Avrei voluto intitolare questo post: “Donne, la depressione si può curare facendo sesso orale: fatevela leccare!”, sarebbe stato di impatto, ma dato che la depressione è un disturbo serio nessun@ è autorizzat@ a scrivere stupidaggini in merito.
Solo un@ specialista (medic@ di medicina generale, psicolog@ o psichiatra) può diagnosticare il disturbo depressivo e aiutarvi a guarire con il metodo a voi più congeniale, metodo che nulla ha a che vedere con l’ingestione di sperma. Non solo fare pompini non fa guarire dalla depressione, ma farli senza protezione ci espone al rischio di contrarre ogni tipo di malattia sessualmente trasmissibile. Oltre a continuare ad essere depresse rischiamo seriamente di contrarre AIDS, HpV, Erpes, epatiti e altre malattie non mortali, ma che ci costringono a lunghe cure mediche (le quali, piuttosto, favoriscono il calo d’umore).
Comunque farvela leccare non vi deprimerà, se vi dovesse deprimere provate a spiegare come vi piace, se proprio non funziona potete sempre cambiare lingua. Un post divertente e intelligente sulle proprietà rallegranti del cunnilinguo è già stato scritto qui.
Questo post nasce per fare chiarezza sulle tesi riguardanti le proprietà antidepressive del pompino con ingoio – di questo si tratta – portate avanti da questo articolo (opportunisticamente linkato e fatto rimblazare da quanti non riescono ad ottenere questa pratica da mogli e compagne). Il pezzo blatera di depressione e sperma, ossia di me, voi, noi che guariamo dalla depressione spremendo cazzi con la bocca, pura disinformazione medica di stampo goliardo-maschilista.
L’articolo che rimbalza qui e lì, ma vedremo nel prossimo post che si tratta solo dell’ultimo di una lunga serie di articoli che hanno funzionato da telefono senza fili, fa riferimento a una ricerca condotta nell’aprile del 2001 da una ricercatrice e due ricercatori della State University di New York, sita in Albany, N.Y., intitolata “Lo sperma ha proprietà antidepressive?”, recuperabile in pdf qui, pubblicata sulla rivista di sessuologia Archives of Sexual Behavior nel 2002. Ad esso sono giunta tramite questa chiave di ricerca su google: “State university New York+sperm and depressive disorder”, di non difficile combinazione.
La questione della reperibilità è molto importante, perché ci permette di vedere con chiarezza dove finisce la ricerca e dove iniziano maschilismo e disinformazione.
Le parti dall’inglese che seguono sono state tradotte da me.
Un po’ di luce sulla ricerca.
Dall’introduzione ricaviamo l’informazione che quando si tratta di disturbi depressivi la differenza tra maschi e femmine diventa consistente, perché “Le donne sono più inclini a sviluppare disturbi depressivi rispetto agli uomini”, che “L’incidenza della depressione clinica nelle donne supera quella indicata nei maschi di un fattore pari a tre su cinque volte” e “nelle donne, la depressione è spesso associata a differenti esiti riproduttivi come la morte di un bambino, un aborto spontaneo e la menopausa.” Ney[1] nel 1986, “ipotizzò che lo sperma potesse avere un effetto sull’umore delle donne.” Questo effetto sarebbe dovuto agli ormoni nel plasma seminale, tra i quali “testosterone, gli estrogeni, l’ormone follicolo-stimolante e l’ormone luteinizzante, la prolattina, e un certo numero di differenti prostaglandine.” Questo perché “testosterone ed estrogeni sono assorbiti attraverso l’epitelio vaginale”, come gli altri ormoni, ma si sottolinea che “il testosterone viene assorbito più rapidamente attraverso la vagina che attraverso la pelle”.
La ricerca, per testare l’ipotesi di Ney, ha “misurato i sintomi depressivi nelle donne del college in funzione dell’attività sessuale e dell’uso del preservativo. La coerenza di uso del preservativo è stata utilizzata per indicizzare la presenza di sperma nel tratto riproduttivo femminile.”
Dunque al sesso orale non si fa alcun riferimento, perché l’ipotesi è che ad avere effetto sul comportamento delle donne siano gli ormoni contenuti nello sperma assorbiti attraverso l’epitelio vaginale.
Le donne che hanno partecipato alla ricerca sono 293, tutte volontarie anonime, che frequentavano lo stesso college in cui la ricerca è stata effettuata. Esse hanno accettato di compilare “un anonimo questionario progettato per misurare i vari aspetti del loro comportamento sessuale, inclusa la frequenza dei rapporti sessuali, il numero di giorni dopo il loro ultimo incontro sessuale, e tipi di contraccettivi usati.
Tra le donne sessualmente attive nel campione l’uso dei preservativi è stato presa come misura indiretta della presenza di sperma nel tratto riproduttivo. La frequenza dei rapporti sessuali è stata recepita nel numero di atti coitali all’anno. Ad ogni intervistata è stato anche chiesto di completare il Beck Depression Inventory, una misurazione di uso frequente per individuare le differenze individuali nei sintomi depressivi“.
L’87% delle donne campionate era sessualmente attiva, secondo i dati raccolti i sintomi della depressione variano rispetto all’utilizzo del preservativo, in pratica è emerso che la maggior parte delle donne che usavano i preservativi accusavano sintomi depressivi, di contro le donne che il preservativo non lo usavano presentavano minori sintomi depressivi, anche rispetto a quelle che si astenevano dal sesso. E’ stata individuata una correlazione tra sintomi depressivi e distanza temporale dall’ultima relazione sessuale.
Rendiamoci però conto che: gli ipotetici benefici sull’umore, dell’assorbimento attraverso la vagina degli ormoni contenuti nello sperma, sono niente rispetto alla paura di una gravidanza o di contrarre malattie a trasmissione sessuale, entrambi eventi altamente probabili se non si usano i preservativi. Più giù è specificato che molte delle donne che non facevano uso di preservativi, assumevano comunque un contraccettivo orale (“oltre 7 su 10 delle donne sessualmente attive in questo campione che non ha mai usato i preservativi usavano contraccettivi orali”).
“Correlazioni significative sono state trovate tra i punteggi BDI [Beck Depression Inventory NdT] e la lunghezza del tempo (in giorni) dall’inizio delle relazioni sessuali. Per le donne che non hanno utilizzato il preservativo, il periodo di tempo trascorso dal loro ultimo incontro sessuale è stato correlato con i sintomi depressivi. Lo stesso vale per le donne che hanno riferito di usare il preservativo qualche volta. Tuttavia, per chi ha usato il preservativo per la maggior del tempo queste correlazioni sono state vicine allo zero e non significative. Così, per le donne sessualmente attive che non hanno in genere utilizzano i preservativi, i sintomi depressivi sono aumentati con l’aumento della quantità di tempo dal loro ultimo incontro sessuale.”
Benché sia stata notata una più alta frequenza di rapporti sessuali tra le donne che non usavano i preservativi, rispetto alle altre (quasi due volte di più), la ricerca ci dice che “Per determinare se essere in una relazione può influenzare i punteggi della depressione, le intervistate sono state suddivise in due gruppi: quelle che erano attualmente in una relazione con un persona del sesso opposto (…) e quelle che non lo erano (…). I punteggi BDI tra le donne che erano in un rapporto (…) e quelle che non lo erano (…) non erano significativamente differenti. Similmente, la durata della relazione non è stata correlata con i sintomi depressivi. L’unica correlazione significativa, riguardante la relazione, era la frequenza dei rapporti sessuali, che era inversamente proporzionale alla lunghezza del rapporto.”
Dunque “l’uso del preservativo ha rappresentato la variabile maggiore nella depressione” e “In contrasto con i preservativi, l’uso di contraccettivi orali sembrava non avere alcun effetto sui sintomi depressivi.”, “non vi erano differenze significative nei sintomi depressivi tra chi usava i contraccettivi orali e chi non ne faceva uso.”
Alle donne è stato chiesto anche se avessero mai tentato il suicidio. E’ risultato che “solo il 4,5% di quelle che non usavano il preservativo aveva tentato il suicidio, in confronto al 7,4% di quelle che lo avevano usato qualche volta, al 28,9% di quelle che lo utilizzavano di solito e il 13,2% di quelle che lo utilizzavano sempre.
Tra quelle che avevano usato i preservativi, di solito e sempre, c’erano significativamente più probabilità di aver tentato il suicidio rispetto a quelle che non l’avevano mai usato o avevano usato i preservativi solo a volte.(…) Le donne che si sono astenute dalle relazioni sessuali hanno mostrato un’incidenza di tentativi di suicidio (13,5%) paragonabili a quelli che hanno avuto rapporti sessuali, ma che hanno sempre usato il preservativo.”
Ciò che emerge da questi dati non ha quindi nulla a che vedere con l’ingoio dello sperma e il sesso orale. Si tratta di rapporti vaginali. Personalmente trovo molto più interessanti i riferimenti al suicidio e alla frequenza dei rapporti, dal punto di vista del comportamento femminile: l’associazione di indici depressivi all’utilizzo del preservativo, assumendo come reali questi dati, mi sembra qualcosa da indagare. I livelli ormonali devono sicuramente essere confrontati con altri dati relativi a fattori esterni, come la storia personale e gli eventi concomitanti al momento della ricerca. E’ qualcosa su cui si tornerà alla fine.
La discussione attorno ai dati raccolti prende in esame tre possibili conclusioni alternative all’ipotesi di partenza.
“E’ importante riconoscere che questi dati sono preliminari e di natura correlazionale, e come tali sono solo suggestivi. La prova definitiva degli effetti antidepressivi dello sperma richiederebbe una manipolazione diretta della presenza di sperma nel tratto riproduttivo e, possibilmente, la misurazione dei componenti seminali nel sangue della ricevente. Anche se i nostri risultati sollevano più domande che risposte, essi mostrano che il livello di sintomi depressivi tra le studentesse universitarie di sesso femminile sessualmente attive è legato alla coerenza d’uso del preservativo.
Le donne che hanno fatto sesso senza preservativo, e quindi avrebbero avuto più probabilità di avere dello sperma nel loro tratto riproduttivo, testimoniavano significativamente meno sintomi depressivi rispetto a quelle che avevano usato il preservativo (…). Coerentemente con l’ipotesi che ci possa essere qualcosa nello sperma che antagonizzi la depressione, le donne che avevano rapporti sessuali senza preservativo hanno anche mostrato punteggi di depressione più bassi di quelli che sono stati rilevati in chi praticava la completa astinenza. Il fatto che i punteggi della depressione tra le donne che non facevano sesso non si differenziava da quelli che stavano usando i preservativi dimostra che non è l’attività sessuale in sé che antagonizza la depressione.
Tra le donne sessualmente attive che non hanno mai usato il preservativo o lo hanno usato qualche volta, c’era una correlazione significativa tra i punteggi della depressione e il tempo trascorso dall’ultimo incontro sessuale.
In altre parole, i sintomi depressivi tra le donne che non hanno usato di solito i preservativi aumentavano in funzione del tempo trascorso dal loro ultimo incontro sessuale. Una considerazione di questo rapporto potrebbe essere che le donne che non usano il preservativo fanno sesso in parte per alleviare i sintomi depressivi. A sostegno di questa ipotesi, abbiamo trovato che la frequenza dei rapporti sessuali è inversamente proporzionale alla coerenza d’uso del preservativo (…). Infatti, le donne che non hanno usato i preservativi facevano sesso quasi due volte più spesso coloro che hanno sempre utilizzato i preservativi.
In termini di rapporto tra l’uso del preservativo e sintomi depressivi, è anche importante commentare le differenze riguardo i tentativi di suicidio. Le donne sessualmente attive che di solito o sempre hanno usato i preservativi, sono state più propense a riferire di avere tentato il suicidio rispetto a coloro che non hanno mai usato o hanno usato solo qualche volta i preservativi. Similmente, più o meno allo stesso modo in cui era vero per i punteggi della depressione, quelle che si sono astenute dal fare sesso erano equivalenti a quelle che in genere hanno utilizzato il preservativo, in termini di percentuale di intervistate che ha ammesso un tentativo di suicidio precedente.
E’ importante riconoscere e commentare i diversi resoconti alternativi possibili ai nostri risultati. Perché oltre 7 su 10 delle donne sessualmente attive in questo campione che non ha mai usato i preservativi usavano contraccettivi orali, potrebbe esserci qualcosa nei contraccettivi orali che compensa o antagonizza i sintomi depressivi. Tuttavia, sia entro sia tra le categorie che usavano i preservativi non vi erano differenze significative nei punteggi della depressione in funzione dell’uso di contraccettivi orali. In effetti, tra le donne che stavano usando il preservativo, c’era un numero consistente di loro che assumeva dei contraccettivi orali. Ma, quelle che usavano entrambi, i contraccettivi orali e i preservativi, hanno mostrato un po’ (ma non significativamente) più sintomi depressivi rispetto a quelli che stavano usando solo i preservativi.
Un’altra considerazione, in concorrenza con il proposito che lo sperma funzioni come un antidepressivo, potrebbe essere che le donne sessualmente attive che non usano mai il preservativo erano meno depresse semplicemente perché stavano facendo più spesso sesso (…). Tuttavia, quando crollò, tra chi usava il preservativo, la frequenza dei rapporti sessuali, essa non è stata correlata con i punteggi del Beck Depression Inventory. Come ulteriore prova che il rapporto sessuale di per sé non ha alcun effetto sui sintomi depressivi, è importante notare che i punteggi della depressione per le donne che si sono astenute dal sesso non differiscono da quelli delle donne che erano sessualmente attive e utilizzavano i preservativi.
Una terza possibilità sarebbe quella che fare sesso senza preservativo potrebbe essere un indicatore di comportamento ad alto rischio, perché la prospettiva di contrarre una malattia a trasmissione sessuale è maggiore tra coloro che non usano il preservativo. Così, si potrebbe argomentare che le differenze individuali nei comportamenti a rischio possono essere confuse con l’uso del preservativo.
Tuttavia, diversi studi hanno dimostrato che diversi tipi di comportamento a rischio sessuale non sono correlati con i punteggi del Beck Depression Inventory (Dilley, McFarland, Sullivan, e Discepola, 1998; McCusker, Goldstein, Bigelow, e Zorn, 1995).
Resta ancora un’altra spiegazione di questi dati, potrebbe darsi che le donne che non usavano preservativi erano meno depresse perché avevano più probabilità di essere in una relazione sessuale a lungo termine. Per tenere conto dell’ effetto che essere in una relazione potrebbe avere sui sintomi depressivi, alle donne è stato chiesto se fossero attualmente coinvolte in una relazione sessuale, e se sì, da quanto tempo durava. Non ci sono state differenze significative nei punteggi riguardanti la depressione tra coloro che erano in una relazione e quelle che non lo erano. Allo stesso modo non vi era alcuna correlazione tra la quantità di tempo dal loro ultimo incontro sessuale e sintomi depressivi nelle donne che erano in un rapporto. Inoltre, la lunghezza della relazione non è stata correlata con differenze individuali nei sintomi depressivi.”
“La ricerca ha dimostrato che la vagina assorbe diversi prodotti biologici contenuti nel liquido seminale (ad esempio: estrogeni, testosterone, prostaglandine) che possono essere misurati nel sangue femminile entro alcune ore dopo la somministrazione (Benziger & Edleson, 1983;. Sandberg et al, 1968) .”
In poche parole la ricerca sembra confermare l’ipotesi di Ney dato che “sia gli estrogeni e le prostaglandine hanno dimostrato di alleviare i sintomi depressivi, o almeno di essere presenti a livelli inferiori rispetto a quelli che sono depressi.” Gli “estrogeni hanno dimostrato di avere effetti di innalzamento dell’umore in donne in post-menopausa” mentre i contraccettivi orali a base di estrogeni aumentano l’uomore delle giovani donne.
“Se lo sperma antagonizza i sintomi depressivi nelle donne, è interessante speculare su dove questo effetto può essere originario; ossia, gli effetti sono mediati dal trasporto dei componenti dello sperma attraverso il tessuto vaginale o attraverso l’utero? Un modo ovvio per fare una valutazione preliminare circa il sito d’azione sarebbe quello di confrontare le donne che utilizzano diaframmi come mezzo di contraccezione con coloro che non utilizzano diaframmi o preservativi. Tra quelli che utilizzano diaframmi, l’effetto dello sperma sarebbe limitato al tratto vaginale.”
Siamo giunt@ a quattro pagine di ricerca e solo ora appare nell’orizzonte delle probabilità future, l’argomento sesso orale, introdotto come possibile ampliamento del campo di ricerca, assieme ai rapporti anali, eterosessuali e omosessuali, al parto, alla menopausa, alla fase premestruale, all’uso del diaframma e pure alla soddisfazione ricavata dalle relazioni in corso, tutto per comprendere meglio l’assorbimento degli ormoni.
“È anche possibile che vi possano essere altri siti non riproduttivi di ingresso. Ad esempio, sarebbe interessante indagare i possibili effetti antidepressivi di ingestione orale di sperma, o sperma applicata attraverso il rapporto anale (o entrambi) sia tra coppie eterosessuali così come gli uomini omosessuali.”
Dunque ogni articolo impostato su questa ricerca che tratti di ingestione di sperma come cura antidepressiva, è una bufala sessista e fa disinformazione scientifica.
[1] P. G. Ney, qui indicato solo come Ney, che nel 1986 ha scritto “The intravaginal absorption of male generated hormones and their possible effect on female behavior. Medical Hypotheses “ (dalle note al testo), una ricerca sull’assorbimento intravaginale degli ormoni contenuti nello sperma e il loro effetto sul comportamento femminile [NdT].
2 risposte a “Su depressione, sperma e sesso orale – la ricerca”
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