Il corpo nudo

Spogliarsi fa paura. Anche quando lo fai solo per te stessa è difficile scrollarsi di dosso lo sguardo esterno. Ci si sente totalmente derubate del proprio punto di vista, della propria opinione, del proprio occhio amorevole che non sminuzza ma dà forza. Riuscite voi a guardarvi, magari rappresentat* in una foto o in un video, e sentirvi compiaciut* e serenamente distaccat* da qualsiasi altro punto di vista? Quanto è forte il valore e la pressione sociale nel momento di manifestare liberamente il proprio corpo, primo strumento di socialità?

Di che ragioniamo… di relazioni, violenze, disparità se è sulla nostra stessa materia che è costruito il primo recinto di paura e repressione? I nostri corpi nudi non sono solamente reclusi, sono sottratti. La volontà di vedersi e piacersi (o no) liberamente, senza il timore di qualsiasi giudizio, per la maggioranza delle persone è un lusso irraggiungibile. I nostri occhi, all’ora di incontrare la nostra carne, si trasformano in obiettivo svuotato e riprogrammato.

Spesso ci si domanda se sia sessista che alcune femministe prendano il proprio corpo e lo trasformino in veicolo di lotte. Io vorrei che queste stesse persone che si interrogano sul tema si mettessero davanti ad uno specchio, nude, e si facessero una fotografia. Non vale tirare la pancia, abbassare le luci, o stendere meglio il collo di tre quarti. Siete voi, nude.

Di chi è lo sguardo che tiene in mano la foto?

Non ho la pretesa naif che tutte le persone si piacciano. L’autocritica può essere molto utile o necessaria a volte. Non è proprio questo il punto. Mi fa incazzare a morte che la propria imperfezione diventi vergogna, ansia, inadeguatezza o malattia, perché sappiamo solo guardarci con occhi non nostri.

Questa secondo me è una premessa necessaria per affrontare questo tema, interessantissimo tra l’altro e che reputo necessario sviscerare più e meglio di come sento fare e di come posso fare io. Questo è un discorso che merita una riflessione personale e un dibattito pubblico acceso e onesto.

Prima di qualsiasi lotta o messaggio che si voglia lanciare passiamo dalla persona, dall’attivista, dall’individuo che sceglie il proprio strumento di comunicazione. E se questo strumento diventa il corpo nudo stesso, non posso non tenere in considerazione la volontà radicale di ribaltare lo sguardo esterno imponendo il proprio.

Rappresentare e mostrare se stesse è già un prendere in mano la propria soggettività e trasformarla per l’occhio altrui. Perché abbiamo paura a riconoscere la forza che questo comporta, svilendola con l’ennesima solfa della collusione col sessismo?

E’ una forza e potenza comunicativa che riesce, appunto, cavalcando il voyeurismo e l’ipocrisia di chi impone lo sguardo unico, a veicolare messaggi altri, femministi e antiautoritari.

Imporre il corpo nudo come strumento di lotta non sminuisce ne si contrappone alla parola, all’arte, alla protesta, a tutti gli altri mezzi comunicativi o di rivendicazione “onorevolmente” accettati e stimati.

Si somma a questi e si origina proprio nello stesso contesto.

Quello che mi lascia perplessa è che per muovere una critica a questa pratica di lotta ci si appelli al femminismo degli anni Settanta: io, come la stragrande maggioranza di queste nuove femministe “discinte”, negli anni Settanta non ero neanche nata. Il femminismo l’ho scoperto parlando, leggendo, facendomi domande. E quello che io da “autodidatta” del femminismo ho trovato negli anni Settanta sono due cose: la prima è che il personale e politico e la seconda, per me diretta conseguenza, è che il corpo è al centro del nostro discorso. Ah, e l’autodeterminazione ovviamente. Autodeterminazione che, partendo da sé, dalle proprie necessità e dal proprio vissuto, rivendica libertà e diritti che sono nostri e che non devono essere semplicemente richiesti, implorati, contrattati o svenduti. Vanno scelti e conquistati spezzando catene una dopo l’altra.

Il nostro corpo, autodeterminato, corrotto, imperfetto, indecoroso, potente e nudo è una tenaglia che arriva ovunque, perché ora sappiamo come renderci visibili, e per una attivista scegliere questa lotta è già aver tolto il primo anello, quello che ci nega il nostro sguardo.

9 risposte a “Il corpo nudo”

  1. Analfabetismo di ritorno è anche saper leggere ma non comprendere un testo.

  2. Mi pare che tu abbia capito ben poco del post… il punto non è ‘dovere’, ma ‘essere libere di’: non usarlo come di usarlo. La chiave sta nell’autodeterminazione. E nella libertà da giudizi introiettati, quali quelli della cultura patriarcale. Sui meriti estetici o meno del video, de gustibus non disputandum est… magari basta leggere le cose in chiave ironica per non tagliare con l’accetta al posto di esprimere opinioni… che ne dici?

  3. Ciao Lunaria, personalmente non condivido del tutto il tuo pensiero… non mi frega nulla di riscoprire gli antichi culti matriarcali, perché non voglio santificare nessuno, né fallo né vagina. Voglio vivere libera e autodeterminata, e voglio lo stesso per tutt*, animali umani e non. Sacralizzare dal mio punto di vista è pericoloso, per qualcun* che sta sopra c’è sempre qualcun* che sta sotto! In ogni caso rispetto il tuo diritto a pensarla diversamente, e ti ringrazio del commento!

  4. Ma perchè le donne debbono sempre protestare col “corpo”? mostrandolo, legandolo, esponendolo…E quale è lo scopo? Chi si convince? Tra l’altro questo video è bruttissimo da tutti i punti di vista. Poi la scritta “cultura” sul sedere è il top.

  5. Lascio un brevissimo commento:
    fino a che le donne non si liberano (ovvero smettendo di crederci) dal dio maschio padre, dal dio maschio figlio gesù, e dall’obbediente ancella maria priva di clitoride e fecondata, saremo ancora sotto il giogo del patriarcato, che ci vuole coperte, remissive, in adorazione del fallo, sottomesse, obbligate alla gravidanza e alla frigidità.
    Le donne dovrebbero riscoprire gli antichi culti matriarcali, confidare nelle Dee, nei riti del ciclo mestruale, e non adorare un dio fallico patriarcale e misogino, al quale dobbiamo di fatto la sottomissione che abbiamo patito, sottomissione fisica e psicologica. E chi legge un po’ di teologia, queste cose le ha davanti agli occhi chiaramente, di come questo dio fallico patriarcale e la sua obbediente ancella infibulata siano stati usati contro le donne. La legge varata in Spagna, .ora, è una legge teocratica, realizzata in combutta con la chiesa cattolica.

    Lascio un link di videolettura di Teologia Femminista
    http://www.youtube.com/watch?v=fenexymQh44

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