Deconstructing l’impressione

MAMMA MIA CHE IMPRESSIONE_2Mamma mia, che impressione! Era il tormentone di un personaggio pensato e creato da Alberto Sordi in un suo film, giovane imbranato e fessacchiotto che divenne subito popolare più per i suoi tic che per la graffiante carica satirica che aveva, e che avrebbe avuto poi. Questo personaggio, come altri di Sordi, piacque perché tutti si sentivano superiori a lui, senza accorgersi quanto invece gli somiglino. Alla lettura di questo articolo apparso nel ghetto rosa del Corriere, “La 27° Ora”, il titolo mi ha subito suggerito la vicinanza col personaggio di Sordi in quel film: peccato che il contenuto dell’articolo non faccia ridere per niente, anzi.

Che impressione i genitori che baciano sulla bocca i figli

Parlo da spettatrice, non avendo figli [complimenti per l’inizio, da manuale. Già un bel po’ di lettrici e lettori hanno cliccato altrove]. Ma da spettatrice perplessa. Perché va bene l’amore incondizionato dei genitori, va bene la tenerezza infinita che suscitano i bambini, specie se piccoli, va bene anche che i tempi sono cambiati e le abitudini pure [ok, abbiamo capito, evviva i bei tempi andati], ma vedere – sempre più spesso – genitori che baciano sulla bocca i loro piccini, il più delle volte dicendo loro anche un bel “ti amo“, fa scattare in qualcuno (tipo me) un brivido freddo che corre lungo tutta la schiena [la prossima volta copriti. Già che siamo partiti di nostalgia, due parole sulla “maglia di lana”?].

Ora a molti sembrerò crudele e insensibile [e nostalgica, “se stava mejo quanno se stava peggio”], senza contare che non “posso capire fine finché non avrò figli” (jolly preferito da tutti i genitori afflitti da manie obiettivamente sconcertanti [complimenti per l’obiettività della diagnosi]), ma fino a qualche tempo fa le cose non funzionavano così [e questo invece non è un jolly di chi è afflitto da qualcosa?]. Quanti di noi (e per noi intendo gente abbastanza adulta da leggere un blog [sempre grazie per l’elitarismo di fondo]) può dire di aver ricevuto attenzioni simili dai propri genitori [io, per esempio, embè?]? Io grazie al cielo no [Estiqaatzi. Estiqaatsi penserebbe che non è giusto fare di impressione personale regola universale]. Mio papà non mi ha mai baciata sulla bocca e neanche mia mamma e credo che se mi avessero detto “ti amo” mi sarei messa a piangere per la vergogna [certo, perché tu da bambina avevi già un sistema di valori morali e un linguaggio dell’eros sviluppati; tanto da cogliere il contrasto tra etica pubblica, vita sentimentale e rapporto genitoriale, cortocircuitati da una frase apparsa contestualmente deleggittimante il tuo diritto a essere appunto bambina. Invece, semplicemente, di fidarti dell’amore che arrivava da loro, in qualunque forma. Eh sì, i tempi sono cambiati e le abitudini pure, adesso per esempio non ci si rilegge più per controllare bene cosa si va scrivendo].

Come loro facevano anche i genitori dei miei amici [ok, siete tutti un bel gruppo elitario uniti dagli stessi valori nostalgici, complimenti]. E non è che fossero generali prussiani [Estiqaatzi. Estiqaatsi penserebbe che siamo tutti diversi, non si possono mettere a confronto storie di genitori diversi tra loro e farne categorie]. Anche noi (oggi trentenni) eravamo coccolati e i nostri genitori non si limitavano a una vigorosa stretta di mano per farci capire che ci volevano bene [complimenti per l’immaginario affettivo e il lessico simbolico. ‘Na cosa meno militare no? E forse – ma forse, eh – ci sono più di due sfumature per manifestare affetto genitoriale. Forse]. Ci prendevano in braccio, ci abbracciavano, stavamo seduti vicini sul divano… insomma, c’era un discreto corredo di tenerezza [discreto corredo di tenerezza, ma non sarà un’espressione troppo forte per il Corriere? Beh, ma in fondo i tempi sono cambiati e le abitudini pure, adesso si può osare di più]. Ma c’erano anche dei limiti. Limiti che, essendo naturali [i famosi limiti naturali all’espressione dell’affettività, come no], non venivano neanche vissuti come tali [perché si chiamano pregiudizi culturali, ecco perché non venivano e non vengono vissuti come tali] e che ho ritrovato nel candore delle risposte di mia mamma a un paio di domande fatte (da me) a tradimento [la domanda a tradimento alla mamma, altro che “doppio cieco” o CSI per sapere la vera verità] proprio per capire un pochino di più come sono cambiate le cose [e poi in che senso ritrovato, se stai parlando sempre dei tuoi genitori? Che t’aspettavi?]. Ieri al telefono, così, a freddo, le ho chiesto:

Mamma, perché quando ero piccola non mi davi i baci sulla bocca? Una frazione di secondo. Poi lei: “Ci mancherebbe, è anti-igienico [e questo non è un altro jolly preferito da tutti i genitori afflitti da manie obiettivamente sconcertanti? Anche se non hai figli, bastava chiedere a qualcuno che ha avuto figli e diverso da tua madre]”. E perché non mi dicevi “ti amo”? “Ma cosa ti salta in mente?”. Rispondi. “Ti dicevo ti voglio bene, che senso aveva dirti ti amo? … Che poi i bimbi lo ripetono [ecco, non sia mai che i bambini dicono ti amo a qualcuno! ORRORE!]. Era più giusto dire ti voglio bene [era più giusto. Poi la discussione su quale sia questa giustizia non la facciamo, la discussione sul perché in italiano ci sono due espressioni diverse di quello che in altre lingue viene detto con la stessa lasciamola cadere, la discussione sul senso di dire più spesso ti amo proprio lasciamola perdere. Ancora complimenti per le occasioni mancate per fare un articolo interessante]”.

Sono virgolettati testuali, apprezzate la cronaca di un normale scambio madre-figlia [apprezziamo il normale, mi raccomando, e ricordate quanto detto all’inizio: chi bacia in bocca figlie o figli non è normale]. Va bene che è mia mamma, ma io colgo quello che – almeno fino a qualche tempo fa – era un pensiero diffuso (magari con altre varianti) e comune. Sensato, aggiungerei anche [il giorno che la quantità farà la qualità deve ancora sorgere. Hitler è stato eletto a maggioranza, sembrava una cosa molto sensata anche quella]. Non tanto per l’igiene, quello no [e con un poderoso colpo di reni l’estremo difensore sventa in calcio d’angolo!!!]. Ma piuttosto per il fatto che troppo spesso i figli diventano i bersagli di attenzioni un po’ troppo oppressive, asfissianti, quasi una agghiacciante proiezione di quei rapporti invadenti che hanno certi genitori con i figli ormai adulti, ma trattati sempre e comunque come teneri cucciolotti [EH? Dall’abitudine di baciare bambini sulla bocca siamo passati a una storia familiare di oppressione affettiva, ai bamboccioni di Padoa Schioppa? Ma di cosa parla questo articolo? E con quali competenze ci si permette di tracciare linee di demarcazione nette tra sviluppi psicologici, gesti abitudinari e lessico familiare?].

Sento mamme che dicono che il proprio figlio è “il mio fidanzato” oppure “l’unico vero uomo (o amore) della mia vita”. Ma vale anche al contrario. I papà non sono da meno nel travolgere di attenzioni e dichiarazioni d’amore i loro figli. Che è bello e giusto [e se è bello e giusto allora che cacchio stai dicendo?]. Come quando sento un mio amico dire che lui bacia sulla bocca i suoi figli “perché è una bella sensazione. Senza contare che i baci sulla guancia li dai a tutti, quindi darli a loro sulla bocca è come riservare delle attenzioni più esclusive”. Ma senza esagerare [ma esagerare rispetto a cosa? Vuoi dare dei criteri? Vuoi tracciare dei limiti? Perché non dirlo chiaramente, assumerti una responsabilità e invece darli per scontati perché ribaditi dalla tua mamma?]. Che tutto questo derivi dal fatto che molto spesso oggi i figli rappresentano una certezza mentre i rapporti da cui nascono no, può essere una spiegazione [ma sarà una spiegazione per te, che fai psicologia d’accatto. Ma che spiegazione è? Un link, dei dati? Qualcosa che faccia sembrare tutto questo avvicinabile al giornalismo?]. Ma non è meno inquietante [ma sarà inquietante per te, e chissenefrega non ce lo metti?].

Non è riversando sui figli tutte le proprie attenzioni che gli si trasferisce più amore [e non è l’ennesimo jolly pure questo?]. E forse far capire loro che esistono dei limiti, delle forme diverse di manifestare il proprio affetto [è italiano eh: un limite non è una forma espressiva. O c’è un limite – e allora saresti pregata di giustificarlo e comprovarlo in qualche modo, grazie – oppure c’è solo la forma del tuo pregiudizio, ma di quello ce n’eravamo già accorti, grazie], alcune adatte ai figli, altre meno, potrebbe essere un insegnamento utile [a chi? Per che cosa? A parte il parere della tua rispettabile mamma, si può avere dell’altro?]. Per toglierci qualche dubbio su questo cambiamento dell’affettuosità tra genitori e figli, ho chiesto un parere ad Anna Oliveiro Ferraris, psicologa dello sviluppo [ce l’abbiamo fatta: quello che dovrebbe essere all’inizio dell’articolo invece è alla fine, ancora complimenti]. Che ha detto: “Ormai sono i genitori che spesso cercano nei figli un appoggio e l’affetto dei figli diventa un elemento centrale nella loro vita: puntano al loro affetto per sentirsi protetti, cercano sicurezze quando dovrebbero essere loro a darne” [pensiero rispettabile e immagino comprovato da fior di letteratura sull’argomento, ma ancora non ci è stato detto perché baciare sulle labbra un figlio è segno di genitori che cercano nei figli un appoggio e tutto il resto].

Sarebbe bene dunque porsi dei limiti anche nell’affettività con i propri figli o non è necessario [ma cosa c’entra una domanda così generalizzante? Si voleva parlare di un solo gesto come quello che fa impressione, e lo si prende a sintomo e prova di un superare i limiti nell’affettività con i propri figli? Ma che modo di argomentare è?]?

“E’ bene non esagerare per non dare vita a quello che definirei “un incesto emotivo” [UN CHE COSA? Ma sì, spendiamo il parolone della psichiatria per un bacio, via con la diagnosi al volo, dopotutto è lo sport nazionale]. Il compito dei genitori è anche quello di rendere sempre più autonomi i figli, invece ci sono madri a cui sembra normalissimo che i dormano nel lettone con loro. Questo crea una forma di dipendenza molto forte da cui poi è difficile liberarsi, anche da adulti” [di nuovo, tutto vero, ma non è pertinente. Qui non si è descritta una madre o un padre affettivamente invadenti, si voleva parlare, almeno credo, dell’impressione suscitata dal vedere un bacio sulle lebbra tra genitore e figli*].

E che ne pensa dei baci sulla bocca? [Capita la tattica del grande giornalismo? Prima spendo gli psicoparoloni che mettono paura, poi rispondo alla domandina che doveva essere la prima e l’unica – e indovinate un po’ che risposta sarà?] “La bocca è una zona erogena: sarebbe bene che i piccoli capissero che la forma di piacere che si prova quando qualcuno ti bacia in quel punto del corpo non va ricercata con il proprio genitore ma con altre persone [capito? I bambini devono capire le zone erogene – ma non bisogna dirgli ti amo perché se no lo dicono agli altri. Interessante modello educativo] e, soprattutto, quando si è più grandi. Il problema è che i baci sulla bocca, il dire “ti amo”, sono tutte storture degli adulti che trattano i bambini come immagini di loro stessi in miniatura: attribuiscono degli schemi validi tra persone grandi ai bambini [lo fanno gli adulti, tutti, sempre, ovunque – chiaro? NESSUNO di quelli che bacia figlie o figli è immune, TUTTI trattano i bambini come immagini di loro stessi in miniatura, e lo fanno perché non sono come la mamma della giornalista, come i genitori dei suoi amici e come la dottoressa].

Non che esista una morale su questa questione [NOOOOOOO, figurati, la tua mica era una morale, no no]. Ma può essere uno spunto per rifletterci su. Voi che ne pensate?

[Io che ne penso? “Che impressione il giornalismo che si mette sulla bocca un linguaggio ipocrita.”]

2 risposte a “Deconstructing l’impressione”

  1. e figlio mio, che ti devo dire, ci sono tanti genitori anaffettivi che fanno figli che poi alla fine crescono anche bene, e tante volte anche no, poi magari alla 27 ora non ti pagano per scrivere, lo fai per la gloria e le cose gratis fanno questa fine.

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