Intervista ad Edmondo, professore libertario

banksyCon grande piacere vi proponiamo un’interessante intervista fatta ad Edmondo, professore libertario e autore del blog scuola libertaria, con la speranza che ciò generi dubbi su come stiamo educando i/le nostr@ bambin@ e sul ruolo reale della scuola tradizionale. Buona lettura!

1)  Cosa si intende per pedagogia libertaria? E quando e come è nata? Come la pedagogia libertaria si differenzia da quella tradizionale?

La tua prima domanda richiederebbe lo spazio di un’enciclopedia. Ogni bambino porta con sé un proprio progetto di vita, come anche proprie esigenze, proprie emozioni, proprie aspettative e desideri, una gamma di singolarità psicofisiche che lo rendono unico e irripetibile. Al contrario di quanto fanno le pedagogie autoritarie che operano opportunisticamente dall’esterno per omologare e annullare ogni individualità, la pedagogia libertaria si concentra sulle singolarità, rispetta le caratteristiche di ogni individuo, crea l’ambiente relazionale più consono affinché le attitudini possano emergere e svilupparsi. La pedagogia libertaria educa persone, non addestra sudditi. Ogni persona deve poter esprimere pienamente se stessa per diventare se stessa, e non qualcosa che altri hanno deciso. Quel progetto di vita che la natura ha fornito ad ognuno di noi deve potersi realizzare, e questa realizzazione si raggiunge soltanto attraverso un contesto libero, tra esseri umani liberi. In buona sostanza, la pedagogia libertaria educa a essere, non a dover essere.
Rispettare l’essere umano in quanto tale, nella sua totalità, di questo si occupa la pedagogia libertaria, e in questo senso la sua nascita affonda le radici nelle prime critiche all’esistente autoritario. Se ad esempio penso a un Diogene, non posso non vedere in lui uno dei primi educatori libertari. Tuttavia, il primo teorico a scagliarsi metodicamente contro l’istituzione scolastica tradizionale è stato il filosofo illuminista William Godwin. I suoi scritti -ancora oggi all’avanguardia- sono la reazione sintomatica di una malattia preesistente.

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Il vero vincitore è il moralismo

La notizia la conoscete tutt@: Silvio Berlusconi è stato condannato a 7 anni e ha ricevuto l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Ma la condanna è di primo grado, quindi ha tutto il tempo di mischiare le carte.

Premetto che, vada in carcere o meno, a me non interessa minimamente, non credo nel carcere e quindi non lo augurerei a nessun@. Credo invece nella riabilitazione, nella possibilità di comprendere i propri sbagli e cambiare, ma sfortunatamente questa “rieducazione” non è prevista nell’istituzione carceraria. Lì dentro, in quei 8 mq, non si insegna altro che la regola del “vince il più forte” e, in questo caso, lo Stato e le forze dell’ordine, ma è sempre una questione di dominio, chi ne ha di più riesce a sbattersene anche dello Stato. In sintesi è un braccio di ferro, un gioco a chi ce l’ha più grosso. Roba machista che ci dovrebbe far venire i conati di vomito.

Ma, a parte la violenza insita nel carcere, la giustizia che dovrebbe “tutelarci” e che è stata da molti lodata per questa sentenza, in realtà è la stessa che condanna chiunque decida di lottare per il diritto alla casa, contro la privatizzazione delle scuole e lo smantellamento dell’istruzione pubblica, per la salvaguardia della propria terra che i potenti vorrebbero violentare riversandoci rifiuti di ogni genere o traforandola per un progetto del tutto inutile di “alta velocità”, la lotta contro la violenza di genere che si dimentica troppo spesso essere agita anche da tanti tutori della legge, per mantenere luoghi occupati/liberati, per condizioni di lavoro migliori, perché a lavoro si continua a morire, contro la precarietà che ci schiaccia e ingabbia e tanto altro. Questa giustizia è la stessa che ha assolto gli assassini di Stefano Cucchi, e assolto i torturatori della Diaz e Bolzaneto, che ha preso di mira i/le compagn@ No Tav, che per condannare le 10 persone processate per i fatti di Genova ha riesumato reati dal codice Rocco, che adesso processa 18 compagn@ per i fatti del 15 ottobre a Roma ed ect., potrei continuare all’infinito ma penso che non serva, che questi fatti siano noti. Quando si parla di giustizia è questo quello a cui penso.

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Perchè gli antispecisti possono non dirsi comunisti.

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Nel numero 11 di Liberazioni, notevole rivista di critica antispecista, è stato pubblicato un articolo di Aldo Sottofattori dal titolo “Perché gli antispecisti non possono non dirsi comunisti“. Da antispecista sono stato subito colpito da questa affermazione, che mette un chiaro confine – per certi versi anche positivamente – su quale possa essere il pensiero politico antispecista.

Da subito Sottofattori mette le mani avanti, affermando che “Questo articolo non pretende di affermare una tesi assoluta che non richieda ulteriori revisioni. Esso consiste piuttosto in una riflessione offerta al movimento antispecista per iniziare a ragionare sulle condizioni necessarie perché si realizzi la liberazione animale dal giogo umano”.

Da subito vengono prese le distanze dalla possibilità di ottenere una liberazione animale in una società di libero mercato, seppure diversa da quella attuale. Un approccio “culturalista”  e non “politico” della liberazione animale, quindi una modificazione dei costumi piuttosto che un cambiamento radicale della società liberista, non può che portare al fallimento.

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Queeresima: proiezione del documentario “Difficult Love” di Zanele Muholi al Macomer

Condividiamo con piacere il programma dell’iniziativa che si terrà al Centro Servizi Culturali Macomer venerdì 21 giugno alle ore 21;30 durante la quale verrà proiettato il documentario “Difficult Love” di Zanele Muholi. La proiezione si inserisce nella Queeresima, un percorso di quaranta giorni ricco di riflessioni, incontri, approfondimenti volti a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dei diritti LGBT e che si concluderà con il Sardegna Pride del 29 Giugno a Cagliari. Buona lettura!

996854_399130436867320_1219850231_nFotografa lesbica nera sudafricana, Zanele Muholi coniuga la produzione artistica con l’impegno politico, dando vita a quello che lei stessa definisce “attivismo visuale”: le sue fotografie danno visibilità ai corpi e ai volti delle lesbiche nere e costruiscono un archivio della comunità LGBTQI sudafricana attraverso tracce visuali di una storia collettiva delle soggettività lesbiche, gay e trans, cancellate dalla storia ufficiale.

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De-individualizzarsi

– fakin iurop, Ideadestroyingmuros

idmQPer noi sperimentare con il corpo e la sessualità nella performance è un atto di spostamento continuo dei limiti che il vissuto quotidiano genera.
La nostra diaspora, tanto territoriale quanto sessuale, dall’italia alla spagna, dall’eterosessualità normativa a una sessualità diasporica, ha implicato una presa di coscienza di quanto i limiti corporali e le relazioni sessuali siano profondamente relazionati in maniera situata a un contesto determinato.
Le pratiche artistiche quando sono politicamente compromesse permettono mettere in dialogo le differenze.
Si tratta di materializzare i nostri immaginari: esprimendo metafore con il corpo, traducendo concetti in situazioni reali e collettive, proponendo la critica alla religione cattolica, alla monogamia dello stato, alla famiglia, alla superficialità emozionale e sessuale, all’infantilizzazione del corpo femminile desiderabile, alla costruzione dell’’uomo stallone vecchio bavoso e al capitalismo di matrice italiana, questioni che possono scomodare ma che non possono rimanere nascoste dietro una locandina.
Per noi il linguaggio della performance è ciò che più si avvicina a generare una esperienza condivisa, trasformando la nostra finzione in una realtà in potenza.
L’odore a sesso, la nostra respirazione, i flussi e arrivare a toccarci, sono strumenti che mettono in pericolo la distanza con lo spettatore, distanza alla quale siamo abituate nelle nostre vite mediate dalle tecnologie.
Il discorso istituzionale scommette molto spesso per l’individualismo artistico, crediamo quindi importante sottolineare che per noi parlare di reti significa inevitabilmente parlare di incontri e di innamoramenti che hanno permesso creare situazioni collettive, spostamenti e collaborazioni.

M.Foucault, “Introduzione alla vita non-fascista”

Come fare per non diventare fascisti anche se (soprattutto se) si crede di essere militanti rivoluzionari ? Come liberare i nostri discorsi e i nostri atti, i nostri sentimenti e i nostri piaceri dal fascismo? Come snidare il fascismo rintanato nel nostro carattere ?

Azione politica libera da qualsiasi paranoia totalizzante e unitaria.

Sviluppo di azioni, pensieri e desideri mediante proliferazione, giustapposizione, disgiunzione, e non per suddivisione e gerarchizzazione piramidale.

Non fidarsi più delle vecchie categorizzazioni del Negativo (legge, limite, castrazione, carenza, lacuna), per troppo tempo sacralizzate dal pensiero occidentale come forma di potere e accesso alla realtà. Preferire ciò che è positivo e molteplice, la differenza all’uniformità, i flussi all’unità, le disposizioni mobili ai sistemi. Credere che ciò che è produttivo è nomadico e non sedentario.

Non credere che occorra essere tristi per essere militanti, per quanto sia abominevole ciò che si combatte. E’ la connessione del desiderio con la realtà (e non la sua fuga nella forma della rappresentazione) che possiede forza rivoluzionaria.

Non usare il pensiero per fondare una pratica politica sulla Verità, né l’azione politica per screditare – in forma meramente speculativa – una linea di pensiero.

Usare la pratica politica come un intensificatore del pensiero, e l’analisi come un moltiplicatore delle forme e degli ambiti d’intervento dell’azione politica.

Non chiedere alla politica il ripristino dei “diritti individuali”, come sono stati definiti dalla filosofia. L’individualità è un prodotto del potere. Ciò che occorre è “de-individualizzarsi”, con la moltiplicazione e la dislocazione, in combinazioni diverse.

Il gruppo non dev’essere un legame organico che unisce individui gerarchizzati, ma un costante generatore di”de-individualizzazione”.

Non innamorarsi del potere.

Michel Foucault
tratto dalla prefazione  all’edizione americana del 1977 di Deleuze, Guattari, Antiedipo (1972)

Traduzione di Pesce Babele

Testo originale francese della prefazione

Edizione americana completa a cura di B.Massoumi di Deleuze, Guattari, Antioedipus, Minneapolis, University of Minnesota Press, 1977

Dalla razzista alla fascista: questa la scelta del governo italiano contro la violenza di genere

ImmagineNon è trascorso neanche un mese dalla delega come sottosegretario alle Pari Opportunità di Michaela Biancofiore, scelta che ha indignato molte persone dato che, la Biancofiore, era nota per le sue frasi razziste e omofobe. A causa, dunque, di tanto dissenso il governo decide di revocarle la delega e spostarla alla pubblica amministrazione, perché mandarla  a casa pare brutto – in fondo al governo abbiamo interi partiti razzisti, una in più che male può fare?

Dopo neanche 31 giorni il governo, che ha ampiamente dimostrato in tutti questi anni quanto tenga alla lotta contro la violenza sulle donne (valga uno per tutti il taglio ai finanziamenti dei centri antiviolenza), nomina come consigliere per le politiche di contrasto della violenza di genere e del femminicidio Isabella Rauti, persona che, secondo le dichiarazioni di Alfano, sarebbe stata “individuata per l’alta professionalità e per il costante impegno nel settore”.

Ma chi è Isabella Rauti e di quale impegno parla Alfano? Partiamo con le notizie che probabilmente saprete tutt@: la signora è figlia di Pino Rauti, sì quello del MSI, e moglie di Alemanno, sempre sì, l’ex sindaco di Roma (lui perde il posto e la moglie lo trova.. lo so, lo hanno già detto tutt@, ma dovevo sottolineare questa tempistica dato che per noi precar@ non è mai così).  Imbevuta di cultura fascista, capiamo fin da subito come questa nomina sia sbagliata a priori, ma la Rauti ha anche delle qualifiche non da poco.

Innanzitutto è antifemminista. Lo ha dichiarato lei stessa in un’intervista che vi invito a leggere, per capire con chi abbiamo a che fare e quanta ignoranza vi sia in questa donna. Vi dico solo che per lei, uno dei grandi errori del femminismo è stato il voler eliminare i ruoli di genere e cancellare l’identità maschile e femminile. Capito? Tanti anni a discutere sull’origine culturale della violenza di genere, che si basa su quei fottutissimi ruoli di genere, dove per genere si intende un costrutto sociale spacciato per naturale, ed arriva la Rauti a dire che so minchiate e che le ragioni saranno altre. Del resto mica ci educano fin da bambin@ a esser da una parte “maschi che non devono chiedere mai” e dall’altra “angeli del focolare”? Ma Rauti crede fermamente nella biopolitica, tant’è vero che dichiara che sarebbero state loro, le donne antifemministe di destra, a inventare un primo “pensiero della differenza” dove, per chi non lo sapesse, tra le tante cose si incatena la donna al suo ruolo di utero.

Sull’utero delle donne, concordo con Alfano, la Rauti ha un’attenzione quasi maniacale. Ricordiamo, infatti, che è la seconda firmataria della ddl Tarzia nel Lazio con cui si voleva permettere ai pro-life l’ingresso nei consultori, e che era in prima fila alla Marcia per la Vita. Quindi, facendo un primo sunto, la Rauti è fascista, antiabortista e non ritiene i ruoli di genere un problema, anzi, se li rivendica con forza, tanto che per lei la donna DEVE esser utero. Se questo non è sessismo cosa lo è? Se il fascismo non è violenza, violenza anche di genere, cosa lo è? Se una donna che sfila accanto a chi vuole decidere per le altre donne, che vuole obbligare tutte noi ad esser uteri per una patria ed un Dio su cui pisceremmo volentieri sopra, che si è macchiato [chi?] di omicidi come quello di Giorgiana Masi, che alimenta una cultura violenta e sessista ogni giorno, cosa è violento?

Lo abbiamo ripetuto fino alla noia in questi anni, la lotta alla violenza di genere non può che essere antifascista, antirazzista e declinata per classe. Ma la cultura del calderone, che ha dilagato in questi ultimi periodi, ha permesso a tante donne, fasciste e razziste, di ripulirsi la faccia e proporsi come paladine di una lotta contro una violenza che loro stesse, insieme ai loro partiti, hanno alimentato continuamente.

E parlando di calderoni come non ricordare il fatto che la Rauti è stata tra le promotrici del gruppo del One Billion Raising? Ve lo ricordate quell’evento mondiale che in tanti paesi ha generato discorsi seri e molto acuti sulla violenza di genere e in Italia e stato ridotto a qualunquismo e ad un balletto sincronizzato? Si sono fatte tante prove per andare tutte all’unisono, ma il tempo per farsi una domanda su chi promuoveva questo evento in Italia non lo avete trovato? Preciso che non sono contro la forma in sé, ballare piace anche a me che mi muovo malissimo, ma sono i contenuti che mancavano. Le parole qualunquiste , i discorsi nazionalpopolari che parlano di una lotta alla violenza senza mai nominare chi e cosa la genera (Stato, chiesa, cultura, media), non solo non servono a nulla ma sono nocivi perché da un parte consentono a persone come la Rauti di spacciarsi come paladina delle donne, mentre dall’altra affossano il lavoro che molt@ di noi fanno quotidianamente e che punta ad una lotta radicale (o tutt@ saremo liber@ o non lo sarà nessun@).

Alla Rauti quindi vanno queste mie domande:

  • Come intende affrontare la violenza che le leggi razziste operano nei confronti delle migranti? Conosce le condizioni in cui vivono le donne e le trans rinchiuse nei CIE? Sa che in quei lager si violano numerosi diritti umani? E’ consapevole che è una violenza l’esser rinchiuse per non aver commesso nessun reato ma perchè  si è sprovviste di un permesso di soggiorno che lo stato italiano rende in ogni modo impossibile da ottenere? Crede che le donne che scappano da guerre, condanne a morte, padri o famiglie violente, da matrimoni combinati, dalla miseria, debbano ricevere accoglienza e sostegno? Oppure appoggia le leggi che le costringono alla clandestinità e quindi ad ulteriore violenza?
  • Come intende tutelare tutte le donne vittima di lesbofobia? Ritiene giusto che una donna debba essere discriminata per il suo orientamento sessuale? Come si pone rispetto ai matrimoni lesbici? E sulla transfobia? Come crede di contrastare la discriminazione che le persone trans subiscono? Quali azioni crede che si debbano intraprendere per supportare il loro percorso di transizione? Sulla possibilità di adozione da parte di persone trans o lesbiche cosa crede si possa fare?
  • Crede che esista un solo tipo di famiglia? Pensa sia giusto tutelare giuridicamente solo la famiglia considerata “tradizionale”? Sulle coppie di fatto che opinione ha? E sulle coppie che convivono? Sul poliamore e tutte le altre forme di famiglia non convenzionale? Crede che debbano restare discriminate o intende fare qualcosa per cambiare lo status quo?
  • Come intende affrontare il problema della violenza domestica? Crede anche lei, come suo marito, che non sia un problema dei sindaci? Sa che uno dei problemi su cui si fonda tale violenza è la mancanza di autonomia economica da parte delle donne? La precarietà in cui i governi precedenti insieme a quest’ultimo ci hanno destinate impedisce a molte donne di denunciare e quindi abbandonare una situazione violenta, cosa pensa si debba fare? Come pensa di affrontare il problema di classe che dilania il paese e colpisce due volte le donne? Lo sa che la pillola del giorno dopo può venire a costare 45 euro (tra ricetta più pillola) cifra che per alcune di noi, me in primis, è proibitiva?
  • Lo sa che molte donne non vogliono esser madri? Sa che è una violenza imporglielo? Sa che l’unico modo per diminuire gli aborti è informare i/le ragazz@ sul sesso e sulle precauzioni che devono prendere per limitare i rischi di gravidanze indesiderate e malattie sessualmente trasmissibili? Sa che gli aborti clandestini esistono ancora? Sa che in alcune regioni l’obiezione di coscienza è così alta da impedire alla legge 194 di essere attuata? Pensa che la disinformazione clericale sulla pillola del giorno dopo, che non è abortiva ma viene spacciata come tale, e sui metodi da usare invece del preservativo (coito interrotto o calcoli di temperatura o giorni) non solo non proteggono dalle malattie ma mettono a rischi le ragazze a maternità indesiderate? Non crede che questa sia violenza perché con la disinformazione si cerca di controllare i corpi e la sessualità altrui esponendo giovani ragazze a rischi che potrebbero benissimo evitare? Non crede che lottare contro la possibilità di aborto sia una violenza contro l’autodeterminazione delle donne? Inoltre, per  chi invece vorrebbe avere dei figl@ ma non può, cosa ne pensa della legge 40? Non crede sia ora di porre fine a questa violenza che ha come obiettivo il controllo del corpo femminile?
  • Lo sa che uno dei problemi del nostro paese è la cultura moralista-cattolica? Cosa risponde a chi divide le donne in sante e puttane? Pensa che una donna debba avere il diritto ad una libera vita sessuale senza che essa sia a scopo riproduttivo? Non crede sia ipocrita una società che tappezza le città e le tv di corpi femminili erotizzati (a scopo eteronormativo) e poi censura tutto ciò che è considerato pornografico (cazzi e fighe messi in mostra)? Non pensa che i corpi delle donne e la loro sessualità siano usati come strumenti per eteronormatizzare la società? Non crede che bisognerebbe liberare i desideri censurati e i corpi dalla strumentalizzazione a cui sono sottoposti? La libertà sessuale per lei è stata raggiunta o c’è ancora tanta strada da fare? Crede che esista un effettivo immaginario fascista di bellezza? E se sì, come intende contrastarlo?
  • Come si pone contro la violenza che le forze dell’ordine e lo stato operano rispetto alle donne? Considera lecite le cariche della polizia rispetto a quei soggetti, quindi anche donne, che decidono di autodeterminarsi? Pensa sia giusto ricevere manganellate in ogni dove, essere insultate con epiteti come “puttana” o “troia” dai tutori dell’ordine, diventare il bersaglio di lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo perché si vuole difendere un diritto, quale esso sia (per una casa, per la salvaguardia di un territorio, per l’aborto libero e gratuito)? Pensa che alle donne servano tutori che le proteggano e che le menino appena disobbediscono al padre-padrone-stato?
  • Reputa fondamentale l’ingresso delle donne in luoghi di potere? Non crede che la cultura del potere sia nociva? Che differenza ci sarebbe tra una donna al potere rispetto ad un uomo? Pensa che il problema delle donne sia la mancanza di potere o l’esistenza del potere? Non sarebbe meglio lavorare sull’autorganizzazione e non alimentare una cultura basata sulla competizione? Pensa che sia un bene per le donne avere l’opportunità di entrare nell’esercito,  nelle forze dell’ordine e perpetuare le violenze che conosciamo tutt@? Pensa che permettere alle donne di divenire corresponsabili delle brutalità che qualunque istituzione autoritaria compie sia da considerarsi un passo in avanti verso l’autodeterminazione della donna?
  • Reputa giusto che le donne facciano del loro corpo ciò che credono? Crede che il lavoro di sex worker vada riconosciuto come tale? Cosa ne pensa delle leggi proibizioniste? E delle norme che in nome di una “maggiore sicurezza” e “decoro” espongono le sex worker a maggiori violenze? Cosa farà per contrastare la tratta? Lo sa che c’è differenza tra tratta e prostituzione autodeterminata?
  • Crede che la conciliazione sia un obbligo della donna? Non pensa che la donna dovrebbe condividere con il proprio compagno, ed entrambi essere supportati a livello della società, rispetto al ruolo di cura che oggi invece le viene completamente scaricato addosso? Non crede sia una vera e propria violenza far basare l’intero sistema di ammortizzatori sociali sul lavoro gratuito delle donne?
  • Reputa fondamentale la presenza nelle scuole della religione cattolica? Crede nel concetto di laicità dello stato? Sa che la Chiesa, da secoli, propone una visione della donna sottomessa all’uomo?  Sa che la religione cattolica è profondamente sessista?
  • In poche parole, crede che la lotta alla violenza di genere vada attuata a suon di leggi e maggiore militarizzazione, oppure con un’operazione di rivoluzione culturale?

La lista può continuare all’infinito, e se volete potete farlo nei commenti e appena posso li aggiungo alla lista. Intanto, penso sia chiaro che considero questa nomina l’ennesima beffa ad una lotta che per me e tante altre persone è fondamentale. Spero che queste scelte vi palesino la necessità di smetterla di chiedere, a chi ci violenta in ogni modo, di trovare modi per contrastare la violenza di genere e iniziare a delegittimare ogni forma di istituzione. Questo governo, fondato su un partito unico, è fascismo e non può, ne mai potrà, debellare la violenza di genere. La dittatura che stiamo vivendo e che si paleserà nella sua brutalità quest’autunno, dato che i segnali sono chiari, non dovrebbe ricevere da nessun@ di noi credibilità né riconoscimenti: chiedereste mai al vostro stupratore di fare qualcosa per smetterla di stuprarvi oppure resistereste con tutte le forze e con ogni mezzo? La risposta la sappiamo tutt@ e, anche se i calderoni di ogni sorta fanno da tappo ad una rabbia che agita diverse generazioni, forse la Turchia non è tanto lontana come sembra. La violenza di genere non può essere affrontata se non in maniera intersezionale, legandola ad altre lotte senza le quali ogni azione sarebbe vana. Non c’è lotta contro la violenza di genere senza antifascismo, antirazzismo e antispecismo e viceversa. Non smetteremo mai di dirlo: la Rivoluzione o è di e per tutt@ o non è rivoluzione!

Sulle non scuse del Tg2

A commento della morte di Franca Rame il tg2 manda in onda un servizio, firmato da Carola Carulli, in cui si dice: “Una donna bellissima Franca, amata e odiata. Chi la definiva un’attrice di talento che sapeva mettere in gioco la propria carriera teatrale per un ideale di militanza politica totalizzante; chi invece la vedeva coma la pasionaria rossa che approfittava della propria bellezza fisica per imporre attenzione. Finché il 9 marzo del 1973 fu sequestrata e stuprata. Ci vollero 25 anni per scoprire i nomi degli aggressori, ma tutto era caduto in prescrizione”.

Tale commento ha destato l’ira di molte persone, compres@ noi, perchè è stato scritto in un modo assai discutibile: esso si apre facendo riferimento alla bellezza di Franca (come se fosse ciò che l’avesse resa famosa… noi ce la ricordiamo per la sua grande bravura come autrice e attrice teatrale) concetto che verrà ripreso dopo pochi minuti per ribadire che lei, di quella bellezza, se ne approfittava per imporre attenzione (mah) fin quando, poi, non fu stuprata. In italiano, quel finchè, significa qualcosa, una continuità che si interrompe, in questo caso con lo stupro, e che suggerisce una relazione di causa-effetto tra ciò che viene detto prima e ciò che si afferma poi. L’italiano è la nostra lingua, dai/lle giornalist@ ci aspettiamo un uso almeno corretto.

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Videla, quanta ipocrisia

Riportiamo con piacere questa lettera, pubblicata da Infoaut, di Hebe de Bonafini, presidentessa dell’associazione Madres de Plaza de Mayo, sulla morte del dittatore Videla. Hebe denuncia l’ipocrisia di chi oggi chiama dittatore colui le cui violenze ha sempre taciuto. Della censura dei media anche noi ne sappiamo qualcosa, anche noi conosciamo i legami tra “informazione” e potere, quindi non possiamo che condividere quanto viene dichiarato. Buona lettura!

Videla, quanta ipocrisia

desap1982È morto Videla. La notizia mi ha paralizzata. Ho pensato subito ai miei figli. Come facevo a pensare ad altro? La testa mi girava, volevo pensare a qualcosa ma niente. Pensavo a loro e alle torture che hanno subito. Vedevo i loro visi che gridavano, mentre mi chiedevano e chiamavano tutti, come hanno fatto tutti nei momenti terribili, quando erano soli, nei momenti di peggior tortura.

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Una risposta alla Boldrini

Sono giorni che rimugino sulla visita della Boldrini a Nisida e penso alle sue dichiarazioni. Non so come si possa essere così miopi, se lo si è davvero o si finge di esserlo, ma cercherò di dirvi cosa penso di quanto accaduto.

Innanzitutto mi chiedo come si possa definire un carcere ‘un’isola felice’. Cosa c’è di felice nelle sbarre? Nell’essere puniti senza avere una reale possibilità di cambiamento? Nell’essere limitati nelle proprie azioni e negli spazi? Chissà cos’è per la Boldrini la felicità. Per me è solo una cosa, assenza del carcere. Forse per
lei quell’isoletta artificiale, creata per rinchiudervi delle persone per anni, senza prospettive né futuro, è un po’ come l’isola che non c’è, con i laboratori di ceramica e cucina che sanno tanto di ricreazione, momento ludico per eccellenza.

Quanta faccia tosta si può avere per affermare una cosa simile? Ha fatto bene un ragazzo a risponderle che non era così, che c’era un sovraffollamento allucinante, 4 o 5 persone per cella, che in un reparto manca anche l’acqua calda e che lo stesso accadeva a Poggioreale. La situazione delle carceri italiane penso sia nota a tutt@. Ma, nonostante tutto, secondo quanto riportato, in queste gabbie si insegna la “fiducia nelle istituzioni”. Mai espressione fu più assurda. Come si può avere fiducia in strutture che hanno generato un sistema che sa solo punire, reprimere, soffocare ogni gesto di libertà? Come si può avere fiducia in un sistema che si basa su una divisione in classi che genera e genererà sempre violenza? Come si può rispettare chi ti chiede di sottostare ad un potere? Chi ti condanna alla sudditanza senza fine?

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Siete il marcio della vita! Avete sbajato giorno e epoca

I difensori dell’infanzia e della famiglia si richiamano alla figura
politica di un bambino che loro stessi costruiscono, un bambino presupposto eterosessuale >e dal genere conforme alla norma. Un bambino privato di qualunque forza di resistenza, di qualunque possibilità di fare un uso libero e collettivo del proprio >corpo, dei suoi organi, dei suoi fluidi sessuali. Questa infanzia che pretendono proteggere richiama, piuttosto, terrore, oppressione e morte. […]
Chi difende i diritti del bambino che è differente? I diritti del bambino che ama indossare il colore rosa? Della bambina che sogna di sposarsi con la sua >migliore amica? I diritti del bambin* queer, frocio, lesbica, transessuale, transgenere? Chi difende i diritti del bambino di cambiare genere se lo desidera? I >diritti del bambino alla libera autodeterminazione del genere e della sessualità? Chi difende i diritti del bambino a crescere in un mondo senza violenza pedagogico che fa paura, il sito dove proteggere le proprie proiezioni fantasmagoriche, l’alibi >che permette all’adulto di naturalizzare la norma. Quella che Foucault chiamava «biopolitica» è vivipara e pedofila. La riproduzione della nazione ne dipende. >Il bambino è un artefatto biopolitico che garantisce la normalizzazione dell’adulto.
sessuale, senza violenza di genere? [..]
Il-bambino-da-proteggere […] è il prodotto di un dispositivo
(preciado quanto ti adoro) —>
Tratto da Bambin@ queer

Condividiamo con piacere l’appello di quelle meraviglie delle Ribellule, in seguito al quale, però, riportiamo anche l’ultima notizia rispetto al corteo in ricordo di Giorgiana Masi e contro il femminicidio. La questura, come negli anni ’77, gli ha negato l’autorizzazione. Siamo del parere che il dissenso non abbia bisogno di alcuna autorizzazione, dato che è il sistema che la prevede a generare la violenza contro cui si manifesta. Nell’ultima settimana, questo governo, ha già palesato la sua natura repressiva, caricando ferocemente studenti e ricercatori napoletani, sgomberando la libreria ex-Cuem di Milano che è stata rioccupata, con nostro grande piacere, caricando brutalmente i/le manifestanti No Mous e ora osteggiando una manifestazione che, questa sì, ha motivo di esserci. Come nel ’77 anche il 12 maggio si scenderà ugualmente in piazza a ricordare quello che è successo e a rivendicare la necessità di lottare ancora per il diritto ad un aborto libero e gratuito, ad una autodeterminazione reale ed effettiva per tutte le donne. Per aderire all’appello inviate una mail a nomarciaperlavita@gmail.com. Buona lettura!

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