Intervista ad Edmondo, professore libertario

banksyCon grande piacere vi proponiamo un’interessante intervista fatta ad Edmondo, professore libertario e autore del blog scuola libertaria, con la speranza che ciò generi dubbi su come stiamo educando i/le nostr@ bambin@ e sul ruolo reale della scuola tradizionale. Buona lettura!

1)  Cosa si intende per pedagogia libertaria? E quando e come è nata? Come la pedagogia libertaria si differenzia da quella tradizionale?

La tua prima domanda richiederebbe lo spazio di un’enciclopedia. Ogni bambino porta con sé un proprio progetto di vita, come anche proprie esigenze, proprie emozioni, proprie aspettative e desideri, una gamma di singolarità psicofisiche che lo rendono unico e irripetibile. Al contrario di quanto fanno le pedagogie autoritarie che operano opportunisticamente dall’esterno per omologare e annullare ogni individualità, la pedagogia libertaria si concentra sulle singolarità, rispetta le caratteristiche di ogni individuo, crea l’ambiente relazionale più consono affinché le attitudini possano emergere e svilupparsi. La pedagogia libertaria educa persone, non addestra sudditi. Ogni persona deve poter esprimere pienamente se stessa per diventare se stessa, e non qualcosa che altri hanno deciso. Quel progetto di vita che la natura ha fornito ad ognuno di noi deve potersi realizzare, e questa realizzazione si raggiunge soltanto attraverso un contesto libero, tra esseri umani liberi. In buona sostanza, la pedagogia libertaria educa a essere, non a dover essere.
Rispettare l’essere umano in quanto tale, nella sua totalità, di questo si occupa la pedagogia libertaria, e in questo senso la sua nascita affonda le radici nelle prime critiche all’esistente autoritario. Se ad esempio penso a un Diogene, non posso non vedere in lui uno dei primi educatori libertari. Tuttavia, il primo teorico a scagliarsi metodicamente contro l’istituzione scolastica tradizionale è stato il filosofo illuminista William Godwin. I suoi scritti -ancora oggi all’avanguardia- sono la reazione sintomatica di una malattia preesistente.

2) Come si diventa insegnanti libertar@?

Le competenze richieste sono l’umanità e l’antiautoritarismo. Non esistono lauree per queste competenze. Educatore libertario non è un marchio certificato dallo Stato, non lo si diventa dopo aver seguito un percorso istituzionale obbligato, è invece una inclinazione naturale, uno stile di vita, un’attitudine alla reciprocità, alla solidarietà, e anche al gioco, tutte prerogative che appartengono all’essere umano libero, sganciato dai dogmi e dai ruoli inventati dalla società mercantile. E’ certamente auspicabile, per un educatore libertario, informarsi sull’argomento, leggere quanto hanno scritto i pedagogisti libertari, i filosofi anarchici. C’è un esaltante universo di conoscenza tenuto espressamente nascosto dallo Stato. Anche sulla base delle mie esperienze, posso dire che un educatore libertario non può non essere a sua volta libertario, anarchico; lo dico a ragion veduta.

3 ) Come spieghi ai/lle tuoi/e alliev@ la tua scelta di usare un metodo di insegnamento differente? E quali sono le loro reazioni?

Non esiste un metodo di insegnamento codificato, perciò non c’è bisogno di spiegare ai bambini alcunché. Semmai quello che i bambini percepiscono è un atteggiamento diverso da parte mia rispetto a quello tradizionale dei miei colleghi. E ne rimangono estasiati. Per i bambini che escono dalle elementari già condizionati e addestrati all’obbedienza è uno shock trovarsi faccia a faccia con se stessi, nella libertà che hanno già dimenticato a causa delle convenzioni imposte e assorbite. Poi scoprono che in classe -ad esempio- sedersi a terra non fa male, e che il divieto che è stato loro imposto fin dalle elementari non era altro che una scusa per far contento qualcun altro (genitori, parenti, maestri, società, sistema). Il bambino si pone la giusta domanda: ‘ma perché devo sempre fare le cose che piacciono ai grandi’? E’ proprio quel ‘devo’ che i bambini mettono continuamente in discussione, cosa che gli adulti scolarizzati non fanno più. A poco a poco, a furia di sentirsi dire ‘tu sei piccolo e non capisci’, i bambini finiranno per credersi davvero idioti rispetto agli adulti e inferiori a loro. Inizialmente io faccio vedere ai bambini che la libertà non fa male, poi ognuno di loro si organizzerà nelle proprie scelte, con consapevolezza.

4)  Secondo la pedagogia libertaria si dovrebbe imparare per piacere e non per obbligo. Ci puoi fare degli esempi di come, questo concetto, si possa mettere in pratica all’interno delle scuole?

La curiosità è innata, solo stimolando la curiosità si impara veramente e con gioia. Ed è l’ambiente, il contesto, che deve essere un buon terreno adatto ad alimentare la curiosità. Le aule-celle, la costrizione, non stimolano la curiosità, uccidono ogni voglia di imparare e di essere, trovo molti limiti nel mio operato anche a causa di questa reclusione forzata. Tuttavia si può sempre fare qualcosa. A volte, mentre i bambini disegnano, io sfoglio dei libri di arte, allora qualche curioso viene da me a guardare le immagini, poi si aggiungono degli altri, e sono tutti spinti dalla curiosità, e a quel punto aspetto le loro domande su quelle immagini. Che cosa ho fatto? Ho creato il contesto necessario alla relazione, alla curiosità e all’apprendimento. L’ambiente è libero, nel senso che non obbligo i bambini a rimanere nel banco, come farebbero i miei colleghi. Una semplice cartina geografica e un po’ di savoir faire professionale possono, anche quelli, essere degli strumenti per stimolare la curiosità e aprire discussioni su temi profondi, come ad esempio l’artificiosità dei confini nazionali e le guerre. Tu stai per terra con delle matite colorate, giochi, disponi le matite secondo una logica precisa, e vedrai che quei bambini incuriositi verranno a chiederti cosa stai facendo, e tu potrai dire loro che stai disponendo i colori complementari uno di fronte all’altro, ti chiederanno di spiegare il significato di ‘colori complementari’. Ma tutto questo lo dico per chi dovesse porsi la falsa questione del… ‘sì, ma cosa imparano del programma scolastico’?. Agli adulti interessa il cosa si impara, non si pongono il problema del come si impara, e quando se lo pongono pensano che il modo migliore per imparare sia quello coercitivo, quello che hanno subìto e conosciuto. Per noi educatori libertari è esattamente il contrario: perché bisogna imparare le cose con il dolore quando lo si può fare con la gioia?

5)  L’uscita in bagno, i voti, le liti, il programma e quant’altro come lo si gestisce se non c’è una gerarchia? Ovvero le decisioni come si prendono? E, a chi prospetterebbe il caos, tu cosa rispondi?

Tutte le decisioni vengono prese in assemblea, non esiste gerarchia. La mia opinione vale come quella dei ragazzi. Si discute e si decide insieme, e anche così ci si responsabilizza. Il caos, inteso maldestramente come confusione fastidiosa, non esiste. C’è invece un alto senso di responsabilità individuale, che non vuol dire allineamento e livellamento, al contrario vuol dire dinamismo, vitalità, e questa non è confusione, ma ordine-altro. Ecco perché gli anarchici dicono giustamente che l’anarchia è ordine senza autorità. Questo ordine-altro che va fuori lo schema imposto dà fastidio solo a quelli che hanno in mente un tipo di ordine militare, formale, burocratico. Nota a margine: è stato altrove evidenziato come i dittatori abbiano una vera mania per l’ordine, un’ossessione, intendo dire l’ordine inquadrato, incasellato, formale, militare… chi desidera quel tipo di ordine ha bisogno di controllare le cose, le persone, le comunità. E’ un segno di grande debolezza che si trasforma in forza autoritaria. La scuola insegna anche ad avere una forma mentis di quel tipo, militare e autoritaria. La scuola nasce per esigenze militari. Disciplina è da sempre la sua parola-chiave.

6) Qual è la reazione degli altr@ professor@ rispetto al tuo metodo di insegnamento? Sono curios@ oppure resti@?

I miei colleghi e le mie colleghe? Sono la prova concreta del fatto che la scuola tradizionale ha agito su di loro in maniera tragicamente eccellente. Rispetto alla posizione dei miei colleghi sul mio modo di fare scuola, individuo due momenti, il primo di grande interesse nei riguardi di una pedagogia improntata sull’umanità e sulla centralità della persona. Poi però, quando potrebbero anche loro mettere in pratica le cose che predicano, non ce la fanno, non sono capaci di considerare ‘i piccoli’ delle persone come loro, con gli stessi diritti e con delle proprie esigenze. Gli adulti pensano sempre che i bambini debbano porsi al di sotto di loro, che siano sacchi vuoti da riempire, da moralizzare, punire, premiare, addestrare. Credo non vi sia nessun insegnante al mondo che non dica di fare il bene dei ragazzi, e magari alcuni di questi insegnanti, come mi è capitato di vedere, dicono anche di essere libertari, eppure la realtà sociale la vediamo. Tra il dire e il fare… Perciò dico ancora che per adottare una pedagogia libertaria bisogna prima che l’educatore sia un libertario, o almeno fortemente intenzionato a mettere in discussione tutto ciò che fa, e a trasformare in pratica tutto quello che dice.

7)  La censura e a volte il revisionismo operati nei testi scolastici è qualcosa di cui si sa poco ma che è largamente diffuso. Cosa ci puoi dire a riguardo e soprattutto come affronti tale problema?

Non adotto libri da sempre, non li uso, anche quando mi sono trovato in quelle classi dove i ragazzi li avevano già acquistati. Tutt’al più guardiamo le immagini, ma per questo ormai c’è internet. La mia negazione del libro è dovuta anche a questioni di censura operata dalle case editrici al soldo e per conto del sistema. Ci sono interi capitoli tagliati, pagine di vere rivoluzioni -sottolineo vere, non delegate- che non vengono divulgate, punti di vista che non vengono presi in considerazione, e tutto ciò che viene divulgato non soltanto è propaganda di sistema e manomesso, ma viene pure inserito in un percorso obbligato, serrato in capitoli chiusi, ordinati, codificati, somministrati in base all’età dei ragazzi. Vietato far leggere agli undicenni gli argomenti destinati ai tredicenni. In linea di principio, tutto ciò che è mediazione, interpretazione a monte, è nocivo alla conoscenza e alla formazione del pensiero critico. Ma anche se io non adotto libri, non vieto a nessuno di comprarli. I libri sono mass-media, proprio per questo molti testi non vengono diffusi, perché sono quelli che smentiscono il punto di vista dello Stato. Quindi ci sono due censure, quella relativa alla manipolazione dei fatti, e quella relativa alla mistificazione di altre voci. Attenzione quando si fa l’apologia dei libri in generale, in quei casi io chiedo sempre: ‘leggere sì, ma quali libri’?

8)  Dopo tanti anni di insegnamento avrai sicuramente capito quale peso occupa la scuola nel processo di normalizzazione dei/lle ragazz@. Ci dici qual è l’attuale situazione? La scuola quanto influenza i/le nostr@ ragazz@? C’è molta differenza tra i bambin@ dell’elementari e quell@ delle medie? E al liceo?

Se pensi che il momento di crescita psicofisica più importante per una persona è quello dell’infanzia, puoi immaginare quanto peso abbia la scuola nel processo di normalizzazione. Migliaia di ore sono state progettate per la normalizzazione del fanciullo. Bambini e ragazzi costretti per anni a eseguire ordini col ricatto del premio o della punizione. Logica da caserma. E alle ore scolastiche si aggiungono anche quelle extrascolastiche, i compiti a casa. E quando i genitori credono che la tv sia un giusto svago dopo i compiti, non sanno che anche la tv ha valenza pedagogica autoritaria. Nell’arco della giornata, al bambino non rimane che qualche sparuto momento di libertà, non sufficiente per ripristinare l’autostima. Pensiamo anche ai giochi che il sistema progetta per i bambini, nessuno di questi giochi educa alla solidarietà o al rispetto dell’altro, tutto il contrario. E se il bambino gioca col genitore, molto spesso il genitore gli insegna inconsapevolmente ciò che egli è diventato: un superiore a cui si deve rispetto, un ruolo sociale, un perfetto cittadino deresponsabilizzato, obbediente all’ordine costituito e a tutte le autorità. Insomma, al bambino non rimane che la notte per sognare di essere finalmente quel che desidera essere. Sempre che i suoi sogni non siano pieni di adulti generatori di incubi. Rispetto alla scuola di un tempo, quando i bambini dopo la scuola giocavano insieme per strada e inventavano i loro giochi, la situazione è peggiorata. Man mano che questi bambini crescono dentro il sistema coercitivo, a questo sistema si adattano perfettamente, fino a pensarlo naturale e giusto. Questi ragazzi devono arrivare al liceo completamente assuefatti e aderenti al sistema. A 18 anni, totalmente deresponsabilizzati, sono già pronti per delegare, persino smaniosi di farlo.

9) In una società sessista e omo/lesbo/transfoba quale quella in cui viviamo anche l’educazione che riceviamo a scuola non può che esserlo altrettanto. Come la pedagogia libertaria si pone rispetto a ciò?

Una buona educazione non contempla discriminazioni di alcun tipo, non le alimenta, non le crea. Su questo tema, la differenza tra la pedagogia tradizionale e quella libertaria consiste nel fatto che mentre la prima predica bene e razzola male, la seconda mette in pratica ciò che dice. E’ inutile predicare l’eguaglianza se questa non viene messa in pratica. La scuola tradizionale professa la democrazia, ma dov’è questa democrazia nella scuola? Conosci la canzone di Tenco ‘Cara maestra’? E’ un minuscolo esempio dell’ipocrisia della scuola.

10) Hai mai avuto problemi con i genitori dei tuoi alunn@? Qualcun@ si è mai opposto o lamentato del tuo metodo di insegnamento? Oppure l’inverso?

Per quanto attiene alla mia esperienza, raramente i genitori si sono opposti. In quei casi l’opposizione era nata dalla non conoscenza diretta della pedagogia libertaria. E’ stato sufficiente parlare con questi genitori per far loro apprezzare questa pedagogia. Quale genitore si opporrebbe a una educazione che si concentra sulla persona, e che non considera i figli come degli idioti?

11) Se decidessi di dare ai/lle miei/e figl@ un’educazione improntata sulla pedagogia libertaria cosa dovrei fare? Ci sono delle scuole libertarie in Italia? Sono tutte uguali o si distinguono le une dalle altre? E se nelle mie vicinanze non ve ne sono quali alternative ho? Esiste una rete di insegnanti libertar@? O degli incontri a cui poter partecipare per potersi confrontare?

Nel blog c’è un elenco di scuole libertarie (italiane e non), altri progetti si stanno realizzando. Ognuna ha un proprio stile educativo dovuto anche al carattere comunitario e unico che anima ognuna di queste scuole, quindi non ci sono stili imposti e preordinati da qualcuno e valevoli per tutte le scuole libertarie, non si potrebbe neanche definirli ‘stili’, i modi di agire si generano spontaneamente a seconda delle singole esigenze e del tipo di contesto territoriale, e variano. I regolamenti esistono, vengono discussi e decisi da tutti, e sono molto dinamici. Se vicino alla tua abitazione non ci sono scuole libertarie, è possibile aprirne una, oppure educare i propri figli attraverso la scuola parentale, l’homeschooling, che è un buon modo di fare scuola, anche questo in espansione nel mondo. Ci si può confrontare con i genitori che hanno deciso di non mandare più i figli nella scuola tradizionale, una rete esiste (educazionelibertaria.org), come anche un’organizzazione europea no profit (eudec.org), si fanno convegni, conferenze, incontri, sia a livello locale, sia a livello internazionale (Idec).

12) La pedagogia libertaria insegna innanzitutto ad esser e lasciare gli/le altr@ liber@, ma l’intera società rema verso l’obiettivo opposto. Come cambia l’atteggiamento dei/le tuoi/e alliev@ rispetto alla società e alla famiglia, primo luogo in cui si insegna il “rispetto” per l’autorità?

Per quanto mi è dato di rilevare, nonostante le poche ore che ho a disposizione e che perciò sono ‘perdenti’ rispetto al monte ore autoritario che i ragazzi sono costretti a subire, vedo che i ragazzi acquisiscono più autostima, il loro pensiero critico è attivo, così come attivi sono il senso di responsabilità, l’attenzione nei confronti del sociale, il rispetto degli altri e dell’ambiente. Atteggiamento non teorico, ma pratico. Questi ragazzi affrontano la società e la famiglia utilizzando argomenti concreti, mai retorici, sono abituati a ragionare sulle questioni senza cadere nella trappola dei pregiudizi. In questo momento penso a dei ragazzi in particolare, alcuni miei ex studenti, ragazzi e ragazze davvero meravigliose.

13) In Italia si continua a tagliare sull’istruzione con lo scopo di privatizzarla e farci ritornare agli anni in cui solo alcun@ potevano permettersela, aumentando a dismisura l’enorme divario che c’è già tra le diverse classi. Cosa credi si possa o debba fare per arrestare questo smantellamento?

La scuola non potrà mai essere smantellata. Il sistema non farebbe mai a meno di uno dei suoi strumenti di massificazione e indottrinamento più efficaci. Quella tra scuola pubblica e privata è una falsa questione, non c’è alcuna differenza di metodo e di scopo tra le due realtà. E anche il concetto di ‘pubblico’ è traviato, quasi nessuno sa cosa voglia dire realmente ‘pubblico’. L’obiettivo che il sistema vuole raggiungere con i tagli alla scuola è quello di fare cassa, perciò ai piani alti progettano il travaso degli studenti da un edificio a un altro, dove nel secondo (privato) dovranno versare più soldi con la scusa -che verrà loro puntualmente fornita- del sempre presunto ‘merito’ e di un sempre ipotetico miglioramento delle conoscenze e competenze. Il mondo dell’istruzione (terribile parola) cambierà in questo senso: professori messi in competizione tra loro, ipercaricati di lavoro e sottopagati, studenti ancora più sottoposti a controllo e competizione, classificazione esasperata dei saperi e delle persone, discriminazione, aziendalizzazione forzata, ricerca settorializzata e funzionale agli sponsor, perpetuazione del ‘programma nascosto’ di cui ci riferiva Ivan Illich già nel 1971. Alla luce di tutto questo, mi sembra doveroso, dopo almeno 2600 anni di pedagogia autoritaria, cambiare rotta e porsi ‘in direzione ostinata e contraria’, sulla strada dell’essere umano e della sua piena autonomia.