Deconstructing l’impressione

MAMMA MIA CHE IMPRESSIONE_2Mamma mia, che impressione! Era il tormentone di un personaggio pensato e creato da Alberto Sordi in un suo film, giovane imbranato e fessacchiotto che divenne subito popolare più per i suoi tic che per la graffiante carica satirica che aveva, e che avrebbe avuto poi. Questo personaggio, come altri di Sordi, piacque perché tutti si sentivano superiori a lui, senza accorgersi quanto invece gli somiglino. Alla lettura di questo articolo apparso nel ghetto rosa del Corriere, “La 27° Ora”, il titolo mi ha subito suggerito la vicinanza col personaggio di Sordi in quel film: peccato che il contenuto dell’articolo non faccia ridere per niente, anzi.

Che impressione i genitori che baciano sulla bocca i figli

Parlo da spettatrice, non avendo figli [complimenti per l’inizio, da manuale. Già un bel po’ di lettrici e lettori hanno cliccato altrove]. Ma da spettatrice perplessa. Perché va bene l’amore incondizionato dei genitori, va bene la tenerezza infinita che suscitano i bambini, specie se piccoli, va bene anche che i tempi sono cambiati e le abitudini pure [ok, abbiamo capito, evviva i bei tempi andati], ma vedere – sempre più spesso – genitori che baciano sulla bocca i loro piccini, il più delle volte dicendo loro anche un bel “ti amo“, fa scattare in qualcuno (tipo me) un brivido freddo che corre lungo tutta la schiena [la prossima volta copriti. Già che siamo partiti di nostalgia, due parole sulla “maglia di lana”?].

Ora a molti sembrerò crudele e insensibile [e nostalgica, “se stava mejo quanno se stava peggio”], senza contare che non “posso capire fine finché non avrò figli” (jolly preferito da tutti i genitori afflitti da manie obiettivamente sconcertanti [complimenti per l’obiettività della diagnosi]), ma fino a qualche tempo fa le cose non funzionavano così [e questo invece non è un jolly di chi è afflitto da qualcosa?]. Quanti di noi (e per noi intendo gente abbastanza adulta da leggere un blog [sempre grazie per l’elitarismo di fondo]) può dire di aver ricevuto attenzioni simili dai propri genitori [io, per esempio, embè?]? Io grazie al cielo no [Estiqaatzi. Estiqaatsi penserebbe che non è giusto fare di impressione personale regola universale]. Mio papà non mi ha mai baciata sulla bocca e neanche mia mamma e credo che se mi avessero detto “ti amo” mi sarei messa a piangere per la vergogna [certo, perché tu da bambina avevi già un sistema di valori morali e un linguaggio dell’eros sviluppati; tanto da cogliere il contrasto tra etica pubblica, vita sentimentale e rapporto genitoriale, cortocircuitati da una frase apparsa contestualmente deleggittimante il tuo diritto a essere appunto bambina. Invece, semplicemente, di fidarti dell’amore che arrivava da loro, in qualunque forma. Eh sì, i tempi sono cambiati e le abitudini pure, adesso per esempio non ci si rilegge più per controllare bene cosa si va scrivendo].

Come loro facevano anche i genitori dei miei amici [ok, siete tutti un bel gruppo elitario uniti dagli stessi valori nostalgici, complimenti]. E non è che fossero generali prussiani [Estiqaatzi. Estiqaatsi penserebbe che siamo tutti diversi, non si possono mettere a confronto storie di genitori diversi tra loro e farne categorie]. Anche noi (oggi trentenni) eravamo coccolati e i nostri genitori non si limitavano a una vigorosa stretta di mano per farci capire che ci volevano bene [complimenti per l’immaginario affettivo e il lessico simbolico. ‘Na cosa meno militare no? E forse – ma forse, eh – ci sono più di due sfumature per manifestare affetto genitoriale. Forse]. Ci prendevano in braccio, ci abbracciavano, stavamo seduti vicini sul divano… insomma, c’era un discreto corredo di tenerezza [discreto corredo di tenerezza, ma non sarà un’espressione troppo forte per il Corriere? Beh, ma in fondo i tempi sono cambiati e le abitudini pure, adesso si può osare di più]. Ma c’erano anche dei limiti. Limiti che, essendo naturali [i famosi limiti naturali all’espressione dell’affettività, come no], non venivano neanche vissuti come tali [perché si chiamano pregiudizi culturali, ecco perché non venivano e non vengono vissuti come tali] e che ho ritrovato nel candore delle risposte di mia mamma a un paio di domande fatte (da me) a tradimento [la domanda a tradimento alla mamma, altro che “doppio cieco” o CSI per sapere la vera verità] proprio per capire un pochino di più come sono cambiate le cose [e poi in che senso ritrovato, se stai parlando sempre dei tuoi genitori? Che t’aspettavi?]. Ieri al telefono, così, a freddo, le ho chiesto:

Mamma, perché quando ero piccola non mi davi i baci sulla bocca? Una frazione di secondo. Poi lei: “Ci mancherebbe, è anti-igienico [e questo non è un altro jolly preferito da tutti i genitori afflitti da manie obiettivamente sconcertanti? Anche se non hai figli, bastava chiedere a qualcuno che ha avuto figli e diverso da tua madre]”. E perché non mi dicevi “ti amo”? “Ma cosa ti salta in mente?”. Rispondi. “Ti dicevo ti voglio bene, che senso aveva dirti ti amo? … Che poi i bimbi lo ripetono [ecco, non sia mai che i bambini dicono ti amo a qualcuno! ORRORE!]. Era più giusto dire ti voglio bene [era più giusto. Poi la discussione su quale sia questa giustizia non la facciamo, la discussione sul perché in italiano ci sono due espressioni diverse di quello che in altre lingue viene detto con la stessa lasciamola cadere, la discussione sul senso di dire più spesso ti amo proprio lasciamola perdere. Ancora complimenti per le occasioni mancate per fare un articolo interessante]”.

Sono virgolettati testuali, apprezzate la cronaca di un normale scambio madre-figlia [apprezziamo il normale, mi raccomando, e ricordate quanto detto all’inizio: chi bacia in bocca figlie o figli non è normale]. Va bene che è mia mamma, ma io colgo quello che – almeno fino a qualche tempo fa – era un pensiero diffuso (magari con altre varianti) e comune. Sensato, aggiungerei anche [il giorno che la quantità farà la qualità deve ancora sorgere. Hitler è stato eletto a maggioranza, sembrava una cosa molto sensata anche quella]. Non tanto per l’igiene, quello no [e con un poderoso colpo di reni l’estremo difensore sventa in calcio d’angolo!!!]. Ma piuttosto per il fatto che troppo spesso i figli diventano i bersagli di attenzioni un po’ troppo oppressive, asfissianti, quasi una agghiacciante proiezione di quei rapporti invadenti che hanno certi genitori con i figli ormai adulti, ma trattati sempre e comunque come teneri cucciolotti [EH? Dall’abitudine di baciare bambini sulla bocca siamo passati a una storia familiare di oppressione affettiva, ai bamboccioni di Padoa Schioppa? Ma di cosa parla questo articolo? E con quali competenze ci si permette di tracciare linee di demarcazione nette tra sviluppi psicologici, gesti abitudinari e lessico familiare?].

Sento mamme che dicono che il proprio figlio è “il mio fidanzato” oppure “l’unico vero uomo (o amore) della mia vita”. Ma vale anche al contrario. I papà non sono da meno nel travolgere di attenzioni e dichiarazioni d’amore i loro figli. Che è bello e giusto [e se è bello e giusto allora che cacchio stai dicendo?]. Come quando sento un mio amico dire che lui bacia sulla bocca i suoi figli “perché è una bella sensazione. Senza contare che i baci sulla guancia li dai a tutti, quindi darli a loro sulla bocca è come riservare delle attenzioni più esclusive”. Ma senza esagerare [ma esagerare rispetto a cosa? Vuoi dare dei criteri? Vuoi tracciare dei limiti? Perché non dirlo chiaramente, assumerti una responsabilità e invece darli per scontati perché ribaditi dalla tua mamma?]. Che tutto questo derivi dal fatto che molto spesso oggi i figli rappresentano una certezza mentre i rapporti da cui nascono no, può essere una spiegazione [ma sarà una spiegazione per te, che fai psicologia d’accatto. Ma che spiegazione è? Un link, dei dati? Qualcosa che faccia sembrare tutto questo avvicinabile al giornalismo?]. Ma non è meno inquietante [ma sarà inquietante per te, e chissenefrega non ce lo metti?].

Non è riversando sui figli tutte le proprie attenzioni che gli si trasferisce più amore [e non è l’ennesimo jolly pure questo?]. E forse far capire loro che esistono dei limiti, delle forme diverse di manifestare il proprio affetto [è italiano eh: un limite non è una forma espressiva. O c’è un limite – e allora saresti pregata di giustificarlo e comprovarlo in qualche modo, grazie – oppure c’è solo la forma del tuo pregiudizio, ma di quello ce n’eravamo già accorti, grazie], alcune adatte ai figli, altre meno, potrebbe essere un insegnamento utile [a chi? Per che cosa? A parte il parere della tua rispettabile mamma, si può avere dell’altro?]. Per toglierci qualche dubbio su questo cambiamento dell’affettuosità tra genitori e figli, ho chiesto un parere ad Anna Oliveiro Ferraris, psicologa dello sviluppo [ce l’abbiamo fatta: quello che dovrebbe essere all’inizio dell’articolo invece è alla fine, ancora complimenti]. Che ha detto: “Ormai sono i genitori che spesso cercano nei figli un appoggio e l’affetto dei figli diventa un elemento centrale nella loro vita: puntano al loro affetto per sentirsi protetti, cercano sicurezze quando dovrebbero essere loro a darne” [pensiero rispettabile e immagino comprovato da fior di letteratura sull’argomento, ma ancora non ci è stato detto perché baciare sulle labbra un figlio è segno di genitori che cercano nei figli un appoggio e tutto il resto].

Sarebbe bene dunque porsi dei limiti anche nell’affettività con i propri figli o non è necessario [ma cosa c’entra una domanda così generalizzante? Si voleva parlare di un solo gesto come quello che fa impressione, e lo si prende a sintomo e prova di un superare i limiti nell’affettività con i propri figli? Ma che modo di argomentare è?]?

“E’ bene non esagerare per non dare vita a quello che definirei “un incesto emotivo” [UN CHE COSA? Ma sì, spendiamo il parolone della psichiatria per un bacio, via con la diagnosi al volo, dopotutto è lo sport nazionale]. Il compito dei genitori è anche quello di rendere sempre più autonomi i figli, invece ci sono madri a cui sembra normalissimo che i dormano nel lettone con loro. Questo crea una forma di dipendenza molto forte da cui poi è difficile liberarsi, anche da adulti” [di nuovo, tutto vero, ma non è pertinente. Qui non si è descritta una madre o un padre affettivamente invadenti, si voleva parlare, almeno credo, dell’impressione suscitata dal vedere un bacio sulle lebbra tra genitore e figli*].

E che ne pensa dei baci sulla bocca? [Capita la tattica del grande giornalismo? Prima spendo gli psicoparoloni che mettono paura, poi rispondo alla domandina che doveva essere la prima e l’unica – e indovinate un po’ che risposta sarà?] “La bocca è una zona erogena: sarebbe bene che i piccoli capissero che la forma di piacere che si prova quando qualcuno ti bacia in quel punto del corpo non va ricercata con il proprio genitore ma con altre persone [capito? I bambini devono capire le zone erogene – ma non bisogna dirgli ti amo perché se no lo dicono agli altri. Interessante modello educativo] e, soprattutto, quando si è più grandi. Il problema è che i baci sulla bocca, il dire “ti amo”, sono tutte storture degli adulti che trattano i bambini come immagini di loro stessi in miniatura: attribuiscono degli schemi validi tra persone grandi ai bambini [lo fanno gli adulti, tutti, sempre, ovunque – chiaro? NESSUNO di quelli che bacia figlie o figli è immune, TUTTI trattano i bambini come immagini di loro stessi in miniatura, e lo fanno perché non sono come la mamma della giornalista, come i genitori dei suoi amici e come la dottoressa].

Non che esista una morale su questa questione [NOOOOOOO, figurati, la tua mica era una morale, no no]. Ma può essere uno spunto per rifletterci su. Voi che ne pensate?

[Io che ne penso? “Che impressione il giornalismo che si mette sulla bocca un linguaggio ipocrita.”]

Deconstructing “la tua opinione”

Copia di emmanuel-mouret-beato-tra-le-donne-nella-commedia-fammi-divertire-147593 I fatti li conoscete senz’altro: Beppe Grillo se ne esce con l’ennesima frase sessista. Siccome in giro c’è ancora molta ignoranza su cosa sia il sessismo, perché a scuola non si fa nessun tipo di educazione alle questioni di genere, perché i media generalisti se ne fregano di contrastare il patriarcato vigente, perché sul sessismo pensano tutti di avere un’opinione autorevole solo in quanto hanno un sesso, e infine perché anche la pagina di wikipedia, ammettiamolo, richiede di voler capire quello che c’è scritto. Vediamo allora di concentrare il nostro deconstructing non su un intero discorso, ma su una sola frase, cari amici sessisti: “in forma ridotta, per venire incontro alle vostre capacità mentali” (cit.)

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#Guerrieri… Giochiamo a far la guerra?

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Il mio primo pensiero, quando ho letto lo slogan della nuova iniziativa promozionale di ENEL, non poteva che andare al film “I guerrieri della notte”.

“Siamo i #guerrieri al comando di noi stessi”

“Siamo i guerrieri dei salti nel buio e degli investimenti oculati”

“Se la loro battaglia è anche la tua, raccontala su guerrieri.enel.com”

Il secondo pensiero arriva immediato, terra terra: “Ma l’ENEL non è quella che se non le pago le bollette mi toglie la luce? Bollette che in dieci anni sono aumentate del 38,5 %?”

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Deconstructing la cronaca stretta

lougrant15aCapita raramente di imbattersi in un articolo del genere, che nei commenti – mi raccomando leggeteli sempre, sono le cose più istruttive – contiene pure la difesa fatta dall’autore. Ringraziando Antropologia e sviluppo per la segnalazione, ecco l’articolo commentato [tra parentesi quadre]. I grassetti sono nell’originale.

Crema, 11 settembre 2013 – È partito per le vacanze, per stare con la sua famiglia in Romania, ma non tornerà più a Crema: ora è in galera con l’accusa di aver ammazzato la moglie. E ferito gravemente l’amante. Si chiama Alexander S., ha 49 anni e da una decina di anni viveva a Crema, dove lavorava mandando soldi  a casa, dove [e dire che ce ne sono di locuzioni da usare al posto di dove, eh] c’erano una moglie e tre figli che, grazie a quei soldi, riuscivano a tirare avanti. Alexander, ai primi di luglio parte per tornare a casa, a Craiova [magari v’è sfuggito, ma il secondo dove si riferisce a questa città, non a Crema]. Quando arriva, dentro la sua abitazione non trova nessuno. La prima figlia è sposata, gli altri due ragazzi non lo aspettano. L’uomo, allora, va a trovare i fratelli e nota un certo irrigidimento quando chiede dove sia la moglie [è partita l’escalation drammatica. Ruggieri, su, nota un certo irrigidimento non si trova più manco nei verbali dei carabinieri. Ma attenzione al seguito].

Ma all’inizio non ci fa caso [immaginate, da adesso, una musichetta insinuante e ossessiva tipo Bernard Herrmann]. Poi, il tempo passa e la donna non torna, finché arriva la sera. A quel punto il marito sospetta qualcosa [Ruggieri c’era, lui lo sa]. Chiede ancora lumi ai parenti, finché qualcuno si fa coraggio e parla [zam zam zam zaaaaam!]. «Guarda che tua moglie si è trovata un altro e che passa il suo tempo a casa dell’amante». Parole che bruciano come acido sulla pelle [AAARGH la metafora da quindicenne deluso dalla vita NO!!! Tra l’altro, visto l’uso di acido che si fa negli ultimi tempi, che cattivo gusto!]. L’uomo va su tutte le furie e medita vendetta [il giornalista è telepatico. Ricordatevi il medita]. Ma come? Lui si sacrifica, sta lontano dalla famiglia, manda a casa i soldi necessari per vivere e quando torna, trova sua moglie con un altro? [CHE COSA E’ QUESTA FRASE SE NON UNA DIFESA DELL’ASSASSINO FATTA ESPLICITANDO CONGETTURE PER SPIEGARE IL SUO GESTO? CHI HA DATO A RUGGIERI IL POTERE DI FANTASTICARE SULLE INTENZIONI MENTRE RIPORTA I FATTI?] Il romeno chiede dove abita il rivale e qualcuno glielo dice [lui era sempre lì]. Così, va a regolare i conti a casa di quest’uomo [va a regolare i conti. Poco sopra era una vendetta, ma questa è ancora troppo negativa: adesso è già regolare i conti, che è molto più vicino a “ottenere giustizia”, in effetti]. Quando arriva ed entra, trova la moglie con lui [ma no, che sorpresa! Glielo hanno detto in gruppo! E non ci dici che stavano facendo? Adesso niente fantasia? Su Ruggieri, non sia timido]. Furibondo e fuori di sé [ovviamente, ADESSO è fuori di sé, mentre poco fa meditava vendetta. Strano modo di descrivere l’uso della ragione, o il suo smarrimento] prende un coltello, colpisce a morte la donna e ferisce gravemente l’uomo. Solo l’intervento di più persone e della polizia riesce a domare la sua furia [la furia va domata, anche se è solo un regolare i conti. No, ma complimenti per la coerenza, tranquillo Ruggieri, va tutto bene]. L’uomo è imprigionato e accusato di omicidio nei confronti della moglie e di lesioni gravissime per l’uomo che era con lei [strano, lui voleva solo regolare i conti].

Risposta di una lettrice al giornalista:

Egregio Pier Giorgio Ruggieri,
Mi complimento con Lei per l’articolo che ha scritto qui sopra: una bella e buona giustificazione dell’omicidio di questa coppia! Torniamo ai tempi del delitto d’onore? Perché a mio parere pare che Lei intenda che sia comprensibile uccidere una moglie “fedifraga” e il proprio amante “per onore” in quanto Lei scrive: “Ma come? Lui si sacrifica, sta lontano dalla famiglia, manda a casa i soldi necessari per vivere e quando torna, trova sua moglie con un altro?” Nel nostro Paese ogni due giorni c’è un nuovo femminicidio e ritengo sia il minimo pretendere che il linguaggio giornalistico non sia complice di questa strage. E’ molto grave e pericoloso il messaggio che Lei intende veicolare al lettore che potrebbe interpretare come giusto uccidere una donna che tradisce il proprio marito.
Cordiali Saluti, Una (ex)lettrice disgustata

Parole civili, anche se il tono è grave; perché è grave quello che è successo. A questa, il nostro giornalista risponde così [i  nostri commenti sempre tra parentesi quadre]:

Risponde l’autore:
Ma stiamo scherzando [da manuale: mai concedere nulla, rispondere all’indignazione sempre più indignati ancora]! Gentile signora, evidentemente lei è molto sensibile al problema, come lo sono io [da manuale: il difetto è suo, ma ce l’ho anche io]. Nel mio articolo non c’è una sola parola di giustificazione per il gesto fatto [no, infatti: le parole sono precisamente ventisei, Ruggieri], ma solo una cronaca stretta di quello che è successo [LA CRONACA STRETTA? Lui si sacrifica, medita vendetta, regolare i conti, sono cronaca stretta? E qual’è quella “larga”, Star Trek?]. Non esalto assolutamente il femminicidio, me ne guardi e scampi il cielo [il cielo c’ha da fare, Ruggieri, le basterebbe seguire l’articolo 2 delle raccomandazioni della Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ) sull’argomento. E’ il suo lavoro, mica il mio]! In ogni caso il marito tradito non se l’è presa solo con la moglie, ma anche con l’amante [cosa significhi questo per Ruggieri non s’è capito. Ah sì: c’è di mezzo anche un uomo, quindi non è femminicidio. Interessante interpretazione]. Ha avuto una reazione della quale io ho solamente dato atto [NO, inventarsi le motivazioni fantasticando sul contenuto della mente delle persone non è dare atto, è narrativa. Non è giornalismo]. Sottolineando anche il fatto che è in galera e probabilmente non uscirà più [embè? Il problema è il motivo per cui è in galera. E secondo le tue parole, il motivo è perché ha subito un’ingustizia da una moglie ingrata]. Cosa che non sempre accade in Italia [e che c’entra? Hai scritto per lodare la polizia rumena?]. Se in qualche modo ho dato l’impressione di essere a favore di quello che lei definisce il delitto d’onore [no Ruggieri, l’ha fatto in più modi: dando voce alle supposte frustrazioni dell’assassino, ricostruendo i fatti con una escalation drammatica che punta a massimizzare l’emotività dell’assassino per ridurne il grado di lucidità, e ottenendo una catena di ineluttabilità che invece è tutta da dimostrare da parte degli investigatori. Ah, altra cosa, Ruggieri: la morta. E’ morta, e i tre figli erano anche i suoi. Due parole ce le spendiamo? Di lei non ha detto nulla, a parte che stava con l’amante e s’è beccata le coltellate. No no, Ruggieri, non ha dato nessuna impressione, non si preoccupi, è la signora che è molto sensibile al problema], stia pur tranquilla. Non è assolutamente così.
Pier Giorgio Ruggeri

Complimenti.

P.S. Gli strumenti per cambiare questo stato di cose ci sono. Bisogna avere l’onestà intellettuale di capire a cosa seervono e volerli usare.

Deconstructing l’ignoranza (o Dell’anti-omofobia)

piotta1 Non bisogna presupporre nel prossimo sempre e soltanto la malafede, anche quando lo vediamo sostenere delle tesi improbabili o delle ipotesi politiche ridicole. Non si deve attribuire sempre e solo l’ipocrisia ai nostri apparenti avversari politici: dobbiamo mostrare una conciliante apertura a tutte le possibilità, perché forse l’apparente malignità, perversione, stupidità e cattiveria gratuita di alcune posizioni politiche possono essere solo causate da un sottovalutato errore tipicamente umano: l’ignoranza.

Probabilmente Marina Terragni, Costanza Miriano e Pino Morandini non hanno alcuna idea di quello che stanno dicendo, nei brani che riporto qui sotto. Io la penso così, penso che siano incolpevolmente profondamente ignoranti. Non credo che le loro assurdità le dicano seriamente, “con cognizione di causa”, come si dice in questi casi. Credo che, poverini, siano vittime di un raggiro, o di un sistema scolastico inadeguato, oppure ancora di un ambiente culturale gretto e meschino che non concede a tutti le stesse possibilità. Vediamo cosa dicono, sarete senz’altro d’accordo cone me che, alla luce di una critica serrata ma corretta, tutte le loro incredibili sciocchezze non sono altro che grossi equivoci frutto d’incolpevole ignoranza.

Una premessa: di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando di una modifica a tre leggi già esistenti. Precisamente: l’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni che potete seguire nel link; il titolo del Decreto Legge 26 aprile 1993, n. 122 e successive modificazioni che potete seguire nel link; la rubrica dell’articolo 1 di questo stesso Decreto Legge (per “rubrica” s’intende, dice Treccani, “la descrizione sommaria del fatto attribuito all’imputato e sua qualificazione giuridica con l’indicazione degli articoli di legge che lo prevedono”). Questa modifica è, in tutti e tre i casi, sostanzialmente la stessa: l’aggiunta delle parole “fondati sull’omofobia o transfobia” a quegli articoli di legge.

Sono gli articoli che puniscono, dice il testo “chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi” e “chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. In sostanza, dopo “religiosi”, la legge in discussione in questi giorni vuole aggiungere le parole “ovvero fondati sull’omofobia o transfobia”.

Veniamo ai nostri tre casi d’ignoranza. Per comodità, dai testi originali di cui lasciamo il link, prenderemo solo le parole principali. Cominciamo con Miriano, qui una sua intervista.

…invece venerdì alle ore 10, ci ritroveremo sempre davanti al Parlamento, Uominidonnebambini, al flashmob che riunisce varie associazioni di uomini di buona volontà, cattolici, ebrei, omosessuali, atei, per fermare il progetto di legge [non è un progetto di legge] che punisce con il carcere e i campi di rieducazione [non è vero, non esistono campi di rieducazione] chi non segue l’ideologia gender [non esiste nessuna ideologia gender, e le modifiche proposte non puniscono chi non segue una ideologia, ma chi fa propaganda o istiga a commettere o commette atti violenti in nome di idee omofobiche o transfobiche. Il cattolicesimo, come qualunque altra confessione religiosa, rientra in una espressione del pensiero che non può essere punita per legge, come recita l’articolo 19 della Costituzione. Questa legge non si riferisce alle religioni né a qualunque altra forma di pensiero, a meno che non siano fondate sulla superiorità o sull’odio di qualunque tipo. E, per quanto discutibile in sé, il cattolicesimo non lo è]. Nel mio piccolo, sto lavorando perché ci si incontri tutti. Credo che questa sia una battaglia di buon senso, prima che cattolica [il buon senso, purtroppo, va saputo usare o si prendono cantonate enormi, cara Miriano]. Quello che stanno facendo non è la priorità del Paese. Giro l’Italia e vedo capannoni abbandonati, imprese che stanno chiudendo [ma che c’entra? Chi decide le priorità? Il Parlamento mica funziona come una gara di Formula Uno!]. Al contrario questa è la priorità di una piccola elìte [che non esiste manco lei – non è piccola e non è manco un’elite, se no non avrebbe bisogno di una legge, no? Ma se anche esistesse, avrebbe gli stessi diritti democratici di presentare una legge], che vuole la vittoria della ideologia del gender [aridàje, non esiste niente di simile!], e magari matrimoni e adozioni per gli omosessuali [magari come succede in altri 14 e passa paesi del mondo, anche se pieni di cristiani e anche di cattolici]. Va da sé che sarà un reato dire che è più consona ad un bambino la vita con una madre e un padre [non è vero, è un’opinione che chiunque potrà liberamente esprimere. Non ci potrai fondare un partito o un’associazione, né fare propaganda – ma non era tua intenzione, no?]. Ci rendiamo conto che non si potrà neanche più manifestare per sostenere questo pensiero? [Ma de che? Non è vero, potrai fare tutte le manifestazioni che vuoi, quella non è propaganda! Leggi la legge, Miriano, è facile, da sinistra a destra una lettera per volta, ogni spazio una parola. Su, ce la puoi fare] Purtroppo questa elìte è forte e ha contatti importanti e trasversali [no, dai Miriano, no, ti credevo superiore al complottismo plutofrociomassonico. Che delusione].

La legge per diventare costume e cambiare la cultura un po’ ci metterà, certo. Ma si aprirà una voragine di cui non possiamo ancora sapere le dimensioni [Eh? Voragine? Che vuol dire, politicamente? Miriano, capisco la tua provenienza, ma non è che puoi ventilare tragedie bibliche ogni volta che non ti sta bene una cosa]. La legge è molto vaga e come discriminazione può essere intesa qualsiasi cosa [il vocabolario può essere utile, Miriano, prova lì: la differenza tra discriminare e pensare è scritta benissimo]. Spero che i giuristi protestino contro questo vulnus [il “latinorum”!] alla democrazia, non si può stabilire un reato d’opinione dai confini così incerti [infatti quelle modifiche non lo stabiliscono. Altrimenti lo stabilirebbe anche la legge alla quale si applicano quelle modifiche, già in vigore. E’ un passaggio facile, Miriano, provaci], in barba alla certezza del diritto. Per farvi capire [ahia, temo il peggio]: teoricamente tutti i cattolici che proclamano pubblicamente il Catechismo della Chiesa Cattolica saranno incriminabili, in base a questa legge [ma assolutamente no! Sono difesi, come chiunque altro professi una religione, dalla Costituzione! Non è un crimine proclamare il Catechismo, Miriano! Stai dicendo che allora il Catechismo è propaganda! Ma rileggiti!]. Nella mia rubrica telefonica, per dire, ho sicuramente 200 persone che sarebbero pronte ad andare in carcere se dire che i bambini hanno bisogno di un padre e una madre diventasse reato [non ne avranno bisogno Miriano, rimarranno le persone di visione limitata che sono ora, tutto qui]. Che faranno? Le metteranno tutte in carcere? [La tecnica dello spauracchio è vecchia, Miriano, basta, su.] E leggere ad alta voce il Catechismo della Chiesa cattolica, che parla degli atti omosessuali come contrari alla legge naturale sarà reato? [NO! Se leggo ad alta voce Histoire d’O non posso essere arrestato per atti osceni!]

Qui siamo alla difesa del buon senso e della vita concreta dei bambini che potrebbero andarci di mezzo [e dàje co’ ‘sti bambini]. E’ evidente che non c’è una parità di trattamento tra i cattolici e non [ancora col complotto?], ma non può essere una questione tra opposte tifoserie [e non lo è, si tratta di imparare a leggere]. Ma come si può negare che i bambini nascano dall’unione di una donna e di un uomo? [Come si può negare che questo problema non c’entra niente con la legge in discussione?] E’ la natura, non c’è bisogno di essere cattolici per vedere la realtà [ehm, Miriano, la informo che ‘naturale’ e ‘reale’ non sono sinonimi]. Qualcuno può anche credere che discendiamo per un caso dalle scimmie, ma che siamo maschio e femmina chi lo può negare? Per negare questo, cioè la realtà, stanno procedendo con proposte assurde e pensando ad una legge ultra-repressiva, che non guarda a tutti, ma a loro [Miriano, dovrebbe almeno avere l’onestà di ammettere che la realtà consiste nella contemporanea esistenza di molti modi di pensarla. Nessuno la nega e non si tratta di una legge che reprime un bel niente. La legga, per favore, anche insieme al Catechismo, se ci tiene tanto].

Cos’è l’omofobia? Parliamone. Perché l’omofobia come paura degli omosessuali non esiste, anzi [le rammento che nel suo blog lei ha raccontato che preferisce “passare da un’altra parte”: se non è paura, cos’è? Cose più nobili? Non mi prenda per stupido, grazie]. C’è un “pregiudizio positivo” nei loro confronti [certo, come no]. Sono in politica, nell’arte, nella letteratura, nel cinema. Sono giustamente tutelati e inseriti [eh? Tutelati? Inseriti? Infatti è per questo che ancora il coming out è festeggiato, no?]. Ci sono addirittura programmi scolastici, e lo posso testimoniare come madre di quattro bambini, che forniscono ampie catechesi contro la discriminazione [ah, la catechesi contro la discriminazione ci può essere, una legge no. Interessante]. Tanto che secondo me, nell’età dello sviluppo, questo modo di procedere può essere pericoloso e generatore di confusione [una confusione dovuta a troppa anti-discriminazione. Notevole. E lei parla di buon senso, eh?].

Vanno applicate le norme [eh, facciamole allora…]. Ma con la legge anti-omofobia non si vogliono colpire dei comportamenti ritenuti violenti, l’obiettivo è fare cultura [AHAHAHAHAHAHAHAH, questa è grandiosa, Miriano, lo ammetto. Fantastica. Una legge per fare cultura, sarebbe la prima volta in Italia, credo], che è un’altra cosa. La legge 194 che non è mai stata una buona legge ma dissero che era nata per tutelare la salute della madre, ora è diventata una pratica di controllo eugenetico [sì, avete sentito bene, in Italia, dice Miriano, si pratica il controllo eugenetico attraverso l’aborto regolato dalla 194. Insieme alla boutade della legge che obbliga all’ideologia gender, possiamo dedurne che Miriano pensa di vivere in un regime nazigay: SS bellissime, profumate e con sgargianti divise rosa. Basta Wikipedia per capire che l’eugenetica è tutt’altro ed è ben regolata], e l’aborto la prima cosa da proporre alla madre nel caso in cui si intraveda una minima incertezza di malattia nel bambino [opinioni irrilevanti per la discussione sulla legge]. Lo posso testimoniare tranquillamente, mi scrivono centinaia di persone [sempre meno delle donne che non riescono a usufruire della 194 negli ospedali italiani a causa dell’obiezione di massa dei medici – lo posso testimoniare tranquillamente, protestano in migliaia]. E’ diventata una legge eugenetica. Perché la legge fa costume. Ormai non si percepisce più il dramma, la portata, l’importanza del gesto dell’aborto [opinioni personali, che Miriano può esprimere tranquillamente, tanto non c’entrano niente con la legge in oggetto e non sarà mai reato esprimerle]. Posso capire l’esigenza che vogliono esprimere queste persone, gli omosessuali, che spesso hanno storie sofferte, di difficile accettazione, e io vorrei farmi davvero sorella a queste persone [prima dovrebbe chiedere loro se vogliono essere fratelli a lei – c’ha pensato?]. Ma non è con la legge che si raggiunge l’obiettivo di spiegare il mistero dell’uomo [se mi dice dov’è contenuto questo obiettivo, il testo è qui sopra]. Questa legge è pericolosissima, porta troppo lontano [ah, lei però del mistero dell’uomo vede bene tutto. Però].

Sì, perché è in gioco una battaglia di buon senso [aridàje]. Vado a tutte due perché le sigle non mi interessano. mi interessa la realtà [la realtà è scritta qui sopra, all’inizio dell’articolo]. Anche se la proponessero i radicali, volesse il cielo, io ci andrei [anche io, per vederla parlare di aborto con Bonino].

Un’altra povera vittima di una errata informazione è Pino Morandini, che dalle pagine di Libero si dimostra fortemente preoccupato del futuro dei liberi studi sul pensiero. Sentite un po’.

CENSURARE I FILOSOFI. «Che ne sarà», si chiede Morandini, «di Platone, che relega ”l’omosessualità maschile e femminile” fra le “perversioni che sono responsabili di incalcolabili sciagure, non solo per la vita privata dei singoli, ma anche per l’intera società” (Leggi, 836, B)?» [ne sarà, caro Morandini, quello che ne è di lui da sempre: non se lo filerà proprio nessuno. La percentuale di persone che sarebbero direttamente interessate alla eventuale scomparsa di un testo di Platone è molta meno di quella direttamente interessata alla eventuale scomparsa di lei, Morandini. Senza offesa eh, era per darle un’unità di misura]. E di «Seneca, che tesse le lodi dell’amore sponsale contrapponendolo ad altre unioni» che il filosofo romano riteneva «contro natura» (Cfr. Epistulae ad Lucillium, 116, 5; 123, 15)? [Seneca? Ancora meno di Platone, se ne fregherebbero.] E di «Kant che, in Metafisica dei costumi è fortemente critico verso l’omosessualità?» [lo prenderebbero per il culo come fanno tutti già adesso, solo ci sarebbe un motivo in più]. «Che ne sarà di costoro? Potranno essere ancora studiati [certo che sì, la legge non riguarda l’opinione né il diritto a leggersi quello che pare a ciascuno] – prosegue Morandini -, oppure chi sarà sorpreso con libri loro in possesso magari quelli ricordati, in cui sono contenute esplicitamente “idee fondate sulla superiorità” [bravo Morandini, si vede che lei è uomo di legge: sono contenute, quindi non sono propaganda. Le rammento che in questo paese – dove quella legge alla quale si chiede di aggiungere delle parole è già in vigore – è possibile stampare e acquistare il Main Kampf di Hitler, dove sono contenute più idee fondate sulla superiorità di quelle in Platone, Seneca e Kant messi insieme], rischierà» la reclusione fino a quattro anni (sei, se si è capo di un’organizzazione), come prevede la legge sull’omofobia? [NO, perché la legge non riguarda le letture né le opinioni – è scritto qui sopra!]

OMOSESSUALI TUTELATI. Omosessuali e transessuali sono «titolari di tutti i diritti spettanti alla persona», continua Morandini [allora, Morandini, la legge è inutile: anche le persone di colore sono titolari di quei diritti. Però la legge in vigore adesso parla di superiorità razziale: è sbagliata tutta la legge, allora? O forse, ma forse eh, c’è qualche problema nella tutela di quei diritti, dato che qui si tirano banane a ministri di colore?]. Per quale ragione – chiede il magistrato – bisogna introdurre «una tutela inutilmente rafforzata, per le persone omosessuali e transessuali», le quali sono «già ampiamente garantite nella loro dignità dalle norme in vigore? [Perché ci sono persone che non li rispettano: la proprietà è molto ben garantita dalle norme in vigore, eppure esistono leggi contro il furto. Perché?]». Morandini si sofferma sugli esiti della legge sull’omofobia che «per coloro che manifestano “idee fondate sulla superiorità” e  ritenute lesive “dell’identità sessuale”, prevede» la reclusione fino a quattro anni (sei, se si è capo di un’organizzazione): «Non è forse alto il rischio che si incorra in procedimenti penali a fronte di qualsivoglia giudizio critico verso determinati orientamenti sessuali?» [NO, perché i giudizi critici non rientrano nei fenomeni descritti dalla legge, che parla di propaganda e di atti violenti]. Non sarebbe meglio, conclude il magistrato, lasciare intatta la libertà di espressione «sul significato antropologico della definizione fra i sessi; sull’etica della sessualità e sulle conseguenze giuridiche derivanti dalla presenza di relazioni diverse dal matrimonio quale rapporto riconosciuto giuridicamente tra un uomo e una donna?» [SI: e infatti la legge non dice un bel nulla sulla libertà di espressione, perché non la tocca minimamente – è scritto qui sopra].

Last but no least, Marina Terragni ci omaggia con la sua consueta pacatezza argomentando contro la proposta di Scalfarotto inviandogli una sorta di “lettera aperta”. Eccola, nero su bianco, la sua richiesta di chiarimenti – in effetti lei almeno in un punto ammette di non aver chiare le idee sulla legge in discussione. Certo le ha chiarissime su altri argomenti.

Caro Ivan Scalfarotto, qualcun* provi a darmi dell’omofobica, e l* querelo [tanto per chiarire, anche a scapito della sintassi, che Terragni si mette al di là della legge – per come lei l’ha capita – anche prima che venga promulgata. Una bella minaccia, e possiamo cominciare].

Ho amici e amiche gay, e pure trans, e voglio per tutte e tutti una vita più semplice e più giusta [la classica frase d’apertura che amano sentirsi dire amici e amiche gay, e pure trans]. Parto così, mettendo le mani avanti, perché vorrei porti qualche questione sul tema della legge contro l’omo e transfobia. Ed è già sintomatico che io parta così, giustificandomi a priori, perché non ho ben capito se secondo la nuova legge io sarei, almeno in linea teorica, perseguibile per quello che intendo dire, e per la storia che intendo raccontarti [oh, almeno lei ammette che non ha capito bene, brava Terragni, dia l’esempio. Comunque, la risposta è no].

Un mio amico gay, qualche tempo fa, ha “comprato” un ovocita da una donna, l’ha fatto fecondare con il suo seme, quindi impiantare nell’utero di una seconda donna (“spezzando” quindi la madre in due: ovodonatrice e portatrice [Terragni, la madre è tutta intera, gliel’assicuro: ha spezzato forse qualche suo preconcetto, ma le due donne sono rimaste tutte intere]). Il tutto il un Paese che consente queste pratiche. Impianto andato a buon fine, gravidanza giunta a termine – bambino in braccio, come si dice – bambino tolto alla/e madre/i (anzi: madre/i tolta/e al bambino) e portato in Italia, dove il piccolo ha trovato i suoi surrogati materni in una serie di tate che vanno e vengono [mi permetto di sottolineare che qui, di surrogati, ci sono solo i suoi vocaboli che travestiti da racconto oggettivo formulano giudizi personali del tutto inutili, visto che parliamo – o dovremmo parlare – di leggi].

Caro Ivan, io avevo pregato il mio amico di non farlo, lui l’ha fatto, il nostro rapporto è andato in pezzi [perdoni il cinismo, ma ai fini della discussione della legge questo particolare è irrilevante. Però lo ha voluto mettere lo stesso]. Gli avevo detto: dal fatto che tu ami sessualmente gli uomini non deriva che quel bambino non debba avere una madre [e ce l’ha: ma cresce con due uomini. Non può non avere una madre, se è stato partorito. Ma non cresce con lei, per sua volontà autodeterminata – può non piacerle, ma è legale, in quel paese – oltre che giusto, mia opinione]. Sono ancora convinta di quello che gli avevo detto. E quello che gli avevo detto, in sintesi, è questo: un uomo, di qualunque oreintamento sessuale, etero o gay, non ha il diritto di portare via un bambino alla madre, di recidere quel legame (anche se la madre è d’accordo: ma il bambino no) [opinione personale che non c’entra nulla con la legge, e che lei può esternare quado vuole anche dopo che la legge anti-omofobia sarà eventualmente promulgata].

Non sto parlando di genitorialità gay: sto parlando di uomini che si fanno fare [ha scelto un verbo orribile, Terragni, è una scelta anche delle donne, non c’è costrizione] bambini dalle donne e glieli portano via [nessuno porta via niente, non è un rapimento! Ma come si permette?] (non è il caso, come ti sarà chiaro, di una lesbica che mette al mondo un bambino, perché lì il legame è preservato, tra le due pratiche non c’è simmetria) [altra opinione personale che non c’entra nulla]. Qui c’è misoginia, qui c’è odio per le donne [secondo lei, ed è anche una posizione difficilmente sostenibile. La madre biologica è consenziente, capito Terragni? CONSENZIENTE, e autotederminata, quale misoginia? Quale odio? Vorrebbe gentilmente, dato che si vorrebbe parlare di leggi, aggiungere qualche dato un po’ più oggettivo delle sue opinioni?]. Qui c’è questione maschile [si certo, come no. Fa l’esempio di un paese e delle sue leggi, che vengono rispettate, e di una procedura legale seguita da adulti consenzienti. Quale sarebbe la questione maschile, qui? Perché non dice di come potrebbe, una coppia di gay maschi in Italia, avere un figlio?].

Naturalmente quello che dico è opinabile [e meno male], ma io ci credo fermamente, così come credo fermamente nell’esistenza di una differenza sessuale [e cosa c’entra? Ce lo vuole dire?]. Confortata dal fatto che perfino chi, come Judith Butler, maestra della “performatività di genere”, ha teorizzato al massimo livello il fatto che il corpo con cui si nasce conta poco o niente, e invece quello che conta è il genere a cui si sceglie di appartenere [e cosa c’entra? Ce lo vuole dire?], è tornata sui suoi passi, dovendo ammettere l’esistenza “di un residuo materiale incontrovertibile“. Cioè il corpo sessuato [e cosa c’entra? Ce lo vuole dire? No].

Ora, la mia domanda è questa: potrò ancora sostenere questo mio pensiero – l’intangibilità del legame madre-figlio e l’esistenza della differenza sessuale – che non sta dentro nel mainstream “tutto è lecito” senza essere sospettata o addirittura incriminata per omofobia? [SI, perché delle sue opinioni la legge se ne sbatte, lasciandola libera di credere le cose che vuole. La legge parla di propaganda e atti violenti che affermano o sono motivati da idee fondate sull’omofobia. Le sue menate sulla differenza sessuale – Butler o no, che sarebbe opinabile – non lo sono. Può dirle in pace, non si preoccupi.]

Lo dico perché ogni volta che una legge, con la mannaia sommaria della logica dei “diritti”, interviene “salomonicamente” a tagliare la carne viva della vita e dei suoi fondamentali, il risultato è sempre molto scadente [scadente quanto paragoni biblici buttati lì senza una spiegazione del loro legame col resto. Quale sarebbe la mannaia? Quale carne viva? Gli articoli sono qui sopra, me le saprebbe indicare?].

Con affetto   M. [e meno male che l’ha scritta con affetto…]

Qui ci sono altri che, poverini, sono stati ingannati e portati a pensare cose poco serie, come i nostri tre di cui abbiamo parlato. Io non credo che siano in malafede, credo sinceramente che proprio per questioni culturali non siano in grado di capire perché si vogliano aggiungere poche parole a un articolo di legge già esistente e sul quale finora non hanno avuto niente da dire. Gli è più facile pensare che a loro sarà impedito di esprimersi, piuttosto che immaginare di tutelare le espressioni di altri, ai quali questo viene culturalmente impedito, oscurato, “punito” con violenze più o meno grandi.
Chissà perché lo fanno.

“Sarà ‘sto buco d’aazzoto” (cit.)

Deconstructing le avances

macchina da scrivere2 Questo articolo è stato decostruito “live” all’incontro tenuto alla Città dell’Utopia (Roma) martedì 18 Giugno, “Media vs Femminicidio”. Ci tengo a dire che l’ho scelto in maniera casuale tra i tanti raccolti da Bollettino di Guerra, e che s’è dimostrato perfettamente adatto a fare d’esempio per comprendere il titolo dato alla serata. Come volevasi dimostrare, non c’è bisogno di scegliere esempi di sessismo nei media: basta pescare a caso.

Bidello uccide la prof di religione a scuola perché era indifferente alla sua passione [la maggior parte delle persone che legge i quotidiani si ferma solo sui titoli. Il titolo dice, malgrado ciò che seguirà, che lei era indifferente e che lui aveva passione. Tenete a mente queste due parole]

RAGUSA – Scene da far west in una scuola elementare del Ragusano. Un bidello, Salvatore Lo Presti, 69 anni ha sparato cinque colpi di pistola contro Giovanna Nobile, insegnante di religione, di 53 anni, uccidendola. L’uomo è stato arrestato per omicidio volontario.

IL MOVENTE – Avrebbe ucciso l’insegnante perché se ne era invaghito [viene scelto non “se ne era innamorato”, “la desiderava”, ma se ne era invaghito, verbo che è anche un giudizio], ma lei si era sempre dimostrata indifferente alle assurde avances del bidello [attenzione a queste due parole: indifferente – è un atteggiamento ben preciso, significa che lei sapeva e che non voleva, e assurde, giudizio e qualifica delle avances che però non viene spiegata:perché assurde? Non ci verrà detto]. Questo il movente dichiarato da Lo Presti, padre di cinque figli. L’uomo ha confessato davanti al dirigente della Squadra mobile Francesco Marino. Sarebbe stato «colpito dalla sua indifferenza» per «sentimenti assolutamente non ricambiati» anche perchè mai espressi in maniera evidente e pubblica [COSA? Scusate, ma come si fa a essere indifferenti a qualcosa che non si è capito o conosciuto? Allora lei non era indifferente, semplicemente non sapeva. Perché questa frase non è tra virgolette? E’ una deduzione di chi scrive?]. È il delitto, quindi, per una «passione senza riscontro» [dagli con la passione] quello commesso dal bidello. Lo ha confessato lo stesso omicida spiegando di avere premeditato il delitto [reo confesso di omicidio premeditato, quindi]. Secondo gli investigatori è stata «una lucida follia» [EH? Ma come, avete appena detto che lui ha premeditato! La “lucida follia della premeditazione” non si può sentire, ma per favore], l’insegnante era all’oscuro dei sentimenti dell’uomo o ne aveva avuto solo un parziale accenno [e allora le avances non ci sono state! Non erano assurde, erano proprio inventate! Perché scriverlo allora?].

FAR WEST – La tragedia si è consumata nella scuola elementare «Pappalardo» di Vittoria. La sparatoria è avvenuta all’interno dell’istituto mentre era in corso una riunione del corpo docenti. È stata un’azione fulminea, quella messa in atto dal bidello, noto come «il poeta», a pochi giorni dalla pensione [cosa la cui importanza verrà fuori tra poco]. Cinque colpi di pistola hanno raggiunto la donna. Un sesto colpo è stato sparato in aria per l’intervento di un altro bidello, che ha alzato il braccio dell’uomo facendo cambiare la traiettoria al proiettile, che si è poi conficcato sul tetto. «Poteva fare una strage [perché? Ha scaricato la pistola contro la donna, non voleva fare una strage, è evidente che volesse colpire solo una persona – perché permettere a un testimone di fare illazioni, e riportarle senza il minimo commento?], l’ho bloccato d’istinto, ma non ditemi come ho fatto perchè non lo so neanche io. Sono stanco e provato da questa assurda giornata», dice Salvatore Gallo, 56 anni,

COLPO AL FEGATO FATALE – I sanitari hanno fatto il possibile per salvare la vita all’insegnante . «Quando è arrivata in pronto soccorso trasportata dall’autoambulanza – dice il medico Giuseppe Marino – le sue condizioni erano disperate perché due colpi di arma da fuoco le avevano provocato una forte emorragia addominale. Un colpo aveva raggiunto il fegato. Siamo riusciti a rianimarla ma non ha superato l’intervento chirurgico».

INCONTRO DI FINE ANNO – L’insegnante si era recata a scuola per un incontro di fine anno scolastico. Dopo aver firmato delle pratiche in segreteria stava lasciando l’istituto, quando l’uomo l’ha raggiunta sulle scale, armato di pistola, sparandole contro. L’aggressore è uscito dalla scuola, ma è stato fermato poco dopo dalla polizia in strada.

MOMENTI DI TERRORE – È sconvolta Giovannella Mallia, preside vicaria dell’istituto. «Mi trovavo nella stanza accanto alla segreteria e dopo aver sentito i colpi mi sono precipitata per vedere cosa fosse accaduto», racconta. «Ho visto Giovanna Nobile a terra che già non dava segnali di vita, ho provato a rianimarla ma ho capito subito che la stavamo perdendo e quando è arrivata l’autoambulanza aveva perso già i sensi». «Stavo sistemando i registri – aggiunge l’insegnante – e i colpi di arma di fuoco che ho sentito sono stati uno dietro l’altro. La segretaria Concetta Insaudo e altri due applicati di segreteria gridavano perchè avevano assistito in diretta al ferimento della collega e non si davano pace. Ho avuto paura e non riesco ancora a razionalizzare come sia potuto accadere. Tra il bidello e la docente di religione – sottolinea Mallia – c’era stato in passato qualche discussione ma cose normali in un istituto. Che la cosa potesse degenerare non era ipotizzabile [un bell’aiuto, neanche troppo implicito, alla tesi della lucida follia]».

IL DIRIGENTE: «SONO SCONVOLTO» – Arriva sconvolto il dirigente scolastico dell’istituto, Sebastiano Lima. «Stavo facendo esami in una scuola di Acate – dice – quando mi hanno telefonato. Stentavo a crederci. Non so cosa sia scattato nella sua mente [altro aiuto alla tesi della follia –  eppure la premeditazione l’ha confessata l’assassino!]. Il primo caldo, la rabbia per dovere andare in pensione anticipatamente [IL CALDO? LA RABBIA? Con quale autorità il dirigente scolastico fa queste ipotesi? Perché sono semplicemente accostate, nell’articolo, a tutte le altre parole, senza una spiegazione, una parentesi esplicativa?] perchè poteva ancora rimanere ancora in servizio». «Ecco, questo era un suo chiodo fisso, ma da qui a sparare ce ne vuole [altra illazione, altro collegamento logico tutto da verificare. Intanto però è messo lì, come fosse plausibile malgrado le stesse parole dell’assassino]… Questa tragedia – conclude Lima – mi sconvolge, non ce la faccio proprio a sostenere il peso di questo dramma».

SCUOLA SOTTO CHOC: ARRIVA SQUADRA PSICOLOGI – Il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza ha chiamato la preside vicaria Giovannella Mallia a cui ha voluto testimoniare la sua vicinanza e le ha annunciato l’invio di una squadra di psicologi a sostegno dei ragazzi e degli insegnanti.

SOSPESO FESTIVAL JAZZ – In segno di lutto per l’omicidio, a distanza di un mese dalla tragedia del muratore Salvatore Guarascio che si era dato fuoco perché la sua casa era stata messa all’asta [perché citare un evento che, con tutto il rispetto, non c’entra nulla? Un suicidio poi], il sindaco della città Giuseppe Nicosia, di concerto con gli organizzatori, ha deciso di sospendere il concerto in programma per sabato sera del Vittoria Jazz Festival.

IL PM: «TROPPE ARMI DETENUTE LEGALMENTE» – «Ancora un femminicidio [la parola importante c’è una sola volta, contro le due di passione di cui una nel titolo] con un movente oscuro [OSCURO? Ma se lui ha parlato di premeditazione, di sentimenti non ricambiati, e il testo ha parlato di avances – perché le parole finali del PM smentiscono tutto? Ma chi legge, che idea si fa?]». Così il procuratore capo di Ragusa, Carmelo Petralia, interviene sul dramma di Vittoria. Il magistrato invita poi a riflettere su un dato: «Ci sono troppe armi detenute legalmente senza una precisa ragione, occorre un loro censimento [ah, alla fine di tutto la colpa è delle troppe armi in giro? Quindi se non avesse avuto la pistola, Lo Presti non avrebbe premeditato? Che cosa fa dire al PM che senza pistola lui non l’avrebbe strozzata, picchiata a morte, investita, accoltellata? Niente, non lo sapremo, l’ultima di tante altre cose che quest’articolo non dice o non fa capire chiaramente.]».

Deconstructing il direttore

Mega-Direttore-Ereditario-Dottor-Ing.-Gran-Mascalzon.-di-Gran-Croc.-Visconte-Cobram-e1333802657523 Già una volta ebbi a dire qualcosa (però, come parlo bene) sulla figura del direttore responsabile, e proprio riguardo quello di cui parliamo oggi. E’ un’occasione più unica che rara, perché i direttori responsabili di solito non parlano molto, ma manco scrivono. Quando di tanto in tanto lo fanno, noi siamo pronti a raccoglierne il messaggio e a codificarlo per voi, povere menti che non capite, che  non sapete, che non volete – ah, la vita del direttore responsabile.

Antefatto: le parole che riportiamo sono solo quelle che Peter Gomez ha aggiunto in questo post, dove uno dei blogger de “Il Fatto” s’è accorto, diciamo così, che non tutti i blogger della testata mantengono il suo stesso standard di serietà redazionale; e che quindi il suo lavoro viene messo alla stregua di quello del ‘copincollàro’ più banale. Diciamo che non l’ha presa benissimo, e in virtù di ciò, con molta educazione, dice che gli può bastare, grazie. Il nostro direttore responsabile, ovviamente, sente come suo dovere spiegare al(l’ex-)collaboratore e ai lettori il disdicevole equivoco con le parole che solo un direttore responsabile può avere in questi casi.

Caro Dario,
ho sempre pensato che in qualsiasi campo chi ha buoni argomenti  (e tu ne hai) ha il dovere di farli valere [quindi anche se copincolla qua e là, caro Dario, se ha buoni argomenti vale anche quello]. Ilfattoquotdiano.it [avete capito bene, Gomez ha messo il link allo stesso sito nel quale sta scrivendo – un vero maestro, non c’è che dire, per raccogliere click] non è una rivista scientifica [ti dirò, Gomez, il sospetto lo avevamo avuto] e sopratutto lo spazio dei blog è semplicemente uno spazio libero dove chiunque scrive si sottopone al giudizio dei lettori [traduco: non c’è alcun criterio redazionale, vale tutto, è ‘na camboggia, basta che cliccano e leggono]: sia esso uno scienziato, un filosofo, un politico o un leader religioso [notate l’anticlimax: uno che parla per fatti dimostrati, uno che teorizza su fatti diciamo discutibili, uno che notoriamente è ipocrita di mestiere, poi il ciarlatano acclarato]. Lo spazio dei blog non fa sentire tutte le campane, permette solo alle campane di suonare [appunto: non si tratta di dare spazio a cose sensate, ma di preparare un teatrino dove tutti possono dire la loro – quindi vince chi strilla di più] (se la loro musica non è diffamatoria o violenta [a insindacabile giudizio de Il Fatto: i negazionisti del femminicidio non sono quindi giudicati né diffamatori né violenti]).

Nello spazio a destra del sito, come sai, viene invece seguita una linea editoriale [“udite udite”; peccato che il direttore non ci dica qual è. Accontentiamoci del come sai, evidentemente sono affari loro].  E mi pare che – tranne in un unico caso (a volte anche noi come gli scienziati sbagliamo)  – su quella linea ci sia stato veramente poco da dire [anche perché ti guardi bene dall’esprimerla, quindi…]. Non penso poi che un biologo serio non debba andare a un convegno di creazionisti [capito? A ‘Il Fatto’ permettiamo solo alle campane di suonare, però c’abbiamo pure un’opinione su come si fa il campanaro]: se ci va, visto che ha la ragione dalla sua parte, e li affronta con umiltà e convinzione forse farà mutare parere e convinzioni a qualcuno di loro [Dario, hai capito? Per raccogliere click non devi fare solo lo scienziato, ma pure fare proseliti]. E se ci riesce la sua vittoria avrà la stessa dignità e importanza di una scoperta scientifica [eccola la linea editoriale: la scoperta scientifica è importante quanto il giudizio dei lettori. Proprio l’idea che aveva Galilei, per esempio].
Per questo credo che dovresti ripensarci. Niente è facile, né nella vita, né nella scienza [tiè, Dario, beccati pure la frase da carta di cioccolatino, te che fai tanto lo scienziato].

un abbraccio [e du’ click]
Peter Gomez

Deconstructing il progetto di Dio

questione-di-dio Non ci vuole molto a sapere chi è Costanza Miriano, basta usare Google. Questo suo post l’ho ritrovato ripostato da un altro sito, perciò ne sono venuto a conoscenza soltanto un mese dopo la sua uscita.

Qui non si tratta solo di un “deconstructing” al fine si svelare meccanismi retorici sessisti – qui anche omofobi. Questo testo è, per ammissione dell’autrice, ciò che lei dice ai suoi figli a proposito dei matrimoni tra omosessuali. All’opera vedremo quindi non solo meccanismi retorici, ma anche pregiudizi, falsità, ipocrisie che ci si dovrà sforzare di non credere essere fatte in malafede. Perché di una cosa sono sicurissimo: Costanza Miriano crede in ciò che dice, non vuole ingannare nessuno. Ed è proprio questo, per come la vedo io, l’aspetto più agghiacciante della faccenda. Ciò che ci sarebbe da decostruire, qui, non è un post, non è una costruzione linguistica lunga poco più di una pagina: è un sistema di pensiero, un’abitudine passiva, un’intera cultura. Non posso farlo da solo, ma penso a quei bambini esposti a questo tipo di violenza – sì, cercherò di far capire che parlare ai bambini in questo modo è una forma di violenza – e qualcosa devo fare, anche se ridendo, anche se in forma di satira.

Credo sia giusto aggiungere che io so per esperienza personale che non tutti i cattolici sono così come Costanza Miriano appare in questo suo post. Indubbiamente però molti ci si riconoscono, e fanno di lei una persona da portare ad esempio.

Le nozze omosessuali spiegate ai miei figli (età media 9 anni) [le nozze, non “il matrimonio” o “le unioni” omosessuali, ma le nozze, in modo che sia evidente anche ai bambini che s’intende possibile solo che qualcuno sia supino e coperto da un altro – bella scelta iniziale, non c’è che dire]

Cari ragazzi, come sapete nella nostra casa è vietato parlare male delle persone [tutti giustificati a priori a casa Miriano, wow! Immagino i latitanti che cerchino asilo da lei quanti possano essere], o almeno ci proviamo, a non farlo. Se qualcuno sbaglia sono affari suoi, tra lui e Dio [se sbaglia e fa male ad altre persone, chissenefrega. Pensate a fare di questa frase un dettato costituzionale, che spasso]. A meno che non ci sia un compagno, che so, che si sporge troppo dalla finestra, o che attraversa la strada con gli occhi sull’iPod mentre passa un motorino. In quel caso, visto che rischia di farsi male, potete dirgli qualcosa, direttamente a lui, e possibilmente senza frantumarvi nessun osso [principio di sussidiarietà applicato alla divina provvidenza – e solo per i compagni eh, e solo se non rischi niente, eh].

C’è un solo caso in cui del male degli altri bisogna proprio per forza parlare, anche a costo di prendere un palo in testa, ed è quando rischia di andarci di mezzo qualcuno più debole, che non può difendersi da solo.

È proprio per questo motivo che il babbo e io ce la prendiamo tanto per i cosiddetti matrimoni omosessuali [quindi: nei matrimoni omosessuali c’è qualcuno debole che ci va di mezzo. Chi? Uh, lo so che avete già capito, però è divertente vedere di quante false premesse indimostrabili c’è bisogno per sostenere un’assurdità], che poi matrimoni è una parola che in questo caso non si può dire perché viene da munus e mater, cioè il dono che si fa alla madre [segnatevelo: l’etimologia conta. Quindi nozze era proprio detto apposta], e tra due uomini o due donne non può comunque esserci una mamma [vallo a dire alle due donne…].

Quindi di cosa facciano gli omosessuali nel privato non ci occupiamo proprio [premessa inutile: chi te l’ha chiesto?], non è una cosa che ci riguarda [come per qualunque altra persona, no?], e tra l’altro pensiamo che anche loro non la dovrebbero sbandierare troppo [non dovrebbero sbandierare che cosa? “La” è scritto, e non c’è altro. La cosa? Non c’è scritto, si allude solo!], come facevano quei signori che avete visto a Parigi l’estate scorsa, con le piume e i sederi di fuori [cosa si sbandiera con le piume e i sederi di fuori? La gioia, la felicità? La televisione è piena a tutte le ore di piume e sederi di fuori, cosa sbandierano? Sempre la cosa?]. Tra l’altro, avete mai visto me e il babbo andare in giro in mutande [Miriano, che schifo! Voi del privato non ci occupiamo proprio e poi ci parla di lei e suo marito in mutande? E poi andare in giro dove? In casa non fa parte del privato? E allora perché ci tiene a dirlo? Vuole proprio vantarsi che i suoi figli non hanno idea di come sono fatti i corpi della madre e del padre?]? Comunque, se loro lo vogliono fare noi ci limiteremo a passare da un’altra parte, visto che non erano proprio eleganti i signori con le banane gonfiabili e le signore senza reggiseno [a parte che non c’è bisogno di dare giudizi di eleganza – chi è lei per farlo, Miriano? – rimane il fatto che non c’erano solo signori e signore. Se portasse i suoi figli a un gay pride, per esempio qui a Roma, potrebbero incontrare i miei figli]. Capiamo anche che se sentono il bisogno di farsi vedere vestiti in quel modo forse non sono tanto felici [sulla base di cosa inferisce la felicità altrui da ciò che, evidentemente, non sa giudicare con obiettività? Di nuovo, come si permette? La sua opinione è lecita, ma darla come giudizio di valore a un bambino è quantomeno scorretto. I suoi non sono valori assoluti, lo sa? No, non lo sa – e nemmeno i suoi figli. Però è chiaro perché voi dovete passare da un’altra parte: vedere persone che ridono e ballano sarebbe dura da giustificare con l’infelicità], e quindi se ci capiterà di averne uno vicino, che ne so, al lavoro o in vacanza, cercheremo, se lui o lei vuole, di farci amicizia [uh, che teneri, addirittura? Troppa grazia…].

Il problema che ci preoccupa tanto però è quello dei bambini e delle famiglie. Noi crediamo che le leggi, come vietano alle persone di ammazzare, rubare, ma anche di parcheggiare sulle strisce pedonali o mettere la musica altissima alle tre di notte, cioè di fare quello che può danneggiare gli altri, debbano impedire assolutamente di confondere la famiglia con tutti gli altri modi di stare insieme [a parte che già lo fanno, dovresti anche dire perché questo c’entra con i matrimoni omosessuali]. Modi liberi e magari bellissimi, per chi vuole, ma diversi dalla famiglia [no. Sarebbe corretto dire “dalla mia idea di famiglia”, e allora le leggi non c’entrano]. La famiglia è il luogo in cui devono [dovrebbero, casomai, ed è comunque una tua opinione] crescere i bambini, e infatti in Italia sono stati chiusi gli orfanotrofi [non certo per quel motivo! Cosa c’entra?], e si cerca di far vivere i bambini senza genitori in case famiglia, che non saranno il massimo, ma è meglio di prima [ma cosa c’entrano le case famiglia con i matrimoni omosessuali? Perché parlare a un bambino di queste cose? Non stai cercando d’impaurirli, vero Costanza?].

Un babbo e una mamma sono la condizione minima per i bambini per crescere bene [è inutile sottolineare che questa è l’opinione personale di Miriano; ciascuno può divertirsi con Google a trovare decine di studi che smentiscono categoricamente quest’idea, e altrettanti che la confermano]. Certo, ci sono anche tanti genitori che non sono sempre bravi, infatti abbiamo detto minima: non basta che ci siano, devono anche impegnarsi un pochino per essere buoni genitori [sempre troppa grazia]. Ma se non ci sono, per un bambino è impossibile crescere in modo sano, equilibrato, felice [ecco, questa è una vera e propria falsità: non è vero che è impossibile, perché i bambini cresciuti senza uno dei due genitori o senza entrambi sono milioni e sono diventate persone equilibrate e felici. Ha paura di dirlo ai bambini, Miriano?]. Vi immaginate se il babbo non ci fosse più, e io mi fidanzassi con una signora [questo è puro terrorismo psicologico – perché l’ipotesi che le disgusta la fa immaginare ai suoi figli su di sé? Perché non portare l’esempio di altre persone? Perché far loro immaginare che la propria famiglia cambi? Per terrorizzarli di più? Complimenti Miriano, complimenti]? Non fate quelle facce terrorizzate [oh, ma guarda], sto dicendo per dire [no, lo stai dicendo proprio per quel motivo: farli terrorizzare]. O se invece di me ci fosse un amico del babbo [aridàje]? (Siete meno terrorizzati? Già vi figurate pomeriggi senza ripasso di grammatica e niente crisi isteriche per i fumetti scaraventati a terra [uh, che spiritosa]?)

Comunque, tanti dottori che studiano le teste delle persone dicono che è normale che la cosa vi sembri tanto strana [sono gli stessi che lo direbbero della tua scelta di esempi], perché è giusto che voi vogliate un babbo maschio e una mamma femmina [no, non è affatto né giusto né naturale, è il risultato della cultura nella quale crescono e dei genitori che si sono trovati ad avere – anche questo direbbero i tanti dottori che studiano le teste delle persone, ma tu li interpelli solo quando ti fa comodo], anche se a scuola cercano di dirvi il contrario (va di moda, ma non vi preoccupate) [forse a scuola cercano di insegnargli che il mondo non è fatto solo di mamme terrorizzanti e di padri preoccupati che passano da un’altra parte – e non è la moda, è la natura: forse a scuola glielo dicono che anche tra gli animali non umani esiste l’omosessualità, come pure il cambio di sesso, per non parlare della possibilità di crescere bene senza “mamma e papà”].

Vi diranno che non siete d’accordo perché andate in chiesa [mi raccomando non gli dire che è una questione religiosa, di confessione, no no, dàgli con l’eufemismo “andare in chiesa”, quello invece non va di moda?], ma noi pensiamo che sia solo buon senso [continua a negare che la religione c’entri qualcosa, bene così, negare sempre, anche questo va di moda]. Sono le regole di funzionamento delle persone [eh? Ma parla per te!!!] (è vero, le ha fatte Dio [no, a me m’ha fatto mamma, però magari sono io l’eccezione], ma funzionano comunque tutte allo stesso modo [giusto un bambino puoi ingannare col discorso che “funzioniamo” allo stesso modo, non potendo dire né che siamo tutti uguali – perché allora il tuo castello di carte cadrebbe: se siamo tutti uguali, perché il matrimonio gay no? – né che siamo tutti diversi – e allora il castello di carte cadrebbe di nuovo: se siamo diversi, perché il matrimonio gay no?], non è questione di credere: se non credi nella benzina e metti la Fanta nel serbatoio la macchina si rompe [il giorno che le automobili avranno una religione, una cultura e una psiche e potranno avere problemi di genere, allora il paragone reggerà. Per ora è una delle cose più stupide che si siano mai sentite]). Noi non siamo contro nessuno [no, vi limitate a passare da un’altra parte], ma come diciamo al compagno di non sporgersi dalla finestra siccome siamo cristiani [no, cattolici – Miriano… non tutti i cristiani la pensano come i cattolici, diglielo ai bambini, perché non glielo dici?] dobbiamo continuare a dire, quando ci è possibile, senza offendere o attaccare nessuno, qual è il modo per non farsi male, nella vita [secondo te, Miriano, secondo te. Tutto il tuo discorso non sarebbe violento se non ti dimenticassi di dire ai tuoi figli che questo è il tuo modo di pensare ma ce ne sono altri ugualmente “corretti”. Una piccola dimenticanza che fa un’enorme differenza]. Il progetto di Dio sul mondo è la famiglia [il progetto del TUO dio sul TUO mondo, Miriano, grazie, per miliardi di persone non è così e se la cavano benissimo], un meccanismo faticoso ma affascinante, in cui si mettono insieme le differenze [certo, l’importante è passare da un’altra parte], prima di tutto quelle tra maschi e femmine [tertium non datur], e si cerca di funzionare tutti al meglio. Questo è l’uomo a denominazione di origine controllata [COSA? Se le dicessi solo per te, queste cose, pazienza. Ma dirle ai bambini, che esiste l’uomo a denominazione di origine controllata, è veramente un violenza, senz’altri termini]. Poi ci sono gli ogm, ma i loro semi sono sterili (i semi delle piante create in laboratorio vanno ricomprati ogni anno [paragone vergognoso e incommentabile – questo è il trattamento riservato a chi non fa parte del progetto di Dio sul mondo]): allo stesso modo due maschi e due femmine non possono riprodursi [ma possono amarsi e crescere tutti i figli che vogliono – ops]. Quando cercano di ottenere dei bambini, non per dare una famiglia a dei bambini, ma perché li desiderano loro [altra opinione personale spacciata per realtà, e di nuovo un concetto vergognoso e incommentabile], devono fare delle cose che fanno stare male tante persone: le mamme che prestano la pancia, quelle che danno l’ovetto, i babbi che danno il seme da mettere dentro, e soprattutto i bambini che non sapranno mai da quale storia vengono [questa è la peggiore di tutte, e dire che Miriano dovrebbe crederci, nell’inferno], non sapranno che facce avessero i nonni e che lavoro facessero i bisnonni, e poi avranno due mamme, due babbi, insomma una gran confusione, dove a rimetterci sono i bambini [servono a qualcosa i milioni di persone che vivono tutto il contrario, in tutto il mondo? No, nessuno potrà evitare a due bambini una visione delle cose gretta, meschina, povera e violenta. Complimenti].

A noi dispiace tanto se le persone dello stesso sesso che si vogliono bene non possono avere bambini [certo, come no], e rispettiamo e capiamo la loro tristezza [s’è visto sia come la rispetti che come la comprendi], ma è la natura [no – ti sei ben guardata dal distinguere, nelle tue chiacchiere, cosa è natura e cosa è cultura, perché allora avresti avuto ben altre difficoltà], e noi abbiamo il dovere di difendere quei bambini che non possono farlo da soli [è quello che faccio anche io, con i miei figli: li porto sempre al gay pride e a casa di amici omosessuali, in modo che sappiano difendersi dagli omofobi, da chi li terrorizza, da chi gli racconta bugie]. Ci sarebbe da dire poi che lo stato dovrebbe aiutare le famiglie, che sono moltissime moltissime di più (e forse per questo non ci aiutano, è più difficile risolvere qualche problema alla maggioranza [si, avete letto bene, sta chiedendo soldi allo Stato in quanto famiglia facente parte del progetto di Dio sul mondo]), ma questo è un discorso che abbiamo fatto tante volte… (Tanto si sono già alzati tutti da tavola, e sto parlando da sola come al solito [lo spero tanto per i tuoi figli]).

Io queste parole di Costanza Miriano normalmente le chiamo ipocrisia. Quando le vedo usate per spiegare le cose a un bambino, però, le chiamo violenza. Soprattutto pensando – un esempio tra i migliaia che si possono raccontare – a Sophia Bailey Klugh. Vallo a dire a lei che l’amore che prova, e l’amore che riceve, non fanno parte del progetto di Dio.

Deconstructing lo scienziato

Frankenstein_Junior

Ci sono tanti modi per argomentare, e tanti modi per sostenere le proprie opinioni. Qui leggerete all’opera uno scienziato coi fiocchi che dimostra – a suo dire – che la cultura maschilista è una delle tante cause dei femminicidi, ma non l’unica, e che incide tanto quanto le altre; in questo senso quindi che quella cultura è sopravvalutata da molti, nei suoi effetti. Come ci sarebbe riuscito lo sa solo lui, io non l’ho ancora capito. Potete aiutarmi?

Violenza sulle donne: alcune cause secondo studi scientifici [studi scientifici, vi rovino la sorpresa, che non sono né linkati né citati. Complimenti al metodo scientifico]

L’orribile feminicidio di Corigliano Calabro ha suscitato una comprensibile mole di commenti, molti dei quali centrati sul suo rapporto con la cultura maschilista ancora fortemente presente in Italia. Pochi, mi pare, hanno sentito il desiderio di consultare gli studi scientifici e sociologici disponibili [lui i desideri li capisce dai commenti. Però, hai capito lo scienziato]; o almeno pochi li hanno citati [notoriamente, si cita sempre quando si fa un commento, in rete fanno tutti così]. Gli studi in materia sono invece numerosissimi ed esiste persino un giornale scientifico interamente dedicato a questo problema [di cui il nostro scienziatone non mette né link né il titolo – complimenti]; nonostante questo, o forse proprio per questo, trovare i dati di rilievo è difficile [embè, caro mio, se non li nomini manco tu che dici di usarli, continuerà sempre ad essere difficile], perché sono sepolti in un numero enorme di pubblicazioni [è per quel motivo che esistono i link, non t’è giunta la notizia?]. Che la cultura maschilista sia ampiamente diffusa nel paese è evidente, basta pensare alle nostre consuetudini di tutti i giorni. Ad esempio noi riteniamo normale che la donna sia condotta al matrimonio dal padre che la consegna allo sposo: che debba cioè essere “consegnata“ da un uomo ad un altro uomo. Meno evidente è il peso di questa cultura nel determinismo dei fatti di sangue [il determinismo dei fatti di sangue è un’espressione inventata di sana pianta: il determinismo è la concezione della concatenazione non casuale degli eventi della natura, concezione trasportabile alla storia umana con molte difficoltà. Applicarla ai fatti di sangue forse vuol dire che non è detto che la cultura maschilista sia una delle cause dirette dei femminicidi. Forse. Se ho capito bene. Perché non l’ha detto lui? E che ne so, lo scienziato è lui] rispetto agli altri fattori sociologici e psicologici quali la povertà, l’etilismo, i tratti caratteriali violenti, fino alla personalità psicopatica, o la gelosia, che è sentimento prima che cultura [sì, ma quando la ”gelosia” viene difesa e promossa come un possibile movente per un omicidio – il famigerato “delitto passionale” – e pure considerata un’attenuante, allora è cultura. Forse, sempre forse eh, se ne parla in questo senso].

In una delle mailing list alle quali sono abbonato ho trovato il link a uno studio su questo argomento e ho fatto una piccola ricerca. Purtroppo non tutti gli studi che citerò sono accessibili gratuitamente [e perché non mettere lo stesso titolo e autore? Perché non presumere che io lettore sia pronto a spendere per documentarmi? E’ così che si divulga la scienza? Complimenti]. Un buono studio dal quale partire è quello della Divisione di statistica delle Nazioni unite [il link c’è]. Questo studio pone gli aspetti culturali tra le proprie premesse, ma è soprattutto interessante per le tabelle statistiche che riporta, dalle quali emerge chiaramente [emersione della quale non ci viene data la benché minima traccia da seguire] che la correlazione tra violenza sulle donne e reddito pro-capite è molto forte se si confrontano i paesi più ricchi con quelli più poveri del mondo, debole se si confrontano paesi relativamente ricchi: ad esempio la Germania e la Danimarca hanno tassi alquanto elevati, superiori non solo a quelli di Italia e Francia, ma anche delle Filippine. Interessante è anche il dato sulla violenza sulle donne commessa dal loro partner: la frequenza in Italia supera quella della Danimarca ma è inferiore a quella della Germania; è molto elevata nei paesi più poveri, sebbene con varie eccezioni [tutto chiaro, no? No. Tipico dello scienziato è che voi dovete capirlo al volo].

Se ci si limita agli studi su singoli paesi e si eliminano quindi le grandi disparità culturali e di affidabilità dei dati che derivano dal confronto di statistiche di paesi diversi [traduco: facendo finta che non esistano alcune importantissime condizioni di partenza per cui i dati sono da prendere con le molle e bisognerebbe andarci molto piano a sfornare deduzioni…], si isola la (prevedibile) correlazione positiva tra violenza sulle donne, povertà e alcolismo (si veda ad esempio questo studio sulla rivista Lancet [il link c’è]), nonché una correlazione negativa tra scolarità e violenza [due ovvietà. Dove la qualità della vita è peggiore la violenza è superiore tutta, quindi anche quella di genere – sempre che la si rilevi opportunamente, ma di questo non si dice nulla. Dove la popolazione è più acculturata, all’inverso, la violenza è minore. Embè?]. Si trovano però anche dati alquanto sorprendenti: ad esempio alcuni studi riportano che gli sportivi maschi di alto livello sono più inclini dei maschi “normali” alla violenza contro le donne. E’ possibile che questo fenomeno sia collegato all’uso illecito di steroidi anabolizzanti. Viene alla mente la recente uccisione di Reeva Steenkamp da parte del suo compagno, Oscar Pistorius [oppure, senza scomodare la chimica organica, viene da pensare che gli ambienti sportivi, notoriamente molto “machi”, sono il classico ambiente culturale maschilista dove la violenza di genere può facilmente diffondersi, giustificare e alimentare comportamenti violenti. Ce ne sono di studi anche in questo senso, ma perché leggerli quando c’è la chimica a spiegare tutto? E quando c’è un fatto di cronaca che possiamo buttare lì come fosse una prova – e non lo è?].

La cultura maschilista del nostro paese è certamente un fastidioso retaggio del passato [mica tanto passato, direi], del quale dovremmo cercare di liberarci: ad esempio dovremmo sentirci offesi, anziché divertiti, delle avventure del nostro ex, e speriamo non futuro, premier Silvio Berlusconi [che cosa c’entri lo sai solo tu – ah già, siamo su Il Fatto]. La violenza contro le donne però, come tutti i drammi sociali, riflette un intreccio di motivazioni causali, alcune sociali, altre legate alle singole persone dei colpevoli, e la nostra cultura è solo una tra queste. La povertà, l’alcolismo, la droga, la sofferenza psichiatrica, la bassa scolarità sono fattori almeno altrettanto importanti [no, nel modo più assoluto. Qui si fa confusione tra diverse cose: la cultura maschilista non è una delle cause dirette dei femminicidi, ma l’ambiente nel quale quei particolari delitti trovano più facilmente modo di realizzarsi. Le altre cause, infatti (la povertà, l’alcolismo, la droga, la sofferenza psichiatrica, la bassa scolarità) hanno una correlazione ovvia con tutti i delitti, e non con il femminicidio in particolare. Nessuno le sottovaluta come cause, ma non è neanche corretto metterle sullo stesso piano del maschilismo. Se la prima persona con cui se la prende il povero, l’alcolizzato, il drogato, lo psicotico, l’ignorante è una donna, non è forse colpa di un sistema che gl’insegna che lei è l’anello debole del sistema sociale? Ma perché farsi questa domanda, quando ci sono la chimica, la fisica, la geometria e l’astronomia a darci tante risposte pronte? E a fare in modo che i femminicidi non siamo considerati come un fenomeno unico, ma come tanti delitti diversi provocati da tante cause diverse, lontane, vaghe?].

Se ne sentiva proprio il bisogno, di questa chiarezza scientifica. Grazie davvero per la lezione di metodo, del metodo migliore per generare “fact screwing”. Uno scienziato meno vago si esprime così: “Alla base dei fenomeni di violenza contro le donne, i più recenti studi scientifici hanno individuato 130 possibili variabili, ma di fatto i detonatori sono prevalentemente i fattori socio economici, ambientali e culturali acuiti dalla crisi economica e dall’uso di alcol e stupefacenti”. Sembra la stessa cosa, ma non lo è affatto.

Deconstructing il moralismo

moralista

Come saprete senz’altro già per vostra esperienza personale, tra le cose peggiori che si possano trovare in giro sui media del nostro ‘belpaese’ sono i discorsi o le prese di posizione confuse e ambigue su alcuni termini importantissimi. A me non interessa – lo dico subito e nero su bianco – difendere qualcuno; a me interessa chiamare le cose con il loro nome, e far notare dove questo non si fa. Si chiama politica anche questo. Perciò faccio una premessa per quanto segue, e ve la scrivo bella grossa per evitare che ve la possiate scordare.

SE NELL’USO CORRENTE E ‘DISCORSIVO’ DEL LINGUAGGIO LE PAROLE “ETICA” E “MORALE” SONO FREQUENTEMENTE USATE COME SINONIMI, ESSE NON LO SONO AFFATTO. ETICA E MORALE NON SONO LA STESSA COSA.

Come al solito basterebbe Wikipedia per farsene un’idea, ma siccome vi so pigri almeno quanto me, vi ricopio qui il passo che m’interessa teniate a mente: “L’etica può anche essere definita come la ricerca di uno o più criteri che consentano all’individuo di gestire adeguatamente la propria libertà nel rispetto degli altri. Essa pretende inoltre una base razionale, quindi non emotiva, dell’atteggiamento assunto, non riducibile a slanci solidaristici o amorevoli di tipo irrazionale. In questo senso essa pone una cornice di riferimento, dei canoni e dei confini entro cui la libertà umana si può estendere ed esprimere. […] Ma l’etica si occupa anche della determinazione di quello che può essere definito come il senso (talvolta indicato con il maiuscolo, ‘Il Senso’) dell’esistere umano, il significato profondo etico-esistenziale (eventuale) della vita del singolo e del cosmo che lo include. Anche per questo motivo è consuetudine differenziare i termini ‘etica’ e ‘morale’. Un altro motivo è che, sebbene essi spesso siano usati come sinonimi, si preferisce l’uso del termine ‘morale’ per indicare l’assieme di valori, norme e costumi di un individuo o di un determinato gruppo umano. Si preferisce riservare la parola ‘etica’ per riferirsi all’intento razionale di fondare la morale intesa come disciplina non soggettiva”.

Qui c’è l’articolo con le parole di Boldrini che Mancuso critica. Come potete leggere, Boldrini fa un discorso di etica: il problema individuato da Boldrini non sta nei valori soggettivi ma nelle regole da dare a manifestazioni pubbliche e comuni – come la pubblicità – che veicolando un messaggio di utilizzo del corpo delle donne possono veicolare violenza: «Una donna oggettivizzata, resa cioè oggetto, la si tratta come si vuole e la relativa violenza è a un passo […] non è solo una questione di leggi, ma lo Stato deve prendersi la propria responsabilità: il legislatore deve introdurre maggiore attenzione alla realtà, perchè c’è odio contro chi è più libero, contro chi non appartiene alla collettività. È anche una questione di formazione: è nelle scuole che i ragazzi vanno educati non nel rispetto delle diversità ma soprattutto nel rispetto degli esseri umani». Ora, si può discutere anche di questo, senz’altro: ma non è una forma di moralismo. E’ ‘la ricerca di uno o più criteri che consentano all’individuo di gestire adeguatamente la propria libertà nel rispetto degli altri’, cioè etica.

Bene; detto ciò, addentriamoci quindi nell’analisi di questo pezzo di Aurelio Mancuso.

Cara Boldrini, la violenza sulle donne non si sconfigge con il moralismo [il moralismo, invece, è “una degenerazione della morale usata con eccessiva intransigenza per una severa, talora ipocrita, condanna degli altri” (sempre Wikipedia). Quindi Mancuso dice a Boldrini: la violenza sulle donne non si sconfigge inasprendo i valori morali fino all’intransigenza. Ché uno potrebbe pure essere d’accordo – il problema è che Boldrini non ha parlato di morale. Continuiamo.]

Il femminicidio è un dramma troppo serio perché si apra una discussione moralistica sull’uso del corpo delle donne nelle pubblicità [di nuovo, siamo d’accordo: ma prima dovremmo aver accertato che il discorso di Boldrini sia moralistico – e non è così]. Il rischio, dietro l’angolo, è che ancora una volta si dividano le donne per bene e per male, un errore politico e culturale così praticato in questi anni da tante associazioni femminili e femministe che non ha stoppato alcun omicidio di odio nei confronti delle donne [aspetta, fermi, calmi, bòni tutti. Dividere le donne per bene e per male era fatto con lo scopo di stoppare gli omicidi di odio nei confronti delle donne (dire femminicidio no, eh)? Non mi pare, è una pratica politica ma anche culturale che si fa da sempre, nell’occidente. Più o meno da quando qualcuno ha diviso il mondo in Marie e in Maddalene. E non era certo un’associazione femminile o femminista]. Si dice che solo nel nostro Paese vi sia un uso così sfrontato e inqualificabile del corpo delle donne nelle pubblicità, e questo può esser vero, ma da qui bisogna partire? [E perché no? E’ un problema evidente, è diffuso, tocca un nodo economico-culturale importante… complimenti al coraggio di affrontare un nodo del genere. Alternative? Mancuso per ora non ne fa. Dice solo che questa è moralistica e che non bisogna partire da qui.]

Il possesso machista che si risolve contro l’autodeterminazione delle donne, dilaga nel nostro Paese, per oggettive tare culturali che non possono esser affrontate solo da un lato, ovvero dalla censura [censura? Quale? Boldrini ha parlato di censura? Non mi pare. Il limite di velocità nelle strade urbane è considerato censura alla libertà di movimento?], dalla moralizzazione dei costumi [I costumi qui non c’entrano nulla. Si tratta di un’attività economica e di comunicazione molto precisa, la pubblicità. Che c’entrano i costumi? Oppure regolare le attività non si può fare? E allora lo IAP, è anch’esso censura o moralizzazione dei costumi?], dalla sottrazione dei corpi svestiti o lascivi per fini commerciali. Perché l’altro lato è proprio il moralismo ipocrita, la madonizzazione delle donne che persiste a causa di visioni ecclesiali cattoliche ed ecclesiali laiche, prima fra tutte quella della sinistra istituzionale [Cioè, Boldrini invita a darsi una regolata nello sfruttamento dell’immagine delle donne nella pubblicità e automaticamente questo è moralismo ipocrita? Certo, è un lato del problema, ma perché non affrontarlo? E perché tacciarlo di moralismo, che non c’entra nulla?].

Quando non si avrà più paura del sesso [Boldrini ha paura del sesso? Mancuso, scusi, ma da cosa l’ha dedotto?], della sua veicolazione come elemento essenziale della vita [scusi Mancuso, ma secondo lei questi manifesti mi veicolano un elemento essenziale della vita?], dell’identità delle persone, dei generi, degli orientamenti sessuali, allora un pezzo importante della sessuofobia che porta alla castrazione sociale, nei rapporti intimi, nella rappresentazione e gestione dei poteri, sarà spazzato via [Mancuso, qui il problema non è la paura del sesso – è il suo uso strumentale. Non mi pare proprio che tanti pubblicitari ne abbiano paura, anzi; Boldrini ha fatto notare che sarebbe ora di smetterla di usarlo così. Le pare moralismo?]. E di pubblicità non dovremo più discutere, perché il “mercato” riterrà non remunerativo ostentare corpi femminili [sì, certo, “nel boschetto della mia fantasia” (cit.)]. Parliamo di educazione sessuale obbligatoria nei programmi scolastici (meglio l’educazione alla salute e alla consapevolezza di sé [magari – ma le pare che Boldrini non sarebbe d’accordo? Ma l’ha letto il suo CV? E poi lo dice anche lei, proprio nel link che ha messo!]), di narrazione pubblica che permetta la demitizzazione della sessualità, imprigionata ancora dall’immagine classica dell’impurità del corpo [e certo, la situazione è questa grazie ai moralismi di Boldrini, no?], di elemento esterno alla volontà razionale, di promozione scientifica delle differenze dei generi e degli orientamenti.

Insomma, fare un discorso unilaterale, comodo e anche rassicurante [non è unilaterale, è solo uno dei discorsi da fare, Boldrini non ha negato gli altri – e poi, come sarebbe comodo? Ma se Boldrini s’è presa vagonate di merda!!!], che tende a eliminare i conflitti [EH? Casomai li fa emergere, finalmente, spazzando un po’ d’ipocrisia], ci riporta indietro, non aiuta l’individuazione concreta anche di strumenti di prevenzione e di tutela. E in ultimo si continua a girare intorno alla questione centrale: la violenza contro le donne è un problema degli uomini [eh, chissà chi sono la maggior parte dei pubblicitari e del loro pubblico di riferimento], in quanto tali, così come sono oggi pervenuti dopo i millenari vaneggiamenti antropologici sulla superiorità intellettuale e fisica.

Lo scatenamento della strage delle donne, ha dentro un elemento di vittoria evidente: i maschi sono finalmente entrati in crisi, l’autonomia delle donne li fa agire come i loro antenati, perché sono i ruoli che stanno crollando [non sarei così ottimista, Mancuso, a me pare che vanno ancora alla grande, boh – e sa che anche il tono della sua frase è parecchio ambiguo?]. È necessario punire i reati, attrezzare di strumenti veri i centri donna, la polizia, ma anche oltre, aprire una discussione sulla necessità di come rieducare gli uomini [è quello che ha detto Boldrini, infatti, e comunque: con meno cartelloni sessisti in giro secondo me sarebbe più facile, no?], perché il femminicidio è la manifestazione violenta di una patologia sociale e culturale diffusa: il machismo [che ha, tra i suoi effetti, portare gli uomini a criticare i discorsi politici delle donne bollandoli di moralismo – io un esempio ce l’avrei, sa?].