Qui l’articolo originale in inglese. Traduzione di feminoska, revisione di H2O.
Bando alle ciance, buona lettura!
Come realizzare un porno femminista (di Reina Gattuso)
“Voglio ribaltare il dialogo culturale sul sesso e sulla sessualità”, afferma Tristan Taormino. Si definisce una pornografa femminista e col suo lavoro intende comunicare la propria visione femminista in una sfera particolarmente controversa di rappresentazione: quella della pornografia.
In una cultura satura di rappresentazioni di donne rese oggetti – rappresentazioni che troppo spesso normalizzano e perpetuano la violenza di genere – alcun* attivist* si stanno riappropriando delle telecamere. Il loro lavoro, sempre più spesso definito come ‘pornografia femminista,’ mira a sfidare le concezioni dominanti di sessualità e potere, reclamando il porno come mezzo di espressione femminista.
Taormino ha cominciato a realizzare porno nel 1999, anno nel quale ha co-diretto un adattamento cinematografico del suo libro, The Ultimate Guide to Anal Sex for Women. Scrittrice, docente universitaria e educatrice sessuale, Taormino inizialmente non pensava che la produzione di pornografia sarebbe diventata un motivo centrale della propria carriera ma, rendendosi conto del profondo potenziale del suo lavoro, ha ben presto iniziato a dedicarsi sul serio alla regia. “Voglio sfidare la nostra concezione di cosa sia il sesso, quello che si ritiene il sesso tra virgolette ‘normale'”, afferma Taormino. Dal debutto di regist* e interpreti come Candida Royalle, Nina Hartley e Annie Sprinkle, la pornografia femminista non ha lasciato indifferente l’universo dell’intrattenimento per adulti; a partire dal 2006, questo genere ha persino una cerimonia di premiazione annuale.
“Non usiamo la parola femminista per indicare un certo tipo di sessualità, in sostanza, né film che hanno solo una trama complessa o non includono scene bizzarre”, afferma Lorena Hewitt, Direttore Artistico del Feminist Porn Awards. “Vogliamo davvero riconoscere le differenze esistenti tra le donne, i loro diversi desideri, l’esistenza dell’intersezionalità.” Taormino è d’accordo. “Non credo che esista il sesso femminista,” dice. Discutendo del proprio lavoro, resiste infatti all’idea che certi atti sessuali siano intrinsecamente liberatori o degradanti. Invece, riguardo al porno femminista, afferma che “è il porno prodotto eticamente, che sfida le raffigurazioni convenzionali e stereotipate di genere, sesso, razza, classe, abilità e di altre raffigurazioni identitarie, e dialoga sia con coloro che lo realizzano che con coloro che lo guardano.” Per Taormino e altre femministe impegnate nella realizzazione e nello studio della pornografia, i contenuti sessualmente espliciti offrono l’opportunità di affrontare criticamente il rapporto tra identità e di azione. Sovvertendo e diversificando le rappresentazioni spesso stereotipate della sessualità osservabile solitamente nei media mainstream, le pornografe femministe invitano quel pubblico emarginato per tradizione a connettersi con il sesso come mezzo di piacere e di potere. Queste raffigurazioni esplicite, fondate su una conoscenza della pornografia sia come industria che come forma culturale, mettono gli spettatori nella condizione mentale di impossessarsene/appropriarsene mentre ne traggono un piacere sessuale.
1. Cose da non fare
D. Che diresti alle femministe anti-porno?
R. Direi che ne dovrebbero guardare un po’. -Lorraine Hewitt
“Sono sopravvissuta alle guerre del sesso”, dice Annie Sprinkle.
Leggendaria performer per adulti e prostituta, ecosessuale autodichiarata, artista di performance e prima pornostar a ottenere un dottorato di ricerca, Sprinkle ha trascorso gran parte degli anni Ottanta in prima linea nei contenziosi dibattiti sulla pornografia femminista. A partire dalla fine degli anni ’70 e per tutti gli anni ’80, le guerre del sesso hanno polarizzato le femministe della seconda ondata lungo le direttrici contrapposte “anti-porno” e “pro-sex”. Femministe iconiche come Andrea Dworkin sostenevano che la pornografia e le pratiche sessuali come il BDSM fossero basate sulla dominazione dello spettatore o del partecipante maschio, e quindi intrinsecamente ostili alle donne. Le femministe pro-sex, d’altra parte, erano convinte che stigmatizzare quelle che venivano considerate perversioni e sopprimere la pornografia avrebbe significato incoraggiare la repressione della sessualità femminile e dell’espressione sessuale. Lo scrittore, attivista e professore di giornalismo presso l’Università del Texas a Austin, Robert Jensen, autore di Getting Off: Pornography and the end of masculinity, è spesso citato come famoso femminista anti-porno contemporaneo. Quando si racconta la storia della crociata anti-porno, Jensen sottolinea le radici del movimento.
“È importante riconoscere che la critica femminista della pornografia è emersa dal movimento anti-violenza e che la critica della pornografia rappresentava solo un aspetto della critica a una cultura che forniva un sistema di supporto culturale per tale violenza”. Jensen ritiene che questo supporto culturale dipenda dalla fusione della mascolinità con la dominazione e della sessualità con la violenza. La pornografia, sostiene Jensen, che si rivolge principalmente ad un pubblico maschile, rafforza e perpetua questa ideologia dipingendo le donne come oggetti sessuali creati per il piacere e il controllo maschile. Per gli attivisti anti-porno come Jensen, l’associazione tra lavoro sessuale e violenza si estende al modo in cui gli/le interpreti vengono trattat* quando non sono in scena, portando a quella che definisce una “industria dello sfruttamento sessuale.” “Questo non significa che ogni donna che appare in un film pornografico sia sfruttata “, dice Jensen. “Ovviamente, ci sono molte differenze a seconda del livello nel quale ogni donna lavora … ma stiamo parlando di migliaia di donne. E credo [che in base a] i dati sulle loro esperienze, anche se non sono uniformi, si possa parlare di tendenze precise. ” Jensen sostiene inoltre che molte interpreti femminili siano particolarmente vulnerabili a pratiche di sfruttamento del lavoro a causa della loro mancanza di alternative. “Quando entrano ad Harvard, pensando al proprio futuro professionale, quante giovani donne pensano seriamente al porno, alla prostituzione o allo spogliarello come a una professione per la vita?” domanda, spostando l’attenzione sulle situazioni avverse che motivano alcune donne a intraprendere una carriera nel porno.
Sprinkle si arrabbia all’insinuazione che nella sua decisione di lavorare nell’industria del porno vi sia stata una scarsa possibilità di scelta consapevole. “Ho avuto un sacco di possibilità – avrei potuto scegliere e fare ogni genere di cose – ma ho scelto quel lavoro”, afferma. Anche se molte femministe coinvolte nella pornografia riconoscono che lo stigma sociale e l’oppressione possono avere come conseguenza condizioni di lavoro poco sicure, sostengono altresì che la risposta a questo problema non è quello di vietare il lavoro sessuale, ma di legalizzarlo e regolamentarlo. “L’idea che non ci possa essere una scelta consapevole significa anche che non ci possano essere diritti, che non ci possano essere ambienti di lavoro sicuri, che le persone non possano avere voce in capitolo rispetto a quello che fanno”, sostiene Taormino. “Per me sostenere le persone che lavorano nel sesso e cercare di cambiare l’ambiente dall’interno è un atto incredibilmente femminista.” Quando si parla di pornografia, tuttavia, Jensen non crede a chi sostiene il cambiamento dal di dentro. “Perché supponiamo di avere sempre bisogno di nuovi contenuti? Perché come cultura sentiamo il dovere di avere immagini sempre più esplicite sessualmente, indipendentemente dalla natura ideologica, siano esse patriarcali o femministe? ” domanda. E continua: “Quando la cosiddetta soluzione a un problema comincia a sembrare molto simile al prodotto della cultura dominante, allora inizio a nutrire molti dubbi rispetto agli effetti che avrà.”
2. Rappresentazione
Quando Hollywood riscrive e rimodella le nostre esperienze, e le scuole ignorano le nostre storie e la nostra educazione sessuale, la pornografia queer è uno dei pochi mezzi capaci di raccontare in maniera esplicita le nostre storie. –Jiz Lee, Femminista, Performer Porno (da The Feminist Porn Book)
Le pornografe femministe sostengono che i contenuti sessualmente espliciti che loro stesse producono, rendono loro possibile la rappresentazione di se stesse e del proprio corpo in un settore – e una cultura – saturi di un immaginario alienante. “In generale, credo che l’auto-rappresentazione sia fondamentale per le comunità o che le tue storie vengano affidate a coloro che sono essenzialmente ai margini”, afferma Shine Louise Houston, pornografa. “In un certo senso è così che ci si rimpossessa del potere delle narrazioni visive.” Una femminista queer nera, Houston è spesso acclamata come una delle registe e produttrici il cui lavoro, tra cui la pluripremiata serie “Crash Pad”, ha in sé il potenziale di trasformare un’industria vietata ai minori e dominata dai desideri dei maschi bianchi etero. Anche Sinnamon Love, che si autodefinisce una performer nera femminista e regista, usa il proprio lavoro per combattere gli stereotipi sessuali e razziali spesso presenti nella pornografia. Questi stereotipi variano, sostiene, da rappresentazioni “ghettizzate” dei neri a “immagini assimilative di donne nere”, che delineano un mercato che privilegia le donne di pelle chiara dai corpi sottili e dalle “fattezze europee.” “Produttori e registi giocano con questi stereotipi per attirare i propri acquirenti “, afferma Love, notando che i produttori spesso adattano i propri prodotti pensando agli uomini bianchi visto che rispetto ai neri sono più propensi ad acquistare film porno invece che che affittarli. “È una cosa della quale, personalmente, a questa età e in questa fase della mia vita, io non voglio essere parte”.
Come Love, che si sforza di realizzare un‘immagine più fedele delle donne nere nella sua pornografia, Dylan Ryan, una performer queer, trova importante produrre contenuti sessuali che siano inclusivi della sua comunità. “Stavo cercando di creare un senso autentico del mio … senso della sessualità, della mia intenzionalità , della mia disinvoltura sessuale e della mia raffigurazione fisica,” dice. “Avevo visto molti lavori inautentici rispetto a me e alle mie esperienze, quindi mi sono sentita davvero ispirata nel mostrarmi e nel rappresentare la mia esperienza.” E quando gli interpreti si sentono fedelmente rappresentati, il pubblico risponde. “Siamo diventat* una sorta di modello per le persone giovani che si interrogano circa il proprio orientamento o la propria identità di genere”, dice l’attrice femminista Jiz Lee, che si identifica come genderqueer. “Siamo qui perché non ci sono altre voci nei media mainstream.”
Tuttavia, gli attivisti di entrambe le posizioni sottolineano che il porno fatto da registe donne non risulta automaticamente femminista. “Alcune donne hanno realizzato porno davvero misogini” afferma Sprinkle. “Il porno femminista può essere fatto da chiunque, non per forza da una donna.”
3. Metti in discussione il potere, dai dignità al lavoro
Il porno femminista è un genere che è anche un movimento sociale, che sta tentando di prendere un tipo di film e metterlo assieme alla politica in questo modo davvero importante e complicato. -Dylan Ryan
Tema comune di molti film porno femministi è il riconoscimento e la negoziazione del consenso reso visibile, attraverso la collaborazione tra interpreti e registi in merito ai contenuti dei film. Nei propri film, Taormino include interviste in stile confessionale agli interpreti, allo scopo di fornire agli spettatori un’idea dei desideri e delle discussioni che hanno avuto luogo con i performer. Questa tattica, dice Taormino, “afferma il consenso in modo davvero molto esplicito e stabilisce anche il livello di proattività sessuale degli/lle interpreti nella scena”, cosa che permette agli spettatori di “lasciarsi andare alla fantasia” in modo rilassato. Secondo Taormino, la trattativa riportata sulla pellicola diventa particolarmente importante per quelle scene che raffigurano fantasie palesemente basate su dinamiche di potere, come quelle BDSM, o altre pratiche sessuali storicamente controverse. “Dominazione maschile e sottomissione femminile di per sé non sono automaticamente misogine o anti-femministe, specialmente se le persone coinvolte sono consenzienti rispetto a quello che stanno facendo”, sostiene. Le femministe anti-porno, tuttavia, sostengono che il consenso del/della interprete non obliterano i potenziali effetti psicologici legati alla visione di contenuti sessualmente aggressivi. “Non credo che sia sano a livello sociale presentare il sesso come costantemente legato al binomio dominazione-subordinazione”, dice Jensen. Anche quando una scena pornografica è “girata con persone che la hanno compresa, concordata e vi hanno acconsentito,” continua Jensen: “Qual è l’effetto del continuo rinforzo della fusione tra sesso e dominio?” Eppure per Taormino, rispettare la volontà delle proprie interpreti significa privilegiare il loro benessere e desideri al di là delle sue convinzioni personali di ciò che comportano quei desideri. “Trovo piuttosto prevaricatorio chiedere a qualcun* di far valere la propria opinione e i propri desideri per poi negarli o trovarli in qualche modo inadeguati, perché la mia idea è differente o perché ho una diversa nozione preconcetta su come le cose dovrebbero avvenire”, afferma.
4. Azione / Attivismo
“Il lavoro è sempre stata una questione femminista. Il lavoro sessuale è una questione femminista. È davvero tempo di dare seguito a tali [ideali ] nell’ambito della pornografia, che è una forma di lavoro sessuale.”
-Tristan Taormino
“La nostra cultura svaluta il lavoro sessuale e il sesso”, sostiene Taormino. “Denigriamo e stigmatizziamo le persone che fanno porno e contemporaneamente consumiamo voracemente il prodotto che deriva da tale lavoro.” In risposta a ciò che molti percepiscono come un atteggiamento disinvolto dell’industria del porno in merito alle condizioni di lavoro, diverse femministe impegnate nella pornografia sono diventate convinte attiviste a sostegno dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici del sesso. Sprinkle, che è attiva nel movimento dal 1974, osserva che i molteplici problemi affrontati dalle prostitute sono spesso il risultato degli sforzi compiuti per far rispettare leggi che criminalizzano la prostituzione. “C’è una guerra in corso sulle puttane, da lungo tempo”, dice Sprinkle. “Donne che non possono rivolgersi alla polizia per denunciare di essere state stuprate o derubate mentre si dedicavano al lavoro sessuale, perché hanno paura di essere arrestate.” Ryan, che sostiene la causa delle prostitute come assistente sociale, nota che lo stigma contro i/le sex worker esiste anche tra le persone che lavorano nel porno. Afferma di non essere sorpresa di vedere spesso in gioco differenze di classe, in grado di riaffermare una “gerarchia all’interno del lavoro sessuale.” “Quando parlo del valore del lavoro sessuale di strada, come di qualcosa che dovrebbe essere … socialmente sostenuto e reso più sicuro, penso sia quello il momento in cui mi caccio maggiormente nei guai – a causa di tutt* quell* che si dedicano al porno e insorgono dicendo che “beh, io non sono un/a prostituta”. Per Ryan, questa mancanza di solidarietà è a dir poco miope. “Una lavoratrice del sesso è una lavoratrice del sesso è una lavoratrice del sesso”. “Criminalizzare uno degli aspetti nel quale viene praticato tale lavoro in ultima analisi avrà delle conseguenze a cascata su tutti gli altri, in termini di come vengono percepite, sulle condizioni di lavoro, sui diritti e le possibilità disponibili per le donne che ci lavorano, cose così.” Ryan afferma che a livello personale, la sua identità di attrice porno che ha scelto e ama il suo lavoro le permette di abbattere alcuni stereotipi negativi sulle sex worker. “È sempre emozionante e divertente parlare con qualcuno, una persona impegnata nel sociale e raccontarle del lavoro sessuale, o accennare qualcosa al riguardo durante una conversazione”, dice. “È tutta una questione di scardinare gli stereotipi.”
5. Critica
La mia tattica è sovvertire dall’interno. Sii il cambiamento. -Shine Louise Houston
Mentre il porno femminista ha senza dubbio tante definizioni quanti sono i suoi spettatori, un principio guida che si può utilizzare per delineare il genere è la convinzione che la rappresentazione esplicita della sessualità abbia la capacità di interrogare in modo critico la cultura riguardante genere, potere e identità e, in ultima analisi, di cambiarla.
Considerata la storica controversia dell’impegno femminista verso la pornografia, la designazione di un approccio specifico al porno che si possa intendere “femminista” è qualcosa che molt* ancora mettono in discussione. Eppure è innegabile l’empowerment di coloro che sono stat* storicamente oggetto di uno sguardo sessualizzato – donne, queer, persone di colore – nel momento in cui diventano protagoniste del proprio desiderio. In una cultura inondata di contenuti che travisano più di quanto non divulghino, non c’è forse mezzo più appropriato dello schermo per mettere in atto questo intervento. Per molte delle femministe che si cimentano con il genere, la politica della pornografia riguarda molto più che la semplice realizzazione di immagini nelle quali gli spettatori possano identificarsi. Piuttosto, la pornografia femminista rappresenta un quadro di riferimento utile a concettualizzare l’identità, il potere e il desiderio, una lente attraverso la quale interrogare e criticare una cultura. Taormino, per esempio, è convinta del potere trasformativo della pornografia. Come scrive in The Feminist Porn book, un’antologia che ha co-curato sul genere, il porno può avere un ruolo molto più importante della funzione di procurare piacere: “Penso che il sesso possa cambiare il mondo.”