Senza il lavoro il paese muore. Stacchiamo la spina!

class society

Senza lavoro il Paese muore e questo Paese non può morire…Tutte le risorse disponibili, a partire da quelle derivanti dalla lotta all’evasione fiscale, siano dedicate alla redistribuzione del reddito da un lato ed alla creazione di lavoro dall’altro. (cit. Susanna Camusso) 

 

E il lavoro di quelli che vi montano i palchi del “concertone”, del tutto impolitico ed organizzato da chi non fa altro che concertare, palchi sotto i quali ogni tanto qualche povero stronzo schiatta nell’indifferenza generale?

E il lavoro precario, fatto di contratti inesistenti, progetti a scadenza, co.co.qualcosa, stage e promesse che impediscono di pianificare la propria vita senza dover sottostare al volere del datore di sfruttamento?

E il lavoro culturale, concepito come una specie di volontariato in incognito dove vengono richieste prestazioni lavorative gratis – aspetto che si allarga ormai al lavoro tutto?

E il lavoro migrante, fatto di paghe ridicole, lavoro nero che non garantiscono un permesso di soggiorno ed una quantità esagerata di ricatti da accettare per non finire dentro un C.I.E., e poi dentro un carcere, e poi di nuovo in un C.I.E. e così all’infinito, finché non si viene rimpatriati?

E il lavoro di cura, mai pagato dentro le mura di casa, e poco pagato fuori le mura; e mentre il lavoro si femminilizza per ironia della sorte (ma non per contraddizione) sono proprio le donne ad essere licenziate per prime? l’assurda pretesa di conciliare casa/lavoro e la violenza domestica del fidanzato con le palpatine al culo ricevute dal capo?

E il lavoro sessuale, svolto in condizioni pessime, senza alcun tipo di tutela per chi lo svolge, né vie d’uscita per le vittime di tratta?

E quelle categorie per le quali il lavoro non esiste a prescindere, come le persone transessuali, manifestazione dell’ipocrisia di chi di notte ti cerca ed il mattino successivo al colloquio ti nega il posto, oppure quelle disabili?

E le pensioni che non ci saranno e che ci costringeranno a spaccarci la schiena finché non finiremo al camposanto, e tutta quella gente che non ha nemmeno più idea di cosa sia un reddito? e la lotta all’evasione fiscale, di cui si parla tanto, che lascerà  stare i grandi evasori, cioé imprenditori e politici?

E la sicurezza sul lavoro, che è alla stregua di un miraggio irraggiungibile nel bel mezzo del deserto, priorità accantonabile in nome del non c’è tempo, non ci sono soldi, e chissà quante altre stronzate?

E la media di tre morti e duemila incidenti sul lavoro al giorno, cadaveri invisibili dei quali in vita si parla solo in termini di capitale umano e simili amenità? e tutto il lavoro che non ho elencato?

Chi se ne frega di risollevare i bilanci, le austerity colpiscono sempre i soliti, quindi noi, e coi prodotti interni lordi si misura la quantità di denaro che fluttua dalla tasca di un riccone ad un altro, non certo la qualità della vita di chi vive in questo paese. C’è assoluto bisogno di un primo maggio e non solo, costruito ad autogestito dal basso; di  sciopero non-stop,  lotta irreversibile, rifiuto del lavoro e del non-lavoro: il capitalismo è un morto che si  tiene in vita con la respirazione artificiale del respiro che ci sottrae,  soffocandoci. E se lo lasciassimo morire?