvio quindi che essi cerchino di sfruttare a loro vantaggio il brand Sentinelle in piedi.

Questa non è una guida al fascismo for dummies e do per scontato che sappiate perché è così importante essere antifascisti.

 A dispetto delle dichiarazioni di intenti di alcuni rappresentanti del brand (amore, libertà, rispetto e giustizia), le reali finalità di queste persone sono la discriminazione e l’oppressione di una parte dell’umanità. La loro si configura come una resistenza alla tutela della libertà affettiva degli esseri umani. La libertà di parola che essi vogliono difendere coincide con la libertà di igiuria e di istigazione all’odio, entrambe sanzionate dalle leggi e contrarie alla Costituzione. Le loro manifestazioni, benché si svolgano in modo silenzioso e composto, sono atti intimidatori verso la società civile e i legislatori che intendono adeguare alla realtà della collettività l’ordinamento giuridico.

Tolta la maschera della Sentinella, un partecipante dà gratuita dimostrazione del proprio concetto di libertà di parola. Immagine tratta da Google.
Tolta la maschera della Sentinella, un partecipante dà gratuita dimostrazione del proprio concetto di libertà di parola.
Immagine tratta da Google.

A questo punto bisogna domandarsi perché noi, domenica mattina, siamo stat@ respint@ dalla polizia, e loro che affermano concetti contrari alla Costituzione e alle leggi italiane, e rappresentano un pericolo per la società, erano protett@.
Perché noi dobbiamo subire minacce fisiche, come è evidente da alcuni video in cui uno dei rappresentanti delle Sentinelle a Napoli, ci minaccia con una spranga, e loro vengono scortati.

La libertà che vogliono queste persone è quella di poter continuare a dire “ricchione” o “invertito”, come fa una delle Sentinelle a Napoli, nello stesso video, impunemente, più o meno come si può definire troia una ministra.

Leoni Gay. Quando il re della foresta se la fa con un altro re della stessa foresta.
Leoni Gay. Quando il re della foresta se la fa con un altro re della stessa foresta o della foresta vicina. Scopri di più qui.

Mentre ero in strada mi è tornato in mente un epitaffio di Kipling che lessi al liceo, riguardava la Grande Guerra, diceva così:

Faithless the watch that I kept: now I have none to keep.
I was slain because I slept: now I am slain I sleep.
Let no man reproach me again; whatever watch is unkept—
I sleep because I am slain. They slew me because I slept.*

In questo scritto, intitolato Sleepy Sentinel, la sentinella parla di sé stessa e racconta di essere stata uccisa perché dormiva durante la guardia, adesso che è morta dorme e nessuno può più rimproverarla per una guardia non fatta. Alcuni suppongono che sia morta ammazzata dal fuoco nemico, i tedeschi, perché sonnecchiava in trincea, in realtà la sentinella è stata ammazzata dal proprio esercito, per aver disobbedito agli ordini ed essersi addormentata in servizio, punizione prevista dallo Stato maggiore inglese.

La poesia di Kipling è molto ironica e l’associazione con la sua figura non è casuale, anche se le Sentinelle non hanno certamente il carisma della poesia. La fede di Kipling nel colonialismo, l’idea che l’Inghilterra avesse il diritto di impossessarsi del mondo in ragione della propria superiorità razziale, la presunzione del ruolo educativo e morale del colonizzatore, si ritrovano perfettamente nella violenza delle Sentinelle e di chi le supporta.

Se qualcuno ha ancora dei dubbi può esprimerli nei commenti.

P.S.
Solidarietà a MadonnaLiberaProfessionista, io sto con te.

Deconstructing MicroMega #0

rembrandt-self-1-copertina1630-890x395Questa che segue è la presentazione del numero 5 2014 di MicroMega, dedicato a Il corpo della donna tra libertà e sfruttamento. E’ passato un po’ di tempo, è vero, ma dovevamo pur leggerlo: e noi non siamo grandi intellettuali o lettori raffinati come in media ha MicroMega, quindi c’abbiamo messo parecchio a leggere e a renderci conto di cosa avevamo letto. Nei prossimi giorni faremo seguire degli appunti su ciascun articolo, ma è il caso di fermarsi anche su questa presentazione, tanto per dire qualcosa su quello che c’è in questo numero. E, soprattutto, su quello che non c’è.

Da giovedì 24 luglio in edicola e su iPad il nuovo numero di MicroMega, un monografico dedicato al “corpo della donna tra libertà e sfruttamento”. Ad aprire due dialoghi: nel primo uno dei più famosi attori porno italiani, Rocco Siffredi, e la regista Roberta Torre discutono della possibilità di un porno “al femminile” [ma avvertiamo solo noi, oltre l’impreparazione culturale dei due interlocutori, un loro vago “conflitto d’interessi”?]; nel secondo, la pornostar Valentina Nappi e la giornalista Maria Latella affrontano temi come la prostituzione, la mercificazione del corpo femminile, il rapporto tra giovani e sesso [anche in questo caso ci sfugge la correlazione tra interlocutori e argomenti: non era disponibile qualcuno delle associazioni che si occupano di prostituzione, di tratta? Qualche sociologo o studioso di questioni di genere? Un formatore, un educatore esperto di questioni sessuali? No perché, con lo stesso criterio, appena MicroMega si decide per un numero sulla fisica quantistica, noi ci candidiamo].

Un’intera sezione è dedicata alla pornografia [oh quale audacia: i signori perdono il monocolo, le signore svengono. Presto, i sali!]. La rappresentazione esplicita dell’atto sessuale continua a essere un tabù. Su queste ambiguità – e su queste ipocrisie – [quali? Ne è stata nominata a stento una] ha giocato Lars von Trier con il suo Nymphomaniac, che rappresenta l’ultimo tassello di un rapporto complicato e ambivalente del cinema con la rappresentazione del sesso, come riportato da Fabrizio Tassi. Un rapporto ambivalente perché spesso fondato su una netta separazione tra il sesso in film ‘normali’, se non addirittura d’autore, che si possono permettere solo di alludere e ammiccare [se non ricordo male – due esempi vecchi eh, tanto per dire – nè Pasolini nè Oshima ammiccavano affatto: sono registi di porno commerciale? Forse il problema è un altro, non quello che si vede e quello che no], e i film porno veri e propri, un genere a sé, la cui storia – raccontata da Pietro Adamo – è andata di pari passo con i cambiamenti tecnologici, dalle riviste a internet, passando per cinema e videocassette. Un fenomeno molto controverso, su cui intellettuali, filosofi e, soprattutto, femministe [toh, finalmente, eccole], si sono sempre divisi: il porno è uno strumento di oppressione delle donne, o un elemento di contestazione della moralità conservatrice e quindi di potenziale liberazione per le donne stesse? [Solo due ipotesi possibili? Tutto qui, MicroMega? Mentre del porno “al femminile” abbiamo fatto parlare Siffredi. Complimenti] Matthieu Lahure ricostruisce i termini della controversia.

In un iceberg su “corpo e tabù” Gloria Origgi ci ricorda che la nostra intera vita si può leggere sul proprio corpo. Un corpo che, per le donne soprattutto, ha spesso rappresentato una condanna ai ruoli stereotipati di madre o prostituta [meno male che ce lo ricorda lei, oggi non se ne parla più, vero?]. Ma persino quello che sembra l’istinto più naturale per una donna – quello materno – naturale non è affatto, come sostiene nel suo contributo Élisabeth Badinter [si sono sbagliati, il pezzo di Badinter sembra l’unico appropriato di tutto il numero. Gli è sfuggito, è evidente]. Mentre Giulia Sissa traccia la parabola dei movimenti femminili, che oggi rivendicano con orgoglio il corpo erotico come strumento di lotta [ma quindi tutti i movimenti, o solo questi ultimi?]. Eppure i tabù sono duri a morire [aridàje: quali tabù?], come dimostrano le straordinariamente variegate politiche di gestione della prostituzione descritte da Giulia Garofalo Geymonat [che lavora in Svezia: vogliamo parlare del tabù degli studi di genere in Italia? Dite che c’entra qualcosa? Ma no] e l’ostilità verso la figura dell’assistente sessuale per i disabili, tratteggiata da Alessandro Capriccioli [un giornalista, non un operatore del settore. Ma il tabù è chiamare le persone competenti?]. A chiudere la sezione un inedito dell’illustre oncologo Umberto Veronesi dal titolo “Il corpo delle donne dalla mortificazione all’emancipazione” [tema caro a ogni illustre oncologo, come certamente sapete; però, considerando che Siffredi lo sinvita a convegni medici e dice la sua sul cancro alla prostata, tutto quadra perfettamente].

Ma è compatibile la religione con l’emancipazione delle donne? [«Estiqaatsi», direbbe un grande capo indiano, ma qui siamo su MicroMega, quindi ci occupiamo di tutto il risibile con grande qualità] Carlo Augusto Viano delinea la storia del posto che le donne hanno occupato nella religione cristiana, dalle origini fino a papa Bergoglio: una presenza costante, ma sempre un gradino sotto all’uomo e non pare proprio che su questo fronte Francesco stia portando novità rilevanti [eh, meno male che ce lo dice MicroMega]. Il sacrificio del figlio e il ripudio della donna sono, secondo il giudizio di Rachid Boutayeb, due elementi essenziali di tutte le religioni monoteistiche, e dell’islam in particolare [altra novità sconcertante. Io me n’ero accorto perché le religioni monoteistiche con a capo una divinità femminile sono pochine, ma che volete che ne sappia io, mica scrivo su MicroMega].

Infine un saggio di Siri Hustvedt analizza l’idea di femminilità che pervade le tele di Picasso, Beckmann e de Kooning [prima di invocare ancora Estiqaatsi, una domanda: artiste di cui parlare non ce n’erano, vero?].

Quello che manca è una lunga lista di argomenti dal nostro punto di vista importantissimi quando si tratta del corpo delle donne. Dagli ambiti che concernono l’autodeterminazione come il diritto di scegliere la maternità o di rifiutarla, oppure al diritto alla vita che viene messo in pericolo dalla violenza domestica maschile e da quello che è a volte (troppe) l’esito di questa violenza, il femminicidio. Oppure ancora si potrebbe parlare di quello che attualmente è il dibattito sull’importanza di un’educazione a sentire il corpo, fin da piccoli, con il tocco materno, su quanto questo condizioni il nostro essere propensi alla dominanza o alla partnership. Per non parlare delle discriminazioni che il corpo delle donne subisce in quanto appartenente alle donne, fin dalle scuole materne con giochi, libri e atteggiamenti dei “grandi” tesi a far sedimentare stereotipi di genere fin dalla tenera età. Fino al terribile tema che vede il corpo di 60 milioni di bambine nel mondo essere oggetto di pedofilia da parte di “mariti” promessi che fanno buoni affari, a scapito spesso della vita di queste piccole, anche dopo la prima notte di nozze. E sono i primi esempi che ci vengono in mente.

Si potrebbe obiettare che queste discriminazioni, queste limitazioni, queste violenze e queste uccisioni coinvolgono anche il corpo maschile. A parte che non tutte queste ingiustizie sociali sono vissute dai corpi dei maschi, infinite storie e finanche infinite (ahinoi sempre poche) statistiche ci parlano di quello che invece viene agito dai corpi maschili nella stragrande maggioranza dei casi, e che solo per una minoranza di uomini possono definirsi delle circostanze in cui quelle vengono subite.

Si potrebbe anche obiettare che questi argomenti sono assenti, seppure importanti, ma che molti altri vengono invece sviscerati dalle molte testimonianze presenti nel testo. Però a questo proposito invece c’è una povertà da registrare già in partenza e dichiarata apertamente nel sommario: «un’intera sezione è dedicata alla pornografia». Contando anche le pagine iniziali in cui si interroga Siffredi e Nappi su sesso, pornografia e quant’altro, le pagine dedicate al porno – e dedicate in quel modo, di cui parleremo – sono 84 su 200. Troviamo che questo sia di un’aridità sconcertante. Anche perchè sono seguite a ruota da [numero] pagine sul sesso e [numero] pagine sulla prostituzione. Poi segue la religione, un articolo affidato a Umberto Veronesi di argomento indefinibile, e l’arte.

Non ho citato l’articolo di Giulia Sissa: è l’unico articolo che si interroga sui movimenti (udite udite!) “femminili” sul corpo della donna, ma anche qua, come vedremo, solo riguardo alle “pruderie” delle donne e non sulle conquiste importantissime che il movimento femminista in Italia e nel mondo ha compiuto.

Insomma: MicroMega fa un numero su Il corpo delle donne tra libertà e sfruttamento e le femministe, i diversi femminismi, non ci sono. Non ci sono negli argomenti, non ci sono tra i nomi degli autori. Femministe? Mai esistite. Ah, no, veramente no, saremmo ingiusti. Se ne parla sì, a proposito delle diverse prese di posizione sul porno. Complimenti a MicroMega per la considerazione e il respiro culturale dato a questo suo numero.
Stay tuned – ne parleremo ancora.

Sara Pollice & Lorenzo Gasparrini

Depressione e suicidio tra anarchic@ e attivist@

hugsSM

Originale qui, traduzione di feminoska

“Prima di autodiagnosticarti depressione o bassa autostima, accertati di non essere, in realtà, semplicemente circondat@ da stronz@.” – William Gibson.

Il problema del suicidio: Non sei sol@

Sopravvissuto ad un problematico tentativo di suicidio, ho cominciato a riflettere su questo argomento un po’ più di quanto si faccia di solito. Nel corso degli anni ho visto amic@, familiari e persone amate togliersi la vita. Ogni volta che sento parlare dell’ennesimo suicidio mi viene in mente non solo il mio tentativo, ma anche quelli di coloro che ho conosciuto. Ad essere onesti… la mia reazione è probabilmente indicativa di una forma di disturbo da stress post-traumatico. Eppure, a più di un decennio dal mio episodio depressivo maggiore, sento di dover affrontare la questione della depressione e del suicidio.

Va subito evidenziato come il suicidio sia, attualmente, una delle principali cause di morte negli Stati Uniti. Tra i giovani adulti si classifica come la seconda o la terza causa di morte (a seconda della fascia di età esaminata). E’ anche una delle cause principali di morte in altre fasce di popolazione, in tutto il mondo. I fattori economici appaiono chiaramente connessi con il suicidio in molte nazioni. Alcune professioni hanno un più alto tasso di suicidi rispetto ad altre. E, per i soldati americani, il suicidio ha dimostrato di essere più letale dei combattimenti. Il suicidio potrebbe essere accuratamente descritto come emergenza di salute pubblica o epidemia.

Anche se tutta una serie di fattori contribuiscono ai singoli casi e al tasso generale di suicidi, sono convinto che progressist@, anarchic@ e attivist@ per la giustizia sociale abbiano l’aggravante di peculiari fattori psicologici. Anche se probabilmente hanno le stesse probabilità  di chiunque altr@ di soffrire di problemi quali isolamento sociale o tossicodipendenza, essendo maggiormente consapevoli delle miriadi di crisi che l’umanità attualmente si trova ad affrontare, hanno ulteriori ragioni per sentirsi sopraffatt@.  In aggiunta a tutti i propri problemi personali, sono anche consapevoli del fatto che il mondo stia davvero andando rapidamente a rotoli. E anche se mi pare una descrizione abbastanza puntuale dello stato delle cose, non ritengo il suicidio una risposta adeguata a questo dato di fatto.

La vita sotto assedio

Penso che, in particolare le/gli attivist@ più giovani così come i giovani in generale, non credano più all’idea che le cose possano improvvisamente e radicalmente cambiare. Dal momento che non hanno vissuto granché della vita, potrebbe non essere loro così evidente che le situazioni possono mutare – e che anzi, succede spesso. Il mondo non è statico e, per quanto terribili le cose possano apparire a livello generale – o personale – sono destinate a cambiare, anche se a volte si tratta, semplicemente, di assumere una diversa prospettiva sulle cose. Siamo tutt@ destinat@ a nuove esperienze, nuove intuizioni e nuovi modi di guardare alle cose. E, nell’ora più buia, bisognerebbe ricordarsi che l’ora successiva potrebbe casualmente essere quella più brillante. La vita senza dubbio può essere – e spesso è – una lotta. Tuttavia, in quanto attivista, in quanto persona che ha una coscienza ed è consapevole, conviene a tutt@ se continui a lottare.

In un apparente paradosso, la vita nei paesi sotto assedio effettivamente vede crollare i tassi di suicidio (la Gran Bretagna durante la seconda guerra mondiale ne è un esempio).  Se può essere d’aiuto, bisognerebbe considerare la totalità del mondo di oggi sotto assedio per qualche motivo. Non voglio entrare nei dettagli dei numerosi problemi che l’umanità affronta a livello globale – basti dire che esistono gravissimi problemi a questo mondo, e ognun@ di noi ha la propria opinione su ciò che va cambiato e di come questo possa accadere. La vita, la verità e la bellezza sono costantemente sotto attacco, e queste sono cose per le quali vale la pena combattere – e vivere.

Un@ attivista che si suicida è l’equivalente di  un’altra tacca sul fucile di un fascista. E’ la macchina da guerra che schiaccia sotto ai suoi cingoli un altr@ combattente per la libertà. Questi, spero, sono per molt@ motivi sufficienti ad evitare una morte autoinflitta.

Non lasciare che i bastardi ti annientino

Le/gli attivist@ sono persone spesso soggette  a scherno e derisione. L’esprimere preoccupazione per lo stato delle cose nel mondo, spesso viene apertamente ridicolizzato. Lo scherno e il disprezzo possono provenire da ogni dove – amic@, estrane@, familiari o media. E questo scherno può essere, senza dubbio, deprimente. Ma mentre singoli  individui dovrebbero probabilmente essere ritenuti responsabili della propria insensibilità ignorante, vorrei sottolineare che questo fenomeno dell’ “ignoranza insensibile” è solo un aspetto minimo della guerra psicologica totale sferrata dal sistema – che ha luogo ogni giorno, su tutti i fronti.

La strategia di fondo del sistema è quella di ridurre l’empatia nella popolazione in generale, in modo da produrre più lavoratori e consumatori ignari (e ignavi, ndT.). E’ una strategia sottile, ma è ciò che permette alla società attuale di continuare a percorrere il sentiero di  insostenibilità su cui si trova. Questo è ciò che permette a psicopatici in buona fede di raggiungere le posizioni più importanti tra le più alte cariche del paese –  governative o aziendali. L’atteggiamento indolente di questo post-modernismo contorto si fa beffe delle preoccupazioni sincere riguardo al mondo e anzi rinforza la solita solfa.

E’ preoccupante che, sia pure per via del moltiplicarsi delle cause, vari test psicologici abbiano mostrato che i livelli di empatia negli Stati Uniti sono diminuiti drasticamente. Le/i giovani di oggi, in generale, sono in realtà meno empatic@ di quanto lo fossero una generazione fa. Si possono solo immaginare le difficoltà sociali e psicologiche che un@ giovane  e brillante attivista deve affrontare oggi, quando si trova ad affrontare un numero crescente di coetane@ sociopatic@! Ma quest@ giovani a posto devono essere consapevoli che il problema non è loro. Il problema non è nemmeno dei loro coetanei dal cuore di pietra – il problema è nel sistema che crea e premia sociopatic@. Questo è ciò che deve essere chiaro, e questo è il motivo per cui le persone di buon cuore non devono arrendersi. Persino l’esistenza stessa di persone profonde e intelligenti è un colpo dato al sistema – ed è per questo che dovrebbero persistere nello sforzo di minare questo sistema.

Per le/gli attivist@, però, il problema della persecuzione a livello psicologico va oltre le semplici interazioni quotidiane con coetanei indolenti o freddi. E’ risaputo che persino Martin Luther King ha ricevuto una lettera che lo invitava a suicidarsi. E anche se non so, nello specifico, quanto sia comune questo particolare tipo di tattica… per esperienza personale vi posso dire che queste cose accadono ancora. Quando ero un giovane e schietto attivista (con una coda vistosa) qualcun@ mi ha lasciato dei volantini sull’uscio di casa che caldeggiavano il mio suicidio “per il bene dell’ambiente.” E mentre non posso affermare con certezza se questo abbia avuto un ruolo diretto nel mio tentativo di suicidio… è possibile che io possa non essermi avveduto di altri simili attacchi psicologici diretti contro di me.

Ciò riguarda anche le infiltrazioni governative e la sorveglianza. E’ chiaro che l’infiltrazione nei contesti di attivismo continua ancora oggi (forse più spesso che mai). Ma quale sottile effetto psicologico hanno le infiltrazioni sulle persone? Immagina di cominciare a percepire un certo livello di insincerità tra le/i compagn@. Se si inizia a tollerare tale mancanza di sincerità, o a ignorarla, si può cominciare a considerarla qualcosa di relativo. O, al contrario, è possibile cominciare ad evitare situazioni sociali comuni in cui si dovranno affrontare  persone considerate non sincere. Nell’uno e nell’altro caso, tutto questo potrebbe avere facilmente un effetto negativo su di te. E considera che non sei la/il sol@ a subire tutto questo,  ma anche altre persone sincere subiranno la stessa situazione e magari reagiranno modificando la propria modalità, normalmente bonaria, di comportarsi in mezzo alla gente.

Negli anni ’60 alcune organizzazioni rivoluzionarie hanno visto le loro riunioni popolate per lo più da agenti sotto copertura. Ora, 50 anni dopo, non vedo motivo di dubitare che spesso sia ancora così. In realtà, il problema potrebbe essere ancora più grave. Le infiltrazioni e la sorveglianza funzionano come un attacco psicologico sulle/gli attivist@ progressisti. E’ una forma di guerra psicologica. Sono operazioni psicologiche. Ho preceduto questo articolo con una citazione da Willam Gibson, lo scrittore di fantascienza distopico, e credo che la sua citazione abbia particolare rilevanza per anarchic@ e altr@ sostenitor@ della giustizia sociale. Se si rientra in queste categorie, e se ci si sente depressi o si hanno pensieri suicidi, si deve considerare che potrebbe essere esattamente ciò che è stato pianificato… E perciò, dunque, bisognerebbe riconsiderare la propria posizione.

Se questo genere di cose ti fa sentire paranoic@, bè, meglio, se ti tiene in vita. Inoltre, essere paranoic@ in un mondo come questo può essere spesso l’atteggiamento più sano. Ma è davvero paranoia se ti vogliono mort@? E pensi davvero che il governo e gli interessi delle multinazionali non abbiano mai voluto la morte dei rivoluzionari o che non si siano impegnati a tale scopo?

Vivere e scegliere come vivere è un tuo diritto

Se la tua vita è in malora  e non sembra più degna di essere vissuta… ripensaci. Si può davvero essere parte di qualcosa di più grande e migliore. Puoi cambiare la tua vita personale (abitudini, dieta, “amic@”) e ci si può impegnare per essere più sani e vivere in  un mondo più sano in generale. Anche semplici cambiamenti nella tua vita possono modificare il tuo punto di vista e ti daranno ragioni per vivere. La tua depressione potrebbe persistere … ma non lasciare che domini e controlli la tua vita. Non è mia intenzione che questo scritto suoni come un banale cliché di auto-aiuto, ma se è ciò che serve per mantenere in vita un paio di attivist@ … Non mi importa se suona così. Esistono ovvietà che rimangono vere anche se sono ripetute un milione di volte. Non voglio che nessun altra persona sincera e di buon cuore si tolga la vita. E, alla velocità a cui le stiamo perdendo, e alla velocità  in cui si trovano in inferiorità numerica, il mondo non può permettersi di perderne altre. Se stai pensando di suicidio… usa la tua intelligenza per pensare ad altro. La tua vita, la tua mente e le tue azioni sono TUE – puoi fare la differenza in questo mondo rimanendo in vita. E anche se non le hai mai incontrate… ci sono persone a questo mondo che vogliono che tu sia felice, e vogliono che tu viva.