Riprodursi? Anche no!

 Devo ammetterlo, la questione fino a qualche anno fa non mi interessava proprio… Fino a quando sono stata felicemente immersa in quell’età nella quale la riproduzione è soltanto uno spauracchio (la gravidanza da evitare perché troppo giovane) nonché una questione teorica rimandabile (apparentemente, come tutte le cose spiacevoli – dalla calvizie maschile all’artrite) in un futuro molto più ipotetico che reale. Ma compiuto il giro di boa (non ricordo nemmeno esattamente quando), la questione dell’avere figli è diventato come un mantra. Sia chiaro, non per me: io sono rimasta, da quel punto di vista, quella di un tempo. E tra tante idee del cavolo che mi sono state inculcate dal ‘braccio amorevole del sistema’ (la famiglia), fortunatamente l’inevitabilità del mio destino di ‘fattrice-in-quanto-donna’ non ha mai attecchito particolarmente nei miei genitori, e di conseguenza, in me… Si, ecco, loro erano più il tipo ‘diventerai-un’-avvocatessa-rampante-e-spietata-vivrai-nella-grande-mela-e-il-tuo-guardaroba-sarà-come-quello-di-paperino-ma-pieno-di-costosissimi-tailleur (Acc…papà e mamma, mi spiace… you lose!). Così sono cresciuta in maniera un po’ più ‘selvatica’ dal punto di vista delle mie gonadi, considerando la questione maternità davvero molto lontana dal mio orizzonte esistenziale. Poi il tempo passa, ti laurei, inizi (tristemente) a lavorare, vai via dalla casa dei tuoi, ti trovi un compagno più o meno fisso, e il mondo intorno subisce una rivoluzione copernicana. Tic, toc, tic, toc, scopri di avere un orologio impiantato nell’utero… E da un giorno all’altro ti ritrovi tutti nelle mutande, per dirla chiaramente. Familiari, parenti, vicini di casa, perfino datori di lavoro… tutti a chiederti se hai dei figli, se ne vuoi, perché non ne vuoi, cioè, insomma, alla tua età… sei strana. Strana io? Cioè, pensiamoci un attimo: PERCHE’ DOVREI DESIDERARE UN FIGLIO?

imagesE non penso tanto a ciò che lo impedirebbe in senso negativo (le solite litanie fatte di lavoro precario, garanzia di un futuro di incertezza per il pupo, fino ad arrivare ai problemi globali di sovrappopolazione in un mondo finito, l’inquinamento, financo la minaccia atomica – sto esagerando… più o meno!), ma a quello che la rende un’opzione insensata IN SENSO POSITIVO: guardo alla mia vita di oggi… non ho un figlio, e non mi interessa averlo. Sono alla soglia dei 40, ho un lavoro precario e part-time che mi fa sì guadagnare poco (ma poi ‘poco’ rispetto a quali standard? Non certo per i miei, per i quali il mio guadagno è più che sufficiente a sopravvivere!) ma mi lascia ampi spazi di vera libertà, fatti di tempo da dedicare a ciò che REALMENTE dà un senso alla mia vita… l’attivismo politico, gli animali umani e non umani che condividono la vita con me, le cose che amo fare (leggere, passeggiare in mezzo alla natura, scrivere o disegnare). Sento di avere una vita molto piena (pure troppo!), e anzi, persino quelle 4 ore al giorno che fino ad ora sono stata costretta a dedicare al lavoro per ‘mangiare’ mi paiono ore rubate al mio tempo di vita, tanto che mi sto arrovellando per cercare un modo di limarle ancora un po’!

Non sento vuoti da riempire, né di tempo né affettivi… anzi, a dirla tutta, sì, a volte sento qualche mancanza, perlopiù quando non riesco a vedere persone a cui tengo – quelle con le quali, negli anni dell’università ad esempio, vivevi in simbiosi giorno/notte – perché stritolate in un lavoro full time o, come sempre più spesso accade, tra le due schiavitù fondanti e primarie di questa società: lavoro e casa/famiglia/figli.

3yEdQETAllora io mi chiedo, perché? Perché le persone arrivano con tanta inconsapevolezza all’età nella quale scatta quella programmazione sociale che le porta, contro ogni ragionamento e buon senso logico (individuale e collettivo) a sobbarcarsi l’enorme fatica personale/economica/di tempo di riprodursi (nonché ad aumentare il già troppo esuberante numero di persone che già esistono, e che non solo stanno cancellando dalla faccia della terra le altre specie, ma stanno anche faticando sempre di più ad esistere loro stesse – la torta è sempre quella, baby, ma gli invitati sempre di più!)? Il mondo esubera di bambini che vivono in condizioni pietose, perché questo anelito al ‘proprio’ bambino? Cos’è questo rigurgito che sa tanto di smania di proprietà e illusione di propria immortalità (cioè, davvero vi considerate così speciali)?
Mi rispondo, in parte: imprinting, noia, paura del futuro e anche una buona dose di totale incoscienza. E, prima che nei confronti di questo mondo, nei propri stessi confronti. La quasi totalità delle persone che hanno dei figli sono totalmente incoscienti, di sé stesse e del proprio ruolo all’interno del sistema di cui tanto si lamentano – quasi mai si sono fermate a chiedersi da dove derivino questi ‘insopprimibili impulsi o desideri’ prima di portarli a compimento – della mole spaventosa di responsabilità verso quel nuovo individuo – ma davvero si può essere felici di mettere al mondo un nuovo schiavo (che ci piaccia o no, questa è la realtà con la quale ci troviamo oggi a farei conti) dovendolo poi indottrinare su come piegare la testa abbastanza per riuscire a sopravvivere! – e verso un mondo che non è soltanto nostro – tutti a immaginare sacri, unici e intoccabili i PROPRI nuovi piccoli umani e mandando al macero tutti gli altri, umani e non, che non trovano posto nel nostro ‘piccolo giardino dell’eden’.
Certo, nasciamo imprintati come le papere di Lorenz, e seguiamo il mostruoso pifferaio magico tutt* felici e starnazzanti… ma poi, crescendo, possibile che non arriviamo mai a capire davvero quello che stiamo facendo? Ricordo quell’ossessivo ritornello dei CCCP (ante rincoglionimento di Giovanni Lindo Ferretti): ‘produci-consuma-crepa’, che ci angosciava da ragazzin*, tanto da ripeterlo all’infinito come le preghiere di un esorcismo – quando tutt* pensavamo che noi, così, non lo saremmo diventat*… che ci saremmo ribellat*!
Io ci riconosco in quanto schiav*: siamo schiav* di questo sistema dalla nascita, differentemente ma similmente da tutti gli altri animali, umani e non, e siamo forgiat* per esistere secondo un’idea totalitaria che non ci appartiene. Questa è la nostra origine, e non è una nostra colpa. Ma poi, poi arriva un momento nel quale subentra (o dovrebbe subentrare) la nostra coscienza e la nostra responsabilità, e lì si palesa invece la nostra collusione. Ed è così deprimente vedere le persone inanellare tappe in maniera automatica, aggiungendo schiavitù a schiavitù, invece di tentare di liberarsi da quelle che già ci opprimono (vedi la schiavitù lavorativa, tra le tante), e trasformare la propria vita, ancora acerba e priva di senso, in una corsa ad ostacoli fatta di doveri verso il datore di lavoro, i figli, la società tutta… fino al giorno in cui si potrà finalmente essere liber* di venire rottamat*, o crepare.
Così dopo l’ingresso imprescindibile nel mondo del lavoro suona la seconda campanella irrinunciabile, quella che obbliga a fare figli, e non si ha più tempo per nulla altro, per amic* e rapporti importanti, per la vita politica, la vita della mente… e i soldi non bastano, bisogna lavorare di più per guadagnare di più, il tempo non basta, bisogna svegliarsi prima per fare tutto e andare a letto sempre più tardi e più esaust*, sobbarcandosi il compito di far crescere degli altri individui, quando non si è mai nemmeno dedicato il giusto e necessario tempo a far crescere sé stess*… e quella persona che siamo e che ancora dovrebbe crescere, capire, nutrirsi di nuove idee ed esperienze finisce in un cantuccio schiacciata da ‘doveri’… autoimposti.
Insomma, perché? Cosa credete che manchi alle vostre vite? Io me lo chiedo, e non trovo una risposta.
A volte qualcun* mi dice che mi sto perdendo qualcosa. Credo abbiano ragione, ma non sanno cosa stanno perdendo loro.

1263.kidsnoway E’ una questione di scelte, del resto. Rispetto a chi ha un lavoro full time e dei figli, io ho meno denaro e più tempo. Non conosco la gioia che possono dare dei bambini, ma nemmeno le rinunce e i dolori. Conosco la gioia della libertà che me ne deriva, dei rapporti altri che coltivo, del tempo che posso dedicare alla mia crescita personale, alla vita in un senso assai più ampio ed inclusivo. Questo guardarmi così mortalmente inserita in un tutto che mi trascende, mi fa sentire assai meno speciale, e d’altro canto assai libera. Perdo qualcosa e guadagno qualcosa, perché ogni scelta presuppone vantaggi e rinunce, e credo che, per la persona che sono, questo sia quanto di più desiderabile possa esistere. Peraltro, ne vedo il grande valore aggiunto di poter avere tempo anche per altr*, la mia famiglia allargata, fatta di quegli animali umani e non umani che già esistono, qui ed ora, e purtroppo, spesso, si trovano in difficoltà.
L’estremo lo raggiunge chi mi taccia di egoismo… egoista, io? Sì, bado al mio benessere. Sono felice del mio tempo, sono felice di non dover ‘vivere per i figl*’, ma di scegliere per chi vivere, per me o per coloro che scelgo di amare. Felice anche di poter oziare, o ‘perdere tempo’. E siccome non ho mai creduto a certe bugie, so anche che la mia scelta di non avere figli ha potenzialità – non ignorabili né irrilevanti – di ripercussioni positive sugli altri esseri già viventi e sul pianeta. Ma poi, come posso essere egoista verso qualcuno che non esiste? E non sono invece costretti all’egoismo i genitori i quali, stritolati nelle cure parentali, spesso anche volendo non possono dedicarsi ad altr*?
Non si deve per forza scegliere tra la propria felicità e quella altrui, anzi: io non l’ho fatto, e la mia pratica politica femminista/antispecista e la mia vita mi hanno insegnato che spesso le due cose coincidono. Un altro mondo non arriverà mai, senza il coraggio di mettere in pratica nuove prospettive…
E non mi reputo estinzionista – almeno non nel senso negativo con cui questo termine viene evocato il più delle volte: sono sicuramente per una riduzione drastica del numero di animali umani, ottenibile non attraverso ‘l’epidemia mortale’ o la sofferenza e il dolore, ma semplicemente evitando di riprodursi in maniera incontrollata e irresponsabile. Si può fare, e si deve fare, checché l’astensione dalla riproduzione sia un tema tabù nella nostra società. Nel frattempo, e ad incommensurabile beneficio delle generazioni future (umane e non umane), mi eserciterò a diventare quella persona e immaginare quel mondo che vorrei, così distante nelle forme da quello nel quale mi ritrovo oggi a vivere. Cercando di essere io quella figlia a cui insegnare qualcosa di utile e sensato – a beneficio della mia stessa vita e di quella altrui – sforzandomi di imparare dalle altre persone e di trasmettere quello che di buono mi pare di aver inteso… questa è la maternità migliore che possa portare a termine, quella i cui frutti spero avranno davvero un potenziale trasformativo.
Perché i nostri figli siamo noi, e quell* che già ora ci circondano. Liberando noi stess*, liberiamo anche loro, e quell* che verranno.

Dunque cosa stiamo aspettando?

15 risposte a “Riprodursi? Anche no!”

  1. io sarei stata forse la persona meno adatta ad avere dei figli: depressione cronica, sociofobia,ect…eppure ne ho fatti (una). ora sono in un periodo che vira al nero, ma cerco di essere “grata” (a chi poi? a me stessa? a lei?) per tutti quei momenti, anche brevi, in cui questa nascita mi ha portato della gioia. non so perché, ma pur non essendo mai stata attratta dai maschi (salvo passare una vita a biasimarli perchè non erano attratti da me) nè avendo avuto il mito dell’abito bianco (ma davvero basisco quando vedo tutti quei tf e film di paesi più”emancipati” del nostro in cui le donne non fanno altro che sognare quel “magico”momento) l’idea di avere un figlio mi accompagna da quando ero ‘adolescente. probabilmente nasce da un’idea sbagliata, distorta di umanità, che cerca di raccattare disperatamente i germi della purezza. ora che ho lei, ma anche prima di averla, so che i bambini non sono puri, e soprattutto non sono copie. ma proprio perché “non siamo i nostri geni” ho l’illusione che l’educazione possa qualcosa. lei non sarà mai come me e probabilmente neppure come avrei potuto e voluto essere ma sarà già
    molto se sarà un po’ diversa da tante bambine e bambini che vedo (e tacciatemi pure di snobismo, razzismo,etc) già infarciti di stereotipi in età tenerissime. prima avevo un po’ di tempo libero, ma non lo usavo. ora ho la “scusa”, eppure soffro lo stesso. forse c’è un grande equivoco dell’idea dell’essere genitori.io non “vivo per lei” non penso solo a lei. non posso dimenticare di esserci, anche se a volte vorrei farlo. anche se avessi un rapporto più pacifico con la mia esistenza e quindi avessi più fantasia e meno paure, riversando il tutto positivamente sul rapporto con la bambina, credo che vorrei comunque uno spazio per me, per quanto piccolissimo in termini quantitativi. qualche giorno fa ho pianto come un’idiota davanti ai miei (altro tasto dolente della maternità: essere tornata indietro riguardo alla limitazione della loro presenza nella mia vita. necessaria per gli aiuti) per un’esame importante andato male. non posso star male perché sono vecchia e perchè la gratificazione personale di fronte ai figli non esiste più, per loro. e invece secondo me è proprio da madre che se ne sente maggiormente l’esigenza

  2. Io questa tua me la stampo, la fotocopio e la allungo a tutti quelli che, d’ora in avanti, cercheranno di rompermi l’anima con ‘sta storia che “tic toc, l’orologio biologico, la moltiplicazione dei peni, il tempo scorre, poi te ne pentirai, eh si vede che non hai trovato quello giusto” e tutto quello che di solito si dice quando una donna dice di non voler figli.

  3. Ciao Donna!
    Dunque, non faccio figli per molteplici motivi.
    Il primo e più importante, perché non lo desidero, e dunque non vedo perché dovrei piegare il mio sentire a presupposte quanto aleatorie ‘necessità’. Secondo perché, a meno di non credere che i figli siano cloni, emanazioni del proprio sé, non c’è alcun motivo di pensare che un mio eventuale figli* acquisirebbe i miei valori e il mio stile di vita. Fosse stato per i miei genitori, oggi dovrei essere un avvocato rampante e spietato, mentre sono anarchica e antilavorista, veg e femminista… insomma un fallimento darwiniano totale! Per fortuna, noi non siamo i nostri geni. Ovvero lo siamo in minima parte, ma per quanto attiene alle scelte etiche siamo l’ambiente in cui cresciamo. E’ ovvio che crescere in un ambiente familiare con determinate caratteristiche potrebbe influenzare gli individui che ne fanno parte, ma ti assicuro che ben poche femministe che ho conosciuto erano ‘figlie di femministe’. Anzi, la maggior parte acquisiva la propria consapevolezza dall’aver vissuto situazioni di sessismo proprio negli ambiti più ‘familiari’. Terzo, io credo che la ‘maternità’ non nasca dai lombi, almeno non esclusivamente. Nel mio caso, la distanza tra me e la mia famiglia naturale in termini di etica e politica è così abissale da avermi spinto già da ragazzina a seguire ben altre orme, quelle di mamme e papà ‘culturali’, a me ben più somiglianti. Quarto e ultimo, scegliere di non essere madre mi ha liberato nel mio essere qui ed ora, presente a me stessa e al mondo che mi circonda… da un certo punto di vista la trappola della genitorialità è anche quella di costringere le persone a concentrare le proprie energie su di un futuro ipotetico, rappresentato dai figli*, proprio nel momento in cui avrebbero più energie per cercare di comunicare la propria etica, la propria politica, i propri valori fondanti, la propria necessità di giustizia, non solo per sé o per i ‘propri figli*’, ma per tutti gli esseri di questa terra. E sono fiduciosa: di figli* etic* ne ho già quanti ne voglio, persone adulte che nel confronto reciproco hanno acquisito una diversa prospettiva sui temi femministi e antispecisti, ad esempio. Come vedi, ‘di figli* ce n’è più di un*’!
    Ciao,
    f.

  4. Ciao feminoska,
    vorrei dirti che le tue parole sono esattamente quei pensieri che ho nella mia mente e che ruotano giorno giorno impazziti…Ho toni accesi nello scrivere e non sono una persona sempre tollerante,dipende..Diciamo che ho pero’ una domanda da sottoporti.
    Ogni giorno ho davanti esempi di figli e genitori talmente inconsapevoli,automi e figli di automi senza domande e senza risposte,io mi chiedo come mai gente come te(e mi includo anche io) con la tua profondità’ e spessore,non mettano al mondo dei figli,perché’ sarebbe come spargere semi sani in mezzo a “genti”discutibili,che non paragono ad animali perché’ non hanno quella nobilita’

  5. ecco, bendetto.
    ho trentatrè anni e una figlia di 8 mesi. amo profondamente lei e la meraviglia che l’ha datta alla luce.
    e mi intristisce e preoccupa vedere bambini concepiti “perchè era normale averne uno”, da gente che da lì a poco preferirebbe martellarsi le dita piuttosto che stare con la famiglia.
    cazzo.
    troppo spesso mancano rispetto ed educazione.
    per se stessi, per la nuova creatura e per gli altri, che come te magari hanno deciso di uscire a cena e non hanno cazzi di stare a sentire uno che corre per il ristorante a chiamare un bambino che urla con un tovagliolo in mano.

    per fare figli bisognerebbe dover prendere la patente.
    ce ne sarebbero meno.

  6. Ma che stai a ddì?
    No, scusa, davvero non ho capito!
    Guarda, io non ho nulla contro le nuove vite (anzi! Non solo quelle umane però, sorry!) e cerco di vivere la mia al meglio, da cosa hai desunto che sia una flagellante??? parlo solo di una scelta volutamente taciuta nella maggior parte dei discorsi/contesti, una scelta che può rendere felici!
    Ciao,
    f.

  7. direi un discorso piuttosto autocentrico, in fondo rivela la necessità di mettere al centro se stessi e in periferia tutto il resto, il contrario di quel che si vuole esprimere con le parole che ho letto.
    Forse sarebbe diverso se “la magia della natura” avesse regalato (a te che hai scritto) un’altra vita su questa terra piena di animali umani. Una nuova vita merita di essere vissuta così come la vita di ognuno di noi (anche la tua!) e merita di essere accompagnata verso le meraviglie che ci sono (e ce ne sono) sul nostro pianeta.
    Poniti in “periferia” quella autentica!!!!

  8. cara feminoska che dire… io non l’avrei saputo dire meglio!!! grazie cara!! muack

  9. Uno dei tantissimi tentativi di standardizzazione fatti sul corpo e sull’anima delle persone, in particolare donne. Tagliano qualunque cosa non corrisponda alla formina dove vogliono farci infilare tutti quanti. Quando finalmente ci si libererà da queste necessità arcaiche di conferma sociale fatte sulla distruzione di qualunque diversità e deviazione dalla norma prestabilita…allora vivremo in un mondo in cui ognuno potrebbe essere liberamente quello che è, magari anche scegliere liberamente di sperimentare nuovi tipi di relazione e modi di vita mai visti prima, in una creatività sociale ed esistenziale ricca e vivace. Ma questo è il mio sogno, il mondo che vorrei per me…e per mio figlio perché sono anche mamma, felice e consapevole che è solo una delle tante scelte possibili 😉

  10. ottimo articolo|! spero tanto che un giorno nella Bella Italia la donna smettera ad essere vista come “fattrice” e la sua finta funzione sociale!
    raccomando il docufilm “mother” per capire cosa veramente puo’ significare essre madre ! e sopratutto quanto puo” essere sbagliato il modo in cui viviamo la famiglia e la necessita’ di “moltiplicarsi”
    http://www.motherthefilm.com/

  11. Neanche io ti giudico, ma ti faccio notare che dire “dare tutto di me ad una nuova vita che cresce dentro e fuori di te non ha prezzo” è una presa di posizione molto personale (curioso anche il modo in cui l’hai espressa, passando da un me ad un te che mi sembra voler far rientrare nell’universale un’idea molto personale!). Per quanto mi riguarda sono molte altre le cose e le persone della mia vita che non hanno prezzo, e non le sento meno importanti solo perché non sono figli*. Eppure spesso il messaggio che si riceve dall’esterno è di una sorta di ‘aridità affettiva’ di chi sceglie di non avere figli. E no, questo non lo accetto!

  12. non ti giudico . non è nel mio essere. la maternità mi è capitata per caso ( non voluta). avevo 17 annni e non sapevo a cosa sarei andata incontro, io, mamma single, ( no, si diceva ragazza madre).ogi, nonna, so che non cambierei nulla della mia vita. dare tutto di me a una nuova vita che cresce dentro e fuori di te, non ha prezzo! ( per tutto il resto c’è mastercard!)

  13. Che piacere leggere questa pagina proprio in questi giorni. Sto per compiere 31 anni e già mi sento attaccata da tutti i fronti (perfino – o soprattutto? – dalla mia ginecologa). Io e i mio compagno abbiamo le idee ben chiare: noi figli non ne vogliamo. E, nonostante lo ripeta in continuazione questo mio desiderio di non aver figli, tutti, assolutamente tutti, cercano di convincermi ad averne. Sono solo all’inizio dell’attacco “finale”, prima che al famoso (e odioso) orologio biologico finiscano le batterie, ma già non ne posso più. Ma terrò duro!

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