Tra le cose più belle dello stare in un collettivo politico è che dopo un po’ gli altri capiscono i tuoi gusti, e si divertono a passarti cose da leggere ben sapendo l’effetto che ti fanno. Alcun* dentro Intersezioni, saputa la mia stima per Zecchi e quanto la cosa mi tocchi sul personale, si sono affrettat* a linkarmi quest’altra perla. Anche in questo caso, che dirvi: non ho saputo resistere.
Vi ricordo che parliamo di un professore ordinario di filosofia in una delle più note e grandi università italiane. Ciascuno ha diritto alla propria opinione, e ci mancherebbe; ma se con quei titoli di studio spari di queste robe sui giornali, siamo andati ben oltre quel diritto, credo. Questa roba fa male. A tutti.
E io do la colpa alle donne [il buongiorno si vede dal mattino]
Se andiamo avanti di questo passo, saranno soltanto le coppie gay a volere dei figli, così si darà ancora maggiore sviluppo all’indecente mercato degli uteri in affitto [cominciamo così, con un po’ di sprezzante omofobia tanto per far capire da che parte stiamo. Segnatevi che qui il problema è volere dei figli, e che quello degli uteri in affitto è un mercato già sviluppato, perché riceverebbe un maggiore sviluppo rispetto alla sua dimensione attuale. E non è chiaro perché solo le coppie gay li vorrebbero].
I dati sono sconcertanti: cinquemila nati in meno rispetto all’anno scorso per un totale di 509 mila nascite, il livello minimo dall’Unità d’Italia [il dato che fa sobbalzare il nostro profordinario, da solo, come tutti i dati, non dice niente. Per esempio, la popolazione italiana cresce costantemente; ci sarebbe da riflettere su queste due cose insieme, no? No, a lui basta questo. E che le coppie gay, inspiegabilmente, vogliono figli].
Facile individuare il colpevole di questo record negativo nella crisi economica che stiamo attraversando da troppi anni. E non ci si sbaglia: tuttavia non tutte le colpe sono sue [la crisi non fa fare figli ma fa aumentare la popolazione. Ecco la terribile forza del capitalismo: gli sfruttati li crea dal nulla! Ma cerchiamo il vero colpevole].
Figli significano costruzione di una famiglia, e una famiglia vuol dire casa [sì, magari], ma per avere una casa generalmente c’è bisogno di un mutuo [un generalmente che puzza un po’, ma andiamo avanti – non vi dimenticate le coppie gay eh] che le banche concedono se si ha un lavoro fisso [non è così semplice, ma vediamo tutto questo semplificare a cosa porta]. Un vero e proprio percorso ad ostacoli [ah, questo è il percorso a ostacoli? E chi aspetta un alloggio pubblico? Chi è in affitto? Chi occupa? E chi è una coppia gay?], in cui è arduo arrivare alla meta. La casa, dopo la sconsiderata politica di Monti [il problema del mercato immobiliare italiano, dell’accesso a un alloggio civile per tutte le fasce di reddito, è Monti? Gentile profordinario, vuol proporre questa lettura microeconomica a qualcuno de Il Sole 24 Ore? Vorremmo sentire le risate anche da qui, grazie], sta diventando un miraggio per il suo costo devastante, e un lavoro fisso è un sogno se soltanto si osservano distrattamente i dati sulla disoccupazione giovanile [giovanile: sopra i 35 anni tutti hanno un contratto, e il problema di mantenere dei figli è diverso dal volere dei figli. Lucidissimo come sempre].
La sintesi di questa breve descrizione, con cui metto le mani avanti per sottolineare che non mi sfuggono le questioni economiche che falcidiano le nascite [ah, beh, una sintesi che Federico Caffè le invidierebbe], è che rinunciare ad avere figli sembrerebbe un atteggiamento molto responsabile [sì, se c’hai le pezze al culo. No, se sei un profordinario all’università. Capita l’antifona? E badate bene: quando serve il problema è volere dei figli, oppure costruzione di una famiglia. In entrambi i casi, delle coppie gay non si fa più parola]. Mettere al mondo dei disgraziati, figli di altri disgraziati, che senso ha? Un minimo di responsabilità farebbero pensare che famiglia e figli siano un lusso che non ci si può sensatamente permettere [dell’amore e della volontà che servono, manco una parola, visto che allora dovrebbero pensarci le strutture pubbliche, come da garanzie e princìpi dagli artt. 3 e 4 della nostra Costituzione. Che può non piacere, ma vige anche per i profordinari e i loro deliri classisti – e anche per le coppie gay].
Si guardino anche gli extra comunitari, che filiavano allegramente [ma che bel luogo comune razzista] tanto che qualcuno temeva una rapida diffusione del meticciato [fa bene vedere i profordinari di filosofia avere, tra le loro fonti, la Lega prima maniera]. Anche loro, stando alle ultime statistiche, sono molto contenuti, quasi fossero stati contagiati dal nostro virus della non-natalità [noi, loro, che belle parole – dunque non figliano più manco gli extracomunitari, e allora com’è che siamo sessanta milioni e continuiamo ad aumentare? E parlo di censimento eh, i disgraziati – quelli sì, per davvero – salvati dal mare non contano mica].
Però, chiediamoci adesso se sia soltanto il forte disagio economico ciò che frena o perfino annulla il desiderio di avere figli? [Attenti, malgrado la sintassi adesso il profordinario ci stupirà.]
Dall’Unità d’Italia ad oggi sono stati numerosi i periodi di crisi economica attraversati dalla nostra gente [la nostra gente, mica gli extracomunitari. Caro profordinario di filosofia, lo sa che S.Agostino era extracomunitario? Così, tanto per dire]. Chi ha un po’ di anni si ricorderà, per averlo vissuto direttamente, il dopoguerra: non erano rose e fiori, eppure si costruivano famiglie, nascevano bambini [mica perché gli adulti erano morti a milioni, no; e mica perché serviva forza lavoro per fare qualunque cosa in un paese distrutto da una guerra persa, devastato dai combattimenti sul suo territorio e svenato da vent’anni di regime economicamente folle]. Allora, credo, che alla base di questo disastro che sta distruggendo la natalità ci sia dell’altro, non solo la mancanza di quattrini [che bel gergo classista: a lui non manca il lavoro, le possibilità, le certezze in un aiuto pubblico: lui parla di quattrini. Ma quanto è sgradevole questa parola? Ma che ne sa di parole lui, è un profordinario di filosofia].
La donna è la prima, fondamentale protagonista della procreazione [ZACCHETE! V’ha preso in contropiede, eh? Voi stavate lì a fare discorsi di economia, e lui bum! Ci piazza la femmina]. Ma essere madre non rappresenta più un valore alto, significativo, centro di sviluppo dell’identità femminile [e te credo, oltre alla guerra ti dovresti ricordare il femminismo e gli anni ’70. O dormivi?]. Sono numerose le riflessioni che intendono affermare come per una donna, il non avere figli sia un peso esistenziale in meno, che consente di stare meglio [no, il discorso è che quella è una scelta, non per forza uno stare meglio, ma una scelta da compiere liberamente. Se ti ricordi il dopoguerra, ti dovresti ricordare pure queste riflessioni, che non erano tanto peregrine].
A questo, si aggiunga che l’idea stessa di famiglia «normale», con un padre e una madre e dei figli, non rappresenta un obbiettivo sociale da perseguire e difendere [a parte lo schifo dell’idea di “normalità”, ma perché una famiglia dovrebbe essere un obbiettivo sociale? Non è che la fai e poi ti fermi lì, mica basta quello – tenendo conto che i figli non escono dal tuo, di corpo, e che non te li smazzi tu per parecchi anni, caro il mio papà che ha vissuto il dopoguerra]. Non c’è una politica della famiglia capace di facilitare economicamente la sua costituzione attraverso asili nido e condizioni lavorative favorevoli per le nuove madri. Non c’è il valore culturale della famiglia [quelli sono diritti delle donne, no politica della famiglia, ipocrita che non sei altro: al nido e alle condizioni lavorative favorevoli si ha diritto anche da sole, e da soli. O per te dovrebbero valere solo per una famiglia “normale”? Complimenti, alla puzza di razzismo s’aggiunge l’afrore di sessismo. Altro?].
Ma ciò di cui sono stati defraudati in modo violento i giovani, è la speranza [beh, se all’università si trovano profordinari come te…]. Manca il sentimento del futuro, l’amore per il progetto perché è prevalsa una visione coercitiva della quotidianità [rammento a tutti che secondo il titolo sarebbe colpa delle donne, della visione coercitiva della quotidianità. Non di chi ragiona solo di quattrini]. Quella responsabilità, di cui parlavo in precedenza, che consiglierebbe molta prudenza nel mettere al mondo i figli, in realtà nasce dall’assenza della speranza [ma se c’hai rotto le scatole per mezzo articolo che il problema è economico! E poi: perché questa assenza della speranza colpirebbe solo le donne?], di quello slancio che porta a credere nel domani [oh, Zecchi, lascia la bottiglia e ragiona: se manca tutto ‘sto slancio che porta a credere nel domani, com’è che la popolazione italiana aumenta? Sono comprati su Ebay tutti ‘st’italiani? O forse il problema è un pochino più complesso, e non andrebbe risolto in un articolo tutto fuffa, razzismi e banalità?] e che rappresenta l’unico vero lievito della vita. Il nutrimento della vita sono i figli [citazione del maresciallo La Palice, immagino], e le statistiche sul disastro della natalità dovrebbero essere il primo, fondamentale problema della politica: se non viene risolto, tutto il resto è solo dettaglio [il razzismo, il sessismo, i luoghi comuni e l’ignoranza economica e sociologica del profordinario sono solo dettaglio].
Ma che ne so io, io c’ho due figli e un mutuo, vedi come sono irresponsabile. Però pieno di speranza.
A Zecchi, ma famme ‘na grossa cortesia.