Deconstructing la censura

voltaire La polemica su Fabri Fibra escluso dal concerto del I° Maggio la conoscete già senz’altro. Prima di commentare questo articolo che riassume un punto di vista molto condiviso, sarà necessaria qualche premessa.

Uno. La censura, dice il vocabolario (significato 2) e qualche libro di storia, è esercitata dall’autorità pubblica, ed è atta a impedire o la diffusione di un particolare prodotto dell’espressione (un libro, un film, etc.) o tutto ciò che è riferibile a una persona, oggetto di censura. Basta questo a far capire che Fabri Fibra non è stato oggetto di censura, e che quella degli organizzatori del concertone non è una forma di censura: la festa è la loro e decidono chi invitare, punto. Non è che se non t’invito al mio compleanno ti sto censurando – mi stai antipatico per quello che fai e/o per quello che dici, è la mia opinione, è la mia festa, tu non ci vieni. Ciao. Fabri Fibra – forse i difensori del libero pensiero a tutti i costi non se ne sono accorti – non ha annullato nessuna sua data, né sono stati ritirati i suoi dischi dal commercio. E’ libero di esprimersi come e più di prima, beandosi anche di tanta pubblicità gratuita. Non è stato affatto censurato.

Due. Per l’ennesima volta: Voltaire non ha mai detto «disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo», né «non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu possa dirlo». Sono due bufale – nonché due scemenze. Infatti fascisti e razzisti in genere non vanno difesi, perché difendere la libertà delle loro opinioni significa – la storia lo insegna – sancire la fine delle proprie, dato che, come s’è visto innumerevoli volte, l’opinione dei fascisti e dei razzisti in genere è: “vale solo la mia opinione”. Non a caso Voltaire, che di opinioni, pensieri e storia ne sapeva, due stronzate del genere s’è ben guardato dal dirle.

Tre. Il SEO (Search Engine Optimization) è un’attività richiesta a tutti I blogger del mondo da parte dei loro editori, e consiste nel rendere i propri testi accattivanti per i vari automatismi che rendono la pagina web molto cliccata e molto citata in più link possibile, nel web. Uno dei metodi più noti e facili di SEO è fare titoli e testi pieni di parole “calde”: che ne so, per esempio, Fabri Fibra, donne, pericolo.

Quattro. Il linguaggio sessista non è un’opinione: esiste, c’è una definizione, è un problema noto da decenni. Se uno lo adopera è perché lo vuole adoperare, oppure perché non gli interessa non adoperarlo. Quindi non è che “qualcuno pensa” che il linguaggio di Fabri Fibra sia sessista – lo è, non c’è dubbio su questo. Quindi che a qualcuno non piaccia è molto meno soprendente del fatto che a qualcuno non piaccia che quel linguaggio non piaccia. Se è un artista, come dicono in tanti, allora potrebbe usare tanti altri linguaggi espressivi; invece usa quello. E’ certamente libero di usarlo nei suoi dischi e nei suoi concerti, nessuno lo ha censurato – come io sono libero di rifiutarlo non ascoltandolo più di una volta, e come chi organizza un concerto è libero di non volerlo invitare.

Cominciamo.

Fabri Fibra è censurato. Ma sono “queste” donne il vero pericolo [ecco, appunto. Un bel titolo acchiappa click e di grande profondità – vabbè, lo ammetto, sono prevenuto. Magari è stato il titolista a esagerare.]

Se il femminismo italiano avesse ancora qualcosa di libertario [Però! Cominciamo bene: il femminismo italiano, a detta dell’autrice, non ha nulla di libertario. Libertario, dice sempre il sig.Treccani è sinonimo di anarchico; e certamente non tutto il femminismo italiano lo è stato, né lo è ancora. E’, come tutti i femminismi in tutti i paesi, pieno di sfaccettature, differenze, varianti, e non tutte queste diverse espressioni del femminismo prevedono libertà totale sempre e ovunque (posto che politicamente tutta ‘sta libertà abbia un senso)]; se vivesse nelle strade, dove le donne si scontrano con i problemi reali [quindi, dice sempre l’autrice, il femminismo italiano non vive nelle strade, con buona pace di tutta la miriade di realtà femministe che, per esempio, conosco io – ma io non faccio testo, si sa, io c’ho un problema], e non nei salotti avvezzi alle elucubrazioni ideologiche di una falange armata di corporativismo [salotti che esistono senz’altro, ma che certo non sono il femminismo italiano, che come tale non esiste, essendo composto, come detto da parecchie correnti anche di vedute inconciliabili tra loro]; se ancora ci fosse l’anelito della lotta [no no, che anelito: le femministe che conosco io per strada ci vanno e la lotta la fanno sul serio, giuro, ci sono pure io qualche volta, pensa un po’] e non la ricerca della rendita [no guarda, se del femminismo si campasse avremmo svoltato. T’assicuro che i salotti che dici tu i soldi li prendono altrove, non dal femminismo], allora sì che si leverebbero le proteste vere [guarda che ci sono le proteste vere , informati], in istrada e sui giornali, con un unico obiettivo: difendere il sacrosanto diritto di espressione di un cantautore [come detto sopra, quel diritto non l’ha toccato nessuno, tantomeno le femministe. Le femministe hanno, come tutti, il diritto di sollecitare chi organizza manifestazioni a non invitare chi non gli sta bene, il quale può continuare a esprimersi come gli pare – e infatti lo fa. Qui non è stato calpestato alcun diritto d’espressione, basterebbe informarsi per capirlo. Ma informarsi, mi sa, non fa SEO].

Fabri Fibra è oggetto di una clamorosa censura [NO, NON E’ VERO, e sopra ho scritto il perché] ad opera di quanti, dagli organizzatori in giù, si sono lasciati condizionare [non si sono lasciati condizionare, non sono deficienti – hanno tenuto conto delle proprie priorità, che a casa loro decidono loro, pure se non ti stanno bene] dalle proteste di una associazione intitolata “Donne in rete contro la violenza”. I testi del rapper marchigiano sarebbero troppo violenti, di questi tempi si potrebbe dire “un incitamento all’odio femminicida”. Del resto i reati di opinione, forieri di censura, [nessuno ha contestato un reato a Fabri Fibra, altrimenti altro che primo maggio. E, ripeto, non c’è stata alcuna censura. Ma sì, alziamo la voce, dàje!] si fregiano degli orpelli più tecnicamente efferati. Ormai, se uccidi una donna, il reato è “femminicidio” [non è ormai, è un bel po’ eh], come fosse qualcosa di distinto [lo è; la legge ne prevede un sacco di assassinii distinti da espressioni diverse, servono a comminare una giusta pena e a inquadrare meglio le eventuali aggravanti o attenuanti], e forse di più grave, rispetto all’”omicidio” di un uomo [questa è l’opinione tua e di un sacco di maschilisti negazionisti che, nell’ipocrisia di un linguaggio paritario mal compreso e mal usato, prendono le distinzioni necessarie come ghettizzazioni. Immagino che tu preferisca leggere di centinaia di raptus all’anno; complimenti]. Nella distinzione lessicale si ravvisa una china culturale ormai allarmante [su questo sono d’accordissimo, per questo mi batto per usare le parole utili e per usarle quando serve: per esempio, con questa faccenda la parola “censura” non c’entra un bel niente].

Così, se D.i.re inscena la protesta (le avete viste, vero, a centinaia in istrada…) [ah ah ah, che spiritosona – qui c’è un’utile lettura sull’umorismo di D.i.re], la Cgil si inchina alla volontà femminea [ma quando mai? E ancora complimenti per il linguaggio, eh] e vieta ad un cantante già invitato di esibirsi in un concerto pubblico [il concerto non è pubblico, non lo organizza lo Stato, non confondiamo pubblico con gratuito, a proposito di linguaggio].

Non si sa se sia più offensivo ritenere che qualche verso acceso di una canzone possa plagiare gli uomini e indurli meccanicamente a bastonare le rispettive compagne [sarà pure offensivo, ma si chiama cultura anche quella veicolata da Fabri Fibra,e sì, ti devo dare questa notizia, è la cultura a rendere una persona consapevole, per esempio, che bastonare le rispettive compagne si può fare], o se piuttosto ad essere vilipesa non sia, ancora una volta, la dignità di quante non si sognerebbero mai di interdire al proprio figlio o al proprio fratello l’ascolto di una canzone del temerario Fabri Fibra [dignità che nessuno ha toccato, dato che Fabri Fibra continuerà a fare i suoi concerti tranquillo, a vendere i suoi dischi tranquillo, e verrà tranquillamente trasmesso da tutte le radio – quindi non c’è nessuna interdizione]. Che paura. Sì, queste donne fanno paura [verissimo – ma mi sa che non c’intendiamo sul chi sono “queste”].

Per la cronaca, ecco cosa dice il diretto interessato su facebook, con i miei commenti:

Concertone del Primo Maggio in Piazza San Giovanni: nemmeno quest’anno sarò su quel palco. Mi sembrava strano. In effetti, l’invito entusiasta da parte di Marco Godano mi aveva sorpreso, era una bella novità. Invece poi non sono gli organizzatori che decidono chi suona in piazza [ah no? E chi? Non lo dice, anche Fabri Fibra ha paura della volontà femminea?]. Nei miei testi forse non tutti ci leggono l’impegno politico o sociale necessario per eventi del genere [aspetta, fammi ricordare qualche verso: “ho 28 anni ragazze contattatemi scopatemi / e se resta un pò di tempo presentatevi / non conservatevi datela a tutti anche ai cani / se non me la dai io te la strappo come Pacciani”. Eh no, non ce lo vedo tutto st’impegno politico e sociale – sono proprio un bacchettone femminista maschiopentito zerbino.]. Nel 2013, per alcuni, il rap e i suoi meccanismi artistici sono ancora da interpretare e da capire fino in fondo [grazie per la considerazione – e non hai idea del sessismo, quant* siamo in pochi a capirlo!]. Qualcuno voleva che io suonassi e qualcuno no. Nonostante il tentativo, non si fa nulla. Il Primo Maggio è ancora soggetto a certi schemi che in altri circuiti live non ci sono o comunque non ci sono più [così ci piaci, vago e oscuro – a quando una bella predizione sull’Apocalisse?]. Penso in ogni caso che i concerti siano una bella occasione per i ragazzi di vivere esperienze musicali reali [è la definizione di concerto – vuoi vedere che invece Fabri Fibra il vocabolario lo legge?]. Ci vediamo comunque in tour quest’estate e quest’autunno [proprio le parole di uno censurato. Ah, grazie per averci ricordato il tuo costante impegno contro la violenza di genere].

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