Piazza Tahrir: La violenza sessuale come arma

tahrir-placardPubblichiamo la traduzione di questo articolo pubblicato originariamente in arabo sul sito di NOW e tradotto in inglese dalla stessa piattaforma.

Grazie a Elena C. per la traduzione (e la pazienza) e a Martina per la revisione.

Buona lettura!

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CAIRO. “Eravamo un gruppo di 20 donne dirette a piazza Tahrir per prendere parte al secondo anniversario della rivoluzione del 25 gennaio. Mi tenevo per mano con Rawija, una signora di 67 anni. Quando siamo arrivate vicino alla piazza un gran numero di uomini ha iniziato a tentare di separaci l’una dall’altra. Più andavamo avanti più il cappio si stringeva. Hanno trascinato Rawija lontana da me e ho visto il panico sul suo volto. Ero sola, circondata da cinque uomini con  altri dieci intorno a loro, che mi palpeggiavano. Avevano dei coltelli e mi stavano molestando fingendo al contempo di volermi proteggere. Uno di loro mi toccava mentre diceva: ‘Non avere paura, ci siamo noi con te’. Hanno iniziato a spingermi verso una zona buia e mi è preso il panico. La stessa scena accadeva dappertutto intorno a me con gruppi di uomini, circondati da altri gruppi più numerosi, e le donne al centro che gridavano. Mi sono fatta trascinare dal flusso di persone e sono riuscita a raggiungere una zona illuminata. Ho visto un mio collega che cercava di raggiungermi e finalmente è riuscito a liberarmi da questo circolo di follia. E’ successo tutto nell’arco di qualche minuto ma altre donne hanno subito aggressioni simili per un’ora o più mentre i loro vestiti venivano strappati con i coltelli. Quello che ho passato io è nulla a confronto di quello che è accaduto quel giorno a innumerevoli donne.”

L’espressione dell’attivista politica Dalia al-Aswar muta mentre racconta i particolari di quanto le è accadduto in quel giorno fatale nel quale la Task Force sulle Molestie Sessuali ha riportato 19 casi di aggressioni di gruppo a piazza Tahrir, in conseguenza delle quali 6 donne hanno dovuto essere ricoverate in ospedale. Le donne sono state violentate anche con dei coltelli. Alcune hanno subire interventi chirurgici e una si è dovuta sottoporre ad isterectomia.

Giovani donne e uomini si organizzano per combattere le molestie a piazza TahrirMideast Egypt

La Task Force sulle Molestie Sessuali è una delle molte iniziative civili recentemente lanciate in Egitto per porre fine alle “aggressioni sessuali di massa che si verificano durante i sit-in e le proteste a fronte di uno scenario di confusione e insicurezza”. Questa Task Force è stata costituita nel novembre 2012, dopo la straziante violenza di gruppo contro Jasmine al-Barmawi ed altre donne che manifestavano contro la riforma costituzionale del presidente egiziano Morsi, percepita per lo più come una presa di potere assoluto.

“Stiamo lavorando in piccoli gruppi a piazza Tahrir. C’è un ‘gruppo di intervento’ di uomini e donne che cercano di rompere il ‘cordone’ che gli uomini creano intorno ad una ragazza, per cercare di farla allontanare di li il più velocemente possibile. Le persone del gruppo di sicurezza aspettano la ragazza con vestiti e kit di pronto soccorso. C’è anche un gruppo che tiene i contatti con i media e carica video su You-tube e altri che seguono successivamente le ragazze salvate.”

Layil Zahra, una delle volontarie di questa iniziativa, ha raccontato dettagliatamente a NOW l’esperienza in ospedale con una giovane donna che era stata molestata.
“L’oppressione e l’intimidazione continuano anche negli ospedali statali. La ragazza che avevamo trasportato stava sanguinando ma il personale dell’ospedale si è rifiutato di curarla e ci ha chiesto di aspettare fino alle 6 del mattino che arrivasse l’esaminatore medico. Abbiamo passato tre ore cercando un altro ospedale che la accettasse. Ora abbiamo una lista di ospedali e di dottori che sono disponibili a collaborare.”

“Mido” ha scelto di collaborare con la Task Force sulle Molestie Sessuali perché, dice, a differenza di altre iniziative, è basata sull’idea che le donne vogliono affrontare la violenza e difendersi, con altri uomini che danno loro sostegno e aiuto. “Io preferirei che questa non fosse una battaglia tra maschi, tra quelli che molestano le ragazze e quelli che intervengono perché sentono che devono proteggerle. Questo sistema produce solo risultati a breve termine. Dobbiamo prendere atto che le donne egiziane non sono l’anello debole. Hanno preso parte a pieno titolo alla rivoluzione e sono in prima linea, anche se ad alcuni rivoluzionari non fa piacere. Per questo le donne rimarranno nelle strade e si riprenderanno i loro diritti, con noi uomini a sostenerle.”

La violenza è autorizzata e organizzata

Layl dice: “Questa ondata di violenza è organizzata” come provato dalle testimonianze delle donne che hanno subito aggressioni sessuali a piazza Tahrir. “La prima di queste ondate è avvenuta l’8 marzo 2012, durante una marcia organizzata in occasione della Giornata Internazionale delle Donne quando molte donne che partecipavano, compresa una giornalista statunitense, furono attaccate. Tutte le storie sono uguali, tutte hanno vissuto la stessa esperienza”.

Dalia va oltre: “Il Ministero degli Interni sotto Mubarak ha fatto ricorso a delinquenti armati di coltelli per impedire che la gente raggiungesse la piazza. Il Ministero degli Interni e i Fratelli Musulmani hanno fatto ora ricorso agli stessi delinquenti allo scopo di spaventare le donne ed impedire che prendano parte alle proteste”.

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Yasmin al-Barmawi è una compositrice e suonatrice di oud che ha subito una violenza di gruppo per 70 minuti, è stata percossa e trascinata durante le proteste dello scorso anno contro la riforma costituzionale di Morsi. Definisce quello che sta avvenendo come oltraggioso, affermando che l’uso delle molestie sessuali come arma è iniziato con l’avvento al potere dei Fratelli Musulmani: oggi questa violenza viene usata per fare sì che le donne non vadano in piazza né abbiano un qualsiasi tipo di partecipazione politica: “Hanno armi ed oggetti taglienti con cui feriscono le ragazze in Piazza Tahrir. Fanno a pezzi i vestiti di una ragazza e dicono: “vergognati, questa è mia sorella”. Ben 40 ragazze hanno raccontato la stessa storia. Non è un problema sociale alla base di questo tipo di violenza. Quello che sta accadendo a Piazza Tahrir è diverso dalla violenza di massa che avviene durante le feste. Questa non è brama sessuale, ma una violenza metodica [compiuta] da delinquenti abituali.”

Ogni attivista uomo o donna con il quale NOW ha parlato ha affermato che questa violenza sessuale di massa è un fenomeno sociale in crescita che si verifica tutti i giorni. Sembra che la società abbia consentito ad un gruppo di “delinquenti organizzati” di scorrazzare in libertà, normalizzando così la molestia sessuale e creando un’atmosfera macabra e pseudo-carnevalesca nella quale centinaia di colpevoli elevano la molestia sessuale a livello di celebrazione. Secondo il giornalista Hani Darwish: “C’è uno stato di isteria maschile e la molestia è contagiosa. Il vero aggressore beneficia dell’anonimato assicurato dai semplici numeri. L’aspetto collettivo del crimine protegge coloro che lo commettono”.

“Le strade sono nostre”

Dalia al-Aswad sostiene che i tentativi di ostracizzare ed intimidire le protestanti attraverso l’uso della violenza sessuale abbiano solo dato loro coraggio e abbiano rafforzato la loro volontà di non essere più soggette ad alcun tipo di tirannia.

Jasmine al- Bahmawi ha organizzato un gruppo di donne violentate a Tahir che non hanno denunciato quanto subito. La sua volontà è quella di fare delle sessioni di formazione sui diritti delle donne e un giorno intentare una azione legale nei confronti del Ministro degli Interni, del Primo Ministro e del Presidente, da lei ritenuti tutti responsabili di questi crimini.

Analogamente, un gruppo di attivisti ha iniziato un’azione giudiziaria nei confronti dello “sceicco” Abul al-Islam in relazione alle sue dichiarazioni offensive sulle donne Egiziane, nelle quali ha affermato che le manifestanti scendono in strada nella speranza di essere molestate. Anche Layl Zaha ha affermato cripticamente che “azioni verranno intraprese anche nei confronti di politici e membri del Consiglio della Shura (vicina ai movimenti Islamici) che hanno ritenuto le donne responsabili di quanto sta loro accadendo.”

Yasmine Barmawi, Dalia al-Aswad, Ibaa al-Tamimi, Layl Zahra, ‘Mido” e molte altre hanno preso parte alla marcia transnazionale del 6 febbraio 2013 “Le Strade sono nostre” da Piazza Zayda Zeinab a Piazza Tahrir , durante la quale hanno denunciato la violenza che colpisce le donne egiziane e hanno dato voce alla loro volontà di continuare a lottare per i loro diritti.

Come dice Yasmine: “Se solo avessimo fatto sentire prima la nostra voce. Perché abbiamo avuto paura per tutto questo tempo?”