Deconstructing l’alibi de li mortacci vostra

tomas-milian2Ci sono tanti modi per far passare come rispettabile un’opinione politica che ha il valore di una banale stronzata. Uno di questi è fraintendere fin da subito i termini in gioco, usandoli come se il significato di essi fosse comunemente accettato nel modo di chi scrive. Nella realtà dei fatti, però, non è così – ma se non ve ne accorgete subito, argomentazioni anche coerenti ma del tutto fuori luogo possono essere usate per dimostrare qualunque cosa. Questo articolo è un ottimo esempio di come una ben congegnata stupidaggine può risultare credibile e addirittura ragionevole, soprattutto se si parte dall’assunto che il movente di un assassinio non conta, non conta perché qualcuno viene ucciso, conta solo che un essere umano è morto. Cosa che si può facilmente constatare, mentre invece io vorrei sapere perché, in modo da evitare che succeda ancora. E sempre più spesso questo motivo è semplicemente che la vittima era una donna che ha detto un no a un uomo.

Invece dice che non importa che muoia un uomo o una donna, come se in questione ci fosse quello. Così si dice, negando che esistano i femminicidi e i motivi i quei corpi morti. Invece i mortacci vostra esistono sicuramente, e allora li usiamo per far sembrare il femminicidio un alibi politico.

10/03/2014 06:06

IL LAMENTO DELLA SINISTRA

L’alibi (culturale) del femminicidio

Le donne subiscono più violenze di quante ne commettono [e fino a qui, sembra quasi normale…]
Ma la discriminazione di genere nell’omicidio è ancora più pericolosa […ma ecco la formula che non vuol dire niente pronta a scattare: se distingui il sesso dei morti, sei tu che discrimini. Non conta che tu vuoi sapere i motivi per cui quell@ è stat@ uccis@, se distingui allora discrimini. Complimenti]

La «parità di genere» e il «femminicidio» sono due termini ai quali ci stiamo abituando rapidamente [eh, che vuoi farci, “sarà ‘sto buco daa azzòto” (cit.)]. Sono termini “di sinistra” [eh?], nel senso che descrivono fatti e fenomeni che esistono da sempre [però, hai capito] ma che, come avviene periodicamente in molti settori, la sinistra fa finta di scoprire per prima [ma per prima rispetto a chi? C’è chi lo dice dagli anni ’70. Vabbè], gli dà un bel nome, ci costruisce intorno campagne mediatiche [mah, campagne mediatiche mi pare un po’ esagerato], e alla fine le cose rimangono come erano prima [insomma, su, qualche cosa s’è fatta, dài] o, non sarebbe la prima volta, peggio di prima [eh ma come sei acida però]. L’assunto di base è semplice: le donne subirebbero molte più ingiustizie e/o violenze di quante ne subirebbero gli uomini [no, calma. Perché il condizionale? E poi, assunto di base di cosa? Non è questo l’assunto di base di la «parità di genere» e il «femminicidio». Infatti ci sarebbe da dire, per esempio, del tipo di ingiustizie e/o violenze; mica stiamo parlando di reati fiscali o scippi di borsette]. Questo dato non è vero in assoluto [e te credo], perché gli uomini, intesi come maschi, da sempre prediligono uccidere altri uomini, non importa se in guerra o in contese di altro tipo [EH? I maschi prediligono cosa? Beh, per certi versi è ovvio, dato che solo a loro viene insegnato che è “da maschi” risolvere le cose con la violenza. Ma non è che c’hanno il cromosoma del killer, eh]. È vero invece un altro dato: le donne subiscono più violenze di quante non ne commettano [ma no. Ma dài. Guarda, mi pare incredibile. E comunque: ma di che violenze parliamo? E per quali motivazioni?]. Ma questo dato è molto controverso [eh, mi pareva troppo bello – e comunque lo è per forza controverso, dato che non hai spiegato di che violenza parli, e del suo movente]. È controverso perché subiscono violenze quelle donne che in qualche misura si sottraggono alla «protezione maschile» [SCUSA? E dimmi, c’è disponibile il dato su cosa sarebbe la qualche misura? Oppure quello su cosa caspita intendere come «protezione maschile»?]. Laddove ancora oggi la donna accetta un ruolo subalterno rispetto a quello maschile [Laddove? E perché non dire dove? Accetta? Cioè il ruolo subalterno le viene gentilmente proposto? Ha delle alternative?], nelle culture tribali, nell’Islam, nell’Induismo, nelle varie forme di fondamentalismo religioso (anche ebraico e cristiano), la donna vive sottomessa ma sicura [SICURA? Cioè in quelle società – ammesso che si capisca quali sono, data la descrizione sommaria – non esiste la violenza di genere? Ma stiamo scherzando? E la sottomissione che sarebbe?]. Là dove la donna lascia i suoi ruoli tradizionali e chiede la sacrosanta parità di diritti, lì nasce lo spaesamento, la confusione, e subito dopo la violenza [quest’ultima frase è da manuale. Notate come, scritta così, faccia sembrare che la violenza subita dalla donna nasca dalla sua volontà di pretendere la sacrosanta parità. Non si nomina chi agisce quella violenza. Fantastico]. Ma le femministe occidentali, quelle vere, quelle che hanno studiato e militato, non quelle improvvisate dei salotti televisivi, alla parità di genere non ci credono e non la vogliono [nomi delle femministe occidentali, quelle vere? Nessuno. Link, riferimenti? Niente. Parole al vento, così, tanto per]. E non vogliono, quindi, nemmeno sentir parlare di “femminicidio” [ma quindi che cosa, che non hai messo uno straccio di riferimento? Che fai, deduci dalle tue stesse invenzioni? Ma come si fa a pensare di essere creduti argomentando in maniera così sfacciatamente ipocrita?]. Perché maschi e femmine sono diversi, diversissimi, e quello che si deve fare è rispettare questa diversità, non negarla, e men che mai omologare tutti [notate: è una frase talmente vaga che è ottima anche per pubblicizzare una fashion week]. Ma se per le femministe intelligenti [dopo quelle occidentali e quelle vere ci sono anche loro, quelle intelligenti – anche loro anonime, si vede che sono pure timide] il femminicidio è un falso problema [tornate qualche riga indietro e notate: non ha detto il perché sarebbe un falso problema, manco ha provato a inventarselo], per alcuni osservatori è addirittura un modo pericoloso di affrontare il problema più generale della violenza, chiunque possa essere la vittima [ci sono le femministe occidentali, vere e intelligenti e ci sono gli osservatori – alcuni, non tutti. Tutti e tutte anonim@, dev’essere una specie di gruppo di auto-aiuto, chissà]. Chiedere pene più alte per chi uccida una donna può sembrare che si possa invece fare uno sconto a chi uccide un uomo [nessuno ha proposto una cosa simile, che può sembrare verosimile solo a un@ deficiente, imho], creare procure o corpi di polizia specializzati [e chi l’avrebbe proposto?] può dare l’idea che altre forma di violenza siano meno gravi [di nuovo: nessuno l’ha detto], dedicare migliaia di progetti e di onlus nella speranza che mariti squilibrati smettano di picchiare o di uccidere le mogli può far sembrare che l’ignoranza o la pazzia si curino con le chiacchiere [cioè i progetti e le onlus sarebbero pensate per chiacchierare con vittime e violenti? Va bene dire stupidaggini, ma adesso cominciamo a offendere la professionalità di parecchi, eh], invece che con servizi sociali e sanitari efficienti e soprattutto non ideologizzati [quindi i problemi di genere sono patologie? Interessante. E per “curarli” servirebbero servizi sociali e sanitari efficienti, notoriamente il fiore all’occhiello della politica italiana; e poi, quale sarebbe l’ideologia di cui si parla? Altre parole al vento, altre ipotesi senza fondamento e prese di posizione campate in aria. Ma l’importante è dire che il problema è un altro]. Aprire tutti i telegiornali, come l’altro giorno, con l’omicidio di una donna, e confinare alle scritte che scorrono sotto il video la notizia di 3 morti a Napoli e in Calabria dà l’idea che ci dobbiamo rassegnare a un certo razzismo “di sinistra” [COSA? Le scelte editoriali di una testata giornalistica televisiva sarebbero razzistiche perché mettono una donna morta “davanti” a tre uomini morti? Ma cosa c’entra?], per cui i meridionali (che non a caso votano Berlusconi) sono animali e non ci si può fare niente [ma che paragone è? Che senso ha, a parte indignare il lettore già prevenuto e pieno di pregiudizi? E poi, questo sarebbe pensato sempre da tutti i telegiornali? Anche quelli di Berlusconi?]. Soprattutto, diciamocelo, parlare troppo di femminicidio è pericoloso là dove dà l’illusione alle donne di poter godere di protezioni particolari [EEEEEEH? Fossi una donna: io sento tutti i giorni che una donna come me viene ammazzata perché moglie, madre, donna che ha detto un “no”, e dovrei sentirmi sicura di poter godere di protezioni particolari? Da parte di chi, della Feniof?]. No, qualcuno dovrà avere il coraggio di ricominciare a raccontare alle nostre figlie che, poiché non si può mettere un poliziotto in tutte le discoteche e in tutte le auto dei loro fidanzati [che a questo punto non si capisce perché non si può: tanto siamo in là con la fantasia, perché non militarizzare il territorio e gli spazi privati? Ma sì, dài, che ce frega], sarà il caso che alcune precauzioni le prendono da sole [certo, invece adesso le donne escono tutte sicure e tranquille, no? Meno male che glielo dici tu, ché a sentire ‘ste cose di femminicidio dormono tutte sonni beati]. Perché l’imprevisto è sempre in agguato [tranquillizzare è sbagliato, il femminicidio è un’invenzione della sinistra, teniamoci il sano terrore sparso della destra]. Perché la natura non è buona [è il 2014, qualche sospetto l’abbiamo già avuto, sa?]. Perché il male esiste [questa l’ha presa da una locandina cinematografica, l’ho riconosciuta]. Perché la stupidità esiste [su questo siamo d’accordissimo]. Checché ne dica la facile propaganda di troppi sciagurati in cerca di consenso un tanto al chilo [i quali quindi direbbero che va tutto bene perché esiste il femminicidio? Ma che canali guarda, scusi? Ah, sì, quelli dove parlare troppo di femminicidio è pericoloso perché dà l’illusione alle donne di poter godere di protezioni particolari. Boh, forse stanno sul satellite, mi farò regolare l’antenna parabolica].

Francesca Mariani [casomai voleste essere sicure uscendo di casa, contattatela; c’ha sicuramente dei buoni consigli da darvi, amiche mie]

Così, per ribadire: distinguere non è discriminare. Voler sapere un movente non significa considerarlo “migliore” di un altro. Voler agire culturalmente per impedire a quel movente di esistere nella società non significa progettare momenti di chiacchiera. Mortacci vostra.