Matt Taylor, e llevate ‘a cammesella

acammesella1Serbilla e frantic hanno tradotto questo articolo di Phil Plait.

La scorsa settimana, l’Agenzia Spaziale Europea ha fatto atterrare una sonda spaziale su una cometa.  E’ stato un un evento storico di grande importanza. Ma un altro fatto, collegato a questo evento,  ha causato un grande trambusto. Matt Taylor, scienziato impegnato nel progetto della missione Rosetta, si è presentato in pubblico per parlare del successo dell‘atterraggio; tuttavia, ha compiuto una sfortunata scelta di abbigliamento. Indossava una camicia da bowling coperta di pinup poco vestite.
Questo ha sconvolto un sacco di gente. Un sacco. Il fatto è stato aggravato dalla descrizione, estremamente mal ponderata, della difficoltà della missione Rosetta: “E’ sexy, ma non ho mai detto che fosse facile.”
Accidenti. Per essere chiari, io non credo che Taylor sia un  furioso misogino o simili; penso fosse proprio all’oscuro di come le sue parole sarebbero suonate e come la camicia poteva essere interpretata. Viviamo tutti in un’atmosfera intrisa di sessismo, e quasi non ci facciamo caso; un pesce non nota l’acqua in cui nuota. Ho vissuto in questo ambiente per tutta la vita, e ci sono stato anche in età adulta, prima prendere coscienza della sua esistenza e capire come contrastarlo. E sto ancora imparando.

È importante sottolineare che, il giorno dopo, chiaramente sconvolto di aver causato tante storie, Taylor si è scusato pubblicamente con sincerità e gentilezza per le sue azioni. La maggior parte delle persone che erano rimaste sconvolte ha accettato le sue scuse e si è tranquillizzata.

Ma non finisce qui. Come è facile immaginare, quando le persone si sono lamentate per il sessismo casuale della camicia e della descrizione della missione,  il contraccolpo misognino ha travolto i social media come un torrente schiumoso, un altro di una lunga serie di manifestazioni della legge di Lewis (“I commenti a qualsiasi articolo sul femminismo giustificano il femminismo.”)
Potrei dire molto a questo punto, ma Dr24Hours ha scritto un’eccellente sintesi che si allinea abbastanza bene con il mio pensiero. Vi prego di andare a leggerla in questo momento.
Ma ho anche qualcosa da aggiungere.
Se pensate che solo le donne si lamentino di questo, vi sbagliate. Certamente molte lo hanno fatto, ed è giusto così. Ma il fatto è che anche io [che sono un uomo] ne sto scrivendo. So che molti uomini miei amici, scienziati e divulgatori scientifici,  ne hanno parlato. E’ importante che gli uomini parlino, ed è importante anche che ascoltino.
Se pensate che questo sia solo il lamento degli invidiosi che non possono reggere il confronto con qualcuno che ha appena fatto atterrare una sonda su una cometa, vi sbagliate. Parlate con la mia amica, la cosmologa Katie Mack. O la scienziata planetaria Sarah Horst. Oppure la geologa Mika McKinnon. Oppure l’astrofisico Catherine Q. * O la geologa planetaria Emily Lakdawalla. O la radio astronoma Nicole Gugliucci. O la straordinaria professora e comunicatora scientifica Pamela Gay. Oppure Carolyn Porco, che ha lavorato sulla missione Voyager ed è la leader del team d’imaging di Cassini, la sonda spaziale che orbiterà intorno a Saturno per oltre un decennio.
Se pensate che siano solo un mucchio di bacchettone, vi sbagliate. Non si tratta di pruderie. La questione è l’atmosfera di denigrazione.
Se pensate sia giusto usare una parola connotata dal punto di vista del genere per insultare e umiliare una donna perché lei ha usato un insulto non di genere verso un uomo, allora siete veramente in errore (e questo è un tweet rappresentativo di molti di quelli che ho visto).
Se pensate che questo non sia un grosso problema, beh, di per sé, non è un enorme problema. Ma non si tratta di una cosa “di per sé”, no? Questo evento non è accaduto nel vuoto. Si verifica quando c’è ancora una grossa falla nel percorso che porta le donne a studiare materie scientifiche ad abbracciare la carriera scientifica. Si verifica quando, ancora, un nome femminile su una domanda per fare ricerca presso un’università rende meno probabile che la accettino†, e molto più probabile che la ricerca venga citata meno. Si verifica quando non siamo ancora neanche vicini alla parità nell’assunzione e nella continuità professionale delle donne in ambito scientifico.
Quindi sì, è solo una camicia.
Ed è solo una pubblicità.
E ‘solo un modo di dire.
E ‘solo uno show televisivo.
E’ solo in Internet.
Sì, ma tu sei remunerata quasi quanto un uomo.
E’ solo un fischio.
E’ solo un complimento!
E’ solo che i ragazzi sono ragazzi.
E ‘solo che lei è una puttanella.
E’ solo che il tuo vestito è così corto.
E’ solo che “vogliamo sapere quello che indossava al momento, signora.”
E’ solo che è solo che è solo.
E’ solo una morte dovuta a mille tagli. Nessuno dei tagli uccide. Alla fine, lo fanno tutti.

* Aggiornamento, 18 Novembre 2014 alle 03:00 UTC: Non posso credere di aver dimenticato la mia amica Catherine Q nella lista degli scienziati che hanno parlato di tutto questo. Ora è sulla lista.

† Correzione (19 Novembre 2014): Originariamente ho scritto che avere un nome femminile su una ricerca significa avere meno probabilità di essere pubblicati.