I’ll show you mine, ovvero chi ha paura della vulva?

I’ll Show You Mine è un libro realizzato da Wrenna Robertson – attivista, accademica e stripper – e dalla fotografa Katie Huisman, insieme a tutte le donne rappresentate nel libro.

Il libro è una risorsa educativa creata allo scopo di decostruire le norme artificiali e irrealistiche della società riguardo alla normalità e bellezza della vulva, aiutare le persone ad avere un’idea realistica dei diversi aspetti di una vulva, e soprattutto delle diverse percezioni che le donne stesse ne hanno. Wrenna ha deciso di realizzare questo libro provocatorio, originale e toccante allo scopo di celebrare la bellezza insita nelle diverse vulve, dopo aver notato che sempre più donne prendono in considerazione la chirurgia estetica o la labioplastica allo scopo di correggere quelle che considerano vulve ‘anormali’ o poco attraenti.

Nel libro vengono quindi rappresentate 60 donne, di etnie ed età diverse, ognuna attraverso due foto della propria vulva accompagnate dal racconto, fatto dalle stesse protagoniste, delle proprie esperienze – tragiche o celebrative, rabbiose o sensuali – in merito alla propria sessualità. Le donne rappresentate appartengono ai percorsi esistenziali più disparati, sono studentesse, dottore, artiste, accademiche, sex worker, madri, nonne, casalinghe, imprenditrici, ecc.

Nelle prossime settimane, proporremo le immagini di alcune delle protagoniste del libro, insieme alla loro storia: cominciamo oggi con Diana. Buona lettura!

Mi chiamo Diana.

Quando ero molto piccola, amavo così tanto la mia vagina. Il suo odore e il suo aspetto mi facevano sentire così bene e a mio agio, ed esprimevo in maniera molto esplicita l’orgoglio che provavo nell’essere una bambina.

Quando ero ancora abbastanza piccola e carina da essere percepita, da occhi adulti, come innocente e innocua, mi vantavo lungamente dei miei genitali, descrivendone nel dettaglio la struttura – considerandoli addirittura di molto migliori rispetto a quelli dei ragazzini che conoscevo.

showyouminediana

Non ricordo esattamente quando, come, o chi mi ha contagiato con la paura e la vergogna che ho sviluppato in merito alla mia vagina, ma dai 6 o 7 anni ho cominciato ad augurarmi che non esistesse. Intorno ai 10 anni, ero praticamente riuscita a nasconderla completamente, anche a me stessa. Le perdite occasionali di fluidi e il terrore mestruale erano le sole cose capaci di ricordarmi di quello spazio che avevo tra le gambe. L’arrivo delle mestruazioni mi fece sentire solamente sporca e consapevole, e cominciai a impacchettare la mia vergogna nella carta igienica e nel cotone, avvolgendo gli assorbenti usati in strati su strati di carta igienica, sperando che la mia famiglia non avrebbe mai scoperto il mio sanguinare.

Non sono cresciuta in un ambiente nel quale alle donne fosse consentito di essere orgogliose di essere donne.

Quando iniziai ad avere rapporti sessuali, avevo già collezionato oltre un decennio di vergogna sessuale. Mi ci è voluto quasi un anno per imparare a sentire, a respirare attraverso il disagio, l’imbarazzo e la colpa, ad accorgermi del fatto che potevo, davvero, sperimentare il piacere.

Ci vuole ancora un sacco di fatica e di incoraggiamento, personale e da parte di altr*, per sentirmi a mio agio nell’esprimere la gioia e la felicità che un tempo provavo per la mia vagina. Partecipare a questo progetto mi ha consentito di provare un nuovo sentimento di amore nei confronti di questa parte del mio corpo – sentire che la mia vulva è desiderata, e può essere amata, e che questo amore è meritato.