Immancabile, come sempre quando un efferato evento di cronaca nera vede coinvolta in qualche modo la rete o i social, spunta il genio della comunicazione virtuale, con il suo curriculum sbalorditivo, a commentare sulla rivista più ganza del momento che bisogna stare attenti a non fare di tutta l’erba un fascio. Vi prego di leggere:
Ahimé al nostro erudito commentatore manca evidentemente la minima competenza in questioni di genere, e si vede. Perché non ci vuole molto a capire che la prima cosa da fare sarebbe, proprio in virtù della competenza in comunicazione, evitare la polarizzazione degli argomenti, puntando al solito scontro bianco/nero, colpevole/innocente, tu/io, di qua/di là, carnefice/imbecille, per cui nel caso di Pagnani che scrive su Facebook “Sei morta, troia”, alludendo alla moglie che ha da poco ammazzato, la questione si ridurrebbe a:
L’hai ammazzata tu? No,
quindi puoi mettere il tuo “mipiace” a quello status, condividerlo allegramente con una bella battuta, o anche esprimere lì sotto il tuo consenso sessista: sarai solo un imbecille, non sarai colpevole di niente.
Come se, tra l’estrema innocenza dell’imbecille e la certa colpevolezza del femminicida in questione, non ci fossero sfumature, possibilità, altre cose da valutare. Dice infatti il nostro pluridecorato dall’enorme curriculum, a proposito della sopracitata frase:
Si può davvero pensare che qualcuno dei trecento, leggendola, magari distrattamente sul proprio smartphone, abbia capito che il carnefice esultava per la mattanza della moglie e che chiedeva approvazione e condivisione del suo orrendo trionfo?
Si può davvero credere che, cliccando su “mi piace” quei trecento, abbiano inteso urlare al loro “amico” qualcosa tipo: “bravo, hai fatto bene ad ammazzare la tua ex moglie”?
Personalmente, lo escluderei.
E non me ne stupisco: questo è un commento tipico di chi non ha niente a che spartire con questioni di genere, che invece forse in un femminicidio un pochino c’entrano. Perché chi se ne occupa anche marginalmente, ha in mente questo facile disegnino esplicativo, riguardo i tipi di violenza sulle donne, col quale inquadrare la relazione tra quei commenti e l’assassinio della donna (qui l’originale in spagnolo):
Oh, certo, non è che questo basta a condannare giuridicamente nessuno. Però indica chiaramente che chi commenta in quel modo, o usa quella frase per un proprio ilare commento, fa parte di una stessa cultura, di uno stesso modo di vedere i rapporti tra generi, la violenza sulle donne, e tante altre cosette, in comune con chi l’ha scritta. Certamente quei gesti e quelle parole su un social network non sono né “prove” né “indizi”, a farli e a scriverli non si ha nessuna colpa sanzionabile dalla legge – ma responsabilità di fronte a tutti sì, eccome. E non serve certo a nulla sapere se davvero lei era morta ammazzata o no, quando si è commentato, condiviso o cliccato “mi piace”: in quella piccola frase ci sono abbastanza sessismo e violenza per farmi credere – a me dal curriculum striminzito – che nessuno dovrebbe comunque condividerla, apprezzarla o sottoscriverla. E che chi lo fa non andrebbe premiato certo con l’innocua etichetta di imbecille, deresponsabilizzante come poche.
Perché tutti quelli probabilmente, attraverso un social network, non hanno detto a Pagnani “bravo, hai fatto bene ad ammazzare la tua ex moglie”, ma di certo gli hanno detto “ehi Pagnani, anche io sono un po’ come te”. Che indubbiamente non indica alcun reato – ma fa schifo lo stesso, pure sotto la simpatica e innocua etichetta di imbecille.
Ancora complimenti a tutti – anche agli specificatori di colpe pluridecorati e dal curriculum enorme ma, a mio parere, piuttosto lacunoso.
Con la scusa di documentarmi sempre meglio sui casi di violenza ed abuso, posso trascrive, al fine di lasciare testimonianza ovunque posso, di aver subito battute sessiste, insinuazioni false sulla mia condotta sessuale, addirittura inventandosi che io mi volessi prostituire per fare carriera o chissà cosa, tentativi di umiliazioni, insinuazioni, invisibilizzazioni provocate fingendo di non ascoltarmi e facendo poi le cose che dicevo prendendosene merito, nel contesto dello scenario partitico della destra locale palermitana.
Il rischio che corre oggi chi porta alla luce questi metodi abusanti, volgari, minatori talvolta, su chi non ha l’esperienza per potersi munire di registratore per avere delle prove, è di essere accusati di reato.
Me ne infischio, e continuo a tentare di denunicare questi atteggiamenti che sono fatti propri già da ventenni o poco più e non so da chi sono insegnati .
L’Italia deve ripulirsi da tanta cattiveria e permettere alle persone volenterose di partecipare attivamente e concretamente alle scelte di ordine pubbblico, premurandosi di togliere dalla scena terroristi ed assassini impuniti dalla base all’apice delle istituzioni dove si decide il futuro di tutti.
Ci voleva una puntualizzazione di questo tipo, grazie. Purtroppo ce n’è un forte bisogno: il biasimo della vittima, le insinuazioni, i sospetti, l’isolamento, gli insulti rivolti ad essa sono anche essi violenza e costituiscono proprio le fondamenta che sostengono il terrorismo machista piú efferato. Nel terzo millennio dovrebbe essere un concetto ben appreso ma a quanto pare la storia poco insegna…