La violenza che hanno fatto a una ragazza di Modena la sapete già. E sapete già, immagino, delle deliranti parole con cui Concita De Gregorio ha voluto commentare a suo modo, dimostrando che in fatto di sessismo l’ignoranza in questo paese è enorme, e tocca anche quelle persone che per estrazione sociale, formazione politica e professione dovrebbero almeno sapere di cosa si sta parlando, e dovrebbero almeno sapere come se ne deve parlare. Invece, come si può leggere nell’ottimo “deconstructing” di Lalla, De Gregorio non fa che collezionare luoghi comuni e stereotipi sessisti. Ricordo a tutti che sì, si chiama sessismo anche il descrivere uomini e donne in base agli stereotipi di genere e ai relativi pregiudizi; soprattutto quelli legati a una “moralità” mai ben precisata – ma sempre custodita da chi scrive, guarda caso – che è solo il rifugio nostalgico (e falso) di chi non ha i mezzi per o non vuole spiegarsi un presente che non gli aggrada. Non sto mettendo a paragone e sullo stesso piano il linguaggio, per esempio, di un Massimo Fini con quello di Concita De Gregorio o quello di Mauro Covacich che stiamo per leggere, ma è necessario riconoscere che il sessismo non è fatto solo di violenze fisiche e insulti. Parliamo di un sistema culturale basato su un potere politico, e il condiscendente moralismo – per quanto indiretto o fatto “all’insaputa” di chi scrive, fa parte di quel sistema, perpetua quella violenza e quei pregiudizi. Quindi per me è sessismo anche quello espresso da Mauro Covacich in questo articolo. Seguiamo le sue parole.
Sembrava un sogno
Negli ultimi decenni abbiamo speso ogni nostra energia per allontanare la morale dal sesso, ora guardiamo atterriti il risultato ottenuto. [Scusi Covacich, tanto per cominciare: “noi” chi? Io non ho speso nessuna energia per fare quello che dice, credo, e ne conosco a mucchi di persone che non l’hanno fatto. Poi: che vuol dire allontanare la morale dal sesso? Non è che lei è una di quelle persone che confonde l’etica con la morale? No, perché ci sono arrivati anche su Yahoo Answers a capire la differenza. Andiamo avanti e vediamo.] I ragazzi e le ragazze della festa di Modena dove una ragazza di 16 anni è stata violentata da suoi quasi coetanei, sono i nipoti della generazione che si è battuta per la liberazione del corpo [ah, c’è stata una generazione che si è battuta per la liberazione del corpo? Beh, deve averlo fatto molto male, altrimenti non si spiegano tutti questi stupri, ancora. O forse lei che scrive non ha idea di cosa voglia dire, liberazione del corpo?] e sono i figli della generazione che combatte ogni giorno contro un crimine che i giornali chiamano femminicidio [c’è una generazione che combatte ogni giorno il femminicidio? Covacich, la prego, ce la descriva, ce ne racconti qualcosa: io mi occupo di sessismo da anni ma non la vedo, dov’è? Chi sono?]: con ciò proporrei di escludere il deficit culturale dalla nostra discussione. [Ecco, l’unica cosa importante per comprendere tutti i fenomeni di violenza di genere, com’è ormai noto da anni, è il deficit culturale. E lui, sognando generazioni di antisessisti e di evoluti uomini ed emancipate donne, la esclude. Complimenti. Direi che la confusione tra morale ed etica mi pare il minimo, qui. E s’incomincia anche a capire chi è che sogna.]
A mancare non è la cosiddetta trasmissione di valori. [Infatti: se anche fossero valori ciò di cui stiamo parlando, quelli che mancano sono proprio loro, non la trasmissione.] Forse è accaduto qualcos’altro, qualcosa che unisce gli adolescenti ignoranti e quelli istruiti, i disinformati e quelli consapevoli, i borgatari e i rampolli dei quartieri alti. [Se non avessi escluso a priori il deficit culturale, Covacich, avresti già la risposta. Invece adesso ci delizierai con una serie di stereotipi sessisti.] Innanzitutto l’esaltazione di una sessualità libera e senza pudore come primo elemento di affermazione sociale, per non dire di civiltà. [EH? Ma quale sarebbe la sessualità libera di cui parla? Quello che viene comunemente esaltato è roba alla Antonio Ricci, oppure pornografia commerciale più o meno soft – frutto del patriarcato più becero. Dove sarebbe la sessualità libera? E cosa c’entra il pudore, noto strumento di coercizione psicologica per un intero genere?] Dopo duemila anni di oscurantismo cattolico, [Come dopo? Perché, è finito?] l’occidente ha spianato le pieghe che nascondevano il piacere [MAGARA (i non romani cerchino qui questa parola). L’unica cosa che l’occidente ha spianato è la rappresentazione scientifica e maschilista della meccanica sessuale, in molte varianti. Del piacere non se ne vede traccia, è ancora un grosso tabù. Parliamo di squirting, per esempio, e vediamo se l’oscurantismo funziona ancora o no]. L’educazione sessuale ha dissolto il mistero dell’eros a favore di una concezione sempre più fisiologica e naturista. [COSA? L’educazione sessuale? Ma quale, ma dove? Ma se ancora siamo agli albori di una lotta per averla nelle scuole italiane, dove servirebbe in dosi massicce, ma di cosa stiamo parlando? Quale educazione sessuale, dove l’ha vista? E perché, se anche ci fosse, dovrebbe predicare il mistero dell’eros e non parlare di fisiologia? Oppure sta parlando di quella pornografia commerciale come di una educazione? E non sarebbe il caso di parlarne più approfonditamente, dato che esiste praticamente da sempre? Ma quante cose assume come date per scontate, Covacich, e invece sono solo suoi pregiudizi sessisti?] Le riviste e i media hanno lavorato, da un canto, sull’aspetto salutare del sesso, e dall’altro, sull’aspetto estetico-sociale: fare sesso è diventato “cool”. [E’ diventato? E quando era passato di moda, mi scusi? Non mi pare di ricordare secoli caratterizzati da una scarsa voglia di fare sesso da parte della maggioranza della società. Il problema è che con l’espressione fare sesso si denomina tranquillamente l’espressione di un rapporto di potere del genere maschile su quello femminile, altro che educazione sessuale.]
A questo bombardamento comunicativo diciamo acritico, [e diciamolo, tanto stiamo dicendo la qualunque] di una pratica sessuale al di là del bene e del male, [e dàgli a mescolare concetti morali a cose che morali non sono, si chiama moralismo Covacich, vogliamo smettere?] si è aggiunta la più grande trasformazione dei canali di conoscenza dagli albori dell’umanità, ovvero internet. [NO. Per favore, no. Non ci credo che comincia la solfa che “la colpa è di Internet”.] La rete ha conclamato una società del godimento immediato. [Eh già, che prima della rete quella società non era conclamata abbastanza. Chissà cosa si diceva degli anni ’60 in USA, oppure dei nostri anni ’80.] Qualsiasi cosa io voglia, la compro subito e domani il fattorino suonerà alla mia porta. Non c’è attesa, abbiamo saturato la casella vuota che permette al desiderio di circolare. [Oddìo no, l’elogio della lentezza vent’anni dopo Kundera – che già lo riprendeva da Vivant Denon, 1777 – ma basta con questi luoghi comuni! Il desiderio è anch’esso un costrutto culturale che andrebbe analizzato seriamente, ma ops! Il deficit culturale non c’entra niente, l’abbiamo escluso all’inizio. Che colpo di genio.] Questo vale per l’ultimo gioco della playstation come per un sito di incontri. Cerco uno o una che abbia voglia di farlo ora, possibilmente nel mio quartiere, e mi placo. [Quella si chiama “vòja de scopà” Covacich, e c’era da prima di Internet, te lo posso testimoniare. Quello che non c’era e non c’è ancora è la famosa educazione sessuale.] Il desiderio declassato, secolarizzato a piacere d’organo. [Lo si è sempre fatto Covacich, è una pratica normalizzante istituita da poteri politici per sedare eventuali forze rivoluzionarie. Ha mai riflettuto sul fatto che anche la masturbazione è un tabù? E mai potrà farlo, se il deficit culturale secondo lei non c’azzecca niente con la violenza di genere.]
C’è poi, non ultima, la particolare angoscia di essere un adolescente oggi, quando ti basta un click per vedere tutte le posizioni del kamasutra realizzate da copulatori veri, un click per sapere tutto in teoria, ancora prima di aver dato il primo bacio. [Sapere? Quello al massimo è vedere, e comunque: allora il deficit culturale adesso centra? O non lo è, questo?] Un mondo che ti spinge a buttarti subito, adesso, nella mischia, senza che tu abbia avuto neanche il tempo di capire se ne hai voglia, senza concederti quel lento, prezioso, maldestro apprendistato di cui anche noi, disinibiti e disinibite quarantenni, abbiamo beneficiato. [E’ sempre stato così, Covacich, i mezzi tecnologici non c’entrano. E poi non tutti hanno beneficiato del lento apprendistato anche se non c’era Internet, e nemmeno tutti sono disinibiti e disinibite quarantenni adesso che c’è. Ma non sarà scorretto fare del caso personale la regola generale? Ma davvero lei si sente tanto rappresentativo di una generazione, Covacich? Pensa proprio di essere una persona tanto qualunque?] Ora la velocità detta legge, si passa in un attimo da una stagione di piselli e patatine a una dove ci si ammucchia in tutti i modi possibili. [Di nuovo, Covacich: dove ci si ammucchia, anche minorenni, c’è sempre stato. Non è questo a essere diverso, a essere cambiato con il tempo.] Feste dove, invece di affrontare esitanti il gioco della bottiglia, [ancora questa visione nostalgica? Riporto pari pari un commento su Facebook, di Luce Lu: “ricorda con rammarico i tempi il gioco della bottiglia per scambiarsi un bacio! Che ne sa lui degli uomini di ogni età che ai tempi del gioco della bottiglia ti palpavano sull’autobus, si tiravano fuori il pisello dai pantaloni in mezzo alla strada, ti sussurravano ogni tipo di sconcezze e ti facevano sentire pure in colpa a te, povera ragazzina che portavi ancora i calzini?” La nostalgia dei bei tempi in cui il sesso era bello è anch’essa sessismo, Covacich, perché quei bei tempi sono uno stereotipo sessista.] ci si scambia buchi e protuberanze in figurazioni che ricordano Bosch e il marchese de Sade [Bosch, autore di una delle opere più complesse della storia dell’arte, passato per pornografo; come De Sade, un altro esempio scelto malissimo – rileggersi, prego, “L’oltre erotico” di Octavio Paz. Anche con le citazioni andiamo male Covacich, vogliamo riparlare di questo deficit culturale o no?]. Va detto che la condivisione coatta di questo immaginario [quello di Bosch e di De Sade?] comporta, nella sua vulgata mainstream, il solito squallido assoggettamento del corpo femminile. [E mica solo lì, la vulgata mainstream è cominciata da quando esiste l’Occidente. E’ incredibile come Covacich riesca a scrivere questa frase senza accorgersi di cosa vuol dire. Eppure la parola coatta la usa lui.] Ma bisogna anche aggiungere che i ragazzi e le ragazze sono complici inconsapevoli [i complici inconsapevoli sono come la lucida follia che si cita nei casi di femminicidio: un ossimoro che fa tanto colpo e permette di nascondere l’assenza di analisi e l’ignoranza sull’argomento] di questo assoggettamento (come dimostra l’indifferenza unisex dei presenti alla fatidica festa modenese). [Il solito scambio della causa con l’effetto: è l’indifferenza unisex dovuta (anche) a una spaventosa mancanza di educazione sessuale a portare a certi comportamenti, indifferenza già esistente nell’ambiente culturale nel quale si è cresciuti – ma Covacich ha deciso di escludere il deficit culturale, e allora…]
Una volta disgiunto il sesso dal desiderio – e dalla seduzione – [una cosa successa solo dal 1989 in avanti, da quando esiste il web, no?] la palestra pornografica impone i suoi kata maschilisti, a cui tutti questi nuovi amanti muscolari, senza distinzioni di genere, si applicano diligentemente [sì, ok, hai visto “Eyes Wide Shut”. Ma prima, invece? Negli anni ’50 per esempio, era tutto un fiorire di desiderio e seduzione uniti a un sesso felice, come no, è per questo che sono ricordati come gli anni dell’orgasmo libero, della felicità sessuale di uomini e donne, ah, che bei tempi!]. Ripeto, basta un click e vedi quattro cinque uomini che spargono il proprio seme sul corpo di una donna fiera e sorridente. Un click e vedi ragazzine che si sfidano in una gara di fellatio a una festa di compleanno, secondo un uso drammaticamente frainteso del concetto di emancipazione. [No, non è drammaticamente frainteso, perché se dici così dai la colpa alle ragazzine. Invece continuo a pensare che la colpa sia di chi ha il potere nei rapporti di genere, e non mi pare siano le ragazzine.] Ragazzine indotte a credere [aspetta, come dici? Indotte a credere, sembrerebbe un problema culturale, ma no, lo abbiamo escluso no?] che – ora che non è più peccato, ora che siamo tutti uguali [ma chi?] – devono affannarsi ad aggiungere sempre nuove tacche sulla pistola. Ovviamente “parità di diritti” significa un’altra cosa, ma è come se anche questa espressione fosse stata superata da un salto di livello. [Superata o non capita? Superata o malamente divulgata? Superata o mai correttamente insegnata? Ah, già, dimentico sempre che non è un problema culturale, per Covacich.]
Per fortuna questa volta una ragazza ha capito di essere stata stuprata. Ma molte altre al posto suo penseranno che funziona così. Quasi nessuno sa sottrarsi al ritmo scandito dall’epoca. Violenze e abusi, esattamente come la solidarietà mancata o la condanna degli amici stupratori, appartengono a un mondo dove valeva ancora il giudizio morale. [NO, apprtengono al mondo in cui le cose si chiamano con il loro nome e si insegna a distinguerle: sessismo, maschilismo, violenza, stupro, questioni di genere. La morale non c’entra niente, casomai c’entra l’etica. Sarebbe ora che soprattutto chi si laurea in filosofia e scrive libri se ne ricordasse.] Qui siamo entrati nella dimensione oltreumana annunciata da Nietzsche: la trasvalutazione di tutti i valori, [e poteva mancare una citazione a vanvera del povero Federico? Eppure basta Wikipedia per capire che quella trasvalutazione la stiamo ancora aspettando, e i cattomoralismi trionfano ancora] a dispetto del giusto e dell’ingiusto (e delle solite trincee di maschi contro femmine). Sembrava un sogno, invece è un incubo.
Per quel che mi riguarda, l’incubo sono gli intellettuali completamente ignoranti riguardo questioni di genere che si lasciano andare a sproloqui nostalgici senza alcun senso, pronti e prodotti a sopire le coscienze. Non a caso Covacich vende migliaia di copie.
Credo che ci sia una sola cosa da dire su Mauro Covavich: Mauro Covavich è un coglione. Punto.
Non c’è da spenderci nemmeno troppe parole.
Coglione. “Case fucking closed”, direbbe Bill Hicks, che ci ha insegnato a dosare le parole servendosi dell’esempio di “Basic Istinct”: non bisogna lasciarsi ingannare, non servono analisi approfondite, riflessioni, recensioni accurate, dibattiti. “Basic Istinct is a piece of shit. Case fucking closed”.
L’Evidenza non necessita di troppe parole.
Ecco, “Mauro Covavich non approfondisce questo, si dimentica di questo, sbaglia in questo punto”. No, no, no: Mauro Covavich è un coglione. Fine.
E proprio per questo, apprezzo la tua analisi accurata, Lorè, perché gli irriducibili bisognosi di argomentazioni articolate immuni all’Evidenza potranno trovare la dimostrazione della verità di fondo: Mauro Covavich è un coglione.
In anni e anni, non gli ho ancora MAI sentito dire UNA cosa intelligente.
L’ho già detto che tutto ciò che c’è da dire su Mauro Covavich è che è un coglione?